Madre Albina nei ricordi di Fiorenzo Pag. 3 Fontana Fiorenzo
Madre Albina nei ricordi di Silvano Pag. 8 Antonelli Silvano
Un debito lungo 15 anni Pag. 13 Tibaldeschi Pier Andrea
L’abbandono Pag. 26 Bo Enrico
Storie tramandate (L’angelo delle grange e Il brodo di uova) Pag. 58 Catella Catina
Una strada, un viale Pag. 63 Bo Cesarina e Bo Enrico
Una passeggiata nel centro storico (quarta parte) Pag. 72 Berati Marisa
Da "Madre Albina nei ricordi di Fiorenzo"
di
Fiorenzo Fontana
[...] Madre Albina soffre ma non si allontana dal solco della sua vocazione – come molti in quel periodo – e il suo travaglio interiore non trapela all’esterno, come è proprio del suo carattere schivo, ma ora sente profondamente quanto le istituzioni religiose tendano a spegnere slanci e creatività, soffocandoli sotto la cappa delle tradizioni e dell’uniformità. Chi l’ha conosciuta in quegli anni ricorda la sua serenità sempre accogliente e partecipe ma anche le difficoltà fuori e dentro la sua comunità, il suo interrogarsi sul senso della scelta religiosa e della vocazione carmelitana, sul che fare per essere fedele fino alla fine.
A Balangero rimane fino al 1977, anno in cui accetta di passare un periodo di riflessione presso un Istituto di suore laiche di Torino. La sua sofferenza spirituale, l’ansia di essere e di fare di più non la abbandonano e si risolvono infine nella decisione di lasciare la Congregazione e rischiare da sola una testimonianza di fede assoluta, senza il paracadute della sua famiglia religiosa, in una sorta di monachesimo interiorizzato da vivere in mezzo alla città degli uomini.
Le saranno tornate in mente, in quei giorni, le parole di Teresa d’Avila, la santa rifondatrice del Carmelo: “Nulla ti turbi. Nulla ti spaventi. Solo Dio basta”. Visse così la sua “notte oscura” nella quale camminò per anni, libera di essere nient’altro che una dei tanti “ultimi”, loro compagna nel lavoro in fabbrica, loro coinquilina in due stanze di un vecchio condominio in centro-città o confusa con i migranti africani che cominciavano ad affollare Torino e che lei andava a trovare a Porta Palazzo, portando cibo e vestiario che le consorelle della Casa Generalizia avevano portato a lei. [...]
Da "Una passeggiata nel centro storico (quarta parte)"
di
Marisa Berati
Il nostro percorso tra i cortili sta volgendo al termine. Nel Quaderno 2018 avevamo brevemente illustrato via Raineri e via Canavese. In questa edizione, stiamo per addentrarci nella via centrale del paese, ovvero
VIA TORINO
Riprendiamo dunque il percorso ripartendo, come di consueto, dall’antica Piazza Grande (piazza Municipio) e proprio per la gran quantità di cortili disseminati lungo tutta la via, ci vediamo costretti a considerarli alternando entrambi i lati, ogni qualvolta ci si imbatte in uno di essi. Come di consueto, non mancheremo di contraddistinguerli con i relativi stranòm (soprannomi).
Sulla sinistra, dunque, proprio all’angolo della piazza, troviamo subito la proprietà di Maria d’Ala, attualmente della famiglia di Calvetti Silvia, sua nipote.
Prima di essere stata per alcuni anni una rivendita pane, gestita proprio dalla famiglia Calvetti, è stata per lungo tempo una merceria, dove si poteva trovare tutto l’occorrente per il cucito e stoffe per ogni esigenza. La ben nota proprietaria, era per l’appunto, Maria d’Ala. Immediatamente di fronte, sul lato opposto, troviamo l’ingresso che è stato sede del vecchio ufficio Postale, della famiglia di Maria ’d Ghitinàt, dove, ai tempi della guerra, vi ha risieduto la famiglia di Faleni Elda, proveniente da Roma.
Proseguiamo di pochi passi e troviamo la proprietà di Catella Rodolfo, ben noto panettiere del centro storico. Infatti, chi ha vissuto negli anni della sua attività, in particolare gli anni sessanta, quando a Balangero si potevano ancora trovare negozi di vario genere, non può non ricordare l’inconfondibile profumo dei suoi gustosissimi grissini e dell’ottimo pane, che già dalle prime ore del mattino, si spandeva lungo tutta la via. [...]