Premessa. Il titolo cerca di sintetizzare la complessità del fenomeno integrando due visioni interpretative da alcuni ritenute poco conciliabili tra loro. Da un parte quella che vede nelle stimmate l'espressione dello sforzo umano di avvicinarsi a Dio, quasi una creazione dell'uomo, senza intervento di Dio (aspetti psicologici). Dall'altra l'interpretazione che vede le stimmate come segno visibile della presenza di Dio nell'uomo, senza intervento dell'uomo (aspetti mistici).
Secondo gli autori le due interpretazioni non si escludono necessariamente a vicenda, ma possono trovare un punto d'incontro all'interno di una visione integrata, proficua se rispettosa sia degli elementi umani studiati dalla scienza, sia dell'intervento di Dio compreso dalla teologia.
Non giovano, quindi, le chiusure pregiudiziali che hanno caratterizzato periodi precedenti e che anche oggi potrebbero riproporsi: lo psicologo che studia la personalità negando la dimensione religiosa; il teologo che analizza l'intervento di Dio nella storia individuale, non tenendo conto che si incarna in una specifica personalità, a sua volta esito di quella stessa storia. Non giova nemmeno l'atteggiamento opposto, cioé che nei due ambiti ognuno indulga all'altro: psicologi che, più che studiare la personalità, finiscono col "misticheggiare"; teologi che, più che analizzare il modo ed il significato dell'intervento di Dio, finiscono con lo "psicologizzare". Siamo consapevoli che l'analisi qui proposta opera una forzatura nel separare la dimensione psicodinamica da quella religiosa che, invece, secondo noi formano un tutt'uno, influenzandosi reciprocamente nel definirsi e nel divenire continuo della personalità.
Ipotesi. Tenendo conto di tali presupposti, nell'analisi non partiamo da un modello di causazione del tipo: «una determinata personalità "produce" le stimmate», ma ci muoviamo all'interno di un modello di correlazione in cui il fatto 'stimmate' si manifesta in una specifica storia di vita. Esplicitiamo l'ipotesi guida: possono le stimmate – visibili e non – rappresentare un segno di modalità fusionale in una storia di relazione con Dio?
Coerenti con la premessa, si verificherà l'ipotesi occupandoci solo della prima parte del titolo: "l'uomo verso Dio" ponendoci, quindi, un obiettivo preciso e delimitato: analizzare il terreno psicologico che precede il fenomeno delle stimmate, con riferimento ad un caso specifico incontestabile e per la scienza e per la chiesa.
La traccia fondamentale e delimitata che seguiremo è la seguente: individuare quali sono i modelli di relazione interiorizzati dal soggetto nel rapporto con le figure chiave di accudimento dell'infanzia e quali avvenimenti familiari possono essere posti in correlazione con i modelli relazionali eventualmente individuati, sulla falsariga di altri lavori simili (5).
E' intenzione degli autori procedere, successivamente, ad applicare lo stesso modello di indagine ad altri noti casi di stigmatizzazione per verificarne l'applicabilità e l'eventuale utilità. Nel presente lavoro, quindi, non c'è alcuna pretesa di novità né tanto meno di esaustività. C'è, piuttosto, l'avvio di una riflessione personale nell'ambito più generale della psicologia religiosa, con i temi più specifici dei rapporti tra personalità e spiritualità, personalità e mistica.
Cenni statistici. Le statistiche sul fenomeno vanno lette con molta cautela, soprattutto quelle relative ad epoche precedenti. Restano, comunque, sufficientemente indicative ed utilizzabili per inquadrare il fenomeno. Facciamo riferimento a dati pubblicati di recente (3) anche se, almeno nella traduzione italiana, non vengono riferite le fonti. Da questo quadro il fenomeno risulta più diffuso di quanto si tenda a credere, almeno tra i non addetti ai lavori.
Restando all'interno delle statistiche della chiesa cattolica – primaria interessata e rigorosa investigatrice del fenomeno –, su oltre 1500 cause di beatificazione avviate per soggetti vissuti tra il XVI ed XX secolo, si registrano 77 casi (il 4,5%) di stigmatizzati giunti ai gradi di Venerabile e di Servo di Dio.
