Ruttò e bestemmiò.
La donna sollevò solo di poco il capo dal rammendo, guardò il marito seduto sul divano della cucina, i suoi capelli radi –ormai ogni mattina trovava tra i denti del pettine interi ciuffi di capelli grigi e unti- la sua faccia pallida e, silenziosamente, riprese a cucire.
-Non ho digerito! Hai di nuovo fatto quel maledetto minestrone che mi resta sullo stomaco. Lo fai apposta, stupida donna che non sei altro!
Era da una settimana che suo marito non stava bene. Nausea, vomito, dolori alle giunture delle braccia e delle gambe. Non era più uscito da casa rinunciando a trascorrere le giornate al bar a giocare a carte, a bere vino e a provarci con tutte, anche con quelle che potevano essere sue figlie. Ultimamente non aveva neppure più avuto la forza di metterle le mani addosso, costringendola così a soddisfare le sue voglie. Questo era un bene. Da diverso tempo non riusciva più a sopportare quelle dita ruvide dalle unghie lunghe che, senza alcuna delicatezza, frugavano in mezzo alle sue gambe, a volte ferendola. Così come faticava a sopportare quel fiato che spudoratamente le alitava addosso, tanto da toglierle il respiro. L’unica consolazione era che in pochi minuti tutto finiva e l’uomo, subito dopo aver raggiunto il proprio piacere, si accasciava pesantemente al suo fianco, inerme e spossato.
-Ti faccio del vino brulé? Fa bene per la costipazione.
L’uomo, in tutta risposta, grugnì, poi si accomodò meglio e cambiò canale alla tv. Bofonchiò che era da una settimana che gli preparava il vino cotto, ma senza nessun risultato. Anzi, stava sempre peggio.
-Ci va tempo… Quest’anno le influenze sono terribili. Lo dicono anche alla tv.
Era da sempre che provvedeva alle sue esigenze e, a insegnarglielo, era stata sua suocera: era sposa da poche settimane quando ebbe la sua prima lezione e quella giornata, nonostante fossero ormai passati tanti anni, le era rimasta scolpita nella memoria.
Il tempo era davvero infame: sin dal mattino la pioggia era iniziata a cadere con una tale intensità da oscurare la debole luce del giorno e da trasformare le strade in torrenti in piena.
Stava pulendo un cesto di cicoria da campo che aveva raccolto il giorno prima; ormai era la terza volta che immergeva l’insalata in un secchio di acqua gelida, la sciacquava energicamente, per poi ripassare, una per una, le tenere teste.
“E’ meglio che la lavi di nuovo” le aveva ordinato sua suocera ai cui occhi attenti non era sfuggito che l’acqua non fosse ancora perfettamente limpida.
Poi aveva aggiunto con un sospiro:
“Povero il mio Pietro, fuori con questo tempo da lupi… Tu sì che sei fortunata a startene qua, tranquilla, al calduccio”.
Proprio in quel momento Pietro era rientrato in casa. L’anziana donna non le aveva neppure dato il tempo di asciugarsi le mani che le aveva detto con voce tagliente:
“Non vedi che questo pover’uomo ha i piedi bagnati? Che cosa aspetti ad andargli a prendere un paio di calze asciutte?”.
Mortificata, non aveva osato rispondere e aveva obbedito in silenzio, mentre suo marito le urlava dietro di prendere anche un asciugamano pulito.
Cercando di non fare rumore per non innervosirlo, aprì le ante del traballante pensile di metallo e prese una serie di barattoli. Mentre si apprestava a preparare gli ingredienti necessari pensò che la prudenza non era mai troppa.
La prudenza! La madre di tutte le virtù! A quel pensiero, in modo furtivo, dando le spalle al marito, la donna si portò una mano sul petto e si tastò fino a sentire la consistenza del pezzo di carta che nascondeva con cura in una coppa del reggiseno, quasi fosse uno di quei santini messi al fondo delle chiese, vicino alle cassette per le offerte. L’aveva trovato lo scorso novembre, nel giorno dei morti. Anzi, a dire il vero, era stato quel foglio a trovare lei.
