Barban-Wong
In: La Civiltà Cattolica n. 3887
Il primato dell'amore. La spiritualità benedettina camaldolese,
a cura di Alessandro Barban e Joseph H. Wong,
Assisi, Cittadella, 2011
Nel 2012 si festeggia il millenario dell’esperienza monastica camaldolese. Il testo, che raccoglie il contributo di vari camaldolesi è curato dai monaci J. H. Wong e A. Barban, quest’ultimo da pochi mesi nuovo priore generale della Congregazione.
Il «primato dell’amore», scelto come titolo del libro, indica il centro unificante dei tre aspetti fondamentali della spiritualità camaldolese: comunione, solitudine, testimonianza, quello che i monaci chiamano il «triplice bene».
Il libro, ben concepito, consta di quattro parti. La prima offre un inquadramento storico, a cominciare dalla presentazione di alcune figure significative, dalle origini ad oggi. Vengono tracciati, innanzitutto, i contorni di due figure basilari: san Romualdo di Ravenna (951-1027), fondatore dell’eremo di Camaldoli, e san Pier Damiani (1007-72), primo biografo di Romualdo, e quindi figura importante della tradizione camaldolese.
La seconda parte offre spunti sugli aspetti più importanti del carisma romualdino-camaldolese, attraverso lo studio delle fonti antiche e delle direttive recenti della congregazione. Viene delineata con chiarezza la caratteristica principale della tradizione camaldolese: l’unità dei tre aspetti di comunione, solitudine e ospitalità, sia in ogni comunità monastica, sia nel cammino spirituale del singolo monaco.
La terza parte approfondisce uno degli aspetti essenziali della vita monastica, non soltanto camaldolese: la preghiera. Si parte, innanzitutto, dalla spiritualità liturgica: la celebrazione liturgica considerata come fonte della spiritualità cristiana. C’è poi la pratica della lectio divina, che affonda le radici nella proclamazione liturgica della Parola. E c’è, infine, la preghiera silenziosa e continua, che trova le sue radici iniziali tra i Padri del deserto e, passata dall’Oriente anche in Occidente, finisce con il caratterizzare la vita monastica camaldolese.
La quarta parte è dedicata alla testimonianza, che oggi si traduce fondamentalmente in lavoro e ospitalità. Nell’ottica di una spiritualità incarnata, il lavoro richiama il monaco alla concretezza della propria vocazione, evitandogli di scivolare nell’ozio e nell’accidia. L’ospitalità consente a chi viene dall’esterno di condividere gli elementi che ritmano la vita della comunità monastica.
Il contributo sul dialogo ecumenico e su quello interreligioso pone in risalto il modo nel quale la vita contemplativa, per sua natura, tenda all’unità, alla scoperta degli aspetti comuni alla radice delle cose. Il dialogo è basilare nella tradizione camaldolese, e si traduce anche in ecumenismo, dialogo interreligioso, confronto con il mondo laico di oggi, che è da considerarsi un tempo di cambiamento epocale, letto come fine della post-modernità. Se c’è un dio che è morto, parafrasando la celebre affermazione Nietzsche, quello è il Dio della metafisica filosofica e della teologia scolastica, non il Dio cristiano annunciato da Gesù.
Oggi la domanda non è se ci sia ancora spazio per Dio in Occidente, ma dove il Dio di Gesù Cristo sia presente nella nostra storia. Oggi, a cominciare dalla Chiesa stessa, è particolarmente necessario il respiro dell’assoluto, e ai monaci potrebbe spettare proprio il compito di contribuire a diffondere tale respiro. Il libro si chiude con una riflessione sulle provocazioni della cultura contemporanea al monachesimo.
I contributi sono scritti con stile semplice e lineare, ma senza rinunciare alla scientificità. Libro davvero interessante, che rende bene la tensione umana e spirituale della tradizione benedettina camaldolese, capace di incarnarsi anche nel mondo contemporaneo.
Non è il solito libro autocelebrativo, attraverso il quale una congregazione cerca di conservare una sua visibilità sfruttando come occasione qualche memoria storica. Grazie al confronto con il carisma camaldolese e con la vita quotidiana dei monaci, infatti, il lettore può rimanere davvero coinvolto, può comprendere meglio il senso della vita monastica anche nell’oggi, e forse può sentirsi provocato a ripensare la sua personale relazione con Dio.