Recensioni 2001


In: La Civiltà Cattolica n. 3629


Paolo Maria Marianeschi, La stimmatizzazione somatica. Fenomeno e segno

Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana 2000


L’A. è un medico ospedaliero che recentemente ha anche conseguito il dottorato in teologia dommatica. Si interessa della stimmatizzazione ormai da quasi 20 anni, con la partecipazione a convegni e diverse pubblicazioni specifiche. Il presente lavoro, vera sintesi del percorso precedente, è la rielaborazione della sua tesi di dottorato in teologia presso la Pontificia Università Lateranense, suddivisa in quattro parti. Nella prima considera le stimmate come fenomeno fisico. Dopo alcuni cenni storici e statistici, passa all’analisi dell’interpretazione medico-scientifica. Offre poi una definizione e descrizione dermatologica del fenomeno, ponendo l’attenzione sulle differenze rispetto a ferite, piaghe, ulcere. Propone quindi una breve storia dell’interpretazione eziologica, con un esame critico delle ipotesi. 

Dopo aver sottolineato che oggi le teorie dermatologiche hanno scarso seguito mentre si privilegiano quelle psicogenetiche (isteria, suggestione, psicosomatica), sottopone a vaglio critico le ipotesi patogenetiche. Rispetto a quella patologica, ritiene molto improbabile la tesi che «spiega la creazione del mito di [san] Francesco stimmatizzato, sulla base di un equivoco clinico, più o meno voluto» (p. 32). Quanto alla teoria dell’isteria, l’A. la ritiene infondata per l’inconciliabilità del comportamento isterico con quello dello stimmatizzato. Così pure ritiene infondata la teoria dell’autoipnosi, per le radicali differenze che esistono tra l’ipnosi e l’estasi. Sulla teoria psicosomatica, infine, così conclude: «In gran parte degli stimmatizzati non è stato possibile ritrovare quei caratteri della personalità che [...] sono da considerarsi delle vere condizioni necessarie per lo sviluppo della malattia psicosomatica: la “personalità immatura” e la “vulnerabilità nevrotica”» (p. 50).

Nella seconda parte le stimmate vengono considerate come fenomeno mistico. Per questo occorre «verificare se al fatto fisico corrisponda uno stato interiore tipico, la cui decodificazione aiuti a comprendere meglio l’espressione somatica» (p. 54). A tal fine l’A. analizza l’estasi, sempre correlata alla stimmatizzazione, e gli scritti autografi di noti santi e beati stimmatizzati: Caterina da Siena, Veronica Giuliani, Gemma Galgani, Pio da Pietrelcina. Sulla base dell’esame comparato delle loro autonarrazioni, così descrive l’elemento spirituale dell’evento stimmatico: «Una visione intellettuale del Cristo crocifisso che ferisce le membra dello stimmatizzato e che induce uno stato d’animo di singolare e nuova disponibilità al patire per Dio e i fratelli, nella coscienza lucida e penosa della propria indegnità, nella ripulsa assoluta dei segni esterni e nella ineffabile esperienza di dolori inauditi e di pace gioiosa incontenibile e mai provata» (p. 64). Passa poi ad analizzare come il fenomeno venga considerato nella tradizione mistica, nel pensiero di Teresa d’Avila, Giovanni della Croce e Francesco di Sales. 

Successivamente analizza l’interpretazione moderna, sintetizzabile in tre momenti. Ci sono innanzitutto le teorie psicofisiologiche della fine del XIX secolo, che ruotano intorno al concetto dell’ideoplasia. Ad esse consegue la reazione della teologia mistica, contraria alla riduzione naturalistica del fenomeno, e rappresentata soprattutto da autori quali A. Poulain, A. Tanquerey, A. Royo Marin. Si passa quindi alla controreazione naturalista degli anni Trenta all’interno della stessa Chiesa, rappresentata da autori quali R. Garrigou-Lagrange, M. B. Lavaud, C. Journet, A. Mager, che tentano una mediazione tra la posizione razionalista e quella cattolica. Chiude questa parte l’elenco dei severi criteri di discernimento proposti dalla tradizione mistica. Si valuta innanzitutto la realtà del fatto e il quadro clinico-psicologico del soggetto. Scartate le cause patologiche e naturali, si esaminano quindi le virtù del soggetto. Quanto al fenomeno preso in sé, infine, segni importanti di autenticità sono «l’istantaneità della comparsa di ferite profonde, la scomparsa delle stesse senza cicatrici, l’assenza di infiammazioni, la resistenza ad ogni trattamento» (p. 110).

Nella terza parte l’A. considera le stimmate nella loro qualità di segno. A tal fine cerca il senso biblico dei segni della passione, nella tradizione biblico-patristica, nella riflessione teologica, nel linguaggio mistico, nella teologia orientale e occidentale. Nella sintesi di questa sezione, sulle orme di san Bonaventura giunge a leggere le stimmate come signum Dei vivi (cfr p. 158).

Nella quarta e ultima parte l’A. interpreta le stimmate come possibile segno della credibilità della fede. La loro singolare particolarità, non rinvenibile in culture e religioni non cristiane, «rappresenta indubbiamente un interrogativo per la ragione» (p. 159). Confrontando la spiegazione religiosa con quella extrareligiosa, così conclude: «L’evento, inteso come una totalità prodigiosa e significante, può trovare intelligibilità completa solo nella spiegazione [...]  che lo interpreta come un segno divino straordinario prodotto da Dio per ricordare in modo forte la sua presenza tra gli uomini» (p. 174).

In conclusione l’A. offre un buon contributo alla discussione sulla controversa materia, trattandola con rigore scientifico, linguaggio tecnico ma ben spiegato, senza semplificazioni riduttive e fondandosi su una corposa bibliografia. In quanto tale, il lavoro è certamente meritevole di attenzione, e non soltanto nell’ambito dei credenti. È comunque utile ricordare che l’A. rappresenta e valorizza una delle possibili visioni del fenomeno all’interno della Chiesa: quella che, senza comunque perdere l’atteggiamento critico di base, resta fondamentalmente favorevole. Tale constatazione introduce due considerazioni finali. In primo luogo, anche se a più riprese ribadisce il contrario, a volte l’A. sembra cedere un po’ alla vis apologetica. Ciò accade soprattutto quando lascia l’impressione di riconoscere alle stimmate un «significato» sostanziale, più che accidentale, nell’itinerario cristiano e mistico. In secondo luogo, alla fine della lettura sembrerebbero non esserci più dubbi sull’argomento. 

L’analisi proposta, invece, lascia spazio a questioni ancora irrisolte, com’è stato finora nel dibattito interno ed esterno alla Chiesa. Pensiamo, ad esempio, ai dubbi che inevitabilmente sollevano i dati statistici sugli stimmatizzati, soprattutto in merito alla loro distribuzione per epoche, Paesi, sessi, difficilmente spiegabili soltanto con il fine della maggiore glorificazione di Dio. Accanto e a integrazione del presente lavoro, allora, sarebbero auspicabili studi protesi a manifestare il contributo umano — prevalentemente psicologico — alla stimmatizzazione, apporto reale e forse capace di «spiegare» almeno alcuni aspetti del fenomeno. In definitiva il «mistero» non è ancora spiegato e forse, dopo sette secoli di studi opportuni e ancora da continuare, tanto per i detrattori quanto per i fautori resta una sola conclusione: il mistero non è spiegabile.