Sgubbi G.

In: La Civiltà Cattolica n. 3885


Sgubbi G., Il gratuitamente necessario. Per una teologia filosofica della Gratuità,

Lugano, Eupress FLT, 2010


La ricerca di senso da parte dell’uomo non può non confrontarsi con un tema fondamentale, che ne è parte integrante: la questione di Dio. È un argomento che accompagna da sempre l’esercizio della ragione e  che oggi è oggetto di rinnovato interesse. Proprio questo è l’argomento che l’A. pone al centro del suo libro. Sgubbi, sacerdote, con al suo attivo numerose pubblicazioni, a carattere prevalentemente teologico-fondamentale e filosofico, attualmente è docente di teologia dogmatica e fondamentale presso le Facoltà teologiche di Lugano e di Bologna. 

Egli sceglie di affrontare il tema della questione di Dio preferendo la via metafisica, pur consapevole che questa oggi non è proprio «à la page».

Lo specifico del discorso razionale su Dio è proprio la sua forza argomentativa e dimostrativa, e una dimensione tipica del pensare dimostrativo è la «necessità». Ma proprio qui sorge un primo problema: un dio «dimostrato» può ancora considerarsi un dio libero di mostrarsi di sua iniziativa all’uomo? In altre parole, come conciliare la «gratuità», caratteristica tipica del Dio cristiano, con la «necessità» del pensiero argomentativo? Non è questione di lana caprina: l’alternativa, infatti, è tra un Dio abbandonato all’arbitrio o alla volontà di potenza dell’uomo, e un Dio che «convoca la ragione a riconoscerlo come presenza».

L’A., innanzitutto, discute in termini argomentativi la possibilità di porre razionalmente la domanda su Dio e precisa il senso filosofico del tema noto come «prova di Dio». Per lui la domanda su Dio è già l’inizio della risposta: domandiamo perché in realtà ci è stato già risposto.

Sgubbi, quindi, illustra in modo critico le riflessioni di due pensatori fondamentali sull’argomento. Il primo è Anselmo d’Aosta (1033-1109), di cui analizza in particolare l’unum argumentum, accennando anche alla critica svolta da Tommaso d’Aquino (1225-74), pensatore che Sguzzi sembra aver come punto di riferimento anche per il resto della sua riflessione. Il secondo è I. Kant (1724-1804), e la sua critica delle tradizionali prove di Dio. Vengono, quindi, passati in rassegna i punti problematici lasciati irrisolti dai due pensatori. Il superamento di questi punti, secondo l’A., passa attraverso la necessità di recuperare una «ragione ontologica», legata all’esperienza e all’intelligenza dell’essere, come evento di libertà. 

Occorre superare ogni tentazione «verofobica» e «ontofobica», cioè antifondativa e antimetafisica, e ritornare all’essere, porsi in ascolto dell’essere, senza la pretesa di voler dimostrare Dio. Al di là di ogni volontà di potenza dell’uomo, Dio si pone come verità che l’uomo può conoscere e accogliere, ma mai decidere o creare.

Secondo l’A. Dio non è un’idea innata o regolativa, ma «la presenza discreta e al tempo stesso evidente dell’Origine di ogni esistente, dell’Assolutamente reale» (p. 91). Oggi il reale problema filosofico di Dio non sarebbe Dio stesso, ma l’incapacità di leggere «ontologicamente» l’esperienza. La cecità di fronte all’essere, inevitabilmente diventa anche cecità nei confronti di Dio. 

Dopo aver argomentato sull’impossibilità che il divenire esaurisca la pienezza dell’essere coincidendo con esso, l’A. s’interroga circa il modo in cui l’esistente rivela il Tutto, dal quale si distingue. Si entra, così, nell’orizzonte della causalità «teologica» e, quindi, della problematica inerente al rapporto fra causalità e libertà. In un passaggio successivo, poi, l’A. cerca una risposta alla domanda su come sia possibile concepire un Assoluto «legato» all’esistente, senza «finitizzare» l’Assoluto stesso. 

Il libro si chiude con una riflessione sull’onnipotenza e onniscienza di Dio. Se anche oggi il discorso razionale su Dio sembra non corrispondere alla sensibilità dominante, la proposta dell’A. appare comunque un contributo appassionato, volto a scuotere la pigrizia del pensiero e a contrastare alcune derive fideiste, ammantate di pseudo-umiltà e contrarie alla fede cattolica.

Per l’A., in definitiva, aver «dimostrato» Dio ha significato aver ascoltato e letto «l’ente nella sua luce di "simbolo" dell’Essere: se l’ente è, l’Essere è. Ed è come non-ente dell’ente e nell’ente» (p. 174). Certamente è un libro per specialisti, ma la scrittura chiara e il procedere rigoroso, possono favorire anche ai non addetti ai lavori il confronto con un tema così importante.