Per le statistiche storiche ci limitiamo agli ultimi due secoli. Nel XIX secolo, in Europa, si registrano una sessantina di stigmatizzate; nel XX secolo il numero si è più che triplicato: quasi cento sono gli stigmatizzati già deceduti (solo 4 uomini), oltre cento quelli ancora in vita, di cui 6 (4 uomini e 2 donne) in Italia.
Tra gli stigmatizzati in vita, 45 (13 uomini e 32 donne) presentano segni incontestabili. Si calcola che i casi meno contestabili registrati nel XX secolo siano 137; di questi oltre la metà si registrano tra l'Italia (51 casi) e la Francia (23 casi).
Non possiamo inoltrarci nell'interessante labirinto di domande che i dati suscitano, soprattutto in merito alla distribuzione tra le epoche, le nazioni, i sessi.
Il caso. Focalizziamo l'attenzione, invece, su un caso concreto, scelto per vari motivi: innanzitutto perché non contestabile, poi perché noto a livello mondiale (esistono addirittura siti Internet specifici, anche all'estero), perché oggetto di un'attenzione che non tende a diminuire, per la durata del fenomeno stigmate (50 anni), perché attentamente analizzato e quindi sono disponibili una valida documentazione scientifica ed una vasta bibliografia. Per i temi relativi al fenomeno in generale e nel caso specifico rinviamo alla bibliografia (2), (3), (4), (6), (7), (8), (17); così pure per la posizione della chiesa sull'argomento (11).
Il caso è quello di Francesco Forgione (1887-1968), certamente più noto come Padre Pio da Pietrelcina. Abbiamo analizzato alcune tra le biografie più attendibili e più ricche di dati sull'infanzia e l'adolescenza (1), (9), (10), i suoi scritti (12), (13), (14), (15), (16) ed abbiamo redatto, innanzitutto, un'essenziale anamnesi laica fermandoci al periodo precedente la stigmatizzazione.
Francesco nasce, alla fine del secolo scorso, in un piccolo paese del sud: povero, ad economia agricolo-pastorale, soggetto ad emigrazione, dalle antiche e solide tradizioni religiose. La famiglia non si differenzia dalle altre del paese: contadina, povera ma non indigente, religiosa.
Il padre viene descritto come: allegro, forte, sveglio, rude ma cordiale, attivo, lavoratore, concreto, tutto proteso al sostentamento della famiglia grazie ad un piccolo appezzamento di terreno e qualche pecora. Analfabeta, desiderava che almeno uno dei figli maschi continuasse a studiare. In tale ottica, dopo il fallimento scolastico del primogenito, vedeva di buon occhio che Francesco mostrasse interesse allo studio, e non disdegnava vederlo monaco. Quando necessario – per ben due volte – emigrerà per diversi anni.
La madre: con tratti da gran signora, seria, curata, dedita alla famiglia ed al lavoro dei campi, operosa, capace nelle relazioni, religiosa e particolarmente devota a S. Francesco.
Francesco: quartogenito, gli viene assegnato lo stesso nome del fratellino morto tre anni prima; è anche il nome del santo privilegiato dalla madre. Una descrizione fisica ce la forniscono le fotografie e le testimonianze dei suoi coetanei. Risulta gracile, facilmente soggetto a malattie sulle cui diagnosi i medici non riusciranno a trovare un accordo. Tra i sintomi più frequenti si registrano: forti emicranie, vomito, febbre alta, tosse.
E' possibile ottenere una descrizione psicologica di Francesco, fondandosi sulle testimonianze di quanti l'hanno conosciuto e sulle sue stesse autodescrizioni.
Appare: obbediente, educato, silenzioso, riservato, poco partecipe alla vita di gruppo, assorto, riflessivo, quieto, molto sensibile, studioso, particolarmente religioso.
