LA VITA DI PREGHIERA
LA VITA DI PREGHIERA
La vita di preghiera
Accogliendo l’invito di Cristo a pregare incessantemente (cf. Lc 18,1), si comprende che la vita di orazione si basa sull’essere abitualmente alla presenza di Dio e sulla comunione dell’anima con Lui (cf. CCC 2565).
Per conoscere l’essenza della vita di orazione occorre considerare l’invito di Gesù e da quello volgere l’attenzione alla natura e alla necessità dell’orazione, ai suoi atti essenziali e all’efficacia santificante che la caratterizza. Attingendo poi dagli scritti di santa Teresa di Gesù, Dottore della Chiesa, si comprenderà che la vita di orazione consiste in una comunione sempre più intima con Dio.
L’invito di Gesù1
La via di accesso al Padre è indicata agli uomini dallo Spirito Santo in Cristo, Verbo Incarnato: il Maestro offre invero ai discepoli il suo esempio di vita di orazione. Egli fece precedere dalla preghiera ogni momento importante della sua missione: ne sono esempi il Battesimo (cf. Lc 3,21), l’elezione dei Dodici (cf. Lc 6,12), la confessione petrina (cf. Lc 9,18-20), la Trasfigurazione (cf. Lc 9,28). Cristo si preoccupò sempre di cercare il luogo e il tempo adatti alla preghiera, sia di giorno sia di notte (cf. Mc 6,46; Lc 6,12), arrivando persino a posticipare predicazioni e miracoli (cf. Mc 1,35). Fu questo il modo di predisporsi al momento della Passione: il Redentore pregò sempre, dall’agonia nel Getsemani (cf. Mt 26,39) alla morte sul Calvario (cf. Lc 23,46).
L’importanza della preghiera trova attestazione anche nella predicazione di Gesù: Egli ne impartì vere e proprie lezioni, insegnando a predisporvisi con il perdono (cf. Mc 11,25), a parlare al Padre con umiltà e semplicità (cf. Mt 6,5-7), con costanza (cf. Lc 18,1) e fede (cf. Mt 21,22). Ricordando che il Padre concede tutto ciò che nella preghiera è chiesto con fede, il Maestro indicò l’eccellenza del rapporto di filiazione divina insegnando agli apostoli la preghiera del Padre Nostro (cf. Lc 11,1-4). In questo dialogo filiale, il cristiano impara a riconoscere la necessità di leggere ogni dimensione della sua esistenza alla luce del Vangelo.
Natura dell’orazione2
«La preghiera è l’elevazione dell’anima a Dio o la domanda a Dio di beni convenienti» (CCC 2559). Questo atto della ragione pratica vede esercizio delle virtù teologali e si configura come atto interno della virtù della religione, giacché conduce a un’unione sempre più intima con Dio Padre, Figlio e Spirito Santo.
La prima finalità della preghiera è la lode di Dio, attuata anche dall’adorazione, dal ringraziamento e dalla riparazione dei peccati propri e altrui. La seconda finalità è la richiesta, in quanto la creatura indigente avverte la necessità di ricorrere a Dio, Signore e Creatore3: si chiedano in forma assoluta i beni soprannaturali e in forma condizionata quelli temporali, alla luce dell’invito di cercare il Regno di Dio, non preoccupandosi del sovrappiù (cf. Mt 6,33). La grande convenienza per la vita spirituale si riconosce anche nella gratitudine per i benefici ricevuti, nel rapporto di familiarità con un Dio che è Padre e dunque nella manifestazione della dignità propria della persona umana, nell’adesione ai piani della sua Provvidenza.
Necessità dell’orazione4
L’orazione è caratterizzata da una necessità di precetto e da una necessità di mezzo ex institutione divina.
Relativamente alla necessità di precetto, occorre distinguere il precetto divino di pregare incessantemente (cf. Lc 18,1), il precetto naturale, in quanto alcune indigenze dell’uomo possono essere rimediate solamente da Dio, e il precetto ecclesiastico, infatti in casi specifici la Chiesa comanda ai fedeli la recita di orazioni specifiche. La necessità di precetto obbliga gravemente per se all’inizio della vita morale, frequentemente nel corso della vita e in pericolo di morte; la necessità per accidens sussiste invece nei casi di connessione a un precetto obbligatorio, di una forte tentazione e di calamità pubbliche.
Alla vita di preghiera è poi riconosciuta una necessità di mezzo, volta alla salvezza degli adulti. Questa legge ordinaria è riassunta da Sant’Alfonso Maria de Liguori, il quale riconosce in un’anima di orazione un segno di predestinazione e in un’anima svogliata uno di riprovazione: «chi prega certamente si salva, chi non prega certamente si danna»5.
