In: La Civiltà Cattolica n. 3829
Giancarlo Biguzzi, Paolo e la donna,
Milano, Paoline, 2009
Nei confronti di Paolo è difficile mantenere un atteggiamento neutrale: o lo si ama o lo si odia. E in effetti da sempre Paolo viene sia ammirato che combattuto. Anche l’A. riconosce alcune caratteristiche di Paolo che non favoriscono un atteggiamento positivo nei suoi confronti: una dose eccessiva di protagonismo; l’«egomania»; la propensione alla violenza verbale e al sarcasmo; una certa tendenza alla litigiosità e al vedere nemici dappertutto. Insomma: una natura indubbiamente aggressiva.
Ma oggi la critica più diffusa nei suoi confronti è quella di antifemminismo, di avere una visione «negativa» della donna o, per dirla ancor più chiaramente, di essere misogino. Il testo si propone proprio l’obiettivo di verificare la veridicità di questo luogo comune su Paolo. L’A. è docente all’Università Urbaniana e all’Istituto Biblico di Roma, nonché collaboratore di diverse riviste nazionali e internazionali. È, quindi, un esperto biblista.
In questo suo lavoro procede con metodo, precisione, capacità critica. Individuati i testi paolini su cui si tende a fondare la visione di un Paolo misogino, soprattutto nella prima lettera ai Corinzi, l’A. li analizza nei dettagli per mettere in luce cosa effettivamente è scritto nei passaggi più controversi. L’A., che non nasconde le difficoltà reali di questi testi, si confronta criticamente con le interpretazioni più accreditate. Il lavoro si svolge lungo tre capitoli.
Il primo capitolo considera il testo di 1Cor 11,2-16, che tratta delle assemblee carismatiche della Chiesa corinzia, in particolare delle regole di comportamento per la preghiera e la profezia. Sulla base dell’approfondita analisi proposta dall’A., si direbbe che Paolo non se la prenda con la donna in generale ma soltanto con alcune donne, per le loro rivendicazioni e atteggiamenti forzosamente «mascolineggianti», che lui ritiene non equilibrati né opportuni. In realtà, quindi, Paolo sarebbe tutt’altro che antifemminista visto che, fra l’altro, propugna una partecipazione paritaria della donna alla vita della comunità cristiana, fino al diritto di profezia. È un atteggiamento che l’A. definisce «equilibrio umano e teologico».
Il secondo capitolo considera il testo di 1Cor 14,33b-40, sul decoro e l’ordine da tenere nelle assemblee carismatiche di profezia e glossolalia. Qui c’è il passo più controverso, quello che intima alle donne di tacere nelle assemblee. L’A. passa in rassegna tutte le principali proposte interpretative, e alla fine propende per quella che assegna il testo agli interlocutori con cui Paolo sta polemizzando. In realtà, quindi, non solo l’ingiunzione al silenzio non sarebbe di Paolo, ma addirittura lui difenderebbe il diritto delle donne a prendere la parola nelle assemblee. E questo sarebbe coerente con l’analisi relativa al testo precedente.
E, a proposito di coerenza, nell’ultimo capitolo l’A. passa in rassegna i testi di Paolo e degli Atti degli Apostoli che contribuiscono a confermare l’atteggiamento dell’aposotolo delle genti nei confronti delle donne. Diverse sono le collaboratrici di Paolo: Evodia, Sintiche, Lidia, Apfia, Cloe, Prisca, Febe, Maria, Trifena, Trifosa, Perside, Giulia, la madre di Rufo, la sorella di Nereo, Giunia… I testi lasciano intuire che diverse di queste donne siano in posizione di primo piano nelle Chiese fondate o visitate da Paolo. Per questo un po’ tutti i commentatori sono d’accordo sull’importanza e lo spazio riconosciuti da Paolo alle donne, nonché sul suo attribuire all’uomo e alla donna piena parità e uguale dignità. Per l’A., in definitiva, è semplicemente irrealistico un Paolo antifemminista, così come non è credibile che sia suo il decreto del silenzio per le donne nelle assemblee.
L’analisi esegetica è chiara e sembra anche convincente. A una lettura serena e non pregiudiziale, le interpretazioni proposte dall’A. appaiono plausibili, e il suo ragionamento non sembrerebbe dettato soltanto dallo sforzo di «salvare» Paolo, di renderlo più «digeribile» per la sensibilità contemporanea. Il testo si rivolge innanzitutto a quanti si occupano di esegesi paolina. Ma, considerando che è scritto in modo accessibile anche ai non addetti ai lavori, dovrebbe poter interessare tutti coloro che vogliono capire meglio il pensiero di Paolo, soprattutto per quanto riguarda la sua visione della donna.