Lo scantinato era freddo e scuro: dalle pareti scrostate, a tratti ricoperte di muffa, trasudava umidità; l’unica fonte di riscaldamento era una piccola stufa elettrica il cui calore si avvertiva standoci praticamente sopra. Un tavolo, delle sedie spaiate e i manifesti con il simbolo del Partito rappresentavano l’arredamento spartano della sede decentrata della sezione.
Quella sera i tesserati erano tutti presenti perché era prevista la visita annuale dell’RdP, in altre parole del Responsabile della Provincia. I convenuti, una dozzina di persone ancora con la tuta blu da lavoro, stavano in piedi sfregandosi le mani nel vano tentativo di scaldarsi e fumando una sigaretta dietro l’altra. Lavoravano presso piccole boite del quartiere e ogni quindici giorni si ritrovavano in sede per discutere; sovente capitava che al posto di parlare di politica, di partito e di programmi, si lanciassero in feroci discussioni sui risultati calcistici delle due squadre cittadine. Discussioni che proseguivano normalmente sul marciapiede quando il capo sezione -a cui non importava nulla del calcio-, esasperato per il comportamento irresponsabile dei compagni, dichiarava chiusa la riunione mai iniziata e li sospingeva fuori dalla sede, dando loro degli stupidi per accapigliarsi su questioni di nessunissima importanza anziché impegnarsi su quelle fondamentali.
“La prossima volta il primo che inizia a parlare di calcio lo sbatto fuori io a calci!” minacciava tutte le volte senza, però, essere preso sul serio dai suoi amici.
Per la prima volta alla riunione vi partecipava anche il giovane Piero: ad invitarlo erano stati i colleghi di lavoro, compagni di vecchia data, certi che l’RdP avrebbe apprezzato lo sforzo e la novità. La visita dell’inviato del Partito era vissuta come una sorta d’esame dal capo sezione il quale era arrivato ben in anticipo sull’orario per dare una ripulita allo scantinato ed accendere per tempo la stufa nella speranza di scaldare l’ambiente. Ora continuava ad andare avanti e indietro: da un lato avrebbe voluto essere in strada per accogliere come si conveniva l’inviato, dall’altro non si fidava a lasciare incustodita la bottiglia di Bianco Sarti che aveva portato per l’occasione. Aveva faticato a convincere i compagni che si sarebbe potuto bere solamente alla fine del discorso dell’RdP e non era certo d’esserci riuscito. Non aveva però ceduto alle loro insistenze né si era fatto intenerire dalla necessità di “berne un goccio giusto per scaldarsi”. Aveva pure escluso di aspettare per strada l’uomo con la bottiglia in mano perché, di certo, non avrebbe fatto buona impressione.
Questi giunse con una decina di minuti in ritardo avvolto in un caldo cappotto di vigogna e con una lunga sciarpa rossa al collo. Salutò tutti con un cenno della testa e si tolse i guanti: dopo una breve occhiata alla stufa decise di tenersi addosso il cappotto e prese posto a capo tavola. Il più anziano del gruppo presentò al Responsabile il nuovo compagno che fu fatto sedere alla destra dell’inviato del Partito; alla sinistra, come sempre, prese posto il capo sezione.
“Compagni! L’assetto politico-istituzionale si propone l’accorpamento delle funzioni e il decentramento decisionale in un una visione organica e ricondotta ad unità fattualizzando e concretizzando, a monte e a valle delle situazioni contingenti, una congrua flessibilità delle strutture. Insomma, compagni, condivisione! Questa è la nostra parola d’ordine!”
Piero non aveva capito nulla, se non l’ultimo concetto. Era dal mattino che aveva le dita intirizzite e per quanto ci avesse soffiato sopra durante il discorso ancora non gli era riuscito di riscaldarle: ritenne che, in base alla parola d’ordine che il Responsabile del Partito aveva pronunciato con particolare enfasi, avrebbe potuto condividere con l’RdP –solo per il tempo della riunione- quei bellissimi guanti scamosciati foderati all’interno di pelliccia bianca e gettati con noncuranza sul tavolo, proprio di fronte a lui. Così, cercando di non dare troppo nell’occhio e di non disturbare l’oratore, avvicinò a sé i guanti e, dopo un attimo d’indecisione, se li infilò: come aveva immaginato avvertì subito il piacevole tepore di quella morbida pelliccia.
L’azione, però, non era sfuggita all’attento inviato del Partito il quale interruppe in modo brusco il discorso appena iniziato e si rivolse con aria severa verso il capo sezione intimandogli d’avere in futuro una maggiore accortezza ad estendere gli inviti ché “di gente profittatrice il Partito non sa che farsene”.
Nené, uomo d’azione, a quel punto non ci pensò due volte a sfilare i guanti al giovane Piero. Nella fretta di agire non gli sovvenne che le sue mani erano ancora unte di nafta usata in officina per lavare i motori, così lasciò ben impresse sulla delicata pelle scamosciata il segno di grosse ditate.
Con soddisfazione e una punta d’orgoglio li porse all’esterrefatto RdP.
“E che ci vuoi fare, capo? Con i novelli, lo sai bene, ci vuole pazienza…Bisogna pure che qualcuno insegni a ‘sti ragazzetti come vanno le cose della vita…”
Poi, guardando con desiderio la bottiglia del Bianco Sarti, aggiunse:
“Se hai finito, che ne dici di un goccetto, così, per scaldarci un po’?”
E, senza attendere una risposta, approfittando del fatto che il capo sezione sembrava pietrificato per l’increscioso incidente, stappò la bottiglia tra gli applausi dei compagni.
D’altra parte, Nené, amava fare i fatti.