Gli atti essenziali dell’orazione6
Il Catechismo della Chiesa Cattolica distingue tra preghiera vocale e meditazione (cf. CCC 2699). La preghiera vocale si fonda sul riconoscimento delle parti corporale e spirituale della persona umana e consiste nell’espressione esterna di parole quale traduzione dei sentimenti. La meditazione è invece un esercizio intellettuale che consiste nella riflessione e nella conseguente interiorizzazione di una verità divina o di un tema di fede, e per il quale è consigliato l’utilizzo della Sacra Scrittura. Lo scopo della preghiera meditativa è il passaggio dalla fede alla vita di fede, ossia l’applicazione concreta dello stile evangelico all’agire personale.
La vita di orazione richiede una preparazione remota, una preparazione prossima e un corretto svolgimento. La preparazione remota alla preghiera consiste nella docilità alle mozioni dello Spirito Santo, nella pratica frequente di atti propri delle virtù teologali e nel silenzio abituale dell’anima. Questi mezzi permettono che il fuoco della carità non si estingua, ma rimanga alimentato da un’esistenza fedele alla vocazione cristiana. Conservando l’unione con Cristo, ogni attività risulta purificata dalle ispirazioni umane e diviene conforme alla volontà divina.
Il miglior mezzo per la preparazione prossima e per la stessa orazione è poi la virtù dell’umiltà: poiché infatti «nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare» (Rm 8,26), è necessario disporre il proprio cuore a rispondere all’Alleanza che Dio propone (cf. CCC 2559-2563). Mediante l’intenzione di essere alla presenza di Dio, un atto di contrizione e una preghiera iniziale (quale ad esempio il Veni Creator), l’anima realizza il passo preliminare alla vera e propria preghiera. L’orazione richiede poi atti di contrizione e di adorazione: l’individuo riconosce l’infinita distanza che lo separa da Dio, data dalla sua natura creaturale e accresciuta dai peccati originale e personali, e si pone con umiltà al suo cospetto, riconoscendolo Creatore e Signore. Evitata così ogni forma di sentimentalismo, segue un atto di fede nella verità divina oggetto della preghiera: non si tratta qui di cercare un’erudizione teologica, bensì di compiere atti di fede aderendo ai misteri divini. Si giunge così non solo a riflettere su beni spirituali, ma anche a sperarli, appellandosi alla bontà divina. Questo atto di speranza dispone poi a uno di carità, in quanto il beneficio sperato è domandato a Dio, Somma Bontà. Questa carità, inizialmente affettiva, deve divenire effettiva, fortificandosi con l’eventuale aridità o comunque riconoscendo la necessità di una volontà ferma. I frutti delle virtù teologali e il concorso dello Spirito Santo sono allora il principio della contemplazione di Dio. In sintesi, il corpo dell’orazione si compone di tre parti: l’adorazione, ove si considera il tema della meditazione, la comunione, quando lo Spirito Santo agisce nell’anima per conformarla al Verbo Incarnato, e la cooperazione, cioè la decisione di una risoluzione pratica da parte dell’individuo. Il tempo di orazione si può concludere con un ringraziamento per i benefici ricevuti, con la richiesta di perdono per i pensieri, le azioni e le attività di distrazione, e con un’invocazione mariana (quale potrebbe essere la preghiera Sub tuum praesidium)7.
La preghiera mentale può essere tipificata in quattro gradi di orazione: la lectio, cioè l’applicazione dell’anima alla Scrittura, la meditatio, ossia la riflessione su una verità di fede, l’oratio, che consiste nel dirigere il cuore al Padre, e la contemplatio, ossia l’elevazione a Lui.
L’efficacia santificante8
San Tommaso d’Aquino riconosce all’orazione quattro valori: soddisfatorio, in quanto presume un atto di umiltà e di riverenza verso Dio, offeso con il peccato; meritorio, giacché è un atto della virtù soprannaturale della religione; impetratorio, poiché fa appello alla misericordia e alla promessa di Dio; di nutrimento spirituale, causato presentialiter efficit, se vi è la necessaria attenzione dell’intelligenza, una buona disposizione della sensibilità e una volontà pronta nell’essere fortificata. Quanto espresso dal Dottore angelico è una tesi di fede, che sviluppa la promessa divina rivelata nella Sacra Scrittura: «Tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete» (Mt 21,22).