Non tollera l'espressione dell'aggressività (es.: parolacce), non sopporta la tensione nelle relazioni (chiarimento e pace dopo equivoci e liti), da subito teso a controllare i sistemi motivazionali aggressivo-assertivo e sensuale (nel senso di J.D. Lichtenberg), presenta una visione del mondo precocemente e prevalentemente religiosa, è scrupoloso (soprattutto nell'adolescenza), timido/vergognoso (confida di non tollerare gli sguardi quando passeggia in paese e sono note le sue difficoltà a parlare in pubblico: prediche).
Con riferimento all'equilibrio psicologico le testimonianze non lasciano dubbi sull'assenza di sintomi o comportamenti chiaramente inquadrabili in ciò che oggi definiremmo disturbi mentali.
Da questo sintetico quadro di tipo descrittivo, passiamo ora ad elencare alcuni degli avvenimenti secondo noi più significativi alla luce delle ipotesi psicodinamiche che formuleremo. Il periodo preso in considerazione è sempre quello precedente alla stigmatizzazione:
6/1881: matrimonio dei genitori
6/1882: nasce il primogenito Michele
2/1884: nasce Francesco che muore dopo soli diciannove giorni
5/1885: nasce la sorella Amalia
2/1887: muore Amalia, a poco meno di due anni di vita
5/1887: nasce il nostro Francesco (pianti continui di notte) - trauma: ancora in fasce, viene scaraventato sul letto dal padre (stressato dal suo pianto?) e cade a terra
1889: nasce la sorella Felicita
1892: nasce la sorella Pellegrina (cominciano: incubi notturni, apparizioni di figure religiose e diaboliche, estasi) - si consacra totalmente a Dio
1894: nasce la sorella Grazia
1897: riprende la scuola; prende forma il "progetto monacale"?
1898: il padre emigra (fino al 1903)
1902: il padre comunica il suo rimpatrio per l'anno successivo
1903: distacco dalla famiglia per il noviziato (angoscia di separazione, somatizzazione) - intanto il padre ritorna a casa - (periodo di scrupoli e di meditazione/immedesimazione sulla Passione)
1908: matrimonio del fratello - in ottobre: difficoltà a rientrare in convento
1909: ritorna a casa e vi resta, salvo brevi interruzioni, fino al 1916
1910: padre e fratello emigrano (fino al 1917)
1910: ordinazione sacerdotale - stimmate invisibili e non permanenti
1916: rientra in convento dove resta fino al 1968 (morte)
1917: rientrano a casa il padre ed il fratello
1918: stimmate visibili e permanenti.
Già l'analisi di questa essenziale cronologia fornisce spunti di riflessione. Francesco nasce in pieno lutto materno, a soli tre mesi dalla morte di una sorellina. Intorno ai due anni perde l'esclusività della relazione con la madre, per la nascita successiva di tre sorelle.
I suoi allontanamenti dalla famiglia e gli avvicinamenti alla stessa sembrano significativamente correlati ai più importanti cambiamenti che in essa si verificano, con particolare riferimento alle emigrazioni paterne, soprattutto a quella del 1910-1917: periodo in cui Francesco è in famiglia. Ed è proprio stando in famiglia che, secondo noi, prendono corpo gli elementi "preparatori" a quella evoluzione di personalità in cui si evidenzierà l'inizio della stigmatizzazione, dapprima non visibile e non permanente.
Se integriamo la scarna anamnesi precedente con la lettura delle testimonianze e soprattutto dei suoi scritti, possiamo proporre un essenziale quadro interpretativo della possibile psicodinamica della sua personalità, con particolare riferimento ai modelli relazionali interiorizzati.
Procediamo per punti, rinviando solo alla fine per una breve sintesi.
1. Va, innanzitutto, evidenziato un punto chiave per il nostro discorso: il probabile schema relazionale di "accudimento invertito" che potrebbe essersi formato nella relazione con la madre in lutto. Secondo la nostra ipotesi tale schema, precocemente inscritto nella sua memoria relazionale, è diventato il nucleo portante per la relazionalità successiva di Francesco... poi anche con Dio.
Un precoce schema di accudimento invertito può correlarsi a permanente capacità/bisogno di immedesimazione nell'altro sofferente, a cominciare dalla madre. Troppo precocemente frustrato il bisogno fondamentale di ricevere accudimento (vita), un possibile modo per difendersi, e insieme conservare la relazione fondamentale con l'altro 'morto', è quello di accudirlo (strappare alla morte, dare vita).
