RIMANETE NEL MIO AMORE...
RIMANETE NEL MIO AMORE...
Rimanere nell'amore di Gesù è l'invito appassionato e grave del vangelo odierno, che Gesù esprime con la chiarezza di una equazione matematica. Per abitare, dimorare nell'amore, e non separarcene con il peccato, è necessario vivere i suoi comandamenti. L'amore infatti non è un sentimento superficiale e passeggero, ma una decisione, la disposizione del cuore a fare la sua volontà, a praticare quelle dieci parole, che altro non sono che le istruzioni per essere felici. I comandamenti non sono un sistema freddo e rigido di regole, prescrizioni e divieti, ma la segnaletica per giungere alla meta della vita, la via maestra per orientare la libertà, che altrimenti sarebbe in balia di se stessa.
Possono apparire una mortificazione dei nostri desideri, in realtà sono la condizione perché fiorisca e si rinnovi tutta la bellezza che Dio ha seminato in noi. Si tratta innanzitutto di accogliere l'amore inconcepibile che viene dal Padre e si comunica al Figlio nello Spirito, e che è donato a noi abbondantemente. Amore che se incontra la disponibilità del nostro cuore, ritorna al Padre in un abbraccio, in una meravigliosa circolarità d'amore che coinvolge tutta la creazione. L'amore però, perché non sia sterile illusione, ha bisogno di essere concretizzato nelle relazioni e nelle umili azioni di ogni giorno. E' questa la premessa perché la nostra gioia sia piena, gioia che è il frutto più bello della Pasqua e il tratto distintivo del cristiano, e che non ci sarà tolta da nessuna avversità, se rimaniamo attaccati come tralci alla vite, animati dalla linfa della grazia. Se infatti ci stacchiamo dall'albero della vita, siamo già morti, perché fuori dal suo amore non c'è gioia, non c'è pace, ma solo il buio di una notte infinita. “Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla.” (Gv 15, 4-5)