Minardo A.

In: La Civiltà Cattolica n. 3869


Adriano Minardo, La potenza di Dio. Studio storico-tipologico su un attributo divino

Assisi (Pg), Cittadella, 2011

 

L’A., parroco, insegna presso lo Studio Teologico San Paolo di Catania e l’Istituto Superiore di Scienze Religiose San Metodio di Siracusa. In questo libro analizza quello che lui stesso definisce «uno degli attributi divini più discussi e problematici nella storia della teologia, ossia l’onnipotenza di Dio» (p. 11). E le perplessità sulla potenza di Dio sono ancora maggiori nell’uomo postmoderno, il quale tende a domandarsi: perché un Dio, che per principio non può che essere onnipotente, non interviene sulla natura e nella storia, per liberare gli esseri viventi dal male e dal dolore? È un Dio indifferente, impotente, o addirittura inesistente? 

Così inteso il tema non rimane una questione teorica appannaggio di pochi specialisti, ma diventa una realtà vitale per tutti quei credenti che si sforzano di conservare la fede senza rinunciare alla ragione. Il lettore si trova di fronte a un’esposizione storico-tipologica della dottrina dell’onnipotenza, attraverso i modelli più significativi che la teologia ha offerto al pensiero nelle tre grandi epoche culturali del secondo millennio cristiano.

Nell’epoca medievale, secondo un ben definito schema metafisico, è ancora possibile disquisire sul tema. Il suo modello teologico fondativo, che l’A. definisce metafisico o onto-teologico, riflette sulla potenza di Dio in sé, data la condizione di necessità di un essere onnipotente. La problematica dell’onnipotenza divina viene inaugurata dal monaco Pier Damiani (1007-72). Il pensatore di riferimento sul tema, comunque, rimane Anselmo d’Aosta (1033-1109): l’A. gli dedica la giusta attenzione, soffermandosi in particolare su come Anselmo tratta dell’onnipotenza soprattutto nel Prosloghion e nel Cur Deus homo

Nell’epoca moderna l’argomento viene affrontato secondo un paradigma di pensiero che si discosta dalla metafisica classica: ora l’intento teologico è quello di riflettere sulla potenza di Dio in relazione al mondo. Il modello teologico fondativo potrebbe essere definito cosmologico-scientifico. Il dibattito successivo ad Anselmo si concentra sulla distinzione della potentia Dei in absoluta e ordinata, sorta semplicemente per avallare la tesi secondo cui Dio mantiene la libertà di fare ben altro rispetto a quello che ha ordinato. A questo proposito l’A. esamina, seppur brevemente, il pensiero di Tommaso d’Aquino (1225-74); Duns Scoto (1266-1308) e Gugliemo Ockham (1288-1349), i quali insistono sulla potenza di Dio soprattutto per sottolineare la contingenza del mondo.

L’autore scelto a rappresentare l’epoca moderna è l’oratoriano N. Malebranche (1638-1715). Per lui Dio è coinvolto nella natura, non solo come potenza ordinatrice, ma come Signore infinito e assoluto dell’universo, opposto al deus ex machina filosofico.

Nell’epoca contemporanea il processo di distacco dalla metafisica classica si acuisce ulteriormente. Prendono sempre più consistenza le obiezioni mosse contro la dottrina dell’onnipotenza, ritenendo improponibile un essere divino contemporaneamente buono e onnipotente, e un dio che lascia persistere il male nel mondo. A tal proposito l’A. accenna in particolare alla filosofia analitica e al pensiero del filosofo ebreo H. Jonas (1903-93), con la sua reinterpretazione dell’Onnipotente dopo l’Olocausto.

Anche all’interno della stessa teologia contemporanea si registrano posizioni di stallo, sospensioni di giudizio, silenzio, quando non proprio avversione nei confronti di un pensiero che, di fronte alla continua presenza del male nel mondo, non riesce a giustificare l’esistenza di un Dio onnipotente e buono. Ma il tema non viene del tutto eluso, come si vede in autori quali W. Pannenberg e H. U. von Balthasar (1905-88). Il modello teologico fondativo dell’onnipotenza nell’epoca contemporanea, che l’A. definisce storico-kairologico, presenta l’attributo dell’onnipotenza divina in relazione alla creazione e alla redenzione, le quali permettono di comprendere sotto una nuova luce la potenza di Dio, che in sé esprime un amore fecondo, libero e liberante. È un ribaltamento di prospettiva che si concentra di più sulla storia della rivelazione di Dio come appello all’uomo credente. L’idea dell’onnipotenza non scompare, ma viene reintegrata nella logica dell’incarnazione, dell’amore. In tal modo: «L’onnipotenza dell’amore di Dio che si fa debole perché ha un debole per l’uomo» (p. 353), diventa un pensiero possibile e non contraddittorio.

A conclusione della sua analisi, valorizzando in particolare i suggerimenti di J. Werbick e A. Nitrola, l’A. individua e propone alcune coordinate di fondo, utili per purificare l’idea dell’onnipotenza da una sua assimilazione concettuale mitica o idolatrica, e per offrire spunti di riflessione sull’ammissibilità teologica di tale attributo. Questa è resa possibile dalla categoria teologica della promessa di salvezza, da parte di un Dio che, mosso dall’amore, si mantiene fedele: «La dottrina dell’onnipotenza […] può comprendersi meglio alla luce di una teologia della fine» (p. 354). Il libro, corredato da una vasta bibliografia, è un contributo coraggioso e valido per la comprensione e il dibattito su un tema che continua a rimanere arduo.