Diversi i rischi che non è il caso di elencare nella loro completezza. Ci limitiamo a segnalare i più coerenti con l'ipotesi che andiamo sviluppando, per verificare quelli corsi da Francesco e l'eventuale sua evoluzione verso un'organizzazione di personalità più matura.
Tra i rischi clinicamente più importanti va segnalato quello di restare definitivamente intrappolati proprio in quella specifica relazione madre-bambino, in una sorta di fusione chiusa in se stessa e non permeabile dall'esterno.
Un rischio successivo, ammessa la possibilità di uscita dalla diade fusionale, è la creazione di nuove relazioni solo se rigidamente ripetitive di quella primaria, con "riedizione senza modifiche" dei ruoli. Fuori dall'ambito di rischio, infine, è lo sviluppo di una personalità sufficientemente adeguata nelle relazioni, pur se caratterizzata dalla tendenza a farsi carico delle sofferenze altrui, con un'identità che si riconosce più o esclusivamente nel 'dare', una sorta di personalità "oblativa".
E' questo il percorso seguito da Francesco? Sembrerebbe proprio così. C'è la fase iniziale di relazione esclusiva con la madre (attaccamento ansioso), caratterizzata da: incubi/pianti notturni, bisogno di vicinanza continua, idealizzazione... in seguito: profondo senso di riconoscenza, paura di deludere, ambizione ("grande missione": nella sua famiglia, in quella francescana, nella Chiesa). Poi, probabilmente anche a seguito della nascita successiva delle due sorelle, intorno ai 5 anni troviamo Francesco già orientato verso una relazione sostitutiva: quella con Dio (a questo punto, infatti, lui fa risalire la chiamata di Dio e la sua risposta di consacrazione totale).
Tale relazione, se da una parte non delude la madre religiosa (può conservare, così, forti elementi di identificazione fusionale), dall'altra consente a lui di sperimentare comunque una prima relazione "altra" senza danneggiare l''altro primario' anche se, proprio per questo, la stessa relazione con Dio è ancora troppo condizionata da quella primaria e ne conserva lo «stile fusionale».
In corrispondenza con un livello di organizzazione di personalità più evoluta, quindi, si delinea una nuova identità che diventa anche pubblica (con relativo rinforzo), quella del "santerello". Ma fino a questo punto non sembra registrarsi ancora l'avvicinamento alla figura paterna (distante, irraggiungibile, già in relazione col primogenito...) che dovrebbe segnare la capacità di far coesistere più relazioni aprendo, così, la strada ad una più piena maturità. E' vero che nel 1903 entra in convento per seguire la spiritualità francescana, fatto che è significativo rispetto a entrambi i genitori. Da una parte, infatti, è coerente con l'identificazione materna. Dall'altra realizza l'aspettativa del padre: studiare e farsi monaco. Ma tale allontanamento non risulta ancora definitivo: forse proprio perché il percorso di Francesco verso una personalità più matura non è ancora completato, nel periodo che va dal 1909 al 1916 ritorna nuovamente a casa.
2. Sempre continuando l'analisi delle implicazioni di un accudimento invertito, ulteriore elemento è la tendenza ad oscillazioni radicali: a) da una parte lo "stare con" l'altro, il ricevere riscontri/rispecchiamenti genera forti emozioni di consolazione (dalla fusione riceve vita); b) dall'altra lo "stare senza" l'altro (solo) determina desolazione (depressione, fino alla disperazione).
E' difficile operare una selezione tra le sue lettere, per proporre quelle più esplicative di questo secondo punto di indagine. E' più facile far riferimento alla quasi totalità di quelle scritte ai suoi direttori spirituali, proprio nel periodo secondo noi più importante, durante la sua permanenza a casa dal 1910 al 1916 (12).
3. Un'ulteriore implicazione risalta dalla sua vita e dai suoi scritti: la radicalità/totalità nell'accudimento (per lui = amore). E' noto che nelle relazioni il suo impegno era totale, la donazione illimitata (fino a strappare a Dio la salvezza delle anime).
