In: La Civiltà Cattolica n. 3913
Rita Giaretta - Sergio Tanzarella, Osare la speranza. La liberazione viene dal Sud,
Trapani, Il Pozzo di Giacobbe, 2012
Al centro del libro c’è un’esperienza di vita a servizio degli ultimi, in una terra tra le ultime. Ma il dialogo fra i due AA. Fa affiorare anche un altro elemento centrale: la condizione e il futuro della vita religiosa femminile, alla luce di due domande di fondo: oggi ha ancora senso essere una suora, e quanto costa la fedeltà al Vangelo? Si tratta di domande ineludibili, soprattutto considerando la distruzione ambientale e morale di un territorio del Sud, in la Campania, sfigurato da camorra e da mentalità camorristica diffusa.
E proprio in Campania operano sia l’intervistatore sia l’intervistata. Pone le domande Tanzarella, docente all’Università Gregoriana e professore di Storia della Chiesa alla Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, dove dirige anche l’Istituto di Storia del Cristianesimo “Cataldo Naro”. Suor Rita Giaretta, orsolina, fondatrice, insieme ad altre consorelle, della «Comunità Rut» di Caserta, che muove i suoi primi passi nel 1995. Due anni dopo, nel 1997, la Comunità dà vita a «Casa Rut», che accoglie donne migranti, sole o con figli, in gravi situazioni di difficoltà, o vittime della tratta degli esseri umani.
Nel tempo ha preso forma anche un laboratorio di sartoria etnica, per l’attività di formazione e addestramento al lavoro delle donne in accoglienza. Successivamente, dall’attività del laboratorio si costituisce la Cooperativa Sociale neWope, nuova speranza, che ora dispone anche di uno spazio aperto al pubblico di incontro e punto vendita dei manufatti creati nel laboratorio di sartoria. Insomma, uno spazio di speranza. E una speranza per le suore è che tutte le ragazze che giungono a Casa Rut la vivano come «una terra di passaggio, una terra che però profuma di casa» (p. 75).
Sono religiose che «danno prova che il Vangelo rende sempre possibile la vita, anche nelle condizioni più estreme» (p. 7). Costituiscono una Chiesa non chiusa nel «recinto del sacro, del culto», ma aperta alle persone, capace di denunciare le ingiustizie, gli abusi e le violenze, di combattere lo sfruttamento, come nel caso delle donne in stato di schiavitù per prostituzione. Tutto questo, senza cercare la ribalta, senza attendere il riconoscimento pubblico del proprio impegno, ma vivendo il quotidiano della gente comune, degli ultimi, incarnando la Chiesa povera, libera dalle tentazioni del potere e del possesso, l’unica Chiesa capace di «restituire la speranza ai poveri».
Suor Rita vuol essere quella «voce libera» che lei vede assente nella Chiesa di oggi: «I privilegi a lungo andare, rendono stonata la voce della Chiesa. Una voce che ‘per compiacere’ diventa o troppo silente, o inflessibile e altre volte acquiescente, non è più una voce profetica» (p. 61).
In Appendice la testimonianza di Titti Malorni, vice presidente della cooperativa neWope. Il volume sostiene proprio la Cooperativa neWope: ad essa, infatti, sono stati ceduti i diritti d’autore.
Si tratta di un libro piccolo, ma soltanto nel formato e nel numero di pagine. In realtà è un racconto di vita che provoca, credenti e non credenti. È un’esperienza che riporta all’essenziale, quanto mai attuale in tempi come questi. In fondo è davvero un’esperienza che invita tutti a «osare la speranza».