Attività N.0
Titolo ( aggiungere un immagine come sfondo)
Indice:
Introduzione ( piccolo riassunto di ciò che ha portato agli eventi studiati)
chi ( chi prende parte alla vicenda)
cosa ( come mai la vicenda studiata viene chiamata in quel modo)
quando ( in che periodo e contesto storico avviene la vicenda)
dove ( dove avviene la vicenda, il luogo dove avviene la vicenda oggi ha un nome diverso? perchè?)
perchè ( perchè succede un determinato evento come si sviluppa)
conclusione ( come termina la vicenda, quali cambiamenti accadono nei soggetti protagonisti? cosa succederà dopo?)
Approfondimento ( una o due slide per approfondire un argomento specifico con un piccola ricerca su internet)
3. Inserire le note del relatore
sotto ogni slide aggiungi due righe di note del relatore, per aiutarti quando dovrai presentare il powerpoint.
Attività N.1
Titolo:
La riforma protestante
Tipologia:
Attività in coppia, durata 50 minuti
Quesito:
Perchè il cattolicesimo inizia a vacillare?
Video e materiali
Riforma protestante A causa degli atteggiamenti criticabili della Chiesa cattolica in Europa, nel Cinquecento crebbe sempre di più il malcontento dei fedeli. Esso era causato da alcune consuetudini discutibili della Chiesa come: ● vendita delle indulgenze (ottenere il perdono acquistandolo) ● nepotismo (abitudine dei papi di favorire i propri familiari) ● simonia (farsi eleggere papa comprando la carica) ● concubinato (alcuni papi si erano uniti con donne e avevano avuto figli) ● lusso (fare sfoggio di ricchezza e vivere nello sfarzo) Le conseguenze di questa situazione portarono ad un vero e proprio scisma, cioè alla divisione dell’unità della Chiesa. La protesta venne promossa dal monaco tedesco Martin Lutero, sostenuto dai principi tedeschi. Nel 1517 egli affisse sulla porta della chiesa di Wittemberg le 95 tesi, nelle quali denunciava gli errori della Chiesa cattolica. La protesta si basava su alcuni punti fondamentali: ● il fedele può essere salvato solo dalla fede nella misericordia di Dio ● sacerdozio universale (ognuno può essere sacerdote di se stesso) ● adorare solo Dio (non la Madonna e i Santi) ● libero esame (ciascuno poteva leggere e interpretare le sacre scritture stabilendo un rapporto diretto con Dio senza l’intermediazione del sacerdote, che veniva così considerato un semplice pastore) ● solo due sacramenti (invece di sette, battesimo ed eucaristia). In Germania si scatenò una vera e propria lotta tra i principi tedeschi e Lutero da una parte, il papa e l’imperatore dall’altra. Martin Lutero si rifiutò di partecipare all'assemblea dei principi tedeschi (dieta di Worms, 1521) e venne scomunicato dall'imperatore. Lo scontro si concluse con la pace di Augusta (1555) e con essa si decise che ciascun fedele avrebbe abbracciato la religione del proprio principe (cuius regio eius religio). La protesta si diffuse nell'Europa centro-settentrionale. In Svizzera il monaco francese Calvino diede vita al movimento calvinista, in Inghilterra invece Enrico VIII, dopo che il papa non gli concesse il divorzio, fondò la Chiesa Anglicana (Atto di supremazia) e vi si mise a capo. Tra il 1545 e il 1563 si tenne a Trento un concilio voluto da Carlo V e da papa Paolo III. Il concilio fu indetto per evitare una spaccatura all’interno della Chiesa e allo scopo di rinnovarla. Si svolse a Trento, città di confine tra le aree dei fedeli cattolici e di quelli protestanti. Il concilio lavorò su due piani, quello dogmatico e quello dell’organizzazione ecclesiastica. Sul piano del dogma venne confermato che i sacramenti sono sette, che per salvarsi non bastavano la fede ma erano importanti le opere buone, si riconoscevano la Madonna e i Santi. Riguardo l’organizzazione della Chiesa si affermava l’obbligo del celibato ecclesiastico, della necessità della presenza dei vescovi nelle diocesi, di dire la messa in latino. Allo stesso tempo vennero aperti seminari per preparare i giovani sacerdoti, nacquero all’interno della Chiesa nuovi ordini religiosi come la Compagnia di Gesù, allo scopo di rinnovare la fede, ma d'altra parte per reprimere le eresie fu istituito l'Indice dei libri proibiti e venne rimesso in funzione anche il Tribunale dell'inquisizione, che processava i fedeli accusati di eresia.
consegna:
Tramite powerpoint racconta la riforma protestante, inserisci una slide intera per delineare la figura di Martin Lutero( chi era, da dove veniva, perché ha fatto tutto cio.