Il Vangelo secondo Luca riporta tre parabole sulla preghiera, che ne definiscono i connotati essenziali: quella dell’amico inopportuno (cf. Lc 11,5-13) insegna la necessità dell’insistenza, quella della vedova inopportuna (cf. Lc 18,1-8) mostra la necessità della pazienza della fede, quella del fariseo e del pubblicano (cf. Lc 18,9-14) sottolinea l’elemento fondante dell’umiltà (cf. CCC 2613). Su questa linea, l’Aquinate continua la trattazione ricordando quattro condizioni essenziali per le quali una preghiera risulta essere infallibile: è necessario chiedere qualcosa per sé, di necessario alla salvezza, con devozione e perseveranza9. Il fatto che sia necessaria una buona disposizione da parte del soggetto, implica che si può avere una sicurezza infallibile solo relativamente a noi stessi, in quanto non è possibile conoscere con esattezza le disposizioni altrui. Oltre alla grazia attuale – che può essere presente anche nell’anima che non si trova in stato di grazia –, si noti che le condizioni ex parte subiecti orantis sono l’umiltà (cf. Gc 4,6), la ferma fiducia (cf. Gc 1,6), la richiesta della mediazione di Cristo (cf. Gv 16,23) e l’attenzione; si ricordi poi la condizione ex parte subiecti della perseveranza (cf. Mt 15,21-28; Lc 6,12; 11,5-13; 18,1-5; 22,43). Tutto ciò che è conveniente per la nostra salvezza è riconosciuto come oggetto impetratorio infallibile: si può pertanto domandare l’aumento dei doni dello Spirito Santo e delle virtù infuse, così come alcuni beni spirituali che non possono essere meritati, quali le grazie attuali efficaci e la perseveranza finale. L’efficacia impetratoria della preghiera, unitamente alla devota recezione dei sacramenti e al compimento di opere soprannaturali meritorie, determina la crescita dell’organismo soprannaturale.
La vita di orazione secondo santa Teresa di Gesù10
Santa Teresa di Gesù definisce l’orazione mentale «un intimo rapporto di amicizia, un frequente intrattenimento da solo a solo con Colui da cui sappiamo d’essere amati»11.
Analizzando gli elementi costitutivi della definizione, si riconosce innanzitutto che la preghiera attualizza il vincolo soprannaturale che unisce una persona umana a Dio. Egli è amore» (cf. 1Gv 4,8) e per amore ha creato e redento gli uomini, e si fa presente nell’anima in modo soprannaturale, personale e oggettivo: questa presenza conferisce la grazia santificante, presupposto dell’orazione. L’amore divino non inerisce però solamente alla dimensione soprannaturale dell’individuo, bensì lo riguarda interamente: tocca invero l’intelletto e la volontà, la memoria, l’immaginazione e i sentimenti.
In relazione all’età, l’amicizia con Dio troverà una forma affettiva, sensibile o intellettuale: se nell’infanzia l’amore soprannaturale si manifesta in un bacio alla statua di Gesù Bambino o in un sentimento di tristezza sperimentato ai piedi di un Crocifisso, nell’adolescenza troverà espressione in immagini e formule più legate alla sensibilità, per divenire nell’età adulta un’orazione intellettuale e di maggiore nutrimento per l’anima. La diversità dell’orazione si comprende poi alla luce dei temperamenti e delle disposizioni attuali: sia l’intelligenza e la volontà sia i sensi interni ed esterni stanno alla base di differenti modi di pregare, che devono sempre avere come fine la migliore unione possibile con Dio, nutrimento per l’anima e presupposto per una vita autenticamente cristiana. A prescindere da queste molteplicità, la prospettiva teresiana consiste nella libera risposta all’amore divino da parte di quello umano: ciò non esprime una condanna a un’orazione strutturata secondo un metodo, ma vuole porre in risalto che l’aspetto principale è un accrescimento dell’unione, indicato dall’aumento dell’umiltà e dal progresso nelle virtù.
La definizione esprime poi la certezza dell’amore di Dio e la necessità di un’intimità con Lui. Poiché Egli è puro spirito, le facoltà umane risultano insufficienti per questo rapporto di amicizia: il mistero può essere rivelato solo dalla virtù soprannaturale della fede, mediante la quale si giunge ad accogliere la compresenza della certezza e dell’oscurità.
In linea con quanto espresso finora, la santa di Avila fonda la gradualità di perfezione dell’orazione sulla qualità dell’amore soprannaturale e sulle virtù e l’unione che ne derivano, esemplificandola – secondo ordine crescente – in quattro modi di innaffiare un giardino. La prima tecnica suggerisce di attingere acqua da un pozzo con la forza delle proprie braccia, ed è la più faticosa e dispendiosa a livello tempistico: è l’agire proprio di colui che inizia ad approcciarsi all’orazione, che deve meditare la vita di Cristo a livello intellettuale, tentando continuamente di raccogliere i sensi e dirigerli a Dio. Il secondo metodo propone di servirsi di una noria, potendo così ottenere una quantità maggiore di acqua: si tratta qui dell’orazione di quiete, ove le potenze dell’anima cominciano ad assaporare il nutrimento divino e la volontà acconsente a Dio. Il terzo modo di agire sfrutta un fiume o un ruscello e consiste nell’incanalarne l’acqua, facendola giungere al giardino in quantità abbondante e risparmiando tempo e fatica: in questo livello le potenze cedono in passo a un notevole aiuto della grazia. La quarta possibilità di annaffiare il giardino è la più eccellente e consiste nel permettere a Dio stesso si innaffiare la terra, risparmiando così ogni fatica: l’anima si trova qui profondamente unita al Signore e non si cura più delle cose terrene. Si possono allora distinguere due fasi: nella prima, Dio offre all’anima una grazia ordinaria e generale, mentre nella seconda la riduce gradualmente alla passività, prendendone Egli stesso il dominio.
