Il Sé mistico in Gemma Galgani


G. Esposito - S. Consiglio, Il Sé mistico in Gemma Galgani


A volersi mantenere rispettosi della complessità, non è facile accostarsi alla figura di Gemma Galgani in qualità di studiosi, ancor meno se psicologi o psichiatri. La sua storia, infatti, almeno in parte sfugge agli ordinari criteri d’indagine di queste discipline. Non è forse un caso che fin dagli inizi ed ancora oggi, questa sia una storia significativamente segnata da equivoci e polemiche, generati proprio da una visione riduttivamente psichiatrica e psicologica. In questa sede, però, non intendiamo affrontare in modo specifico il discorso più generale del rapporto tra mistica e psicologia, né discutere la possibile correlazione tra mistica e disagio mentale, anche se qualche accenno sarà inevitabile. Ci proponiamo invece di ricostruire la formazione del Sé spirituale nel divenire di Gemma, cercando di entrare virtualmente nell’itinerario da lei percorso. E questo fino a poter considerare l’ipotesi della formazione, all’interno dell’esperienza spirituale, di un vero e proprio Sé mistico, punto di arrivo di un complesso itinerario, in cui Sé psicologico e Sé spirituale trovano una integrazione fuori dall’ordinario (1). A tal fine riteniamo opportuno chiarire subito due punti. Innanzitutto rifiutiamo dualismi del tipo: mente/cervello, mente/corpo o dimensione spirituale/dimensione neuropsicologica nell’esperienza umana. Possiamo distinguerli concettualmente, ma non separarli nella realtà. Per questo la nostra lettura di Gemma tiene presente, almeno sullo sfondo, anche la base neurobiologica dell’esperienza psicospirituale. Nell’analisi, pertanto, conviene ricordare che tutti gli elementi che danno forma all’esperienza cognitivo-emotiva di Gemma, trovano posto nel suo cervello, e devono fare i conti con neuroni, connessioni sinaptiche ed attività elettrochimiche.

Oltre ai dualismi rifiutiamo anche i riduzionismi. In tal senso, dunque, non facciamo nostra la visione in cui la dimensione spirituale sia – necessariamente ed esclusivamente – un “prodotto” della storia, della cultura, della neurobiologia e psicologia del soggetto, anche se da queste variabili evidentemente non può prescindere. Tali variabili infatti – pur se importanti ed a volte perfino determinanti – non “spiegano” tutto lo spirituale di una esistenza, meno che mai in una vita caratterizzata da una profonda esperienza mistica. E rifiutiamo anche la posizione opposta, altrettanto riduttiva: quella che – nella vita spirituale e di santità – vede tutto e solo come opera di Dio o del diavolo, indipendentemente dalle altre variabili. 

Tornando, quindi, all’esigenza di voler rispettare la complessità, cominciamo a passare in rassegna le variabili che più si correlano alla formazione psico-spirituale e mistica di Gemma. A tal fine dobbiamo prendere in considerazione: il contesto storico-religioso-culturale, la spiritualità del tempo, la variabile familiare, le relazioni più significative, gli eventi di vita. Infine, dopo aver ricostruito la dimensione psicologica e quella spirituale, consideriamo l’esito finale di tutto questo percorso: il Sé mistico. Nell’analisi, però, dobbiamo prescindere dall’intervento di Dio: per i credenti è una variabile decisiva ma non è indagabile dalla nostra disciplina. In un certo senso potremmo dire che ci occupiamo di ricostruire la Gemma che il Dio della rivelazione cristiana incontra, e quali trasformazioni, nell’ambito della profonda relazione che si instaura tra loro, avvengono in lei.



Contesto storico-religioso-culturale


Partiamo dalle variabili più lontane e, per questo, meno direttamente influenti su Gemma. Dobbiamo allora accennare alla situazione storico-religioso-culturale, selezionando solo quegli aspetti che diventano parte dell’“immaginario cattolico” disponibile per Gemma, nel tempo e nel luogo della sua formazione. Si tratta di un vero e proprio filtro interpretativo della realtà, soprattutto in una cultura profondamente religiosa come quella dei Galgani. La breve vicenda umana di Gemma si svolge tutta durante il papato di Leone XIII, cioè dal 1878 al 1903. È un periodo molto delicato per la storia civile e politica italiana, ma anche per la Chiesa. È in pieno svolgimento il conflitto tra lo Stato italiano e la Santa Sede. Leone XIII è il papa che raccoglie la complessa eredità di tale conflitto e durante il suo papato la tensione aumenta ancora. Continua e si inasprisce infatti l’anticlericalismo, non più solo attraverso misure legislative, ma anche attraverso manifestazioni pubbliche ed altri atti significativi contro la Chiesa. 

Inevitabilmente in ambito cattolico prende corpo un clima culturale ‘difensivo’, di ‘posizione contro’ il male, di radicalità. In ambito culturale, poi, si assiste al progressivo diffondersi di un clima razionalistico. In particolare, in ambito medico e psichiatrico cresce l’interesse per temi quali i disturbi della coscienza e l’isteria. L’ambito di applicazione di tali “scoperte” viene esteso anche al religioso, in particolare ai fenomeni mistici, ancor più se riguardanti donne. A farne le spese sarà proprio Gemma che, in un simile clima positivistico, diventa una buona “prova” dell’irrazionalità psicologico-spirituale. La conclusione degli specialisti del tempo, anche cattolici, è quasi unanime: si tratta di isteria. Così, dall’interno stesso della Chiesa, si apre una strada lastricata di dubbi, si guarda alla mistica con sospetto, si complica anche il rapporto tra scienza e fede, soprattutto tra scienze della mente e teologia.



Spiritualità del tempo


È questo lo scenario che fa da sfondo al rinforzarsi di alcune immagini e temi che diventano dominanti, e quindi caratterizzanti la spiritualità del tempo: la sofferenza di Gesù e della Madonna, il Cuore di Gesù trafitto e grondante sangue, la giusta ira di Dio giudice più che padre, la necessità della riparazione e corredenzione, la forte unione con una Chiesa attaccata dall’esterno (anticlericalismo) e dall’interno (preti indegni o traditori). In tale clima di lotta, fondamentale è la preghiera, in particolare il rosario alla Madonna. Significativo è anche il numero degli Istituti ed Ordini religiosi che, sorti nel periodo, si fondano sui temi della riparazione, del S. Cuore, della penitenza. Così pure, nel periodo, è indicativa la tipologia di santità che, attraverso beatificazioni e canonizzazioni, viene proposta come modello. Per Gemma, in particolare, è direttamente significativo l’iter di beatificazione di Margherita Maria Alacoque. 

Probabilmente correlato a questo clima politicamente ed ideologicamente così poco favorevole alla Chiesa, c’è poi da segnalare, proprio tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, la poderosa rinascita della mistica. Dopo un lungo periodo di latenza, infatti, la mistica ritorna in primo piano, risvegliando attenzione e reazioni. In ogni caso, non solo suscita l’interesse della gente e della Chiesa, ma può diventare un percorso-tipo, un possibile modello di itinerario verso Dio soprattutto per alcuni credenti particolarmente impegnati. Questa vera e propria cultura mistica ruota intorno a temi caratteristici: l’evento iniziatico (locuzione, visione, sogno), l’infanzia di Gesù, la corporeità e la sofferenza di Gesù e di Maria, le piaghe ed il sangue, il peccato, la riparazione, il proporsi come vittima, l’espiazione, il ‘vissuto mistico’ secondo gli stadi individuati dai carmelitani, l’“io” come oggetto passivo dell’azione divina. Anche il linguaggio è tipico (fusionale... profetico-apocalittico...), così pure le locuzioni e le visioni (sofferenza di Gesù, giusta ira divina... rinnovamento della Chiesa). E Gemma si rifornisce abbondantemente a questa spiritualità. A ben vedere, è una spiritualità che pone in primissimo piano tutta la tematica della Incarnazione che, come vedremo più avanti, è in particolare sintonia con la psicodinamica di Gemma, naturalmente protesa al rapporto concreto con l’altro, non con l’“idea dell’altro”. In una combinazione di variabili così significative, allora, quella di Gemma non potrà non essere una mistica relazionale.