Risolvi il cruciverba aiutandoti con internet, dopo di che spiega ogni definizione sul tuo quaderno.
Valutazione (2 punti gratis)
Ho svolto il powerpoint ( 3 punti)
Ho svolto il cruciverba ( 3 punti)
Ho scritto le definizioni sul quaderno ( 2 punti)
Attività N.2
Titolo:
La scoperta dell'America
Tipologia:
Attività in coppia, durata 100 minuti
Quesito:
Cosaha comportato la scoperta dell'America, e come è avvenuta?
Video e materiali
«Chissà cosa avrebbe scoperto Colombo se l'America non gli avesse sbarrato la strada». Lo scrittore inglese Jonathan Swift spiegò con queste parole il carattere casuale della scoperta dell'America effettuata nel 1492 da Cristoforo Colombo, marinaio genovese che alla ricerca di una via per le Indie scoprì un nuovo continente.
Tra 1415 e 1522 i protagonisti indiscussi dei viaggi di esplorazione e di conquista, che portarono alla scoperta dell'America, furono il Regno di Castiglia e il Portogallo. Questi due Paesi si spinsero oltre le colonne d'Ercole perché volevano allargare i confini del mondo cristiano e trovare una nuova e più vantaggiosa via attraverso il mare che conducesse all'oro africano e al mercato delle spezie in India.
I primi ad avventurarsi lungo le rotte dell'Oceano Atlantico furono i Portoghesi. Le spedizioni iniziali, favorite dal principe Enrico il Navigatore, puntarono alle coste occidentali dell'Africa con l'obiettivo:
Di accedere all'oro, al pepe e all'avorio africano;
Di scoprire un collegamento marittimo con l'Asia per arrivare alle spezie indiane.
La via per l'Asia venne scoperta nel 1487 quando Bartolomeo Diaz superò per la prima volta il Capo di Buona Speranza: il continente indiano fu raggiunto via mare pochi anni dopo dal navigatore Vasco da Gama, che nel 1498 arrivò a Calicut, città sulla costa dell'India.
Le spedizioni portoghesi furono favorite da grandi innovazioni nelle tecniche di navigazione scientifica e nelle costruzioni navali come:
La bussola, strumento per orientarsi in mare
L'uso del quadrante per misurare l'altezza della Stella polare, che serviva a stabilire la posizione dell'imbarcazione
Il sistema dell'alberatura multipla, che prevedeva più alberi dove porre le vele
Il timone posizionato a poppa, che permetteva di comandare meglio la nave
Lo sviluppo di una nave veloce e adatta alla navigazione oceanica: la caravella
Consolidate le posizioni sulle coste africane e nell'Oceano Indiano, i Portoghesi si spinsero ancora più a Oriente creando un grande impero commerciale e coloniale.
Alla fine del Quattrocento i re di Spagna decisero di favorire i viaggi di esplorazione, il più importante dei quali fu quello di Cristoforo Colombo, navigatore genovese, che involontariamente si fece autore della scoperta dell'America. Nell'aprile del 1492 Colombo, dopo aver incassato un rifiuto dai Portoghesi non interessati all'impresa, ottenne dalla regina Isabella di Castiglia l'autorizzazione e i mezzi per mettere in atto il progetto di «buscar el Levante por el Ponente», di raggiungere cioè le Indie navigando verso Occidente.
L'idea audace di Colombo maturò in seguito alla lettura de Il Milione di Marco Polo, le cui descrizioni della Cina lo avevano affascinato, e trasse forza dalle notizie che iniziarono a circolare sulla sfericità della Terra e sulla vicinanza delle coste dell'Europa a quelle della Cina.
Dopo aver calcolato in modo errato la circonferenza della Terra e la distanza tra i due continenti, il navigatore genovese partì dalle Canarie, isole spagnole nell'Oceano Atlantico al largo dell'Africa, nell'agosto del 1492 con tre navi: la Niña, la Pinta e la Santa Maria. La scoperta dell'America stava per avvenire.
Colombo il 12 ottobre del 1492 raggiunse un'isola dell'arcipelago di Bahama, da lui chiamata San Salvador, dopo due mesi di navigazione e dopo aver represso un principio di ammutinamento.
