Mandia C.

In: La Civiltà Cattolica n. 3946


Carmine Mandia, 

Don Bosco. Antropologia relazionale nel bicentenario della nascita (1815-2015)

Morlacchi, 2014


Don Bosco nasce nel 1815 in una frazione del comune di Castelnuovo d’Asti, non lontano da Torino, dove trascorre la sua vita sacerdotale soprattutto come educatore dei giovani. Per loro fonda i Salesiani; le figlie di Maria Ausiliatrice, assieme a santa Maria Mazzarello; i cooperatori salesiani. Muore nel 1988 a Torino. Viene canonizzato nel 1934 da Pio XI. 

Da sempre, i salesiani hanno come obiettivo primario l’istruzione e l’educazione dei giovani in scuole, oratori, Centri di formazione agricola e professionale. Si dedicano anche all’apostolato della stampa e alle missioni. 

Fra i tanti frutti del bicentenario della nascita del fondatore ecco anche questo poderoso contributo di Carmine Mandia, salesiano. È uno studio dal taglio particolare: l’A. vuole porre in risalto il nucleo del pensare e dell’agire di don Bosco, cioè la sua visione dell’uomo come essere relazionale, e vuole confrontarlo con il pensiero filosofico personalista e quello della Chiesa.

Acclarata la centralità dell’uomo nel cosmo e nella storia e l’obbligo morale di rispettare la persona, principio che accomuna credenti e non credenti, Mandia riformula alcune domande fondamentali. Chi è l’uomo? Qual è il suo destino? “Chi” è “persona”? Trovare risposte adeguate a tali domande è un compito urgente in questo nostro tempo di crisi d’identità dell’uomo.

A tali domande don Bosco, pur senza trattazioni teoriche sistematiche, ha dato risposte chiare, nelle parole e soprattutto nell’azione e fornendo, anche soltanto in filigrana, una ben individuabile visione antropologica. 

Don Bosco vive e opera in un tempo caratterizzato da una mentalità pragmatista e utilitarista, in cui  sono i «fatti» a possedere la vera forza persuasiva. Anch'egli è un pragmatico e, quando scrive, non si perde in teorie ma predilige l’esperienza, il fare, l’agire concreto, il metodo. Scrive per riflettere sull’uomo e soprattutto su Dio, sull’incarnazione del Figlio, sulla Chiesa, sulla conversione dell’uomo a Dio. Il suo è un umanesimo cristiano operativo.

L’uomo boschiano, composto di corpo e anima, è nato per conoscere Dio e a tal fine deve impiegare tutte le sue capacità ed energie. L’antropologia relazionale di Don Bosco viene declinata su sei distinte dimensioni, espressioni fondamentali dell’essere umano: ragione; volontà; coscienza; cuore; spirito; corpo. Tali dimensioni costituiscono i sei capitoli del libro. 

Avendo come punto di riferimento portante il trinomio boschiano «familiartà, affetto, confidenza», il testo procede in chiave essenzialmente ermeneutica. Manda ci presenta l'immagine di un santo attuale, capace di parlare anche al complesso mondo di oggi. 

Dall’analisi dell’A. scaturisce una solida validazione dell’azione di don Bosco, come quello di una persona capace di pensare e mettere in atto una vera e propria rivoluzione antropologica, con al centro la relazione interpersonale, come incarnazione del senso del vivere, sostanza del significato etico-religioso della vita.