I nastri colorati che addobbavano il paese erano diventati, col passare delle settimane, opachi e sbiaditi dal sole. Alcuni, ormai, pendevano tristemente dalle case, sfilacciati dai temporali estivi che in quel caldissimo luglio scoppiavano violenti e improvvisi cosicché il paese appariva ancor più squallido di quanto già non fosse di suo. Immerso nella piatta campagna, lontano dagli altri centri abitati era, per molti mesi dell’anno, avvolto in una nebbia persistente che quasi lo rendeva invisibile al resto del mondo; negli altri mesi, invece, l’aria si faceva irrespirabile per l’afa opprimente e per le zanzare che prolificavano grazie al canale che lo attraversava. E proprio il canale, assieme alla strada principale, divideva il paese in quattro borghi, ciascuno dei quali, in occasione del Palio, era contraddistinto da un colore diverso: rosso, giallo, verde, blu.
Il Palio, come stabiliva la tradizione, aveva inizio la seconda domenica di giugno; da quel giorno, ogni sera, la gente si ritrovava nella piazza a commentare i risultati e a programmare le gare per la domenica seguente: infatti era consuetudine che ogni borgo, a turno, proponesse un gioco nuovo da svolgere nella giornata festiva successiva; sempre secondo la vecchia tradizione il Palio avrebbe avuto termine nel momento in cui in paese si fosse fermato un forestiero, sconosciuto e solo.
In quelle interminabili sere, quando la gente non aveva voglia di rinchiudersi in casa e oziava nella piazza commentando e facendo pronostici sui probabili vincitori, gli anziani del paese raccontavano delle edizioni passate: della volta in cui il palio era durato una sola settimana e di quella, memorabile, in cui era finito a novembre inoltrato, quando tutti, ormai, avevano perso la speranza di vedere assegnato il trofeo ed era diventata impresa sempre più ardua inventare giochi nuovi nell’attesa di quello finale. A memoria d’uomo, però, ogni anno il Palio aveva avuto la sua degna conclusione con tanto di vincitore e di trofeo: questo fatto tranquillizzava i giovani impazienti di partecipare al gran gioco finale.
I trofei venivano conservati nello scantinato del municipio, ciascuno etichettato con il colore del borgo vincitore e con su scritto l’anno del Palio. Diversi l’uno dall’altro, erano esposti con ordine in quella stanza fresca e ampia posta sotto il livello del terreno e aperta solo in rare occasioni; i primi trofei risalivano agli inizi del secolo scorso. La gente, ogni anno, in occasione dell’apertura, vi si recava in una sorta di pellegrinaggio, percorrendola in religioso silenzio. Dalla forma del trofeo, dalle sue dimensioni, dal colore si traevano auspici per l’anno a venire, così come, a posteriori, si cercavano conferme per gli anni passati.
Ormai si era giunti alla sesta settimana del Palio e affiorava una certa stanchezza tra la gente. Il capo-borgo dei rossi, per risollevare l’entusiasmo, propose per la domenica successiva un combattimento tra galli. L’idea piacque a tutti. Venne discusso in quale luogo far svolgere la competizione e furono stabilite le regole: ogni combattimento sarebbe durato quindici minuti o meno in caso di morte, fuga o ferimento di uno dei galli. Procedettero ad eleggere un giudice per ogni incontro e fissarono ancora alcuni particolari per lo svolgimento della gara. Passato, però, il momento di euforia il discorso ricadde, come sempre, sull’arrivo del forestiero. Chi si sentiva che quella sarebbe stata la settimana buona, chi, invece, sosteneva che sarebbero passati ancora dei mesi e che sarebbe stato meglio mettersi l’animo in pace per non farsi consumare dall’attesa.
Nella settimana passata, infatti, si era fermata una sola automobile, ma con grande disappunto di tutti, a bordo c’erano tre persone. Il passeggero seduto di fianco al guidatore era sceso, entrato nella tabaccheria ed era uscito subito dopo con due pacchetti di sigarette in mano; poi l’automobile era velocemente ripartita. Altre automobili –molto poche a dire il vero- erano transitate in quel periodo per il paese senza, però, fermarsi. Il caldo afoso non invogliava di certo la gente a muoversi e tanto meno a sostare in quella sorta di conca dove era affossato il paese.
I discorsi in piazza, intanto, si dipanavano con lentezza, inframmezzati da lunghe pause durante le quali gli unici suoni erano il gracidio delle rane e il ronzare ossessivo delle zanzare attirate dall’umidità proveniente dal canale. L’attesa, però, se da un lato logorava, dall’altro rendeva più eccitante e imprevedibile il gioco.
Il venerdì mattino, quando ormai si era convinti che nulla sarebbe successo -almeno per quella settimana- un’auto si fermò presso il distributore di benzina. A bordo un uomo attorno alla trentina, forse un rappresentante; di certo era solo e forestiero.
Il macellaio che aveva il negozio dirimpetto al distributore, sentendo un’auto arrestarsi, si affacciò e, contemporaneamente, un paio di uomini che erano in piazza si avviarono verso il distributore nel caso non si fosse trattato di un falso allarme.
Fu una faccenda di pochi minuti: l’uomo fu fatto scendere dall’automobile e trascinato con forza nel bar dove venne imbavagliato, legato e rinchiuso dentro alla cantina. Nel frattempo il garzone del macellaio aveva provveduto a nascondere l’automobile del forestiero in un garage posto appena fuori dal paese. Con calma, insieme agli altri, l’avrebbe poi fatta sparire. Così, nel giro di pochi minuti, chiunque fosse capitato nel paese non avrebbe visto traccia del passaggio dell’uomo né avrebbe avuto sentore di quanto era accaduto.
