Zarmati L.

In: La Civiltà Cattolica n. 3790


Luigino Zarmati, Gesù nell'orto degli Ulivi. Una meditazione filosofica,

Roma, Leonardo Da Vinci, 2007


L’A. ha già pubblicato diversi lavori nell’ambito della ricerca filosofico-teologica. Più di recente ha fatto convergere la propria attenzione sul tema della Incarnazione, proponendo in un testo specifico precedente una interpretazione teologica di questo fondamentale mistero cristiano.

L’ultimo lavoro sulla sofferenza di Gesù nel Getsemani, che presentiamo, corrisponde in pratica alla sua dissertazione per la licenza alla Facoltà di Teologia dell'Università Gregoriana. Come la prima parte del titolo lascia già intuire, anche in questo libro l’A. continua ad analizzare il tema dell'Incarnazione, questa volta ponendo in particolare evidenza la sofferenza del Verbo incarnato. Argomento chiave è l’agonia di Gesù nell’Orto degli Ulivi, realtà che ha sollevato e continua a sollevare diversi interrogativi, tra i quali l’A. si sofferma sulla spiegazione della sofferenza di Gesù e sul quesito riguardante la sofferenza di Gesù come uomo o come Dio.

Dopo aver esaminato il contenuto dei Vangeli sull’episodio del Getsemani, l’A. propone un breve approfondimento teologico, volto ad evidenziare il «perché» della sofferenza di Gesù, comprensibile soltanto nella logica della Redenzione e dell'Incarnazione.

Al Getsemani dei Vangeli l’A. affianca il Getsemani visto dai Padri: la visione della Scrittura si arricchisce con quella della Tradizione. Seppure brevemente egli riporta i più significativi commenti di alcuni Padri, di cui fornisce in nota i dati biografici fondamentali.

Il testo poi esamina il Magistero della Chiesa e i suoi insegnamenti. Anche se nessun Concilio si è espresso direttamente sul Getsemani, non mancano riferimenti indiretti, soprattutto nelle definizioni del Simbolo di fede e delle due volontà e attività in Cristo. È il caso dei Concili di Calcedonia (del 451) e di Costantinopoli III (del 681). Riferimenti diretti al Getsemani, invece, si hanno in due sinodi tenutisi a Toledo: il XIV (nel 684) ed il XVI (nel 693). In definitiva: «Per spiegare quella sofferenza, si è ritenuto necessario dover individuare in Gesù due nature, quella umana, passibile di sofferenza, e quella divina, immune dalla sofferenza» (p. 131). È un chiaro esempio di come la riflessione teologica cristiana parta da e si fondi sulla realtà concreta, quella presentata dalle fonti della Rivelazione e dalla Tradizione. 

Logica allora è la conclusione del Magistero: in Gesù devono esserci state due nature e due volontà. Ed è proprio la scena del Getsemani che ce ne dà testimonianza. E a dimostrazione che quella di Gesù nel Getsemani sia stata sofferenza autentica e di straordinaria intensità, l’A. nella sua lunga conclusione riporta una serie di considerazioni mediche sul fatto. L’analisi scientifica sull’esperienza di Gesù nel Getsemani narrata nei Vangeli, anche se condotta a posteriori, dimostra chiaramente la quantità e qualità di tale sofferenza che, a quei livelli di intensità, tende ad esprimere i sintomi psicofisici manifestati da Gesù.

Testo didattico e capace di fornire al lettore notizie che, pur essendo fondamentali per la formazione cristiana, di solito sono alla portata soltanto degli specialisti. Anche per questo il libro, proprio su un tema così centrale per la fede come quello dell’umanità-divinità di Gesù, potrebbe aiutare il credente nella formazione di una coscienza cristiana autentica, passo inevitabile per la testimonianza, per essere cioè «pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi» (1 Pt 3,15).

In un tempo in cui, sotto la copertura della tolleranza ideologica, la cultura laicista al massimo riesce a «sopportare» un Gesù ma che sia solo uomo, ben vengano quei testi che sottolineano anche la dimensione divina di Gesù proprio mentre ne mostrano la dimensione umana, resa particolarmente visibile dalla sofferenza. Agli occhi della cultura dominante questo tipo di sottolineatura viene etichettato perlomeno come «superato» o, peggio, inopportuno, perché di sapore fondamentalista. È chiara la forzatura implicita in tale posizione. In realtà, ribadire tutte le componenti dell’identità di Gesù – e quindi del cristianesimo – è operazione imprescindibile per il cristiano.