La variabile familiare


Inoltriamoci ora nella ricostruzione della variabile familiare che, segnando il passaggio dal macrocosmo al microcosmo individuale, si presenta un po’ più complessa. Come è facile comprendere, la costruzione della mente relazionale si fonda innanzitutto sulle relazioni con quegli adulti che garantiscono l’accudimento vitale degli inizi. Anche nell’interazione con le o la generazione che ci precede e poi con fratelli e sorelle, prende corpo la personale visione del mondo e, per certi aspetti, si pongono le premesse per la “forma” che può assumere anche la propria dimensione spirituale. Consideriamo due aspetti: le relazioni e gli eventi di vita. Quanto alle relazioni, soprattutto nella prima parte la storia psicospirituale di Gemma vede alcune figure-chiave: i nonni paterni Carlo e Margherita, mamma Aurelia, papà Enrico. Non lunghe ma significative le relazioni con i due nonni. Del mitico nonno, Gemma deve aver apprezzato la visione religiosa della realtà, la fede profonda, il coraggio di manifestarla e difenderla in un’epoca non favorevole, il fondare e condurre religiosamente la vita, l’importanza della formazione, l’attenzione ai bisognosi e soprattutto ai sofferenti. Agli influssi religiosi si affiancano quelli psicologici: serietà e costanza nella vita, ma soprattutto la sensibilità. Di nonna Margherita è nota la religiosità: Gemma conserverà la sua corona fino alla morte. Forse conta anche un aspetto psicologico importante: l’educazione al rapporto con il proprio corpo, in cui domina la spinta all’autocontrollo e, soprattutto a salvaguardia della purezza, la prescrizione di veri e propri “rituali” preventivi (la stessa Gemma ricorda il consiglio di pregare con le braccia raccolte sotto le ginocchia).

Accanto ai nonni, è assolutamente dominante e decisiva la relazione con mamma Aurelia, luogo all’interno del quale maturano i più importanti nuclei psicologici e spirituali di questa personalità. C’è un evento nella vita di mamma Aurelia che, molto probabilmente, più di altri peserà nella storia di Gemma. Tre anni prima che nasca Gemma, la madre perde un bambino e cade in una grave crisi depressiva. A fatica si riprende, aiutata sicuramente dalla sua visione religiosa, ma forse anche dalla nascita di un altro figlio, Gino, che precede la nascita di Gemma. Come ha appurato la ricerca psicologica, la prima infanzia con una madre depressa può avere riflessi importanti sulla personalità dei figli. In tale ottica non è forse un caso che saranno poi proprio questi due figli a seguire più intensamente l’itinerario spirituale. Ma al di là della possibile svolta religiosa, la depressione materna innanzitutto va a correlarsi ad un “accudimento inverso”: è la figlia a prendersi cura della madre, con conseguenze che approfondiamo più avanti (2). Anche per questo, quindi, l’attaccamento di Gemma alla madre risulta prioritario. La sua morte, allora, obbliga necessariamente ad una riformulazione dell’esistenza e segna l’avvio di un progetto vitale: raggiungerla in paradiso e per questo diventare santa. Ed ecco alcuni dei principali elementi psicologici derivanti dall’identificazione materna: tendenza fusionale, fisicità relazionale, femminilità, amabilità, capacità di attaccamento e accudimento, sponsalità e maternità, senso del dovere, capacità di sacrificio, visione religiosa del mondo e della vita. Ed è a partire da queste tracce fondamentali che, soprattutto nelle relazioni duali profonde – quasi esclusivamente spirituali –, si manifesta tutta la potenza relazionale di Gemma: avvicinamento senza limiti, incontenibile emozionalità, fisicità, semplicità e gioco, benessere nella vicinanza e difficoltà nella distanza. 

Il papà non ha lo stesso peso nella vita della figlia, né psicologicamente, né spiritualmente. Stravede per Gemma la quale, pur affezionata, lo mantiene ad una distanza di sicurezza (“non mi toccare”). Importanti gli elementi psicologici derivanti da questa identificazione. C’è anzitutto il continuo bisogno di paternità, di figure maschili forti, autonome e non bisognose del suo accudimento. E c’è la particolare amabilità agli occhi dei maschi, vero e proprio potere di seduzione, certamente non voluto né ricercato. È una capacità di attrazione sicuramente non confinata alla sessualità, ma molto più estesa. Ma la facilità si associa alla pericolosità: c’è sempre il rischio – che è anche inconsapevole desiderio – di dipendenza, anche se in fondo domina sempre la capacità di controllare sia se stessa che l’altro.

Ambedue i genitori, poi, le fanno vivere una continua esperienza di desiderabilità, primarietà, predilezione, privilegio, merito. Questo contribuisce al formarsi di importanti caratteristiche: elevata immagine di sé, convinzione di potercela fare, senso di capacità generale, ma anche bisogno di evitare la delusione dell’altro. La vita, così, nella consapevolezza di potercela fare ma con l’ansia di poter deludere, può essere guidata da un senso di “missione” particolare, di un compito importante che, di volta in volta, può consistere nel sostenere la madre, il padre, la famiglia... Gesù. È così infatti che Gemma, mettendo da parte i normali ritmi di crescita e le fisiologiche esigenze della maturazione, vive l’adeguamento a questo modello ideale: entra precocemente nel ruolo dell’adulta non deludente e... ci riesce. Nel sistema familiare infatti questa figlia, con coerenza e costanza, svolge ruoli importanti: accudire tutti, non deludere nessuno, sostituire gli assenti, attutire gli effetti dei crolli psicologici che indeboliscono il sistema. Decisamente una personalità orientata all’altro, un altro da aiutare, ma soprattutto un altro non ridotto a “spettatore” dei propri bisogni psicologici irrisolti. Nelle relazioni, da sempre, dispone di tutto lo spazio necessario. Non deve conquistarsi la centralità, meno che mai con un comportamento esibizionistico o seduttivo.



