In: La Civiltà Cattolica n. 3843-3844
Roberto Nardin – Alfredo Simón, La vita benedettina,
Roma, Città Nuova, 2009
I due AA., benedettini, docenti in diverse università ecclesiastiche, presentano in nuova traduzione italiana un documento importante nella storia monastica più recente. Si tratta di La vita benedettina, atto conclusivo del Congresso degli abati che si tenne nel 1967 a Roma, nell’abbazia primaziale di Sant’Anselmo. La sua importanza deriva dall’essere stata la prima applicazione del concilio Vaticano II alla vita monastica, diventando così anche punto di riferimento per le altre congregazioni monastiche alle prese con la stesura delle nuove costituzioni nel clima del rinnovamento conciliare.
Il documento è preceduto da uno studio di A. Simón sulla sua genesi e formazione ed è seguito da due studi di R. Nardin, uno sul documento stesso visto come dono del Signore alla Chiesa e considerato per il suo valore pur nei suoi comprensibili limiti, e l’altro sulla spiritualità monastica e il suo sviluppo storico dalle origini a oggi.
Il documento, dopo un’introduzione sull’unità e il pluralismo nella Confederazione Benedettina, è suddiviso in tre parti, che tracciano i pilastri della vita benedettina. La prima considera la vita monastica come risposta all’amore di Dio all’interno della vocazione universale alla santità, una risposta specifica, normata dalla Regola. La seconda parte analizza il fondamento trinitario e l’orizzonte cristocentrico della spiritualità benedettina e le sue tre dimensioni. Innanzitutto la dimensione filiale, con la ricerca di Dio attraverso la preghiera personale, il lavoro e la lectio divina, fonte prioritaria della spiritualità monastica.
Poi la dimensione pasquale con la sua fonte nel battesimo, a cui si correlano la penitenza e l’umiltà. E infine la dimensione escatologica della spiritualità, che testimonia nella Chiesa la realtà e la presenza del Regno, e sostiene il distacco dal mondo soprattutto nel celibato e nella povertà. La terza parte considera l’istituzione benedettina nelle sue peculiari caratteristiche di sequela Christi: l’impegno di stabilità; la comunità; il lavoro; l’apostolato; l’impegno di obbedienza; l’abate; l’autorità e il dialogo.
Nonostante alcuni limiti relativi al metodo, ai contenuti e al lessico, per altro comprensibili trattandosi di uno scritto degli anni Sessanta, il documento conserva tutta la sua importanza, anzitutto sotto il profilo storico. In proposito, fra i suoi pregi principali c’è l’interpretazione della Regola con la chiave ermeneutica del Vaticano II, recepito in pieno, soprattutto in alcune sue indicazioni fondamentali. Con Nardin si potrebbe dire: «Nella sintesi che il Documento propone, vi è il tentativo di porre in atto una doppia ermeneutica per la quale la Regola è riletta dal Vaticano II e il Vaticano II è interpretato dalla Regola» (p. 135).
Tra le indicazioni conciliari meglio recepite dal documento emergono in particolare: il ritorno alle fonti della spiritualità del proprio Istituto; l’universale chiamata alla santità radicata nel battesimo; la prospettiva ecclesiologica della communio; il dialogo. Oltre al suo valore storico il documento si pone anche come un’ottima sintesi della spiritualità e dell’istituzione benedettina, utile anche per la vita monastica odierna.
Si intuisce allora l’opportunità di mantenere la memoria di questo importante documento, anche con la proposta di una nuova traduzione, più fedele all’originale. Tra le suggestioni più forti che probabilmente la sua lettura può generare, c'è il valore della vita monastica come vitale testimonianza della realtà spirituale, quanto mai significativa proprio nel tempo postmoderno, e di cui i monaci per primi devono avere piena coscienza.
Sul ruolo dei monaci viene alla mente un pensiero di san Giovanni Climaco (575 – ca. 650): «Gli angeli sono luce per i monaci, e la vita monastica è luce per tutti gli uomini; lottino quindi quali modelli di santità per tutti, mai dando scandalo in tutto quello che fanno o dicono; se infatti la luce diventa tenebre, quanto tenebroso sarà il mondo, quanta sarà l’oscurità per tutti gli uomini?» (Scala del Paradiso, 26).
Il testo si rivolge primariamente a tutti coloro che in vari modi si richiamano alla Regola di san Benedetto e alla sua spiritualità, anche in vista della riscoperta e attualizzazione del carisma. Ma non mancherà di interessare quanti vogliono conoscere un po’ meglio la vita di un Ordine religioso che ha dato così tanto alla storia europea non soltanto religiosa ma anche culturale, e della cui testimonianza anche la Chiesa contemporanea continua ad aver bisogno.