ARTIGIANATO, COMMERCIO E INDUSTRIE A BALANGERO DALLA META' DELL'OTTOCENTO ALLA META' DEL NOVECENTO
di Cesarina Bo ed Enrico Bo
Numero speciale 2018
Prefazione di Bruno Maria Guglielmotto-Ravet:
Un faux-ami potrebbe portarmi a collegare Balangero con boulanger. Quanto cadrei volentieri nel tranello per poter visitare e conoscere quel luogo in cui si crea, scegliendo le migliori farine, impastando, cuocendo, producendo, accogliendo i clienti e commercializzando! Il fornaio-panettiere è un’istituzione imprescindibile per la comunità, come lo sono il sindaco, il parroco, il medico, il farmacista… La comunità funziona quando ha proprie certezze. Il lavoro e i servizi sono tra queste. E hanno una loro storia precisa, sovente raccolta negli archivi, altre volte ricordata solo da testimonianze orali. La ricerca fatta su Balangero mette insieme tutte le fonti disponibili in un’indagine pregevole per l’impegno profuso dagli autori.
Goffredo Casalis, nel Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna (1834) informa che i monti sopra Balangero «contengono miniere di ferro, cave di pietre da taglio, e marmi di vario colore e specialmente di color verde» e che «vi sono in sufficiente quantità il grano, la meliga, i legumi, buone frutta di varie specie, e vino di mediocre qualità. Gli abitanti sono addetti all’agricoltura, ed anche al traffico, specialmente a quello del carbone». Se ne desumono, di conseguenza, le diverse attività lavorative.
La bibliografia storica valligiana ha sempre considerato la parte operosa di Balangero unicamente per le sue attività imprenditoriali, quelle che si osservavano guardando dal treno, lungo la ferrovia da Torino a Lanzo. Carlo Ratti, nella prima edizione della guida Da Torino a Lanzo e per le valli della Stura (1883), segnala il lanificio «impiantato da circa 3 anni dai signori Guabello e Cardolle» dove lavorano 150 operai, fabbricando annualmente 75.000 metri di panno di fine qualità, prodotto premiato dieci anni prima all’Esposizione mondiale di Vienna. Altra eccellenza è la cartiera di Ghignone padre e figlio, a ovest del paese sul torrente Banna, con 35 operai che fabbricano carta da imballaggio e carta di paglia. Ratti annovera anche un «molino» e parecchie piccole fornaci da mattoni e tegole, una delle quali di proprietà Marchetti. Vi sono diverse cave di gneiss, possedute da Paolo Musso e Comp. e da Bertero e Rinchi, dalle quali si estraggono lastre eccellenti per l’edilizia torinese. Nei campi si coltivano cereali, canapa, fieno, frutta e vino. Ad uso dei viaggiatori, la guida segnala la presenza della Cantina della Stazione e, in paese, l’Albergo della Corona grossa, un caffè, cantine e osterie.
Una rassegna più ampia delle attività giunge dalla terza edizione della guida del Ratti (1904). Chi scende dal treno a Balangero trova ora il Ristorante della Stazione e, in paese, il Ristorante del Commercio, denominazione quanto mai correlata al presente studio. Se gli abbisogna, c’è anche una farmacia. Ma è ancora l’industria a essere posta in evidenza. Oltre al lanificio, indicato solo più dei «Fratelli Guabello», le fornaci, il «Molino del sig. Giacomo Chiarle, che produce la luce elettrica del paese» (una piccola centrale, quindi), le cave di pietra, si apprende che la cartiera adesso appartiene a G. Peano e figli. Si registrano anche nuove imprese: la fabbrica di viti metalliche per legno di Remmert e C., presso la stazione, e la fabbrica di pasta di legno dipendente dalla cartiera salesiana di Mathi.
Fonti di notizie sono pure le edizioni annuali della Guida-orario pubblicata dalla Ferrovia Torino-Ciriè-Lanzo. Nel 1885 cita il lanificio Guabello e Cardolle e la cartiera Ghignone. Nel 1901 aggiunge la fabbrica di viti metalliche Montù e C. che, stando all’edizione successiva, nel 1902 è già passata alla Remmert e C.
Ulteriore supporto viene dal volume Le Valli di Lanzo di Secondo Carpano (1931) che ragguaglia sulla nuova proprietà della viteria, ora Valsecchi. Ma altre due notizie sono più significative ai fini del quadro dell’espansione dell’operosità in Balangero. Il lanificio, passato dai Guabello al successore Canale, impiega ben 400 operai, una cifra considerevole per l’economia del paese e non solo. Si aggiunga poi – informa sempre il Carpano – che nel 1916 è «riattivata» la miniera d’amianto Cave San Vittore, dalla quale dipendono 300 operai. Sono numeri importanti, specialmente se inquadrati nel complesso industriale della zona, in particolare se inglobati con quelli dei paesi più vicini: Mathi, che spicca per la cartiera ora di Giacomo Bosso, e Lanzo, che ha proprio al confine con Balangero il grandioso opificio di tessitura Inverugno (già Remmert e Sottocornolo).
Sono queste le notizie che hanno risonanza nelle pubblicazioni d’epoca. Non per nulla nella seconda metà dell’Ottocento fu costruita la ferrovia che a Lanzo terminava proprio nel cotonificio Bocciarelli, e cent’anni fa la si prolungò da Lanzo a Ceres per servire anche la cartiera di Germagnano e il cotonificio di Pessinetto. La macchina a vapore collegata con le macchine ad acqua e a elettricità. Connettendo anche uomini e donne che muovono intorno.
Spirito della ricognizione di Cesarina Bo ed Enrico Bo è proprio quello di incontrare queste persone, andando oltre il conosciuto. Un’esplorazione non facile, dovendosi confrontare con archivi non sempre completi e con memorie sovente labili. Obbligandosi anche a immergersi in un mondo produttivo ormai superato, con mestieri scomparsi e difficili da ricostruire. Si è trattato, appunto, di entrare nei magazzini della mente dove attingere alle superstiti riserve di memoria, e questo vale anche per le tracce su carta, non solo per quelle conservate dalla gente locale. Il pregio del loro indagare sta proprio in questo: percorrere tutte le strade praticabili per giungere a ricostruire il più possibile la mappa attiva del paese in un arco di tempo di centottant’anni. E così, partendo proprio dai panettieri – sette i forni da pane nel 1852! – veniamo a conoscere singole persone e importanti aziende. Riemergono nomi, volti, attività, storie, aneddoti di grande interesse che, insieme, completano un lavoro che è campione inedito per la storiografia delle Valli di Lanzo e del Ciriacese, ma non solo. Si affacciano fornaciai, conducenti, pignatai, ristori, talponieri, calderai, speziali… l’anima dimenticata di un paese. Insieme a osti, falegnami, maniscalchi, sarti, saponieri, coltivatori, calzolai, bottegai… hanno costituito la spina dorsale di una società coesa e strutturata, seppure mutante e in continua evoluzione.
«Dare del buon pane comune» è l’intenzione della Cooperativa di Balangero nel richiedere al Comune che le venga concessa l’apertura di un forno (p. 172). È quanto, da par suo, fa questo libro.
Sotto l'occhio attento della mitica signorina Chiarle:-)
In attesa dell'inizio...
Da sinistra: Mauro Masera (presentatore), io, Stefano Rossi (vice-sindaco), Enrico Bo