Altre relazioni significative


Le relazioni che si rivelano importanti nella vita di Gemma, comunque, non sono solo quelle familiari. Procediamo in ordine cronologico. Ci sono anzitutto due suore Zitine: Camilla e Giulia. Dopo aver perso la mamma, in una fase di grave disagio psicologico sviluppa con loro una relazione significativa: sono loro che avviano Gemma alla spiritualità della Passione. Senza sforzo si avvia in lei l’attenzione cognitivo-emotiva su questo mistero: la sofferenza, così, comincia a trovare una sempre più concreta spiegazione e valorizzazione. Soffrire – e lei sta soffrendo – ha senso ed è un privilegio. Entra poi in contatto con la famiglia Giannini, in particolare con la signora Cecilia. Non è solo una nuova famiglia ma anche uno spazio ideale per viversi liberamente la dimensione spirituale. Altra figura fondamentale è il confessore mons. Volpi: assume il ruolo di controllore della emozionalità spirituale. Fondamentalmente scettico, specie agli inizi, di fronte alle manifestazioni spirituali di Gemma si lascia condizionare dal parere di un medico amico. Con il confessore Gemma non ha vita facile, soprattutto quando l’esperienza spirituale assume connotazioni più di tipo mistico. Per certi aspetti mons. Volpi costituisce quella razionalità spirituale che in Gemma tende ad essere sovrastata dalla corrispondente emozionalità: è in questa relazione più che in altre che la ragazza sperimenta il controllo, un limite al lasciarsi andare alle emozioni spirituali. Figura apparentemente di secondo piano è il dottor Pietro Pfanner, il medico amico del confessore. Credente, stimato professionista, avalla la riduzione dell’esperienza mistica all’isteria. Così, senza saperlo né volerlo, avvia un dibattito complesso, non limitato solo alla storia di Gemma ed al suo tempo storico. È, infatti, un dibattito vivo ancora oggi e, per diversi aspetti, ancora più confuso e fuorviante. Abbiamo, infine, padre Germano: entra in scena per ultimo ma, nella vita spirituale di Gemma, diventa subito protagonista. È il validatore della sua spiritualità e ne controlla gli aspetti più sentimentali. Crede nell’opera di Dio in Gemma anche se, a volte, con minor capacità critica, accetta come autentiche tutte le manifestazioni spirituali che osserva nella ragazza.


Eventi di vita


Sappiamo che questa storia – fin dalle generazioni precedenti – è piena di eventi di vita stressanti, particolarmente a rischio per la salute psico-fisica: malattie, morti, crolli finanziari, povertà, precarietà totale, disagio psicologico personale e familiare, allontanamenti, discredito, isolamento. Eccoli più nel dettaglio. Alcune figure maschili non si dimostrano all’altezza. Per cominciare, il bisnonno Galgano non riesce ad evitare un crollo finanziario e cade in una grave depressione. Poi, quando i genitori si sposano nel 1868, il papà Enrico dimostra subito la sua debolezza, con una patologica difficoltà a far valere i propri diritti: per evitare liti, accetta solo una piccola parte della dote che spetterebbe alla moglie. Quando nel 1875 muore il fratellino Carlo, mamma Aurelia e nonno Carlo cadono in depressione. Nel 1881, quando Gemma ha tre anni, muore la nonna paterna Margherita e l’anno dopo mamma Aurelia si ammala. Nel 1885 la madre peggiora: per precauzione Gemma deve lasciare casa e trasferirsi presso gli zii materni. Nel 1886 muore la madre. Due anni dopo, nel 1888, muore anche il nonno Carlo e due zie paterne si trasferiscono in casa Galgani. Intanto, il clima familiare si mantiene piuttosto agitato, e non solo a causa della sorella Angelina. Nel 1893 Gemma lascia la scuola dietro proibizione del medico. Nel 1894 muore il fratello Gino: Gemma si ammala per tre mesi e cerca perfino di morire. Nel 1895 il padre deve vendere alcuni immobili per difficoltà economiche. Nel 1896 Gemma si ammala di una carie ossea e subisce un intervento chirurgico. Nel 1897 la situazione economica familiare peggiora e Gemma deve lavorare in una scuola di taglio. Nel novembre dello stesso anno si verificano la morte del padre ed il sequestro dei beni di famiglia. Gemma, allora, si trasferisce dagli zii a Camaiore, poi si ammala e torna a Lucca. Per diverso tempo il quadro clinico resta preoccupante. Nel 1900 lascia definitivamente casa e si trasferisce presso la famiglia Giannini. Vede poi più volte vanificarsi il desiderio di entrare in convento e, a causa dei suoi fenomeni spirituali, sperimenta anche diffidenza e discredito. Nel 1902 Gemma si ammala e muoiono la sorella Giulia ed il fratello Tonino. Agli inizi del 1903, per l’inasprirsi delle condizioni di salute, deve lasciare i Giannini e trasferirsi in un appartamento separato dove, poco dopo, muore. 

Impossibile anche solo sintetizzare gli effetti di ognuno di questi eventi sulla vita mentale di Gemma. I più decisivi, nella strutturazione del Sé psico-spirituale, sono quelli che hanno risvolti relazionali – i lutti soprattutto – e sono tanto più importanti quanto più sono precoci e poco “elaborati”. Pur evitando, quindi, una dettagliata analisi delle conseguenze psicodinamiche, è bene tenerli presenti come lo sfondo da cui si staglia e progressivamente si definisce la figura di Gemma.



Dimensione psicologica


In questa trama di eventi si svolge la complessa vita psicologica di Gemma. Qui possiamo considerarla solo nelle sue dinamiche fondamentali, nell’intento di individuare quelle variabili psicologiche da cui il Sé spirituale progressivamente emerge, fino a diventare dominante. Evidenziamo anzitutto due caratteristiche base del Sé: la “relazionalità fusionale” e la “corporeità”. Tutte le fonti descrivono una ragazza sempre in-relazione-con l’altro, esseri umani ed esseri spirituali. Ama con tutta se stessa, con tutto il Sé: inevitabilmente, quindi, l’emozionalità relazionale coinvolge anche il corpo. Gli altri, oggetto della sua tensione verso il “tu”, sono pochi, ma amati in modo intenso. Il lasciarsi andare fiduciosamente – e senza controllo – è forse il suo desiderio più profondo ma anche più temuto: è insopportabile l’idea di dipendere dall’altro e di poterlo perdere. Allora accetta il rischio relazionale, ma solo se mantiene il controllo di sé e dell’altro: lo ottiene assumendo il ruolo di adulta che accudisce. In tale schema io-tu, Gemma si riconosce quasi esclusivamente nell’accudimento: è empatica, “diventa” l’altro, ne fa propria soprattutto la sofferenza.

L’altro elemento base di questa mente relazionale è la “corporeità”: in Gemma la relazione si in-carna, l’attaccamento è “a pelle”. Nel suo fisico “prende corpo” l’io-tu: sia le proprie emozioni verso l’altro, sia le emozioni che lei avverte provenire dall’altro. Ragazza che desidera ed è desiderata, conosce il potere del corpo come mediatore di relazione: l’“apparire”, quindi, resta una tentazione. Ma il corpo – di più un corpo vitale come il suo – può mediare anche il piacere: se non controllato, pretende la soddisfazione dei bisogni fisiologici. Sull’alimentazione, il sonno e gli impulsi sessuali, pertanto, Gemma esercita un controllo continuo. Per lei, amante appassionata, il corpo deve esistere solo per il suo amato: nel corpo deve, cioè, potersi incarnare l’amato e la sua sofferenza. Relazionalità fusionale e fisicità sono dunque i pilastri del suo essere-nel-mondo, fondano il funzionamento del sistema mentale e contribuiscono a dar forma anche al Sé spirituale (ricordiamo che nella presente analisi non stiamo considerando il possibile contributo di Dio).

