Lorenzini D.

In: La Civiltà Cattolica n. 3902


Daniele Lorenzini, Jacques Maritain e i diritti umani. Fra totalitarismo, antisemitismo e democrazia (1936-1951)

Brescia, Morcelliana, 2012

 

La letteratura specialistica su Jacques Maritain (1882-1973) giustamente ha prestato e continua a prestare molta attenzione a due temi fondamentali che ancora oggi sono tra gli aspetti più vitali e attuali del suo pensiero: quello della democrazia e quello dei diritti umani, variamente intrecciati fra loro. In questo libro l’A., docente di filosofia all’Université Paris-Est Créteil, si occupa proprio dei diritti umani.

Il suo contributo è volto primariamente a mettere in luce una vera e propria «svolta» nella riflessione maritainiana sui diritti umani durante gli anni della seconda guerra mondiale, vero e proprio spartiacque tra due fasi. Finora la ricostruzione storiografica del pensiero di Maritain, relativo agli anni Venti-Trenta e a quello degli anni Quaranta-Cinquanta, ha assunto due forme. Da una parte, c’è chi vede piena continuità fra i due periodi. Dall’altra, c’è chi si è limitato a un’analisi esclusivamente filosofica delle sue riflessioni sui diritti dell’uomo, quasi isolandole dal loro contesto storico.

Così facendo, però, i due approcci interpretativi perdono la capacità di cogliere nella sua interezza la «evoluzione» del pensiero politico maritainiano. Proprio questo è il cuore della riflessione dell’A. Per lui tale svolta esiste e va colta in tutta la sua profondità e nelle sue importanti conseguenze: essa consisterebbe nel passaggio da una prospettiva di tradizionale difesa dei diritti propri dell’essere umano «in quanto persona», cioè a motivo della sua natura spirituale e trascendente, a una legittimazione storica e teorica dei «diritti dell’uomo», così come proclamati dalla modernità rivoluzionaria americana e francese. Tale passaggio, quindi, anche se non mirato a opporsi in maniera esplicita all’insegnamento pontificio, metterebbe in discussione, per così dire «dall’interno», varie posizioni ufficiali del magistero cattolico.

Si riesce a cogliere tale svolta nella riflessione maritainiana soltanto situandola nella sua giusta congiuntura storico-biografica: il contesto della seconda guerra mondiale e la forzata permanenza di Maritain negli Stati Uniti, fra il 1940 e il 1944. In questo Paese, a contatto con specifici ambienti cattolici, si pongono le basi per il suo passaggio dalla difesa della persona umana alla lotta per i diritti dell’uomo. In particolare l’A. pone in risalto la collaborazione di Maritain con il Committe of Catholics to Fight Anti-Semitism, successivamente divenuto The Committe of Catholics for Human Rights, contribuendo alla rivista The Voice for Human Rights. Il Committee costituisce la reazione di alcuni ambienti cattolici alla crescente diffusione di idee razziste e antisemite nella società statunitense, alla quale, fra gli altri, contribuisce in maniera sostanziale il reverendo Charles Edward Coughlin (1891–1979), grazie a un programma radiofonico molto seguito, e al periodico Social Justice

Nel Committee domina la visione di un inscindibile legame tra cristianesimo, democrazia, lotta contro l’antisemitismo e difesa dei diritti umani. È a contatto con questo humus culturale che Maritain, durante il suo esilio statunitense, dà una svolta alla sua filosofia politica, assimilando e rielaborando in essa diverse idee fino a quel momento rimaste soltanto sullo sfondo del suo pensiero. 

Negli scritti del filosofo francese, infatti, l’uso dell’espressione «diritti dell’uomo» in senso positivo compare soltanto nel 1939, mentre prima aveva per lui un’accezione prevalentemente negativa, cioè in contrapposizione all’espressione «diritti della persona».

Negli ambienti cattolici europei, infatti, l’espressione «diritti dell’uomo» era guardata con sospetto per le sue possibili convergenze con le visioni politiche liberali e individualistiche. Ancor più, per il Magistero ecclesiastico era inaccettabile un fondamento secolare ai diritti universali dell’uomo senza riferimento ai diritti di Dio e della sua Chiesa.

Non stupisce, allora, come nel dopoguerra la svolta di Maritain sia fatta oggetto di critiche e attacchi da parte di non pochi esponenti di primo piano del mondo cattolico. Solo successivamente i diritti dell’uomo cominciano a essere citati in qualche documento ecclesiale. È quello che accade, ad esempio, nel 1963, con l’enciclica Pacem in terris di Giovanni XXIII, che accoglie un riferimento alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite, redatta nel 1948, e che annovera fra i suoi padri proprio J. Maritain. Poi, ancora più chiaramente, la dichiarazione Dignitatis humanae (1965) del Concilio Vaticano II riconosce la libertà religiosa e di coscienza quale diritto inalienabile della persona. 

Davvero apprezzabile l’originale e accurata ricerca del Lorenzini che contribuisce, fra l’altro, a delineare il contributo di Maritain affinché la cultura cattolica potesse aprirsi ai fondamenti della modernità politica.