In: La Civiltà Cattolica n. 3837
Domenico Pezzini, Nel fluire del tempo,
Milano, Ancora, 2009
In un’epoca in cui il tempo che scorre è vissuto come un problema, fa bene poter leggere queste brevi serene riflessioni sul «fluire del tempo». L’A., sacerdote, è professore emerito e pubblicista, studioso di lingua e letteratura inglese medievale e di testi mistici.
Ecco il problema fondamentale: «Non è tanto il tempo in sé che conta, ma la coscienza del tempo, la consapevolezza che ne abbiamo» (p. 15). L’A. propone come principale traccia di riflessione il primo oratorio di G. F. Händel (1685-1759), su libretto del cardinale Benedetto Pamphili (1653-1730), dal titolo Il trionfo del tempo e del disinganno. L’opera, del 1707, viene integrata nel 1737, e il titolo viene leggermente e significativamente modificato: il termine «disinganno» diventa «verità». Se si parla di «trionfo» è perché c’è una lotta, drammatizzata in un quartetto di personaggi allegorici: Bellezza e Piacere da una parte, Tempo e Disinganno dall’altra.
Alla fine della contesa non può non prevalere la disillusione, con il rischio, comunque non inevitabile, della sofferenza: «La traiettoria va dunque da una sensazione di tempo come totalità aperta e potenzialmente infinita, alla consapevolezza della mortalità che ne vede un limite e che pone il problema di come intenderlo e di quale uso farne» (p. 22).
La proposta cristiana in rapporto al tempo è dettata da alcuni testi biblici. C’è il Salmo 90 (89) che ci invita a pregare così: «Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio» (v. 12). Nella lettera agli Efesini Paolo ci raccomanda di fare molta attenzione al nostro modo di vivere, comportandoci non da stolti ma da saggi, cioè «facendo buon uso del tempo» (Ef 5,16). E ai Colossesi dice di comportarsi saggiamente con quelli di fuori «cogliendo ogni occasione» (Col 4,5). I testi biblici scelti per riflettere sul tempo hanno una chiave di lettura comune: la «saggezza». Tale saggezza nell’usare bene il tempo consiste nel distinguere e afferrare ciò che nel tempo è kairos, momento favorevole. A questo discernimento che distingue il chronos dal kairos, si aggiunge la testimonianza, l’impegno a mostrare a «quelli di fuori» una differente comprensione del tempo e del suo uso.
Una volta acquisita la consapevolezza del tempo, occorre trovare il modo, nel tempo, di conquistare il tempo. Il presente acquista senso dal legame con il passato e con il futuro, altrimenti rimane una sequenza di attimi scollegati e senza senso, un movimento cieco, senza direzione, in cui si sperimenta il «senso di vuoto». E proprio alla luce di un «tempo vuoto» acquista un particolare significato la nota affermazione di Paolo: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio» (Gal 4,4). È con Gesù, allora, che comincia il tempo davvero pieno. L’incarnazione del Figlio di Dio dà senso al tempo, nella storia universale e individuale, e occorre prenderne coscienza.
Una pedagogia per riconquistare il passato, il presente e il futuro, deve correlarsi alle tre facoltà umane corrispondenti ai tre tempi: memoria, intelligenza/ragione e volontà/desiderio. Memoria come riflessione sul passato, che illumina e sostiene il presente; presente da vivere con attenzione e discernimento, nella visione aperta al futuro. Per il cristiano tale pedagogia per il buon uso del tempo è la liturgia, intesa come momento sia celebrativo pubblico sia meditativo privato. Nella liturgia il passato si riversa nel presente e il presente si apre al futuro.
Stimolando una vera e propria coscienza spirituale del tempo, il testo può favorire una prospettiva mistagogica, cioè una maggiore consapevolezza degli interventi di Dio non solo nella storia universale, ma anche nella propria esistenza. Testo da assaporare con calma, dandosi tempo. Le riflessioni, pacate e profonde, sono arricchite anche da frequenti considerazioni etimologiche, soprattutto sui termini originari in greco, mai eccessive e sempre molto chiare e arricchenti. Sarà ben speso il tempo che il lettore vorrà dedicare a questo piccolo libro, di cui si raccomanda vivamente la lettura, anzi la meditazione.