4. Ancora un elemento, coerente con il quadro che si va componendo, traspare dalle biografie e dai suoi scritti: la cura ossessiva della relazione. Sembrerebbe che per lui le relazioni non si conservino positivamente anche in assenza fisica dell'altro, che necessiti di un continua ri-creazione, di rinforzo positivo. In tale ottica si possono leggere anche: il continuo autocontrollo dell'aggressività (pericolo di danneggiare la relazione) e gli scrupoli (soprattutto nei periodi di desolazione): la convinzione di non essere degno della relazione per aver sbagliato qualcosa, anche inconsapevolmente. Né vanno sottovalutate la sofferenza e le somatizzazioni conseguenti ai suoi allontanamenti (12, p. 1283) e durante la permanenza lontano da casa, come pure agli allontanamenti degli altri da lui e, soprattutto, alla morte delle persone care.
5. Riprendendo il tema della relazione con il padre, entro i dieci anni di vita sembra delinearsi una possibilità: la scuola. Il primogenito aveva già deluso, Francesco non l'avrebbe fatto (mito familiare: il padre emigra "solo" per mantenerlo agli studi?). La ricerca del padre probabilmente viene segnalata anche dalla scelta dell'ordine religioso cui dedicarsi: "quelli con la barba" (come un frate dalla barba bianca della sua infanzia = padre buono?). Non siamo ancora al superamento definitivo della fase fusionale, come sembra indicarci anche il bisogno (giustificato dalla malattia) di restare a casa da poco prima della nuova emigrazione del padre (vuoto della madre) a poco prima del suo rimpatrio.
Ma forse anche tale permanenza potrebbe implicare ulteriori elementi di identificazione con il padre. L'avvicinamento alla madre risponderebbe, così, anche al non dover deludere il padre lontano, rassicurandolo con la sua permanenza a casa. Un ulteriore indicatore dell'ipotetico consolidamento dell'identificazione paterna potrebbe evidenziarsi nel rapporto con i padri spirituali: dalle lettere traspare il progressivo passaggio – a cominciare dal 1915 – dal semplice ruolo di diretto (figlio) anche al ruolo di direttore (padre) (12).
Conclusioni. A questo punto, pur consapevoli della necessità di dover approfondire ancora altri aspetti e di dover arricchire il quadro interpretativo, siamo nella possibilità di sintetizzare. Riprendiamo l'ipotesi iniziale: stimmate come un segno di modalità fusionale in una storia di relazione con Dio. Nella storia di Francesco il fenomeno irrompe in un momento preciso: quando la de-fusione dalla relazione primaria consente l'apertura sana ad altre relazioni, al 'mondo esterno'.
In tal senso già l'ordinazione sacerdotale segna una tappa fondamentale: la dedizione a Dio (nuova identità), anche se ancora limitata dalla dedizione ai suoi (identità familiare): è l'ultimo passo precedente la stigmatizzazione invisibile (1910). Da questo momento devono passare altri sei anni (emigrazione paterna) perché, completato il percorso, Francesco possa allontanarsi verso la sua missione.
Sono gli anni meno conosciuti del suo mondo interno, ma certo quelli fondamentali, di transizione verso la nuova identità che integra le due relazioni fusionali: genitori, Dio. Solo un'identità più definita gli consentirà il rientro e la permanenza definitiva in convento nel 1916.
Eppure si dovrà aggirare la sua difficoltà (angoscia di separazione): lo strappo finale avviene ricreando lo schema iniziale della fine del 1909, anche se questa volta è più esplicito: il padre spirituale gli chiede di accudire una figlia spirituale (malata) andando a trovarla.
Per accudire – e su richiesta del padre (sostitutivo) – si allontana, quindi, da casa verso il convento (direzione evolutiva inversa rispetto allo schema regressivo precedente: dal convento verso casa). Pensa ancora che si tratti di un allontanamento momentaneo (questo lo aiuta) ma poi accetterà la definitiva separazione. Certo è ormai pronto ed inoltre a quel punto forse sa che il padre non tarderà a ritornare.
