Si definisce elemento neutro di un’operazione quell’elemento (se esiste) che non modifica il risultato dell’operazione. L’uno, ad esempio, è l’elemento neutro della moltiplicazione e lo zero quello dell’addizione. Alcune operazioni, non commutative, ammettono elemento neutro solo a destra (l’uno per la divisione, lo zero per la sottrazione).
0 + n = n
n : 1 = n
Omar ascoltava il chiacchiericcio delle due donne, cercando di cogliere, almeno, il senso del discorso: da quando si erano seduti a tavola, madre e figlia non avevano mai smesso di parlare velocemente e fittamente in stretto dialetto veneto, come erano solite fare e come se lui non fosse esistito. Omar aveva, ormai, accettato questo stato di fatto. Quando, agli inizi del matrimonio, si era lamentato d’essere in quel modo tagliato fuori da ogni discorso, sua moglie gli aveva risposto che “mamma è abituata a parlare solo in dialetto” e che “alla sua età non può cambiare abitudine per te”. E con questo aveva chiuso il discorso. Così le donne tra di loro comunicavano esclusivamente in dialetto, mentre si rivolgevano in italiano quando dovevano parlare a lui o al cane, e nemmeno sempre: nei momenti in cui erano accalorate in una discussione si dimenticavano persino di usare questa accortezza.
In realtà non era solo un problema di lingua: Omar aveva scoperto, sin da subito, che qualsiasi decisione dovessero prendere insieme, la donna, immancabilmente, consultava la madre per sentire il suo parere. Talvolta nascevano feroci discussioni tra le due che si protraevano anche per diversi giorni portando, come corollario, musi lunghi, malumori e ripicche per svanire, all’improvviso, non appena esse trovavano un accordo.
Quando Omar cercava di intervenire per mettere pace, si sentiva dire:
“Tasi ti, le xe robe da done".
In quei mesi aveva anche appurato che da qualunque parte si schierasse, moglie o suocera, contrario o favorevole all’una o all’altra o con una proposta diversa, il risultato non cambiava e non influenzava quella che sarebbe stata, poi, la decisione finale: esattamente come se non fosse intervenuto. Lo stavano a sentire, sì, ma, poi, riprendevano dallo stesso punto in cui erano state interrotte, senza tenere minimamente conto dal suo intervento. Si era chiesto se, per caso, fosse il suo orgoglio di maschio ad essere ferito. Eppure no, non voleva comandare: ne era certo, però quell’essere invisibile e ininfluente proprio non poteva accettarlo.
Fin quando si era trattato di decidere il colore della tappezzeria o il numero di invitati per il matrimonio o il modello dell’auto, Omar aveva pensato che, trattandosi di cose materiali, non erano, poi, decisioni così importanti.
Si accese pensoso una sigaretta, mentre accarezzava il cane accucciato ai suoi piedi. Aveva sperato in un cambiamento, si era illuso di diventare il punto di riferimento per sua moglie e, anche, di sua suocera. In fondo era l’unico uomo in famiglia. Guardò la foto incorniciata, messa in un angolo della credenza, del defunto suocero. Chissà se pure lui aveva subito lo stesso trattamento? Gli sembrò di cogliere, nel ritratto ormai ingiallito, un’espressione di rassegnazione sul volto di quell’uomo che non aveva mai conosciuto.
I piatti sporchi giacevano ammucchiati sul tavolo mentre le due donne continuavano imperterrite a chiacchierare: quelle voci squillanti e cantilenanti lo stavano avvolgendo in una sorta di rete nella quale si sentiva soffocare, senza intravedere nessuna via di scampo. Per tutta la durata del pranzo si erano rivolte a lui solo una volta per chiedergli se volesse ancora un po’ di pasta; al suo diniego avevano replicato che, allora, l’avrebbe mangiata il cane.
Si alzò e fece per sparecchiare: tutto era meglio che non quell’essere messo da parte.
Quasi all’unisono gli dissero:
"Assa stare, femo no' altri".
Si risedette, lasciandosi cadere pesantemente sulla sedia: chiuse gli occhi, lasciando che la sigaretta si consumasse lentamente tra le dita. Nel frattempo le due donne si erano messe a sfaccendare: lo scroscio dell’acqua aveva fatto loro alzare il tono di voce. Ad un certo punto Omar ebbe un sussulto nel cogliere una parola e si fece attento.
"So massa zovane par fare un fiolo!"
"Te digo ca xe mejo avere fioi da zovani".
"Ma mi no vojo desso…"
"Invexe te devi! "
Stavano parlando del suo futuro figlio, davanti a lui, come se lui non c’entrasse. Sua moglie ne stava discutendo con sua madre senza aver mai affrontato prima l’argomento insieme!
Omar, allora, si alzò, piegò il tovagliolo, accostò la sedia al tavolo ed uscì nel cortile, seguito dal cane. Inspirò a fondo, diede ancora un’occhiata alla cucina da cui provenivano le voci sempre più concitate della due donne. Probabilmente non si erano neppure accorte che fosse uscito.
Si chinò, accarezzò affettuosamente il cane, lo salutò con parole amichevoli e salì sull’automobile. Il cane parve intuire la sua decisione e lo guardò con occhi mesti, uggiolando e muovendo piano piano la coda.
“Se lo facciano loro il fiol…” pensò allontanandosi lentamente da quella casa.
Percorsi pochi metri alzò gli occhi verso lo specchietto retrovisore e vide il cane, nella stessa posizione in cui l’aveva lasciato. Allora arrestò l’automobile, aprì la porta dal lato passeggeri ed attese un istante, giusto il tempo per accogliere il suo arrivo festoso.
Racconto pubblicato su Cluster, rivista letteraria (Pordenone)