Tenendo conto di questi due quadri interpretativi generali, vediamo ora qualche dettaglio psicodinamico e cognitivo. Abbiamo visto come i temi-chiave della relazionalità di Gemma sembrano essere: controllo e accudimento, facilità nel fornire aiuto e difficoltà nel richiederlo. Gemma, allora, sembra rientrare in un’organizzazione di tipo “controllante-accudente”. È una organizzazione che, quando il desiderio di ricevere aiuto, conforto, o la vicinanza protettiva di un’altra persona si fa forte, si traduce in atteggiamenti “insicuro-evitanti”. Di fronte a simili modalità relazionali si ipotizza un’esperienza di originaria disorganizzazione dell’attaccamento precoce, correlabile per esempio ad uno stato depressivo materno. E in effetti sappiamo della depressione di mamma Aurelia, conseguenza della morte del figlio Carlo. Ma, al di là della storia di Gemma, di solito cosa accade dopo una simile esperienza di disorganizzazione dell’attaccamento? La ricerca conferma che successivamente, fra i tre ed i sei anni, nell’80% dei casi si evidenzia una “organizzazione” o in senso “controllante-accudente” – caratterizzata da oblatività accudente – o “controllante-punitivo” – caratterizzata da ricerca di dominanza e aggressività (è il caso della sorella Angelina?). Da tale atteggiamento controllante, a seconda dell’intensità dell’attivazione dell’attaccamento, possono emergere comportamenti insicuro-evitanti o francamente disorganizzati. Quando la pressione del dolore o della paura si fa forte, e corrispondentemente forte il desiderio di aiuto, ma quando non è più possibile gestire tale desiderio di aiuto invertendo l’attaccamento nell’oblatività, la strategia controllante-accudente – probabilmente quella di Gemma – si manifesta con comportamenti di tipo insicuro-evitante. Se poi diviene ancora più forte l’attivazione del sistema di attaccamento, torna ad emergere la primitiva disorganizzazione: in tali contesti, allora, potrebbero manifestarsi Disturbi di Conversione e/o di Dissociazione della coscienza, come descritti più avanti. 

Ma ritorniamo a Gemma ed al suo specifico modo di relazionarsi. Da una parte c’è angoscia d’abbandono e di vuoto, con continuo controllo dell’aggressività relazionale. Qui dominano: idealizzazione ed identificazione. Dall’altra c’è la paura di lasciarsi andare alla e nella relazione: l’inconscia percezione del bisogno di fusionalità ma anche della labilità dei confini Sé-altro, generano un continuo controllo della fisiologica spinta verso l’altro. Gli schemi di attaccamento-esplorazione e di avvicinamento-allontanamento sono sempre in bilico: la vita psicologica, per Gemma, è fatica e rischio, certamente non libera. Il suo è un Sé fusionale ed evitante, con un’empatia profonda ed una notevolissima sensibilità. Anche se capace di rapportarsi alla realtà, l’esplorazione del mondo esterno è limitata, mentre è molto ricca quella del mondo interno, a contenuto prevalentemente spirituale. I cambiamenti – soprattutto relazionali – si correlano a vistosa emozionalità, con vasta componente psicosomatica e rischio di episodi dissociativi. È prudente, riservata, semplice, evita l’attenzione. Rifugge l’“apparire” e non si cura affatto della propria immagine, nemmeno di quella spirituale, fino a deludere volutamente i curiosi. A parte la dinamica relazionale, è una mente che evidenzia le seguenti caratteristiche: notevole capacità di immersione e concentrazione tematica, limitato ma sempre adeguato rapporto con la realtà non spirituale, contatto continuo e profondo con la realtà spirituale, facile modificabilità degli stati di coscienza, nessuna difficoltà a passare dalla dimensione psicologica a quella spirituale, e viceversa.

Proprio in merito a queste ultime caratteristiche – tra le più discusse nel dibattito sulla mistica – forse potremmo avvalerci anche dei modelli proposti dalle recenti neuroscienze. È vero che alcune loro “certezze” sulla individuazione di determinate aree cerebrali che sovrintenderebbero a specifici comportamenti ed emozioni (fino all’area di Dio?), sembrano premature ed ingenue, soprattutto quando insinuano l’idea di causazione. Dai modelli più seri e rispettosi della complessità, potremmo invece trarre validi contributi per la nostra analisi. Ci riferiamo in particolare al complesso tema della coscienza, concetto da non confondere con l’idea di consapevolezza, né con quella di mente “scollegata” dal corpo. Nell’approccio delle neuroscienze a questo tema, sono decisivi i concetti di: cervello, mente, neuroni, sinapsi, sistemi di valore, Sé, emozioni, corpo... (3). È evidente come da questi studi ormai non si possa più prescindere anche per una più adeguata comprensione dell’esperienza mistica. Con una semplificazione estrema, applicando tale modello a Gemma, avremmo quanto segue. Nella complessa formazione della sua coscienza – dei contenuti e delle reti neuronali – il sistema di valori spirituali e della corrispondente emozionalità sono determinanti. È un cervello che sviluppa modalità di reazione neuronale tipiche e quasi automatiche, di fronte ad input spirituali provenienti sia dall’interno (memorie), sia dall’esterno (un crocifisso). Si tratterebbe di uno “stato” di attivazione pressoché costante del Sé spirituale, dominante nell’ambito più generale della coscienza. Ma questo senza il distacco sistematico dalla realtà, senza scissione della coscienza. Su questo sfondo – quasi una disposizione cerebrale a reagire in quel modo ad input elitari – si avrebbero poi picchi di maggiore attivazione della coscienza spirituale, correlabili anche ad un profondo coinvolgimento del corpo, con reazioni fisiologiche atipiche, cioè non attivabili negli ordinari stati di coscienza e volontà. Sono i momenti in cui si registra la massima connessione tra coscienza spirituale e corpo, senza alcuna mediazione – e quindi senza l’ostacolo – della razionalità. È l’area della fenomenologia spirituale, in particolare quella somatica.

Così, nella complessa coerenza sistemica di Gemma, una storia ed una neuropsicologia particolari, interagenti con una specifica spiritualità, costituiscono i fattori meglio predisponenti alla scelta del modello e del percorso ‘santità-mistica’. Ma, ovviamente, non pensiamo ad un divenire così deterministico: il risultato dipende, di volta in volta, dal concreto impegno quotidiano di Gemma, in una realtà personale ed interpersonale spesso non facilitante. Ed ecco che, ad esempio, anche quando lo spirituale domina sullo psicologico, quest’ultimo può affiorare con le sue fragilità: soprattutto nelle situazioni di stress, infatti, può prendere transitoriamente il sopravvento. Ed è quello che – forse – accade nella paralisi del 1899, nella scomparsa dell’Autobiografia e nella dispersione delle lettere del padre spirituale. Analizzando con attenzione questi tre eventi, scopriamo che il contesto è costituito sempre da situazioni di grave crisi per il Sé (4). Ci sembra di assistere a transitori ed inconsapevoli crolli della “sintesi personale”, una sorta di “dis-associazione” in cui il Sé perde momentaneamente la sua integrazione. I conflitti non del tutto risolti, allora, potrebbero sostenere l’espressione dell’emozionalità “negativa” precedentemente tenuta sotto controllo (5). Pertanto, pur con le dovute cautele che derivano dal mancato confronto diretto con la persona, nel caso di Gemma si può forse parlare di “Disturbi di Conversione” (6) e “Disturbi Dissociativi” (7) della coscienza, anche se effettivamente si tratta di episodi isolati e distanziati nel tempo e assolutamente non certi. In ogni caso non è possibile far rientare la fenomenologia spirituale di Gemma in qualche disturbo mentale. Le sue numerose estasi, a titolo di esempio, nulla hanno a che vedere con quei quadri descrittivi cui più sembrano riferirsi: i già noti Disturbi Dissociativi, o i Disturbi da Trance Dissociativa (8). E ritornando al tema della dissociazione del Sé, in ogni caso dopo ogni episodio il Sé si riorganizza e, senza tracce della caduta “dissociativa”, riprende il suo itinerario verso Dio, conservando allo stesso tempo un buon adattamento alla realtà.



