Peyretti E.

In: La Civiltà Cattolica n. 3875


Enrico Peyretti, Dialoghi con Norberto Bobbio su politica, fede, nonviolenza. 

Con trentanove lettere inedite del filosofo, Torino, 2011

 

L'A., ricercatore per la pace presso il Centro studi «Sereno Regis» di Torino, è membro dell’Italian Peace Research Institute. Ha fondato nel 1971, e poi diretto fino al 2001, il mensile «il foglio». Ha al suo attivo diverse pubblicazioni, per la maggior parte sui temi della pace e della nonviolenza.

Prima allievo e poi amico di Norberto Bobbio (1909-2004), Peyretti propone in questo libro il resoconto di un ventennio di dialoghi e confronti con il grande intellettuale. Sono confronti che, a volte non privi di divergenze ma sempre reciprocamente molto rispettosi, cominciano dal 1984 e giungono fino a pochi anni  prima della morte del filosofo. Il libro riporta anche la trascrizione delle trentanove lettere di Bobbio all’A., finora inedite. Contiene anche sei appendici, che riportano articoli su riviste e relazioni a seminari, scritti dall’A., e che a vario titolo fanno riferimento a Bobbio o agli scambi con lui.

Molti e importanti sono i temi toccati nell’epistolario: la politica; il comunismo e la sete di giustizia; la sofferenza umana; la pace e la nonviolenza; il senso della vita; la «debolezza» di Dio; la religione; la fede; la mitezza; il male e il bene; la morte; l’amicizia. Soprattutto nelle lettere relative all’ultimo decennio dell’epistolario, per Bobbio sembrano diventare più importanti i temi esistenziali: il male, la vecchiaia, la morte, la religione come sensibilità verso il mistero dell’essere uomo. La sua attenzione, così, sembra concentrarsi di più sulle «cose ultime». 

Come prevedibile, visto che è un tema centrale per l’A., l’argomento della pace è ricorrente nell’epistolario. Bobbio appare scettico sulla possibilità che questa nostra umanità sia capace di vivere in pace: in tal senso, come è noto, la sua visione dell’uomo non è certo ottimistica. E così troviamo conferma di un Bobbio pacifista, certo, ma critico del «pacifismo assoluto» e propenso a giustificare la «guerra giusta».

Un altro tema al centro della corrispondenza è la religione, in particolare il cristianesimo. Bobbio pensa che il dialogo con il credente sia difficile. Secondo lui, di fronte alla realtà della sofferenza umana, causata dalla natura o dall’uomo stesso, il credente non dispone di una risposta convincente. E il filosofo si dichiara stupito perché le teologie della debolezza di Dio non producano una risposta adeguata e non facciano perdere la fede. E tende a vedere il credente come una persona attaccata a un’idea consolatoria di Dio. Come in altre sedi ebbe modo di riconoscere con sincerità, anche in questo caso dimostra una conoscenza piuttosto elementare del cristianesimo, certamente non all’altezza della sua cultura generale.

Particolarmente rappresentativa della sua umanità è una lettera sulla morte, davvero toccante, soprattutto quando si lascia andare alla descrizione delle memorie del padre, che ha amato più di ogni altro. Per Bobbio, privo di una prospettiva di fede, con la morte finisce tutto: «Perché illudersi che la morte non sia la morte? Dico la morte dell’unica vita che conosciamo, cui siamo stati legati dai nostri affetti, emozioni, odi, amori?» (p. 249).

È un libro che certamente parla molto di Peyretti ma, come nelle intenzioni dell’A., a fine lettura pone in risalto il vero protagonista: Bobbio. Queste sue lettere, pur non essendo numerose, ci dicono molto sul suo pensiero, la sua personalità e sensibilità, la sua capacità di dialogo. In proposito non a caso l’A., nella sua premessa, definisce Bobbio come «uomo del dialogo». 

È un libro interessante, come sanno esserlo alcuni epistolari, e che arricchisce la conoscenza di questo grande intellettuale, amante del dialogo, caratterizzato da una profonda passione civile, allergico a ogni forma di assolutismo, diffidente delle certezze e dei fondamentalismi.

«Uomo di ragione», come ebbe a scrivere, ma consapevole dei limiti della ragione. Giunto «alla fine della vita senza aver trovato una risposta alle domande ultime» (Micro Mega, 2000, n. 2, p. 8), sente che per questo la sua intelligenza è umiliata. Fino alla fine rimane uomo della sua «ragione limitata e umiliata», incapace di «andare al di là».