ALBERTO MICHELOTTI
ALBERTO MICHELOTTI
Alberto nasce il 14 agosto de 1958 a Genova. Nell’adolescenza egli si impegna nella parrocchia di San Bartolomeo di Staglieno, sia frequentando l’Azione Cattolica Ragazzi, sia insegnando catechismo. Qui sviluppo un rapporto spirituale importante col suo parroco.
Così racconta in una registrazione: “E' la prima persona che mi fa discorsi molto chiari: "Alberto, davanti a te ci sono tanti specchi, continui a guardarci dentro e perdi del tempo: spaccali". Questa persona mi parla di Dio. Ma la vita non cambia. Domenica sera, torno a casa dopo essere stato con gli stessi amici di sempre; non è successo niente di diverso, che giornata stupida! Una frase dell'Apocalisse mi batte nella testa: "...Perché non sei né caldo né freddo ho cominciato a vomitarti".
Nell’agosto del 1977 un gruppetto della parrocchia partecipa ad un incontro del Movimento dei Focolari.
“E' in questo periodo che conosco il movimento GEN. Da loro sento parlare di Dio Amore. Un Dio che parla a me, ad Alberto, mi chiama alla sua rivoluzione che fa a pugni col mio quieto vivere. Da solo? No, è impossibile; con altri, con i GEN, posso farcela”.
Con i Gen inizia l’operazione “Morire per la propria gente”:
“Un giorno entro in un vecchio locale vicino al porto di Genova, la Stella Maris, ritrovo di marinai di colore, sbandati perché col contratto d’imbarco scaduto: non hanno nulla da mangiare, da vestire. Lì da alcuni mesi i GEN stanno aiutando un sacerdote solo in questa situazione disperata di promozione umana. Appena entro, l'odore di quelle stanze è per me una fucilata. Il primo istinto è quello di scappare; non posso credere che così vicino, nella mia città, possano esistere situazioni come questa. Un ragazzo del Ghana mi domanda qualcosa; non conosco la lingua. Insieme agli altri ragazzi gen ci mettiamo a cercare un paio di pantaloni che gli vadano bene. A sera torno a casa: forse è la prima volta che sono felice. Ora so da dove arriva questa gioia”.
“Una sera, tornando a casa in autobus, mi sentivo stanco, ma una frase di San Giovanni ha illuminato quel momento: "Siamo passati dalla morte alla vita perché abbiamo amato i fratelli". Ho avvertito in fondo al cuore che solo se credevo a questa logica potevo mettere anch'io il mio mattone per la costruzione del Mondo Unito".
E’ ancora Alberto a confidare: “Lentamente la mia vita sta cambiando: c'è "Qualcuno" che entra sempre più nella mia giornata, è Gesù. Certi giorni corro per tutta la città, in qualche chiesa c'è l'ultima messa della giornata: lì posso incontrarmi con "Lui" nell'Eucarestia; per riuscirci esco prima dall'università, salto da un autobus all'altro; ad un tratto penso: "Alberto, un mese fa queste cose non le avresti fatte per nessuno, nemmeno per la tua ragazza".
Ecco, questi suoi esempi andranno a costituire quella che viene definita “l’eredità silenziosa di Alberto”.
Un appuntamento importante, per la riuscita del quale Alberto ha profuso tante sue energie, è stato il GenFest. "Prima del Genfest c’è stata la scoperta della bellezza di vivere questa esistenza così come ho scelto di farla. Intorno, decine e decine di incontri, centinaia di persone invitate, corse in tutta la Liguria, dentro la sensazione di essere strumento di Dio e di vivere a pieno ritmo, in modo eccezionale tutti i miei vent'anni. Era il dono più grande che Gesù potesse farmi: farmi sentire la pienezza, lo spessore, la libertà di questi miei anni. Riuscivo a fare tantissime cose in una giornata, posso dire che dall’inizio di Aprile al 17 Maggio forse non ci sono stati 5 minuti persi. Quanti ‘Per Te, Gesù’…”.
“Il Genfest. Momenti di vette e abissi vertiginosi!!! Ero capo-pullman. Sul pullman è stato un disastro, forse uno dei miei più grossi fallimenti della vita. Quante volte dico che non siamo noi che facciamo le cose ma che è Dio… Quando poi ti trovi dentro, non ci credi al fallimento, vorresti che tutto andasse come hai pensato, come tu vuoi. L’unica cosa che ti resta è Dio. Ancora una volta mi ha ripetuto che non ho scelto il Movimento Gen, gli amici, la parrocchia, ma Lui e Lui Abbandonato. Vette: certi momenti non riuscivo a cantare durante il Genfest perché scoppiavo a piangere dalla gioia. La mattina alla messa dal Papa, non mi veniva da cantare “…il mondo non capirà, è troppo grande da capire il dolore offerto per Amore”. Stavo piangendo”.
“Ecco, la carica più bella è stata è il sentirsi chiamati da Dio, attraverso Chiara, a costruire la civiltà dell’amore, un progetto splendido, e la consapevolezza che non si è soli, vedere come tanti altri in tutto il mondo in lingue diverse hanno lo stesso ideale, con la stessa carica di vita”.
Il 18 agosto del 1980 Alberto, durante una ascensione in montagna, cade e nasce al cielo. Per approfondire la storia di Alberto visita il sito: https://www.santiebeati.it/dettaglio/93655
//a cura di Stefania Famà