Una digressione sull’isteria


Dopo le precedenti considerazioni è inevitabile un richiamo al tema dell’isteria. Non possiamo qui riprendere la lunga e complessa polemica sull’argomento, ma il caso di Gemma rende necessario almeno un accenno. Per prima cosa facciamo un po’ di chiarezza sui concetti, partendo da quelli di: “isteria” e “personalità isterica”. Le due definizioni, presenti nella storia della psichiatria fino alla prima metà del Novecento, in ambito diagnostico oggi non sono più in uso, se non in scambi informali tra gli addetti ai lavori e in interventi pubblici, a volte proprio in riferimento a personalità con esperienze mistiche, ancor più se si tratta di donne. Successivamente queste fuorvianti definizioni sono state modificate. E così oggi si parla di: “Disturbi di Conversione” e “Disturbi Dissociativi” (diagnosi di “Asse I” del DSM) da una parte, e “Disturbo Istrionico di Personalità” (diagnosi di “Asse II”) dall’altra. A parte il mutamento delle definizioni, il vero problema che si pone a questo punto del discorso è se esista una differenza fra isteria e personalità isterica. Dopo lunghe discussioni oggi si ritiene che i Disturbi Dissociativi o di Conversione non siano sempre e necessariamente accompagnati dal Disturbo Istrionico di Personalità. Un disturbo di Asse I può esistere da solo, senza alcun corrispondente disturbo di Asse II. Così è certo che disturbi di conversione e/o dissociativi possano comparire, sia pure forse raramente, anche in persone che non mostrano alcun tratto di disturbo istrionico di personalità.

Tenendo conto di tali categorie interpretative, il “caso” Gemma – ancor più di altri – impone molta cautela, sia a chi le si avvicina come credente, sia a chi l’analizza come tecnico della mente. Quest’ultimo è particolarmente a rischio, come ben testimonia la storia, dagli inizi (9) ad oggi. Non ci riferiamo a quel pregiudizio ateistico che può inficiare l’analisi del santo, ancor più se donna e mistica, ed il cui assunto di base suonerebbe pressappoco così: “non può esserci nessuna relazione mistica perché l’“altro” di tale presunta relazione – Dio – non esiste”, è prodotto della mente. Ci riferiamo, invece, ad un “errore tecnico”, ricorrente per lo meno nel caso di Gemma. L’errore, forse dovuto solo a documentazione non sufficiente, è quello di scambiare una parte per il tutto: attribuire, cioè, ad un sintomo la dignità di una diagnosi, considerare un tratto dell’esistenza come rappresentativo di tutta la vita mentale, in modo fisso ed immodificabile. Abbiamo già evidenziato come in Gemma non manchino elementi – veri e propri sintomi – dissociativi e di conversione: quando l’attivazione del sistema di attaccamento, in misura proporzionale al bisogno di aiuto, diviene eccessivamente forte, torna ad emergere la primitiva disorganizzazione. Questi sintomi, però, non si combinano mai in modo definitivo nel quadro psicopatologico stabile di un disturbo di personalità, e meno che mai in quel disturbo di personalità che, presuntivamente, alcuni vorrebbero far corrispondere a quei sintomi: il Disturbo Istrionico di Personalità. Una storia così complessa e così ricca di trasformazioni nel suo divenire, solo a rischio di profonde alterazioni della realtà può essere “fissata” in questo disturbo di personalità.

I sintomi, dunque, esprimono solo le difficoltà “contingenti” specifiche di questa personalità, in divenire verso modalità di relazione più mature. E pur ripresentandosi nel tratto finale di vita, quello a maggiore dominanza del Sé spirituale, sono sempre elementi che restano marginali. Non descrivono, cioè, una modalità stabile di “essere al mondo”, non rappresentano una sottostante “personalità isterica” (per dirla, volutamente, con la vecchia e fuorviante terminologia). Lo ricordiamo: i disturbi dissociativi così come quelli di conversione non implicano inevitabilmente la presenza di un Disturbo Istrionico di Personalità. In definitiva, la Gemma che emerge da una lettura serena delle fonti (le autonarrazioni della stessa Gemma e le testimonianze e narrazioni che la riguardano) è solo in parte compatibile con i disturbi dissociativi e/o di conversione, mentre non è compatibile con la descrizione del Disturbo Istrionico di Personalità. E per farsi un’idea più precisa in merito, ricordiamo che questo consiste in: 

“Un quadro pervasivo di emotività eccessiva e di ricerca di attenzione, che compare entro la prima età adulta ed è presente in una varietà di contesti, come indicato da cinque (o più) dei seguenti elementi: 

1. è a disagio in situazioni nelle quali non è al centro dell’attenzione

2. l’interazione con gli altri è spesso caratterizzata da comportamento sessualmente seducente o provocante

3. manifesta un’espressione delle emozioni rapidamente mutevole e superficiale

4. costantemente utilizza l’aspetto fisico per attirare l’attenzione su di sé

5. lo stile dell’eloquio è eccessivamente impressionistico e privo di dettagli

6. mostra autodrammatizzazione, teatralità ed espressione esagerata delle emozioni

7. è suggestionabile, cioè, facilmente influenzato dagli altri e dalle circostanze

8. considera le relazioni più intime di quanto non siano realmente” (10). 

Quindi, nonostante la “moda” diagnostica avviata dallo Pfanner – l’isteria – ed ancora oggi erroneamente chiamata in causa, è del tutto evidente l’impossibilità di applicare a Gemma quelle caratteristiche che prima si facevano rientrare nell’isteria ed oggi descrivono il Disturbo Istrionico di Personalità (11). 



Dimensione spirituale


Sappiamo che nella coscienza e nella consapevolezza di Gemma, il Sé spirituale affiora piuttosto precocemente: l’ambito spirituale diventa da subito una “base sicura”, soprattutto nelle svolte critiche della vita familiare e personale. E la sua esperienza interna non viene valorizzata solo in famiglia, ma anche dall’esterno. La precocità e continuità del vissuto spirituale, quindi, costituisce da subito una parte significativa del Sé, che si definisce e quasi si autonomizza come Sé spirituale. Raccogliendo e valorizzando i tratti psicologici preesistenti, nel tempo acquista sempre più spazio divenendo il vero nucleo dell’identità. La “forma” specifica con cui Gemma vive la relazionalità nel Sé spirituale, non può prescindere dal tipico schema io-tu formatosi con le primarie figure di accudimento. Questa si definisce ancor più nell’interazione con nuove figure significative (suore, confessore, padre spirituale), ma anche nel confronto con la proposta religiosa che Gemma incontra. Non c’è solo la visione religiosa dominante nel tempo e nella specifica cultura in cui lei si forma (narrazioni scritte ed orali proposte ai fedeli, iconografia più diffusa nel periodo...). C’è anche la scelta personale – voluta e cosciente – di alcuni temi chiave fra tutti quelli che fondano il credo cristiano (ad esempio: la Passione). Ovviamente sono i temi più coerenti con la propria psicodinamica. Così, nel continuo scambio tra mondo interno e mondo esterno, il divenire psico-spirituale si definisce ed arricchisce sempre più, in una costante e complessa interazione tra continuità e trasformazione. Ne risulta la specifica spiritualità di Gemma: qui possiamo farne solo qualche accenno. 

