Rette incidenti: due rette si dicono incidenti se si intersecano in un punto.
Nella pianura bruciata dal sole feroce, le due strade si congiungevano formando uno stretto angolo. In quello spazio che le separava, tra i fili d’erba ingialliti, facevano bella mostra di sé cartacce, pacchetti di sigarette vuoti, bottiglie di plastica: segno dell’inciviltà e delle lunghe code che, a quell’incrocio, sovente, si formavano. Come in quel momento. Ormai era da qualche minuto che Samantha procedeva a passo d’uomo intrappolata nella sua utilitaria gialla. Inutili i finestrini abbassati, inutile la minigonna che le lasciava le gambe scoperte, inutile pure il minuscolo top: il caldo era terrificante e, all’interno dell’automobile, la temperatura superava di almeno dieci gradi quella esterna. Samantha sentiva il sudore formarsi alla radice dei capelli, sotto le ascelle, tra i seni dove le minuscole goccioline confluivano formando piccoli rivoli.
Si accese una sigaretta e mise la mano fuori dal finestrino. Provò a distrarsi guardandosi in giro. Il guidatore dell’auto che la seguiva sembrava a proprio agio. Stava parlando al cellulare con i finestrini chiusi per via del climatizzatore e gli occhiali scuri a ripararsi dalla luce accecante. La ragazza guardò sconsolata i suoi occhiali da sole, buttati sul sedile di fianco: se li era tolti perché le facevano sudare anche il naso.
Pensò con un po’ di insofferenza alla linearità della sua vita, dritta come quella statale che attraversava la pianura e che percorreva quotidianamente sotto il sole d’estate e in mezzo alla nebbia e al gelo d’inverno. Pensò al fidanzato, quello che era stato il suo primo e unico ragazzo, al lavoro di cassiera che aveva iniziato appena diplomata presso il supermercato zonale, al sabato sera in birreria e poi in discoteca, agli amici di sempre, ai tranquilli momenti di intimità del venerdì sera, quando i suoi andavano al cinema e le lasciavano la casa libera. Pensò che doveva considerarsi fortunata, però… Ecco che quel maledetto “però” che si insinuava tra i suoi pensieri, inaspettato e puntuale. Fu proprio mentre formulava quel “però” che si sentì osservata. Guardò alla sua destra e vide d’essere l’oggetto delle attenzioni di un camionista che stava incolonnato con il suo enorme automezzo, ormai a poca distanza dall’incrocio, sull’altra strada. Chissà da quanto tempo la stava guardando! Si sistemò la gonna e cercò di darsi un contegno, ma non riuscì a non ricambiare quell’occhiata. Dalla posizione in cui si trovava l’uomo poteva osservarla comodamente, mentre lei per guardarlo doveva invece piegarsi un po’ in avanti e sollevare il viso verso l’alto. Samantha pensò che era un bel ragazzo, per via di quei muscoli che intravedeva sotto la canottiera , per la corta barba bionda e per i lunghi capelli stretti in una coda. Facendo finta di cercare qualcosa nel cruscotto, gli lanciò un’altra occhiata e, di nuovo, vide che la stava fissando: stavolta il ragazzo le sorrise e alzò la mano in segno di saluto.
“Che sfacciato!”, pensò girando di scatto la testa. “Però ha un bel sorriso e lo sguardo ammiccante”.
“Perché no?”, si chiese Samantha. Ricambiò il sorriso e anche lei alzò la mano.
Fu uno strano dialogo fatto di gesti, di espressioni, di sguardi, di sorrisi. Dialogo più volte interrotto dal clacson dell’auto che la seguiva e che l’invitava a procedere, seppure di quei pochi metri che il traffico concedeva. Così commentarono il gran caldo, la noia di quella lunga coda; poi lui, con gesti eloquenti, le fece i complimenti per la sua bellezza. Samantha arrossì di piacere e ricambiò indicandogli che apprezzava molto quella sua barba curata. Seguì un momento di silenzio: entrambi persi in pensieri piacevolmente intriganti.
All’incrocio il camionista si fermò per farla passare: fece una sorta di inchino, come un cavaliere d’altri tempi, e le lanciò un bacio. Poi suonò le potenti trombe del camion.
Samantha si allontanò con sul volto un sorriso e, in testa, l’incontro di un istante.