Dopo ancora un paio d'anni di transizione condizionati dalle visite militari, è definitivamente in convento, pronto e "libero per" realizzare la sua missione. Siamo nel 1918 e nulla in lui sembra più ostacolare la relazione con Dio: ed ecco le stimmate visibili e permanenti e la contemporanea fine delle apparizioni e delle persecuzioni di demoni (9, p. 287).
Altre variabili andrebbero considerate, che qui possiamo solo accennare: il modellarsi su S. Francesco "stigmatizzato"; la continua e profonda meditazione sul sacrificio di Gesù che soffre fino alla morte... di croce: quella stessa che ritroveremo impressa in lui; la ricca elaborazione cognitiva che si realizza attraverso lo studio dei maggiori mistici, come gli esperti desumono soprattutto dalle lettere ai padri spirituali.
Tali processi, accanto alla direzione dei padri spirituali, diventano parte della sua storia di relazione con Dio, si integrano con il processo di identificazione in divenire, aiutano a precisarlo, in alcuni momenti possono guidarlo.
Dall'analisi fin qui condotta si evince che, nel caso analizzato, le stimmate possono esser lette come segno di una sana relazionalità fusionale con Dio, ma non sono un prodotto della personalità e nemmeno il segno esclusivo con cui Dio "marca" sempre un cammino esemplare verso di Lui: resterebbe, infatti, inspiegabile lo scarso numero di stigmatizzati tra i santi ed i mistici in particolare (probabilmente con elementi di personalità simili a quelli evidenziati in Padre Pio). E' lo spazio da riconoscere al mistero: il cammino di "Dio verso l'uomo".
Bibliografia
1) Alessandro da Ripabottoni, Padre Pio da Pietrelcina: un "cireneo per tutti", Foggia, 1974
2) Becattini C., Esperienza mistica e fenomeni mistici: linee di interpretazione psicologica, in: La mistica. Fenomenologia e riflessione teologica, vol. II, Roma, 1984, 387-447
3) Bouflet J., Il mistero delle stigmate, Milano, 1997
4) Callieri B., Esperienza mistica e psichiatria: elementi per una riflessione, in: La mistica. Fenomenologia e riflessione teologica, Vol. II, 1984, 449-471
5) Charron J., Da Narciso a Gesù, La ricerca dell'identità in Francesco d'Assisi, Padova, 1995
6) Di Flumeri G. (a cura di), Atti del 1° convegno di studio sulla spiritualità di Padre Pio, S. Giovanni Rotondo, 1973
7) Di Flumeri G. (a cura di), Le stigmate di Padre Pio da Pietrelcina, Testimonianze, Relazioni, S. Giovanni Rotondo, 1985
8) Di Flumeri G. (a cura di), Atti del convegno di studio sulle stimmate del Servo di Dio Padre Pio da Pietrelcina, S. Giovanni Rotondo, 1988
9) Fernando da Riese Pio X, Padre Pio da Pietrelcina, Roma, 1975
10) Lino da Prata, Alessandro da Ripabottoni, Beata te Pietrelcina, San Giovanni Rotondo, 1976
11) Mucci G., Il fenomeno delle stimmate, in: La Civiltà Cattolica, 1993, II, 217-226
12) Padre Pio da Pietrelcina, Epistolario I. Corrispondenza con i direttori spirituali (1910-1922), S. Giovanni Rotondo, 1987
13) Padre Pio da Pietrelcina, Epistolario II. Corrispondenza con la nobildonna Raffaelina Cerase (1914-1915), S. Giovanni Rotondo, 1987
14) Padre Pio da Pietrelcina, Epistolario III. Corrispondenza con le figlie spirituali (1915-1923), S. Giovanni Rotondo, 1987
15) Padre Pio da Pietrelcina, Epistolario IV. Corrispondenza con diverse categorie di persone, S. Giovanni Rotondo, 1991
16) Padre Pio da Pietrelcina, Componimenti scolastici, S. Giovanni Rotondo, 1987
17) Thurston H., Fenomeni fisici del misticismo, Roma, 1956