Cominciamo dalle relazioni. Gesù è centro e meta di questa mente relazionale. Per Gemma ogni realtà-altra-da-Dio è solo da sopportare, in vista della unione definitiva con lui. Per lei Gesù non è un’idea teorica ma una persona reale, con cui vivere una relazione concreta. Ed ecco che i temi fondamentali nella sua spiritualità sono quelli in cui Gesù si manifesta come uomo, con un corpo ed una storia: l’Eucarestia, il S. Cuore, la Passione, massima dimostrazione del suo amore per l’uomo. Inevitabilmente, privilegia il Gesù sofferente. In Gemma tutto converge nella spiritualità della croce, centro di una poderosa elaborazione cognitiva e spirituale, ma oggetto di un vissuto estremamente coinvolgente. Si identifica con Gesù che la ama fino alla morte e si offre “vittima” per riparare le offese al suo amato. Le altre figure del suo mondo spirituale rinforzano il tema fondamentale. C’è la Madonna, soprattutto la mamma del Gesù sofferente e morente. C’è l’angelo custode: presenza continua nella sua vita. E poi Gabriele dell’Addolorata, Paolo della Croce, Margherita Maria Alacoque: fonti di temi-chiave e modelli di percorso spirituale coerenti con l’insieme già individuato. E non manca il male, nella figura del diavolo. Ognuna di queste relazioni va letta anche alla luce del Sé psicologico: diversi loro aspetti – in realtà i più marginali – risentono effettivamente della dimensione psicologica. Questa, però, nel divenire spirituale incide progressivamente sempre meno ed anzi, perde completamente i suoi aspetti fobici. 

Quanto ai fenomeni spirituali, Gemma li sperimenta quasi tutti. Alcuni, poi, con modalità ancora più particolari rispetto a quanto solitamente si registra nel mondo della mistica. In ogni caso, come nelle relazioni spirituali così anche nei fenomeni dello spirito si evidenzia la stretta correlazione tra Sé psicologico e Sé spirituale in Gemma. Ma non per questo possiamo dire che è la sua mente a generare le manifestazioni spirituali. I due Sé – in una distinzione che è solo concettuale – sono coerenti ed interdipendenti. Col passare del tempo, poi, nella correlazione la variabile spirituale tende a pesare sempre più rispetto a quella psicologica. 

Cominciamo dai fenomeni cognitivi: locuzioni, visioni, rivelazioni, discernimento degli spiriti, profezia. In ognuno c’è qualche traccia del Sé psicologico e, probabilmente, non tutti sono spirituali nel senso proprio del termine. Così, Gemma può dare spiegazioni spirituali a fenomeni che, a sua insaputa, sono solo psicologici. Ma, se qualcuno è prodotto della sua psicologia, non tutti si spiegano esclusivamente con questa. Un po’ per tutti, comunque, si registra una maturazione nel divenire, una progressiva liberazione dal condizionamento psicologico in direzione di una sempre maggiore spiritualizzazione. Alla fine, ciò che è superfluo o anche solo secondario per la vita spirituale, scompare del tutto.

Ci sono poi i fenomeni “psico-fisiologici”, soprattutto le estasi: anche questo è un argomento di particolare interesse per le scienze della mente, fin dalle sue origini. In effetti, colpisce la quantità e qualità delle estasi di Gemma, indicatrici non di patologia mentale, ma solo di un Sé spirituale dominante: appena può, Gemma si immerge nelle relazioni spirituali. Troppo differente la realtà dello spirito, e troppo poco capace il Sé psicologico di contenerla nella sua coscienza: l’estasi, allora, è un passaggio quasi obbligato e comunque terapeutico, contenitore dello spirituale e tutela dello psicologico. Nella specifica combinazione psico-spirituale di Gemma, sempre così totalizzante e fusionale, non è possibile uno stato di coscienza unitario quando lei si immerge nel mondo dello spirito. Quasi “priva” dei filtri cognitivi – di quella razionalità che garantirebbe un minimo distacco dalla realtà cui si avvicina – lo spirituale la inonda immediatamente e totalmente. La sua passività è totale, senza difese: mente e fisico non possono contenere questa irruzione. Diventa allora inevitabile il passaggio dalla coscienza psicologica alla coscienza spirituale, l’unica in grado di relazionarsi con questi input nel modo così totalizzante tipico di Gemma. Fuori del tempo estatico, comunque, il Sé psicologico dimostra continuamente tutto il suo senso di realtà. E conserva, inoltre, tutta la elaborazione intanto avvenuta nella coscienza spirituale, in una maturazione complessiva indiscutibile. In questo, quindi, le fuoriuscite dal mondo esclusivamente psicologico non danneggiano e nemmeno impoveriscono la vita mentale e comportamentale di Gemma.

I fenomeni somatici, infine, sono quelli più appariscenti e discussi. Si manifestano durante le estasi e traducono nel corpo di Gemma i passaggi chiave della Passione di Gesù. Li sperimenta in quest’ordine: stimmate, sudorazione di sangue, coronazione di spine, flagellazione, ferita alla spalla. Non possiamo approfondire il tema, ma è ovvio che anche in questi fenomeni è presente la componente non-spirituale, psicologico-culturale. Ma non è questa a spiegare tutto. Tanta fenomenologia non ingenera dubbi solo in alcune delle persone che circondano Gemma: lei stessa arriva a chiedersi (in realtà lo chiede a Gesù): “Non sono mica matta, è vero, Gesù?”. È una domanda complessa ed intelligente. Si direbbe quasi che Gemma intuisca e sintetizzi brillantemente quello che noi diciamo con tanti giri di parole: nell’esperienza mistica non tutto è mistico, così come non tutto è esclusivamente psicologico. 

Chiusa la parentesi sulla spiritualità, ritorniamo al divenire. Qui, come abbiamo già notato, scopriamo che Sé psicologico e Sé spirituale non procedono di pari passo. Nel primo permane la “fissità” fobica che controlla il desiderio di relazione. Nello spirituale, invece, Gemma si libera e si lascia andare alla relazione, in un divenire con stadi ben identificabili. Progressivamente, infatti, il Sé spirituale sembra svincolarsi da quei limiti che caratterizzano la coerenza base del Sé. Nella dimensione spirituale, cioè, sembra avvenire proprio quel processo di fisiologica maturazione che, almeno lungo alcune direttrici, risulta bloccato nel Sé psicologico. Tali passaggi maturativi, anche se non netti e continui nel tempo, sono ben identificabili.

Gemma è figlia, innanzitutto. In questo stadio permangono le caratteristiche fusionali, sensitive e corporee del Sé psicologico. Anche il Sé spirituale esige dall’altro attenzione ed accudimento continui, che lei ha bisogno di sperimentare concretamente. È il mondo relazionale da lei sempre sognato, in cui smettere i panni dell’adulta, liberarsi di quel ruolo in cui gli altri l’hanno sempre incontrata. Proprio nella dimensione spirituale, allora, si evidenzia il Sé infantile che, nelle relazioni umane, invece, solitamente riesce a tenere sotto controllo. Qui può dare libero sfogo ai bisogni di consolazione, accudimento, comprensione: può essere bimba. Sono esigenze più psicologiche che spirituali.

In una fase successiva, con Gesù sperimenta quel “fisiologico” processo di allontanamento-avvicinamento che, sostanzialmente, nel divenire psicologico è mancato. Anche se fonte di desolazione, la periodica distanza di Gesù la fa crescere: l’altro continua ad esistere nonostante la fine della percezione diretta e continua, diremmo nonostante il lutto spirituale. Ma, ad ogni allontanamento, fa seguito un avvicinamento. Ogni volta, quindi, Gemma sperimenta che il legame è indistruttibile, ma anche che non è controllabile a piacimento o secondo i suoi bisogni psicologici. Ed ogni volta la relazione riparte, anche con il recupero della vicinanza: allora il Sé spirituale si svincola dai primari bisogni di fusionalità e fisicità. Ed è più definito: anche lei può allontanarsi, ad esempio “minaccia” Gesù quando non ottiene qualcosa. Ora la relazione è tra due adulti, paritaria. Qui, fusionalità e fisicità sono sempre presenti, ma in modo più maturo, più coerente con l’attuale forma della relazione.

