Tangente ad una curva in suo punto P: posizione limite, se esiste, di una retta secante ad una curva al tendere del secondo punto di intersezione verso P, muovendosi sempre sulla curva. La retta tangente è la retta che maggiormente approssima la curva in un intorno di un suo punto, per poi allontanarsene. Da qui il modo di dire: “partire per la tangente”.
Nella sala riunioni del Centro culturale le persone presenti chiacchieravano tranquillamente tra loro nell’attesa dell’oratore, uno psicologo che già aveva fatto alcune comparse in certi programmi televisivi di emittenti private. Si trattava per lo più di programmi messi in onda a notte fonda, manco fossero programmi pornografici, ma questo era bastato per dargli una certa fama.
L’organizzatore, presidente del centro culturale nonché preside dell’istituto comprensivo locale, continuava a lanciare occhiate preoccupate verso la porta d’ingresso. Era l’ultimo appuntamento di un ciclo di incontri che aveva avuto un buon successo di pubblico e lo psicologo atteso rappresentava il fiore all’occhiello dell’intera programmazione: il presidente aveva avuto non pochi problemi a mettersi in contatto con lui, così come a coprire e giustificare l’esoso rimborso spese richiesto dallo specialista in questione. Una cifra che aveva prosciugato le casse del circolo.
Il presidente, pur tenendo d’occhio con una certa apprensione la porta, notò con soddisfazione che il numero dei presenti era salito a ventitré, cinque in più dell’ultima volta. Segno inequivocabile che la scelta di concludere con una persona famosa si stava rivelando azzeccata. Si complimentò in cuor suo della decisione presa, nonostante i pareri contrari degli altri consiglieri.
Il tema degli incontri era incentrato sull’affettività e, in quell’occasione, lo psicologo avrebbe parlato degli stili comunicativi nell’educazione. Ormai, nelle precedenti riunioni, si erano toccati tutti gli altri aspetti: dalla sessualità (il medico condotto aveva fatto un figurone, utilizzando termini scientifici difficilissimi e sconosciuti ai più) all’affettività nelle carceri (memorabile la testimonianza di una guardia carceraria che, per fortuna del presidente, si era prestata, gratuitamente, a descrivere le iniziative del vicino carcere: pranzi con i familiari, ore di privacy concesse alle coppie sotto ben determinate condizioni e iniziative similari) fino all’affettività degli animali domestici, grazie all’intervento della veterinaria della cittadina, la quale, pur essendo specializzata nella cura delle mucche, non disdegnò, per l’occasione, di parlare di cani e di gatti e dei loro rapporti con i padroni.
Finalmente si affacciò alla porta lo psicologo: sorridente, sicuro, elegante nel suo abito doppio petto color antracite, gli occhialini d’oro, la valigetta di cuoio in mano. Strinse calorosamente la mano al presidente, non si scusò per il ritardo ed iniziò a tirar fuori dalla cartella una serie di lucidi da mostrare durante la conferenza. Bevve un bicchiere d’acqua, aspettò che nella sala scendesse il silenzio e si mise a parlare con un tono di voce calmo e suadente.
Con l’aiuto dei lucidi iniziò ad illustrare i vari aspetti degli stili comunicativi dell’educazione.
“…Per evitare di darvi messaggi confusi e fuorvianti procederò ad una classificazione che, seppure semplicistica, vi farà ben inquadrare il problema. Le principali modalità comunicative possono essere distinte in sette categorie: il rimprovero, il coinvolgimento emotivo, l’insegnamento, la gratificazione, la tranquillizzazione, il sostegno e l’incoraggiamento. E inizierò a parlare partendo proprio da quest’ultimo. Sicuramente il più importante.”.
Nel frattempo lo psicologo indicava con l’indice teso i termini che la lavagna luminosa proiettava sulla parete. Parlava con disinvoltura portando esempi di casi di suoi pazienti, evitando termini troppo difficili per il pubblico che lo seguiva con attenzione.
“…L’incoraggiamento è dannoso solo quando si ha a che fare con persona ansiosa perché in quel caso le sue ansie peggiorerebbero o con persona bisognosa d’affetto perché, in questo modo, verrebbe ad aumentare il suo attaccamento”.
Ci fu una pausa: lo psicologo prese il bicchiere pieno d’acqua e iniziò a sorseggiarlo, lentamente, come fosse solo. Sul volto comparve un’espressione pensosa.
“Non so perché, ma mia moglie non mi incoraggia mai”.
Il pubblico rise sommessamente alla frase, pensando ad una battuta scherzosa. Lo psicologo rivolse uno sguardo severo che raggelò immediatamente i sorrisi.
Con tono di voce più alto, quasi stridulo, riprese a parlare:
“No, non mi incoraggia mai. E questo non perché sia persona ansiosa o bisognosa d’affetto. Assolutamente, no! Non mi incoraggia perché…”.
Ci fu un’altra pausa, sottolineata da un silenzio innaturale. Poi riprese con tono di voce sempre più alto.
“..perché non mi vuol bene: questa è la verità! Così mi deride e sostiene che non sono capace a farmi valere. Afferma che se fossi in gamba dovrei chiedere almeno il doppio per i miei compensi lavorativi…”.
A quelle parole il presidente sussultò, tolse dalla tasca un fazzoletto e si asciugò il sudore.
“Ma non si lamenta solo per il lavoro, anche per le mie prestazioni a letto. Dice che…”.
A quel punto il presidente si alzò di scatto, facendo cadere la sedia: “Dottore, forse è il caso di passare ad uno degli altri sei stili comunicativi”.
“Non mi interrompa! So ben io cosa fare!”.
Lo psicologo riprese: “Come quella volta: era notte fonda e stavamo rientrando da una festa quando forammo. Io non sono molto bravo nelle attività manuali. Credete che mi abbia incoraggiato in quell’occasione? No! Per tutto il tempo si è lamentata della mia imbranataggine. E io mi stavo impegnando. Capite? È cosa frustrante! Ma questo è solo il primo dei tantissimi esempi che stasera vi illustrerò”.
Poco alla volta la gente iniziò ad uscire dalla sala. Rimase il presidente, perso in tristi pensieri, mentre con le mani tormentava la busta contenente il compenso per l’intervento.
Racconto tratto da “Attrazioni e distrazioni” di Cesarina Bo pubblicato da ExCogita, 2004