Nella sua opera ‘Il castello interiore’, santa Teresa propone un elenco di nove gradi di orazione: l’orazione vocale, la meditazione e l’orazione affettiva appartengono alla vita ascetica; l’orazione di semplicità costituisce la transizione dall’ascetica alla mistica; il raccoglimento infuso, la quiete, l’unione semplice, l’unione estatica e l’unione trasformante appartengono infine alla vita mistica. Si tenga presente che le mansioni teresiane non costituiscono una classificazione rigida, bensì si succedono con naturalezza e senza che l’anima ne abbia un’esperienza sensibile e cosciente. Il profitto non deriva qui dall’erudizione, ma dall’amore, perciò la conoscenza e l’amore del soggetto nei confronti di Dio crescono armonicamente.
Conclusione
Poiché la vita di preghiera è la risposta all’invito di Dio di entrare in comunione intima con Lui, il cristiano deve essere riconosciuto per la sua unità di vita: in Cristo, mediante lo Spirito, l’anima si rivolge al Padre e partecipa della ricchezza della vita divina (cf. CCC 2559-2564). Per progredire nella vita di santità occorre entrare sempre più profondamente in dialogo con Dio, vivendo ogni dimensione della propria esistenza nell’orazione e alla luce dell’orazione.
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(1)Cf. M. BELDA, Guidati dallo Spirito di Dio, Corso di Teologia spirituale, EDUSC, Roma 2009, pp. 382-385.395.
(2) Ibidem, p. 375; cf. A. ROYO MARIN, Teologia della perfezione cristiana, San Paolo, Cinisello Balsamo 1987, pp. 752-755; cf. R. GARRIGOU-LAGRANGE, Le tre età della vita interiore, II, Edizioni Vivere In, Monopoli (Bari) 2011, p. 199.
(3) Occorre ricordare che Dio è l’Essere totalmente immutabile, pertanto l’orazione non è causa propria della volontà di Dio, ma è causa da parte delle cose: mediante la petizione e l’abbandono a Dio, l’individuo aderisce invero ai disegni della Provvidenza.
(4) Cf. A. ROYO MARIN, Teologia della perfezione cristiana, cit., pp. 755-758.
(5) Ibidem, p. 758.
(6) Cf. M. BELDA, Guidati dallo Spirito di Dio, cit., pp. 387-400; cf. R. GARRIGOU-LAGRANGE, Le tre età della vita interiore, cit., pp. 217-227.
(7) Lo schema proposto fa riferimento al metodo sulpiziano, secondo gli insegnamenti della Scuola francese di Spiritualità del secolo XVII.
(8) Cf. A. ROYO MARIN, Teologia della perfezione cristiana, cit., pp. 230-239.
(9) Cf. S. Th., II-II, q. 83, a. 15, ad. 2.
(10) Cf. R. GARRIGOU-LAGRANGE, Le tre età della vita interiore, cit., p. 216; cf. PADRE M. EUGENIO DEL BAMBINO GESÙ O.C.D., Voglio vedere Dio, Editrice Ancora, Milano 1955, pp. 57-65; cf. A. ROYO MARIN, Teologia della perfezione cristiana, cit., pp. 770-774.
(11) TERESA DI GESÙ, in PADRE M. EUGENIO DEL BAMBINO GESÙ O.C.D., Voglio vedere Dio, cit., p. 57.
Bibliografia
Fonti
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, La Bibbia di Gerusalemme, EDB, Bologna 2000.
TOMMASO D’AQUINO, Summa Theologiae, San Paolo, Cinisello Balsamo 1999.
Studi
BELDA M., Guidati dallo Spirito di Dio, Corso di Teologia spirituale, EDUSC, Roma 2009
GARRIGOU-LAGRANGE R., Le tre età della vita interiore, II, Edizioni Vivere In, Monopoli (Bari) 2011
PADRE M. EUGENIO DEL BAMBINO GESÙ O.C.D., Voglio vedere Dio, Editrice Ancora, Milano 1955
ROYO MARIN A., Teologia della perfezione cristiana, San Paolo, Cinisello Balsamo 1987
Febbraio 23, 2023 - Benedicta es tu