Nella terza fase la relazione appare definitivamente matura, la percezione “sensibile” dell’altro non è più indispensabile, il corpo non ha più la centralità precedente. In definitiva, l’emozionalità spirituale cede il passo alla pura fede. Gemma non vuole più nulla: si limita solo a credere nel suo amato, a “stare con” lui, anche senza la sua percezione. Tutto torna “spirituale”, così come dovrebbe essere in questa dimensione.



Sé mistico


Forse a questo punto è abbastanza chiaro il divenire del Sé psicologico e del Sé spirituale di Gemma, così pure la loro particolare interazione. Così come forse è chiaro che questo non è un divenire ordinario, proprio di ogni credente, appena più impegnato della norma. La storia di Gemma è troppo intima-di-Dio e carica di fenomeni non-ordinari per potersi definire “semplicemente” spirituale. In effetti corrisponde a ciò che la teologia definisce “mistica”. Noi potremmo parlare di “personalità mistica”. Qui non troviamo solo un Sé spirituale che, almeno da un certo punto, appare dominante sul Sé psicologico, in cui cioè la visione della vita e la personale autonarrazione sono rapportate a Dio in modo quasi esclusivo. La differenza dall’ordinario è altrove: è nella combinazione “autopotenziantesi” tra una particolare personalità ed una specifica spiritualità. In questo caso il Sé spirituale trae particolare linfa dal Sé psicologico, ed anche grazie a questo raggiunge la configurazione mistica. Così, in ambedue troviamo elementi portanti comuni quali: fusionalità, identificazione, perforabilità dei confini, iperemozionalità, corporeità, concentrazione cognitiva profondissima e continua, facile modificazione degli stati di coscienza, notevole capacità di amare. Elementi del Sé psicologico, certo, ma progressivamente al completo servizio del Sé spirituale. L’esito finale è qualcosa di ulteriore e specifico: il Sé mistico. Qui, una precisa psicodinamica ed una spiritualità coerente con la stessa, unite alla libera volontà ed allo sforzo quotidiano, consentono a Gemma una profondissima esperienza di Dio.

In realtà una simile combinazione, per lo meno nelle sue dinamiche fondamentali, molto probabilmente non è un’esclusiva di Gemma (12). Ma allora, a partire da variabili come quelle riscontrate nei casi di Gemma o Pio da Pietrelcina, l’esperienza mistica è un esito probabile, cioè un “prodotto” delle stesse? Il rispetto della complessità ci difende da simili semplificazioni. Ciò che ipotizziamo, invece, è altro. Pur nell’ambito della variabilità individuale – che forse spiega le differenti fenomenologie spirituali nei mistici – potrebbe esserci una “base” psicologica comune nelle “vite mistiche”, così come forse, più in generale, esiste una correlazione fra tipi di personalità e specifiche spiritualità. In ogni caso, si tratterebbe solo di correlazione: se la vita spirituale sembra non prescindere dal corpo e dalla mente in cui si incarna, questo non significa che la tensione verso Dio – soprattutto il suo esitare nell’intimità mistica – sia generata da uno specifico insieme di variabili, tra cui la psicodinamica e la neurobiologia del soggetto. 

Due note conclusive. Ricordiamo innanzitutto che la nostra analisi ha dovuto prescindere dalla variabile Dio: ad altre discipline il compito di dire la propria sull’argomento. Ma è ovvio che Dio è l’altro imprescindibile termine dell’esperienza mistica. Crediamo inoltre che, di fronte a tanta complessità, tendano a cadere le facili riduzioni interpretative, sia da parte di una scienza avveduta, sia da parte di una religiosità ingenua. È poco serio spiegare tutte le variabili in gioco con singoli quadri interpretativi: dall’isteria a particolari attivazioni sinaptiche. Così come è ingenuo ritenere per “veri” o originati da Dio tutti i fenomeni spirituali di una mente. Le due posizioni estreme, allora, sono profondamente messe in discussione proprio dalla “semplice complessità” di Gemma: una storia che evidenzia a pieno la continua interazione tra Sé neuropsicologico e Sé spirituale, anche quando il Sé raggiunge la configurazione mistica.


NOTE


1. In merito ci permettiamo di far riferimento ad un nostro lavoro più analitico: Esposito G., Consiglio S., Mistica e personalità in Gemma Galgani, Cantagalli, Siena, 2003. In questo testo il lettore può confrontarsi direttamente anche con quegli scritti di Gemma su cui fondiamo la presente analisi ed i cui riferimenti non riportiamo in questa sede per non appesantire la lettura.

2. Tra la corposa bibliografia sull’argomento si vedano: Hesse E., Main M., Abrams K., Rifkin A., Unresolved states regarding loss or abuse have second generation effects: Disorganization, role-inversion and frightening ideation in the offspring of traumatized, non-maltreating parents. In: D.J. Siegel & M.F. Solomon (Eds.), Healing trauma: Attachment, mind, body and brain, Norton & Co., New York, 2003, 57-106; Liotti G.,Le opere della coscienza – Psicopatologia e psicoterapia nella prospettiva cognitivo-evoluzionista, Raffaello Cortina, Milano, 2001; Lyons-Ruth K., Jacobvitz D., Disorganizzazione dell’attaccamento. In: J. Cassidy e P. Shaver (a cura di), Manuale dell’attaccamento, Giovanni Fioriti Editore, Roma, 2002.

3. Si vedano, ad esempio: Damasio A., Emozione e coscienza, Adelphi, Milano, 2000; Damasio A., Alla ricerca di Spinoza. Emozioni, sentimenti e cervello, Adelphi, Milano, 2003; Edelman G., Sulla materia della mente, Adelphi, Milano, 1993; Edelman G., Tononi G., Un universo di coscienza, Einaudi, Torino, 2000; LeDoux J., Il Sé sinaptico. Come il nostro cervello ci fa diventare quelli che siamo, Raffaello Cortina, Milano, 2002; Newberg A., d’Aquili E., Dio nel cervello. La prova biologica della fede, Mondadori, Milano, 2002. Anche la Chiesa mostra interesse al dibattito: Russell R.J. et al. (Eds.), Neuroscience and the Person. Scientific Perspectives on Divine Action, Vatican Observatory Publications, Vatican City State, Center for Theology and Natural Sciences, Berkeley, 2002.

4. Per un’analisi dettagliata di tali contesti critici del Sé di Gemma, si veda: Esposito G., Consiglio S., Mistica e personalità in Gemma Galgani, Cantagalli, Siena, 2003. In particolare, quanto alla paralisi del 1899 si vedano le pp. 63-78; per la scomparsa dell’Autobiografia, le pp. 170-176; per la dispersione delle lettere del padre spirituale, pp. 190-192.

5. In proposito si può leggere: Liotti G., Disorganization of attachment as a model for understanding dissociative psychopathology. In: J. Solomon & C. George (Eds.), Attachment disorganization, Guilford Press, New York, 1999, 291-317 (è disponibile anche una traduzione italiana al sito internet: www.selfrivista.it). Per quanto attiene ai temi della disorganizzazione dell’attaccamento, dell’isteria e della dissociazione, ringraziamo lo stesso Giovanni Liotti per aver accettato di confrontarsi con noi che, comunque, restiamo i soli responsabili delle affermazioni qui presentate.