Quel mattino si era alzata prestissimo e, dopo aver messo sul fuoco la caffettiera, aveva sparecchiato il tavolo preparato con cura la sera precedente in modo da accogliere i suoi defunti, nel caso le avessero fatto visita. Così aveva messo la tovaglia di fiandra che altrimenti non aveva occasione di usare, i piatti decorati, i bicchieri di vetro sottile, le posate pesanti e poi il pane, un bel pezzo di formaggio, le castagne bollite e sgusciate e una bottiglia di vino stappata. Era una vecchia usanza della sua famiglia che a lei piaceva mantenere. Anche quel mattino aveva trovato la bottiglia vuota e un bicchiere sporco: era il solito scherzo idiota di suo marito che, nottetempo, si alzava apposta per bere il vino lasciato sul tavolo. La prima volta che era successo aveva lanciato un urlo per lo spavento ed era sobbalzata, ma la risata sguaiata di suo marito l’aveva immediatamente riportata alla realtà.
Dopo aver sistemato le stoviglie, era uscita di casa, diretta verso la chiesa dove veniva celebrata la messa per tutti i defunti. Mentre era per strada, tutto a un tratto, si era alzato un vento fortissimo: l’aria si era riempita di polvere e le foglie secche si erano messe a danzare in vorticosi mulinelli attorno alle sue gambe. Camminava radente al muro con la testa bassa per ripararsi da quella inaspettata tormenta, quando un foglietto di color azzurro tenue le era finito addosso, rimanendole appiccicato al cappotto.
Non appena l’aveva afferrato tra le dita il vento era sparito all’improvviso, così come all’improvviso era venuto. Si era bloccata, stupefatta per quel cambiamento repentino e sovrappensiero aveva messo il foglietto nella borsa.
In un pentolino versò una dose abbondante di vino, poi aggiunse zucchero, un pezzetto di radice di zenzero, i semi di cardamomo spezzettati, della polvere di noce moscata, la corteccia di cannella, qualche chiodo di garofano, la scorza di limone e un pizzico piccolo piccolo di sali speciali che, a sentire il venditore, erano portentosi.
Solo quando era tornata a casa dalla messa aveva dato un’occhiata a quel foglio. Prima l’aveva letto rapidamente, poi l’aveva riletto, poi riletto ancora. Fino a impararlo a memoria.
Quanto scritto probabilmente faceva parte di un discorso più ampio, ma quei pochi frammenti portati dal vento l’avevano illuminata: erano la risposta del Signore alle sue preghiere.
"A Dio appartiene il consiglio e la prudenza" (Gb12,13)
∞
"C'è un tempo per parlare e un tempo per tacere" (Qo3,7)
∞
“Con l’iracondo non litigare e non andare con lui in un luogo deserto,
perché il sangue ai suoi occhi è un niente
e dove non c’è possibilità d’aiuto ti aggredirà” (Sir8, 16)
∞
"Segui il consiglio del tuo cuore,
perché nessuno ti sarà più fedele di lui.
La coscienza di un uomo talvolta suole avvertire
meglio di sette sentinelle collocate in alto" (Sir37,13-14)
∞
"Chi va a passi frettolosi inciampa" (Pro19,2)
Lei, da quel giorno, non aveva fatto altro che mettere in atto i Suoi consigli.
Appena il vino prese bollore, colò l’infuso in un tazzone e lo servì al marito.
L’uomo bevve con avidità, respirò i vapori aromatici ed emise un sospiro soddisfatto; poco tempo dopo si mise a russare sonoramente. La donna, allora, posò il lavoro di cucito e si diresse con cautela verso la camera per non correre il rischio di svegliarlo.
Il tizio del negozio di agraria le aveva assicurato che i sali di tallio erano micidiali per eliminare i topi, anzi si era raccomandato di fare molta attenzione tanto erano velenosi.
Ora, mentre si spogliava, si chiese quietamente se quella notte non fosse quella buona.