Ovviamente la voce dell’arrivo del forestiero e della sua cattura si sparse in fretta e con questa salì l’eccitazione di tutti i paesani. Chi non aveva visto l’uomo dovette accontentarsi della descrizione che circolava: si diceva che era un uomo imponente, muscoloso e giovane, come non capitava da anni.
La domenica sera tutti gli abitanti si ritrovarono presso il fienile dove, da sempre, veniva svolto il gran gioco finale del Palio. Era un luogo lontano dalla strada e non facilmente accessibile a chi non ne conosceva l’esatta ubicazione.
Sin dalle cinque del pomeriggio la gente era arrivata per accaparrarsi una buona posizione: i ragazzini erano saliti sulle grosse balle di fieno e stavano appollaiati in precario equilibrio; gli anziani si erano portati da casa sgabelli o anche solo cassette di legno per stare seduti; gli altri, invece, stavano in piedi cercando un po’ di frescura all’ombra dei tigli. Intanto, dentro al fienile, i quattro giocatori, circondati dagli amici più fidati, si preparavano per la sfida.
Poco prima che il sole tramontasse arrivarono i capi-borgo: trasportavano, privo di sensi sotto l’effetto di una potente droga, il forestiero ancora bendato e imbavagliato, a torso nudo. Poco dietro, a chiudere il corteo, lo speziale che reggeva, con grande cautela, una scatola di cartone. A quella vista la gente iniziò ad applaudire e a urlare; i ragazzini fecero a gara a chi fischiava più forte, mentre alcuni giovani armati di campanacci presero a muoverli freneticamente. Il frastuono divenne massimo quando le braccia e le gambe dell’uomo furono saldamente fissate a quattro robusti pioli che sporgevano dalla parete esterna del fienile. Il capo-borgo più anziano iniziò a camminare contando i passi: “Uno… due… tre…”. Subito la gente prese a contare, ad una sola voce insieme a lui, scandendo i passi con il battito delle mani.
“Quattro… cinque… sei… sette…”
Man mano che il capo-borgo procedeva le voci diventavano sempre più forti, in un crescendo continuo. Il dodicesimo passo venne accompagnato da un boato e seguito da un lungo applauso festoso. L’anziano che aveva proceduto al conteggio si fermò e con un piede tracciò una rozza linea sul terreno polveroso.
Furono chiamati, uno alla volta, i quattro concorrenti: gli uomini uscirono dal fienile tra gli applausi dei rispettivi borghigiani e i fischi degli avversari. Ognuno di loro, in mano, brandiva un coltellaccio: attaccato al manico, un gran fiocco del colore del borgo di appartenenza. Si disposero in fila indiana, dietro alla linea tracciata dal capo-borgo anziano, secondo l’ordine della classifica ottenuta con i risultati dei giochi svolti fino a quel momento.
Il pubblico si zittì non appena il primo uomo si preparò per il lancio. Il coltello, scagliato con forza, si conficcò nella parete di legno del fienile, a poca distanza dal fianco sinistro del forestiero. Il lanciatore si spostò per lasciare spazio agli altri. I lanci avvennero in rapida successione: un coltello sfiorò la spalla dell’uomo, mentre gli altri si conficcarono in basso, all’altezza delle gambe. Dagli spettatori si levò un mormorio di delusione e si sentì qualche isolato fischio.
Il capo-borgo anziano andò a recuperare i coltelli e si rimise a contare i passi: al sesto si fermò, tracciò con il piede un’altra linea per terra e invitò i lanciatori ad avvicinarsi. Restituì loro i coltelli e, dopo aver controllato la corretta posizione, diede il segnale d’inizio. A quella distanza tre coltelli raggiunsero il bersaglio: solo il coltello con il fiocco verde finì sulla parete. Il pubblico, eccitato, urlò e applaudì.
Alcuni uomini slegarono il corpo del forestiero e lo adagiarono a terra stando attenti a non far cadere i coltelli conficcati. Ora toccava allo speziale stabilire chi fosse il vincitore assoluto della gara. A quel punto la gente si accalcò formando uno stretto circolo attorno all’uomo che, inginocchiato a terra di fianco al cadavere, osservava con attenzione la posizione dei coltelli. Ne avrebbe tolto uno alla volta lasciando per ultimo quello del borgo vincitore: in tal modo veniva decretata la vittoria. Il primo ad essere estratto fu quello dei gialli che si era conficcato nella spalla destra del bersaglio; rimanevano i coltelli dei rossi e dei blu: entrambi avevano centrato in pieno il torace.
Lo speziale cambiò posizione mettendosi prima dal lato opposto rispetto a quello in cui si trovava, poi osservando dall’alto i due coltelli. Passò almeno un minuto prima che l’uomo si chinasse ed estraesse con decisione il coltello con il fiocco rosso. Urla di gioia si levarono dai residenti del borgo blu; dopo un attimo di comprensibile delusione tutti, però, si misero ad applaudire il vincitore riconoscendone, con gran sportività, la bravura e il merito.
Il macellaio, nel frattempo, aveva provveduto ad estrarre il cuore dal torace del forestiero Lo consegnò allo speziale che subito lo immerse in un vaso di vetro contenente della formalina: sorrise compiaciuto perché erano anni che non ne vedeva uno così tonico, muscoloso e luccicante. Si prospettava di certo un anno prospero e, sollevandolo in alto, lo consegnò al vincitore.