6. Ecco i criteri diagnostici per il Disturbo di Conversione: “A. Uno o più sintomi o deficit riguardanti funzioni motorie volontarie o sensitive, che suggeriscono una condizione neurologica o medica generale. B. Si valuta che qualche fattore psicologico sia associato col sintomo o col deficit, in quanto l’esordio o l’esacerbazione del sintomo o del deficit è preceduto da qualche conflitto o altro tipo di fattore stressante. C. Il sintomo o deficit non è intenzionalmente prodotto o simulato (come nei Disturbi Fittizi o nella Simulazione). D. Il sintomo o deficit non può, dopo le appropriate indagini, essere pienamente spiegato con una condizione medica generale, o con gli effetti diretti di una sostanza, o con una esperienza o comportamento culturalmente determinati. E. Il sintomo o deficit causa disagio clinicamente significativo, o menomazione nel funzionamento sociale, lavorativo, o in altre aree importanti, oppure richiede attenzione medica. F. Il sintomo o deficit non è limitato a dolori o disfunzioni sessuali, non si manifesta esclusivamente in corso di Disturbo di Somatizzazione, e non è meglio spiegabile con qualche altro disturbo mentale” (American Psychiatric Association, DSM-IV-TR. Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali. Text Revision, Masson, Milano, 2002, 534-535).

7. “La caratteristica essenziale del Disturbi Dissociativi è la sconnessione delle funzioni, solitamente integrate, della coscienza, della memoria, della identità o della percezione. Le alterazioni possono essere improvvise o graduali, transitorie o croniche. Nella sezione sono compresi i disturbi seguenti: – Amnesia Dissociativa, che è caratterizzata dalla incapacità di rievocare importanti notizie personali, che è usualmente di natura traumatica e stressogena, e che risulta troppo estesa per essere spiegata con una normale tendenza a dimenticare; – Fuga Dissociativa, che è caratterizzata dall’allontanamento improvviso e inaspettato da casa o dall’abituale posto di lavoro, accompagnato dalla incapacità di ricordare il proprio passato e da confusione circa la propria identità personale, oppure dalla assunzione di una nuova identità; – Disturbo dissociativo dell’Identità [...], che è caratterizzato dalla presenza di due o più distinte identità o stati di personalità che in modo ricorrente assumono il controllo del comportamento del soggetto, accompagnato da una incapacità di ricordare importanti notizie personali che è troppo estesa per essere spiegata con una normale tendenza a dimenticare. È un disturbo caratterizzato da frammentazione dell’identità piuttosto che dalla proliferazione di identità separate; – Disturbo di Depersonalizzazione, che è caratterizzato dal sentimento persistente o ricorrente di essere staccato dal proprio corpo o dai propri processi mentali, mentre rimane intatto il test di realtà; – Disturbo Dissociativo Non Altrimenti Specificato, che è stato incluso per registrare i disturbi in cui la manifestazione principale è un sintomo dissociativo, ma che non soddisfano i criteri per nessun Disturbo Dissociativo Specifico” (Ivi, 557).

8. Il quadro clinico in cui si potrebbe essere tentati di far rientrare le estasi, è quello di Disturbo da Trance Dissociativa: in tal caso allora il soggetto dovrebbe essere diagnosticato come portatore di un Disturbo Dissociativo Non Altrimenti Specificato. L’ipotesi, però, non è sostenibile. Ecco infatti le caratteristiche del Disturbo da Trance: “La manifestazione essenziale è uno stato involontario di trance, che non è previsto dalla cultura della persona come parte normale di una pratica culturale o religiosa, e che causa disagio clinicamente significativo oppure menomazione funzionale. Il disturbo [...] non dovrebbe essere preso in considerazione per i soggetti che entrano volontariamente in stato di trance o di trance di possessione, non provano disagio, e agiscono nel contesto di pratiche culturali e religiose che sono ampiamente accettate dal gruppo culturale della persona” (Ivi, 830).

9. In proposito forse non è inutile ricordare un elemento: nessuno dei medici che ha visitato Gemma risulta essere specializzato in “malattie nervose” (Zoffoli E., La povera Gemma, Il Crocifisso, Roma, 1957, 364 e 369 nota n. 68).

10. American Psychiatric Association, DSM-IV-TR. Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali. Text Revision, a cura di Andreoli V., Cassano G., Rossi R., Masson, Milano, 2002, 760. Per un’estesa discussione sull’argomento, non limitata alla visione psichiatrica, si veda: Gabbard G.O., Psichiatria psicodinamica, Raffaello Cortina, Milano, 1995, 521-551.

11. Per una confutazione si veda: Mucci G., Santità e isteria – Il caso di Gemma Galgani. In: La Civiltà Cattolica, 3680 (18 ottobre 2003), 117-125.

12. Abbiamo già rintracciato simili dinamiche in un’altra storia di santità: Esposito G., Consiglio S., Il divenire inquieto di un desiderio di santità – Padre Pio da Pietrelcina – Saggio psicologico, Cantagalli, Siena, 2002.



BIBLIOGRAFIA


American Psychiatric Association, DSM-IV-TR. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Text Revision. Quarta edizione italiana a cura di: Andreoli V., Cassano G., Rossi R., Masson, Milano, 2002


Damasio A.R., Emozione e coscienza, Adelphi, Milano, 2000


Damasio A.R., Alla ricerca di Spinoza. Emozioni, sentimenti e cervello, Adelphi, Milano, 2003


Edelman G., Sulla materia della mente, Adelphi, Milano, 1993 


Edelman G., Tononi G., Un universo di coscienza, Einaudi, Torino, 2000


Esposito G., Consiglio S., Il divenire inquieto di un desiderio di santità – Padre Pio da Pietrelcina – Saggio psicologico, Cantagalli, Siena, 2002 


Esposito G., Consiglio S., Mistica e personalità in Gemma Galgani, Cantagalli, Siena, 2003


Gabbard G.O., Psichiatria psicodinamica, Raffaello Cortina, Milano, 1995


Hesse E., Main M., Abrams K., Rifkin A., Unresolved states regarding loss or abuse have second generation effects: Disorganization, role-inversion and frightening ideation in the offspring of traumatized, non-maltreating parents. In: 


D.J. Siegel & M.F. Solomon (Eds.), Healing trauma: Attachment, mind, body and brain, Norton & Co., New York, 2003, 57-106


LeDoux J., Il Sé sinaptico. Come il nostro cervello ci fa diventare quelli che siamo, Raffaello Cortina, Milano, 2002


Liotti G., Disorganization of attachment as a model for understanding dissociative psychopathology. In: J. Solomon & C. George (Eds.), Attachment disorganization, Guilford Press, New York, 1999 


Liotti G., Le opere della coscienza – Psicopatologia e psicoterapia nella prospettiva cognitivo-evoluzionista, Raffaello Cortina, Milano, 2003


Lyons-Ruth K., Jacobvitz D., Disorganizzazione dell’attaccamento. In: J. Cassidy e P. Shaver (a cura di), Manuale dell’attaccamento, Giovanni Fioriti Editore, Roma, 2002


Mucci G., Santità e isteria – Il caso di Gemma Galgani. In: La Civiltà Cattolica, 3680 (18 ottobre 2003)


Newberg A., d’Aquili E., Dio nel cervello. La prova biologica della fede, Mondadori, Milano, 2002


Russell R.J. et al. (a cura di), Neuroscience and the Person. Scientific Perspectives on Divine Action, Vatican Observatory Publications, Vatican City State, Center for Theology and Natural Sciences, Berkeley, 2002


Zoffoli E., La povera Gemma. Saggi critici, storici, teologici, Il Crocifisso, Roma, 1957.