Nitoglia C.

In: La Civiltà Cattolica n. 3767


Curzio Nitoglia, Gnosi e Gnosticismo, Paganesimo e Giudaismo – 

Dalla Tradizione primitiva alla fine dei tempi

Brescia, Cavinato Editore, 2006


L’A. ha al suo attivo diverse pubblicazioni su vari argomenti filosofici e teologici. Si è occupato in particolare di esoterismo, dei rapporti tra ebraismo e cristianesimo, di filosofia tomista. Fin dalle prime pagine di quest’ultimo lavoro egli chiarisce la sua principale preoccupazione: «Il filo conduttore della crisi  del mondo odierno [...] va cercata nella gnosi moderna che è la continuazione della gnosi antica [...]. La neo-gnosi non nega direttamente e apertamente la religione; ma la infiltra e la permea di sé, dopo aver eroso dal di dentro i suoi contenuti» (p. 5 s).

Nella prima parte l’A. chiarisce i concetti fondamentali e le origini della gnosi, dello gnosticismo e della càbala. A differenza di quanti sostengono l’origine greco-ellenistica o orientale dello gnosticismo, l’A. condivide il parere di coloro che, soprattutto dopo la scoperta dei codici di Nag-Hammadi, sostengono l’origine giudaica dello gnosticismo. Quello anticristiano del II secolo, combattuto dai Padri (si pensi solo a Ireneo di Lione), affonderebbe quindi le sue radici in un pre-giudaismo, opera del giudaismo postbiblico o talmudico. E così i primi testi gnostici sarebbero da ricercare nella letteratura giudaica apocalittica e farisaica di quel periodo.

Nella seconda parte l’A. definisce la propria posizione in merito al giudaismo post-biblico: «La religione ebraica post-biblica non è quella di Abramo, Mosè e dei Profeti, è la religione o meglio l’ideologia gnostico-talmudica che stravolge l’AT in senso millenarista materiale e temporale» (p. 43). Nella terza parte tratta del marranesimo (criptogiudaismo) e del neo-marranesimo. A questo punto si fa più chiaro l’obiettivo di fondo del Nitoglia: allertare sul rischio di infiltrazione della neo-gnosi giudaizzante nella Chiesa cattolica, anche ai livelli più alti. Questo avverrebbe innanzitutto attraverso alcune personalità ben individuabili. E così non mancano accuse ad personam: i Maritain, Paolo VI, i cardinali J.-M. Lustiger e W. Kasper, Giovanni Paolo II, l’allora Prefetto della Congregazione della dottrina e della fede, J. Ratzinger. L’infiltrazione, poi, si formalizzerebbe anche in alcune dichiarazioni ufficiali della Chiesa: «Il Marranesimo [...] ci ha condotti alla grande apostasia della “chiesa del Concilio Vaticano II” [...] la quale insegna che Cristo non è necessario alla salvezza di tutti» (p. 246). Questa «giudaizzazione dei cristiani» sarebbe particolarmente evidente nel documento conciliare Nostra aetate.

Nella quarta parte l’A. analizza il paganesimo e il neo-paganesimo, il loro legame con il giudaismo post-biblico e la loro infiltrazione nella Chiesa: «Negli ultimi quaranta anni, la cabala e il talmudismo farisaici sono oggi predominanti nella cultura cristiana che stenta nel porre resistenza, salvo casi eccezionali» (p. 166). Come inevitabile, l’analisi allarmata dell’A. termina nei temi dell’Apocalisse e dell’Anticristo, e alla domanda finale: non siamo ormai giunti alla grande apostasia finale e alla conseguente prossima manifestazione dell’Anticristo?

Nel complesso il lavoro appare come un vero e proprio pamphlet, trasudante vis polemica soprattutto contro il giudaismo post-biblico. Pur riconoscendo all’A. un attaccamento all’integrità della fede cristiana, la sua posizione appare molto problematica. C’è innanzitutto un vistoso riduzionismo nel proporre una spiegazione monocausale: i problemi più grandi per la Chiesa risalirebbero alla neo-gnosi giudaizzante. In realtà le variabili in gioco sono molteplici. E poi l’A. non riesce — in realtà non vuole proprio — evitare i rischi di dogmatismo e fondamentalismo. In questo non è una voce del tutto isolata, e non può esserlo in un’epoca che registra relativismo diffuso, elogio del pensiero debole, multiculturismo e pluralismo religioso non facili, una tolleranza «dis-identitaria» e a senso unico. 

Di fronte a tale stato di cose c’è chi è portato a difendere la propria identità «minacciata», e lo fa con una forza polemica intollerante. E ciò può contribuire a irrigidire le posizioni degli uni contro gli altri. Reazione difensiva nota e verificabile in ogni epoca è l’intolleranza alla diversità e al cambiamento. Senza ritenere per principio che i cambiamenti siano sempre e solo positivi, cioè in direzione del meglio, è opportuno interrogarsi sui fondamenti e sulle differenze. Ma farlo nel modo proposto dall’A. di certo non facilita l’interlocutore a prendere seriamente e serenamente in considerazione le questioni sollevate. A tratti, più che di pensiero forte, si tratta di voce forte data a pensieri deboli. 

Non mancano vere e proprie forzature nel tentativo di dare unità a dati disomogenei, immaginati come prove inconfutabili dell’ipotesi principale, fino a convincersi della propria visione apocalittica. In definitiva l’A. sceglie e difende a spada tratta l’intransigenza teoretica, e forse vede nemici anche lì dove non ci sono. Una scrittura non sempre fluida e troppo numerose variazioni del tipo di carattere di stampa — volte a mettere in evidenza le affermazioni più incisive dell’A. — appesantiscono la lettura. In ogni caso qualche lettore potrà trovare utili le definizioni, la ricostruzione storica, la descrizione della forma contemporanea di gnosi, e così aprirsi a ulteriori approfondimenti.