De Lubac H.

In: La Civiltà Cattolica n. 3933


Henri De Lubac - Jean Bastaire, Claudel e Péguy

Marcianum Press, Venezia, 2013


Come apprendiamo dal Prologo di J. Bastaire (cfr pp. 24-45), l’origine di questo libro fu il ritrovamento fortuito di cinque lettere di Paul Claudel a Charles Péguy, e la richiesta a De Lubac di scrivere sull’evento un articolo che, invece, prese poi la forma di un libro. De Lubac, da sempre appassionato dei due grandi autori cristiani, aderì alla proposta. Successivi problemi di salute, però, gli impedirono di realizzare il suo intento e così dovette limitarsi a redigere soltanto la prima parte del libro, lasciando a Bastaire la seconda.

Non può non colpire l’affiancamento di tre così grandi nomi del Novecento cristiano francese. C’è Charles Péguy (1873-1914), allievo di Romain Rolland e Henry Bergson, scrittore, poeta, fondatore e amministratore dei Cahiers de la Quinzaine; propugnatore di un socialismo umanitario, polemico con la Chiesa per il suo autoritarismo e con il socialismo per il suo anticlericalismo. Scrittore potente, è noto come il cantore di Giovanna d’Arco. 

C’è Paul Claudel (1868-1955), poeta, drammaturgo, diplomatico e Accademico di Francia. Al centro delle sue opere pone Dio e l’uomo.

Il terzo grande nome è quello di Henri De Lubac (1896-1991), gesuita, importante e prolifico scrittore, uno dei grandi teologi del Novecento e tra gli ispiratori del Concilio Vaticano II, poi cardinale. Intellettualmente e teologicamente debitore dei due noti scrittori, li definirà: «due poeti teologi dalla statura eccezionale, non schierati o strumentalizzati, come alcuni hanno sostenuto, ma al contrario troppo a lungo trascurati all’interno della Chiesa. Due universi differenti, ambedue ancora non sufficientemente esplorati» (p. 264).

Nel primo capitolo De Lubac va alla ricerca del mediatore fra i due «grandi spiriti» e lo individua nel futuro nobel per la letteratura: André Gide (1869-1951). Lo documenta bene nel secondo capitolo, analizzando lo scambio di lettere fra Gide e Claudel, relative a Péguy. Nel terzo capitolo esamina criticamente cosa Claudel pensava inizialmente di Péguy. Interessante il quarto capitolo in cui De Lubac analizza i principali personaggi di un’opera fondamentale di Péguy, il Mistero della carità di Giovanna d’Arco». La sua analisi pone in risalto i legami fra i personaggi e il mondo interiore dell’autore, in particolare il suo cammino di fede. Il capitolo successivo propone un’ampia rassegna dei più significativi giudizi sul Mistero della carità, confrontandoli tra loro e fornendo al lettore vari elementi utili a inquadrarli.

Bastaire cura la seconda parte del libro, proponendo un’analisi critica delle cinque lettere di Claudel a Péguy e un’attenta rassegna dei giudizi che Claudel espresse su Péguy nel corso del tempo, anche molto dopo la morte di quest’ultimo. Nel 1930, ad esempio, dirà: «Onoro Péguy ma con distacco. Camminiamo su due binari completamente separati che si incontrano soltanto idealmente. Egli è innanzitutto un francese, mentre io sono innanzitutto un cattolico. Quell’attenzione continua al suo io mi disturba molto» (p. 230).

Il libro pone in risalto due scrittori che non si sono mai incontrati ma nemmeno mai persi di vista, molto diversi tra di loro, con non pochi disaccordi, ma anche con importanti elementi di unione. Nell’ambito della fede, ad esempio, li accomuna il tema dell’Incarnazione e Bastaire, giustamente, li definisce «due giganti di una mistica dell’Incarnazione». Più in generale li accomuna l’impegno per il sacro, come ebbe a dire lo stesso Péguy: «Sia lui che io lavoriamo per il sacro. Ma io non sono l’uomo delle cime, sono l’uomo della pianura… Marcio con la plebe, seguo i percorsi di qualsiasi altro uomo, rimango a fianco di tutti gli altri uomini, di tutti coloro che vivono, è il caso di dire, la grazia di Dio» (p. 218). 

Il libro è arricchito da utili Appendici, come quella del gesuita Pierre Ganne sulle vite spiritualmente tormentate di Claudel e Péguy, catturate dal mistero dell’Incarnazione, e quella di Bastaire su De Lubac considerato come discepolo di Péguy. 

Questo libro è uno studio rigoroso, ben documentato, che centra a pieno l’obiettivo di chiarire i rapporti tra i due grandi autori francesi. Ma, forse, ottiene anche di più: oltre al confronto fra i due, permette anche di conoscerli un po’ meglio individualmente, nei loro percorsi non soltanto poetici e letterari, ma anche di fede. È un libro che potrebbe suscitare anche il desiderio di ulteriori approfondimenti, non soltanto sui due scrittori, ma anche sull’autore principale, il p. De Lubac.