In: La Civiltà Cattolica n. 3865
Maurizio Serra, Malaparte. Vies et légendes,
Paris, Grasset, 2011
Diplomatico e scrittore, rappresentante permanente dell’Italia presso l’Unesco a Parigi, Serra è autore di diversi saggi e articoli. Qui si occupa di Kurt Erich Suckert (1898-1957), scrittore e giornalista italiano che, dal 1925, usa lo pseudonimo «Curzio Malaparte».
L’A. suddivide la vicenda umana del protagonista in cinque fasi, a ognuna delle quali fa corrispondere un capitolo.
La prima fase va dalla nascita agli esordi del fascismo (1898-1924). Serra inquadra bene l’ambiente familiare e i primi passi di questa complessa personalità. Il protagonista del volume nasce a Prato da madre italiana e padre sassone. Frequenta il liceo classico «Cicognini», fondato dai gesuiti alla fine del Seicento. Scoppiata la prima guerra mondiale, soltanto sedicenne, parte come volontario per il fronte. Terminata la guerra comincia a scrivere il suo primo libro, poi pubblicato nel 1921 con il titolo «La rivolta dei santi maledetti», e comincia l’attività giornalistica. Intanto aderisce al partito fascista e nel ’22 partecipa alla marcia su Roma. Diventa anche amministratore di diverse case editrici.
La seconda fase (1925-33) analizza i tentativi fatti dal Malaparte per ritagliarsi un posto nella nomenklatura fascista, e il progressivo distacco dal fascismo che delude le sue aspettative di rivoluzione sociale. Nel frattempo diventa anche direttore del quotidiano «La Stampa» di Torino. Con la pubblicazione del libro «Tecnica del colpo di stato», chiaro attacco a Hitler e Mussolini, perde la direzione del giornale e viene inviato al confino. Liberato grazie all’amico Galeazzo Ciano, diventa inviato del «Corriere della Sera».
La terza fase, che va dal ’34 al ’43, lo vede partecipare alla seconda guerra mondiale come ufficiale, ma anche come corrispondente di guerra per il «Corriere della Sera». In questo periodo diventa sempre più critico nei confronti del regime nazista. Dopo la caduta di Mussolini torna in Italia e, fino alla Liberazione, collabora con il controspionaggio alleato.
La quarta fase è quella del biennio ’44-’46. Nel ’44 pubblica il suo primo romanzo, Kaputt, vero e proprio atto di accusa contro la guerra. Intanto, dopo i precedenti passaggi dal repubblicanesimo al fascismo e da questo all’antifascismo, con un ulteriore cambiamento di rotta ideologica, criticato in diversi ambienti della cultura italiana, cerca di avvicinarsi al partito comunista italiano. Otterrà, però, l’iscrizione al partito soltanto qualche mese prima di morire.
L’ultima fase comprende il periodo tra il ’47 e il ’57. Dopo una permanenza a Parigi e il successivo rientro in Italia, nel ’49 Malaparte pubblica il suo secondo romanzo, La pelle, ancora un atto di accusa contro la guerra. È un libro scandalo, che suscita molte polemiche e viene messo perfino all’Indice dalla Chiesa. L’anno dopo scrive e dirige un film – «Il Cristo Proibito» – premiato al Festival di Berlino. Collabora, poi, al settimanale «Il Tempo». Nel 1957 la sua situazione polmonare si aggrava. Durante il periodo di malattia, grazie ai gesuiti F. M. Cappello e V. Rotondi, rappresentanti di quell’ordine che Malaparte aveva apprezzato fin dai tempi del liceo Cicognini, egli si avvicina al cattolicesimo.
Anche se una certa pubblicistica ha manifestato e ancora manifesta dubbi in proposito, alla fine della sua vita Malaparte si converte, rinnega tutti i suoi atti contro la Chiesa, riceve i sacramenti. Dopo anni di agnosticismo e anticlericalismo, quindi, ancora un cambiamento, quello finale. Nei mesi di ospedalizzazione che precedono la morte, al suo capezzale giungono in tanti, anche diverse massime personalità politiche del tempo. Finché, nel luglio di quello stesso anno 1957, Malaparte muore.
È stato innanzitutto uno scrittore, prolifico, dallo stile dannunziano e proustiano, scandalistico e provocatore. Tra i suoi numerosi scritti i più noti, anche all’estero, sono i romanzi Kaputt, La pelle, Maledetti Toscani. Già da questi brevi cenni s’intuisce come il Malaparte sia un personaggio complesso. Innamorato di se stesso, sempre ribelle e disposto al cambiamento, anche opportunista, con il gusto della forza, stravagante, passionale, ironico, cinico.
Con il suo libro M. Serra riesce a rendere bene la sua complessità. Rifiuta, però, nella misura del possibile, quei clichés che descrivono e riducono il Malaparte a soggetto mitomane, esibizionista, avido di denaro e piaceri, camaleonte pronto a servire tutti i poteri e a servirsene per i propri fini. L’A. cerca, invece, di mostrare «la coerenza intima e la modernità di questo interprete profetico della decadenza dell’Europa di fronte alle nuove potenze globali […] e alle ideologie di massa: fascismo, comunismo, terzomondismo» (p. 9).
Una vita così ricca meritava davvero le tante pagine a lui dedicate dall’A. Sono pagine che scorrono in modo fluido sotto gli occhi del lettore, il quale rimane coinvolto dal protagonista e dall’interpretazione proposta dall’A. Il libro è completato da quattro appendici, tra cui una lettera inedita di Henry Milller a Malaparte, e una serie di allegati, tra cui le interviste al presidente G. Napolitano e al gesuita padre F. Castelli.
Concepita in modo particolare per quel pubblico francese che legge e ammira il Malaparte, è una biografia analiticamente documentata, capace di tratteggiare in modo realistico e critico non soltanto il protagonista, ma tutta la società in cui ha vissuto. Per chi è interessato a Malaparte, non soltanto nel pubblico francese, il lavoro del Serra si propone come un confronto obbligato.