Probabilità
di Francesco Settin e Cesarina Bo
Genericamente si chiama probabilità di un evento E il numero reale p (compreso tra 0 e 1) che misura il grado di aspettativa che si attribuisce al verificarsi di E.
La probabilità di un evento E è il rapporto tra i numeri dei casi favorevoli al verificarsi dell’evento E e il numero dei casi possibili, supposti tutti uguali (definizione classica o a priori).
Esiste un’altra definizione: la probabilità di un evento E, fatto oggetto di rilevazioni statistiche, è il rapporto tra il numero delle volte in cui è stato registrato E e il numero totale delle rilevazioni (definizione frequentista o a posteriori).
“Dio, fa’ che non piova! Ti chiedo solo questo, poi, lo giuro, non ti chiederò più nulla”, prega Marianna, a poche ore dal grande passo. Si sposerà esattamente tra 15 ore e 35 minuti.
-Mamma, hai sentito le previsioni? Tu come le interpreti?-.
-Calma, Marianna, per favore! Hanno detto: “ cielo ricoperto da nubi stratificate, possibili piovaschi, per lo più sui rilievi” Questo non vuol dire che pioverà; siamo a metà strada tra mare e montagna, ma poi: che significa “per lo più”? -
Marianna, nel frattempo, è uscita sul balcone.
-Mamma, vieni a vedere! Dai, sbrigati, vieni!-.
Una striscia rossa lunga e sottile è apparsa all’orizzonte, là dove il sole sta tramontando.
-Mamma, com’è il proverbio? Rosso di sera….-.
-…bel tempo si spera!-, conclude con un sospiro rassegnato la donna.
Qualche mese prima Marianna aveva consultato gli archivi meteorologici della zona ed aveva scoperto che febbraio, insieme al mese di gennaio era tra i meno piovosi. Aveva avidamente letto le statistiche a partire dal 1921: nel mese di febbraio le giornate piovose erano state mediamente tre o quattro. Addirittura nel 1932, nel 1943 e anche nel 1983 non era stata registrata alcuna giornata di pioggia. Ad impensierirla un po’ il febbraio del 1955, nel corso del quale si erano contate ben dieci giornate piovose.
-Mamma, ma questo mese quante volte è piovuto?-.
-Benedetta figliola, come faccio a ricordarmelo…-.
-Almeno due me le ricordo: una è stata proprio il giorno in cui ho fatto l’ultima prova dell’abito da sposa, l’altra quel giorno che sono venuti gli zii a trovarci. Possibile che non ti ricordi? Hanno sporcato con il fango il tappeto del salotto e tu non la finivi più di lamentarti, dopo che se n’erano andati!-.
“Sicuramente deve essere piovuto ancora una volta”. Il cervello di Marianna lavora febbrilmente: fosse piovuto almeno un’altra volta la media sarebbe rispettata e sarebbe cresciuta la probabilità di avere bel tempo per l’indomani. Nel dubbio, tuttavia, s’è fatta prestare un ombrello bianco dai bordi a ricamo in filo di cotone.
Il giorno dopo un timido sole ammicca tra le nubi sospese e vaporose. La preghiera della sposa è stata ascoltata. Non c’è motivo di prendere l’ombrello, che rimane abbandonato in anticamera.
Non ha più pensieri, lei, nel momento in cui incede con lentezza verso l’altare, sostenuta dal padre. Sul volto ha un sorriso aperto, pieno, appagato; non muove neppure le palpebre, a ogni lampo del flash dei fotografi; soprattutto, non si rende conto che laggiù, da qualche parte, le nubi d’un tratto s’addensano pericolosamente.
Contro ogni probabilità durante la funzione – coperto dalle note solenni e rimbombanti dell’Ave Maria di Schubert - uno scroscio di temporale s’abbatte impietoso sul paese. All’uscita dalla chiesa alcuni temerari invitati, sfidando l’acqua torrenziale, buttano grosse manciate di riso sugli sposi e presto sul sagrato antistante il portale, si formano pozze di poltiglia bianca entro le quali scrocchiano mollemente le sue scarpe da sposa.