Lontano dagli occhi… non dal cuore p. 3 Redazione
Il complesso-santuario della Madonna dei Martiri di Balangero:
territorio, committenti, architettura p. 5 Annamaria Gillio, Simone Bocchio Vega
Il santuario della Madonna dei Martiri sull’antica strada che porta all’eremo p. 15 Enrico Bo
Più che eroi, martiri p. 25 Enrico Bo
Giochi d’acqua p. 27 Enrico Bo
Armadietti p. 30 Marco Peano
La Grande Guerra: diario di un balangerese al fronte p. 32 Cesarina Bo
Pretesti del cuore p. 39 Carola Canale
Margherita Furno, il mondo in uno spartito p. 43 Fabio Enrici Bellom
Ricordi di guerra p. 55 Cesarina Bo, Laura Marietta
Quel 17 novembre 1944… p. 70 Pier Andrea Tibaldeschi
La Resistenza nelle Valli di Lanzo:
documentazione fotografica Centro «Nicola Grosa» p. 73 Redazione
Indice generale p. 77
Io e Corrado Federighi in regia: una coppia ormai collaudata da tempo!
Fabio Enrici Bellom, Marco Peano, Silvano Antonelli, Cesarina Bo, Corrado Federighi, Enrico Bo
Da "Armadietti"
di
Marco Peano
È l’estate del 1989, e mentre il mondo impazzisce per le note sinuose della Lambada io sto pedalando in sella alla mia bmw. Percorro via Corsani, incurante delle goccioline di sudore che mi scendono lungo le braccia. Sono alla ricerca di un indirizzo preciso: devo consegnare una busta ma non riesco a trovare il numero civico corrispondente.
Avverto su di me il peso di un’impresa epica. Forse da quella busta dipendono scelte di vita o di morte, forse sono brutte notizie, forse auguri di buone vacanze, forse è solo pubblicità. Il fatto di ignorarne il contenuto non mi autorizza però a impegnarmi di meno, quindi nonostante la stanchezza continuo a pedalare. Sbuffo, un ciuffo di capelli si alza e poi mi ricade sugli occhi; sono esausto, fa davvero troppo caldo e ho sete. Immagino il destinatario della busta in attesa, sulla soglia di casa, e mi sento in colpa per la mia debolezza. Da poco ho imparato la differenza tra «mittente» e «destinatario», dunque riesco a figurarmi ancor meglio la persona accigliata che probabilmente in quell’istante sta maledicendo il postino per il mancato recapito. Ma davvero via Corsani ai miei occhi di ragazzino di dieci anni sembra Broadway, immerso come sono nell’implacabile calura estiva balangerese. Lancio un’occhiata al Casio che ho al polso rendendomi conto, oltretutto, che è quasi ora di pranzo: tra un po’ devo tornare da mia mamma.
[...]
Da "Ricordi di guerra"
di
Cesarina Bo e Laura Marietta
Nell’articolo che segue riportiamo parte delle memorie sul periodo bellico e sulla lotta partigiana di Maria Teresa Perino Gheup (1930-2022) che, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, era poco più di una bambina.
Al termine della sua attività lavorativa, quando il tempo libero lo permetteva, ha messo su carta i suoi ricordi e i suoi pensieri relativi a un periodo che fu difficilissimo e sconvolgente per tutti, figurarsi per una ragazzina. Nello scrivere si rivolge ai suoi figli.
Maria Teresa sposò Serafino Marietta (1922- 1976), un partigiano (nome di battaglia Genio). Nelle sue memorie racconta anche le vicende vissute da colui che sarebbe poi diventato suo marito.
Mi piace ricordare la mia infanzia, penso di essere di essere stata una bambina felice.
Furono anni tranquilli e anche belli, ma appena finite le scuole cominciarono i guai. Io avrei voluto continuare a studiare, ma nessuno mi stette ad ascoltare. Studiare costava. Studiare era “inutile”. Quanto piansi, quanto mi disperai. Per studiare sarebbe stato necessario vendere un po’ di terra. Ma questo non si doveva fare.
Poi, improvvisamente, le cose cambiarono. S’incominciò a parlare di guerra. Mio padre fu richiamato sotto le armi, io avevo circa 10 anni. Non fece la guerra perché troppo vecchio.
Il periodo felice era volato via.
Vostro padre non parlò mai volentieri del periodo trascorso come partigiano perché ci fu il bello ed il brutto, il giusto e l’ingiusto così come ci furono gli onesti e i disonesti. Chi ci rimise la vita per la stupidità altrui, chi per ingiustizia, chi per spericolatezza. Molte persone si arricchirono sulle spalle degli altri. Molti portarono la pena di chiamarsi partigiani per colpa di chi si comportò male. Ma se oggi dovesse succedere una cosa simile sarebbe peggio, non solo per le armi che disponiamo ma per tutta la cattiveria e l’invidia che abbiamo l’uno contro l’altro.
Penso che per molti partigiani sia stato difficile, finita la guerra, ritornare alla normalità. A un partigiano non si offriva neanche un lavoro. Chi in tempo di guerra aveva dovuto consegnare i propri beni non fu adeguatamente ricompensato e così le colpe ricaddero nuovamente su di loro.
[...]
Da "Pretesti del cuore"
di
Carola Canale
La scelta del soggetto, di cui si è scritto diffusamente in questo Quaderno, è dovuta non solo all’indiscutibile bellezza del luogo, ma anche a motivi affettivi. Il Santuario, infatti, era una delle mete preferite nelle passeggiate dell’autrice con il padre Sandrino e la zia Mafalda.