In: La Civiltà Cattolica n. 3854
Elena Brambilla, Corpi invasi e viaggi dell’anima.
Santità, possessione, esorcismo dalla teologia barocca alla medicina illuminista,
Roma, Viella, 2010
L’A., docente di Storia moderna presso l’Università di Milano, si occupa tra l’altro di storia delle donne, della medicina e della Chiesa, interessi che sono al centro anche di questo libro il cui titolo, decisamente suggestivo, chiarisce bene l’argomento trattato. La Brambilla intende mettere in relazione vissuti e avventure spirituali – fondamentalmente santità e possessione – con le teorie di alcuni teologi e medici alle prese con le loro interpretazioni. Protagoniste le donne, e l’epoca è l’età barocca. Come comune denominatore di tali vissuti e interpretazioni, l’A. individua fondamentalmente gli Esercizi spirituali di sant'Ignazio di Loyola e i gesuiti, principali guide spirituali del periodo.
Il testo è suddiviso in tre sezioni. La prima analizza i vissuti e le teorie su santità e possessione nel Seicento. In particolare presenta la «meditazione di tipo gesuita»; i segni di santità; possessioni, fatture e malie; la tradizione della discretio spirituum per distinguere gli spiriti o angeli buoni da quelli malvagi, l’estasi e il ratto che pongono in comunicazione con enti superiori o angelici dalle possessioni diaboliche, la vera santità dalla «affettata santità». Nel periodo 1580-1640, nella propaganda contro i protestanti, la loro «demonizzazione» provoca ansia e ondate di panico per la temuta presenza dei diavoli nel diffondere l’eresia, con conseguente diffusione delle pratiche per scongiurare i demoni. In tal modo, nella cura fondata sugli esorcismi, la medicina tradizionale perde terreno rispetto a quella «religiosa», si fa subalterna alla teologia nel distinguere le malattie naturali da quelle diaboliche, i veri dai falsi miracoli. Si opera una compenetrazione tra medicina e teologia, in una visione di contiguità tra fenomeni fisici, divini e diabolici, ma sempre in un quadro di egemonia teologica sulla medicina. Per l’A. si tratterebbe di una «clericalizzazione» della medicina e anche del diritto.
La seconda sezione considera le riforme dei segni di santità e le condanne dei manuali di esorcismo tra il 1660 e il 1710. Fra gli altri, vengono posti in risalto due elementi: l’importanza di Cartesio nel progressivo cambiamento della visione dei rapporti tra corpo e anima, e l’incidenza delle condizioni politiche della rivoluzione scientifica, soprattutto la reazione contro l’«entusiasmo», cioè contro gli eccessi del fanatismo religioso-politico del tempo. In tale contesto prende corpo anche il contrasto tra gesuiti e quietisti, tra meditazione gesuita e orazione di quiete. Si va verso una revisione dei segni di santità, nell’ambito del contrastato passaggio dalla scienza aristotelica a quella post-cartesiana, mentre l’egemonia della teologia neoscolastica volge al tramonto.
La terza sezione lascia la parola alla medicina del periodo 1746-53. Contro fatture e malie entra in campo la confutazione medica del concetto di «generazione spontanea», mentre si opera il passaggio di interpretazione da possessione a isteria uterina e poi a malattia mentale. Due figure vengono segnalate sopra tutte le altre: L. A. Muratori, che tratta con disincanto Della forza della fantasia umana (1745), e P. Lambertini, poi Benedetto XIV che, con il suo De servorum dei beatificatione et beatorum canonizatione (1734-38; 1743), ridefinisce i criteri di santità. In tale ottica il Settecento sembra stabilizzare la fine del precedente eccessivo «entusiasmo» e segnare una vera e propria «svolta antimistica».
Nell’insieme il libro chiarisce quali cambiamenti le esperienze di santità, possessione ed esorcismo subiscano nel passaggio dalla teologia barocca a quella illuminista. Si tratta certamente di una lettura «laica» della storia ecclesiastica del periodo, a volte non priva di toni polemici. Si pensi, a solo titolo di esempio, a quei casi di direzione spirituale che sconfinano «dall’amor sacro all’amor profano», discutibilmente addotti a prova di una prassi molto diffusa se non proprio generale. Viene inoltre delineata, a tinte fosche, una Chiesa che ostacola la scienza. Con un’enfasi probabilmente eccessiva si presenta la medicina del tempo come suddita dello strapotere della «Curia romana», della «cupa potenza» del Sant’Uffizio e dell’Indice, o dei gesuiti e dei cappuccini, allora principali gestori della direzione spirituale.
In realtà, al di fuori della scienza aristotelico-galenica, per altro ben descritta dalla stessa A., non era ancora disponibile una visione scientifica alternativa, quella che prenderà corpo solo successivamente, e alla quale la stessa Chiesa progressivamente si aprirà. Pertanto, pur senza disconoscere i dati storici, e soprattutto alcuni eccessi del periodo anche se statisticamente sovrastimati, proprio sui temi qui considerati anche in sede storica andrebbe valutata in modo più realistico la capacità della Chiesa di aprirsi progressivamente ai contributi della scienza.
Il libro, innanzitutto indirizzato ai cultori di storia, è documentato e ricco di notizie che rendono interessante la lettura. Non mancano utili indici delle opere citate e dei nomi. Frutto anche della rielaborazione di saggi precedenti, scelta questa che non incide sulla sua coerenza e organicità, il testo risulta chiaro e scorrevole, anche se a volte ripetitivo nei concetti fondamentali.