In: La Civiltà Cattolica n. 3770
Domenico Casiraghi, Dio e l’uomo. Una discussione possibile,
Barzago (Lc), MARNA, 2006
L’A. getta uno sguardo sull’uomo della postmodernità, alle prese con il crollo delle certezze, delle verità assolute, delle grandi concezioni metafisiche globali. È un uomo in preda a una grave crisi di senso che, affondando le sue radici nel relativismo, sfocia nel nichilismo. Mai come oggi sembra trovare conferma la profezia di Nietzsche che vedeva il cammino della cultura europea inevitabilmente orientato verso il nichilismo. E il cristianesimo sarebbe una delle vittime di questo cambiamento radicale e apparentemente irreversibile. Ma è proprio vero che non c’è più verità, che la ragione non può elevarsi alla verità? In realtà, da più parti si registra una decisa presa di posizione contro questo nichilismo dato ormai come vincitore. Una voce in tal senso è anche quella dell’A., che, con il suo libro, intende «difendere, contro il riduttivismo fallibilistico, l’idea di una verità oggettiva con il richiamo alla metafisica, il cui riconoscimento diventa l’affermazione della capacità della ragione di poter conoscere con certezza ciò che sta al di là dei fenomeni e dell’esperienza empirica, una capacità che la dispone all’apertura e al superamento di se stessa» (p. 11).
L’obiettivo dell’A. è di stabilire un fondamento razionale sull’uomo e su Dio. Nella prima parte del lavoro Casiraghi affronta il problema dell’esistenza di Dio, soffermandosi in modo particolare sulle possibili soluzioni proposte in due millenni di ricerca. Tre le risposte considerate, poste come titoli dei rispettivi capitoli. La prima è: Dio non esiste, se non come proiezione dei nostri desideri, come frutto dell’immaginazione. Tra quanti propongono questa ipotesi l’A. analizza soprattutto Feuerbach, Marx e Nietzsche. La seconda risposta è: Non è possibile dimostrare né l’esistenza né la non esistenza di Dio. In tale ambito l’A. si sofferma particolarmente su Pascal e Kant. Ed ecco la terza risposta al problema Dio: È possibile dimostrare con la sola ragione l’esistenza di Dio. È l’ambito dominato da pensatori come Aristotele e Tommaso d’Aquino, cui l’A. sembra fare particolare riferimento.
Nella seconda parte ci si confronta con la domanda «Chi è l’uomo?» e con le varie risposte finora offerte dalla filosofia. Diversi i passaggi messi in evidenza: dal dualismo anima-corpo o spirito-materia alla divinizzazione dell’uomo ad opera dell’idealismo, alle numerose critiche contro l’idealismo. Interessante anche la breve rassegna sulla «Filosofia della mente», che, con la sua tendenza a rifiutare il dualismo, finisce col privilegiare un monismo che sfocia nel riduzionismo materialistico.
A conclusione della sua analisi l’A. sposa in pieno la visione che considera l’essere umano come persona, unità inseparabile di anima e corpo e aperta alla trascendenza. Si tratta di un’antropologia che «non solo supera i residui del dualismo ontologico platonico e cartesiano, ma anche le rappresentazioni ingenue e fisicistiche dei materialisti e dei filosofi della mente» (p. 198). Il volume si chiude con una appendice dal titolo «L’embrione umano: qualcuno o qualcosa?». A questa domanda l’A. cerca di rispondere seguendo il metodo fenomenologico e confrontandosi con la genetica e la filosofia. La conclusione cui giunge è che l’embrione è un individuo di natura umana ed è una persona.
Pur confrontandosi con tematiche complesse, il lettore che abbia un minimo di dimestichezza con la riflessione filosofica non trova particolari difficoltà a scorrere queste pagine. In effetti, l’impostazione didattica privilegiata dall’A. e la sua scrittura semplice e scorrevole consentono di penetrare nel cuore dei problemi affrontati. A tal fine si rivela utile il ricco apparato di note, che offre anche una vasta e aggiornata bibliografia.
Il testo fa riflettere e lascia una viva impressione di fondo: le filosofie e antropologie imperanti, e tanto reclamizzate quasi fossero la parola definitiva su Dio e sull’uomo, non possono pretendere l’esclusiva della verità. Pur muovendosi nella visione cristiana, l’A. non lascia trasparire un intento esclusivamente apologetico, né un rifiuto pregiudiziale di una parte importante della riflessione contemporanea, con la quale invece anche il credente deve confrontarsi. Piuttosto l’A. formula un invito a evitare i riduzionismi, a rispettare la complessità, a relativizzare lo stesso relativismo e il nichilismo che ne deriva.