De Mattei R.

In: La Civiltà Cattolica n. 3795-3796


Roberto De Mattei, La dittatura del relativismo

Chieti, Solfanelli, 2007


L’A. è professore di Storia Moderna all’Università di Cassino e di Storia del Cristianesimo e della Chiesa presso l’Universtà Europea di Roma, nonché giornalista e scrittore. Il titolo di questo suo ultimo lavoro chiarisce bene il tema del volume: quel relativismo che sembra imporsi come l’unica chiave di lettura della realtà contemporanea. Il testo raccoglie relazioni e interventi svolti in varie occasioni tra il 2005 e il 2007, su argomenti quali: la secolarizzazione e la responsabilità dei cristiani; la dittatura del relativismo; il relativismo delle istituzioni internazionali; laicismo e religione in una prospettiva europea; le libertà garantite; libertà e liberalismo; religione e società. 

Convinzione di fondo dell’A. è che il grande dibattito del nostro tempo fondamentalmente non sia di natura politica o economica, bensì culturale, morale, religiosa. In pratica si confronterebbero due visioni del mondo: da una parte, quella di chi crede nell’esistenza di principi e di valori immutabili, che Dio ha inscritto nella natura dell’uomo; dall’altra, quella di chi crede che non vi sia nulla di stabile e di permanente, ma tutto sia relativo a tempi, luoghi, circostanze. Ne deriverebbe come conseguenza che, in assenza di valori assoluti e diritti oggettivi: «la vita umana si riduce a spasmodica ricerca del piacere e all’egoistico appagamento di istinti e di “bisogni” soggettivi, contrabbandati come nuovi “diritti”» (p. 5). L’unica legge della società diventa la volontà di potenza dell’individuo e dei gruppi, e si costituisce, secondo l’ormai citatissima definizione del futuro Benedetto XVI, una «dittatura del relativismo» (Omelia del 18 aprile 2005).

A conferma della sua tesi e delle parole del papa, l’A. passa in rassegna una serie di eventi, soprattutto legislativi, che mettono a rischio i «valori non negoziabili», con particolare riferimento a: vita, famiglia, educazione. Il lettore scopre, così, una serie di prese di posizione da parte delle principali istituzioni internazionali, poco note ai più, impregnate di relativismo e spesso anche nettamente contrarie alla visione cristiana. Si tratta di interventi che, secondo l’A., non vanno sottovalutati perché contribuiscono al formarsi di una specifica cultura relativistica internazionale. Secondo De Mattei, allora, l’opposizione a tale dittatura passa necessariamente attraverso la riscoperta della legge naturale e divina, fondamento della Civiltà cristiana.

Con le sue riflessioni l’A. intende proporre una ben interpretazione della crisi profonda del nostro tempo, correlata anche a una cultura che si pone come una «rivoluzione» anticristiana, cui bisogna opporre una «controrivoluzione». In tal senso dichiara che le sue pagine vogliono essere eco della Philosophia perennis, integrata dal Magistero della Chiesa, ma anche dall’insegnamento degli autori «contro-rivoluzionari» dell’Ottocento e Novecento, in particolare di Plinio Corrêa de Oliveira (1908-95), alla cui memoria dedica questo volume. Bisogna riconoscere che l’A. usa parole decise ed esprime un pensiero forte. Proprio per questo, forse, in prima battuta la sua posizione potrebbe essere interpretata come troppo conservatrice o addirittura integralista. 

Superato questo iniziale possibile pregiudizio integralista, però, le riflessioni critiche dell’A. pongono, soprattutto ai credenti, interrogativi di primaria importanza: l’attuale priorità della visione antropologica su quella teologica; l’identità del cristiano nel postmoderno; la messa in discussione che esistano valori universali, una legge naturale e una «natura umana» caratterizzata da leggi costanti e universali; l’affiorare di «nuovi diritti» individuali assoluti; il rapporto tra identità religiosa e tolleranza; la supposta equivalenza tra relativismo e modernità; la subdola imposizione e percezione del relativismo come «verità»; il percepirsi – ancor prima che essere etichettati – come fondamentalisti quando si assume un atteggiamento critico nei confronti del relativismo... E poi c’è una questione che, seppure meno appariscente, è forse ancora più decisiva: quanto si va diffondendo tra i credenti la convinzione che ormai la storia vada nella direzione relativista oggi dominante? Di conseguenza quanti credenti, nella loro vita quotidiana, finiscono ormai con il relativizzare alcuni valori cristiani fondamentali, adattandoli alle esigenze umane personali, e sentendosi comunque «giustificati» dalla cultura che fa opinione? 

Effettivamente c’è il rischio che una parte dei credenti, anche soltanto inconsapevolmente, rimanga vittima della più generale deriva soggettivistica e immanentistica. In quanto reazione a simili rischi, voci come quelle dell’A., che non sono certo isolate nell’ambito della cultura cristiana, non andrebbero archiviate nell’ambito della «cieca e acritica fedeltà» alle indicazioni della Chiesa, né relegate fra le tipiche reazioni alla trasformazione che si registrano soprattutto in periodi storici di particolare cambiamento. Sono considerazioni frutto di un severo confronto con i principi fondamentali cristiani.