Pensando di essere arrivato in Cina toccò invece Cuba, definita da Colombo «l'isola più bella che occhio umano abbia mai visto» e Haiti che chiamò Hispaniola. Credette anche di essere arrivato in Giappone perché confuse la parola indigena Cibao con Cipango, nome dato nel Medioevo al Paese asiatico.
Nel gennaio del 1493 lasciò nelle terre appena raggiunte una parte dei suoi uomini per tornare in Spagna. Qui chiese di compiere altri viaggi, che in totale furono quattro, promettendo di riportare spezie e ricchezze e diffondendo notizie sugli Indios, persone pacifiche che popolavano le terre scoperte e che vivevano:
Nudi
Senza leggi
Senza re
In assenza del concetto di proprietà
Nella sua relazione, Colombo così descrisse gli indios d’America:
Ben presto i racconti di viaggio di Colombo, diffusi dalla corte spagnola, alimentarono in tutta Europa una forte curiosità perché sin dall'antichità si era fantasticato su uomini diversi e su mostri orripilanti che vivevano in luoghi lontani. Con Colombo venne introdotta una nuova figura: quella del selvaggio, un uomo primitivo che viveva ancora allo stato di natura.
Nel frattempo dal nuovo continente scoperto, l'America, iniziarono ad arrivare oro e alimenti sconosciuti in Europa, oggi completamente integrati nella nostra alimentazione e stile di vita come:
Il mais
Il cacao
I pomodori
Le patate
Il tabacco
Venne anche accertata la vera identità delle terre scoperte da Colombo. L'esperto navigatore fiorentino Amerigo Vespucci compì tra 1499 e 1502 un viaggio lungo le coste dell'America meridionale, che lo convinse del fatto che Colombo fosse realtà approdato in un nuovo continente e avesse quindi scoperto l'America. Il testo del 1502 in cui Vespucci scrisse queste conclusioni, Mondus Novus, fece il giro d'Europa tanto che nel 1507 un geografo tedesco, Martin Waldseemüller, indicò per la prima volta come "America" il Nuovo Mondo scoperto da Colombo.
Passata l'ondata di entusiasmo per la scoperta dell'America, i sovrani spagnoli si concentrarono sugli aspetti pratici.
Per prima cosa si pose la questione di come conciliare i diritti dei sovrani portoghesi con quelli dei re spagnoli, visto che le due potenze continuavano a scoprire territori che avrebbero potuto portare a problemi di confine. Papa Alessandro VI, scelto come arbitro imparziale, con il Trattato di Tordesillas del 1494 fissò il confine geografico tra i territori dei due regni. Con una linea tracciata al largo delle isole Azzorre, che divideva il globo in verticale, il papa concesse alla Spagna i territori posti a Occidente della linea e al Portogallo quelli a Oriente. Sulla base di questa divisione i portoghesi rivendicarono nel 1500 il Brasile appena scoperto dal navigatore Pedro Alvares Cabral.
Agli Spagnoli toccava poi capire come governare i nuovi territori acquisiti con la scoperta dell'America. A tal fine fu istituito a Siviglia, città portuale spagnola legata ai traffici oceanici, un istituto chiamato Casa de la contractatiòn, che aveva il compito di controllare merci e passeggeri in partenza, per evitare che si imbarcassero verso le Americhe persone indesiderate.
La necessità di popolare il nuovo continente spinse Colombo a proporre il perdono dei reati per chiunque avesse voluto servire la Corona di Spagna nelle Indie, mentre per quanto riguarda la condizione dei territori scoperti si decise di equiparare l'America spagnola agli altri Regni che componevano la Spagna, chiamandola Regno delle Indie.
Per limitare i poteri degli avventurieri che andavano oltreoceano, per ottenere terre e popoli in nome dei sovrani spagnoli, vennero istituiti organi collegiali chiamati Audiencias, che si occupavano dell'amministrazione civile e giudiziaria in America. Per rappresentare direttamente il re fu creata la figura del viceré.
La scoperta dell'America di Cristoforo Colombo fu talmente importante da segnare secondo gli storici la fine del Medioevo. Grazie al navigatore genovese il mondo divenne più grande e nuovi animali, piante e alimenti furono conosciuti dagli Europei. Questa scoperta arricchì la Spagna, ma la portò anche a dover affrontareDall’esperienza fallita del Putsch, Hitler aveva imparato alcune cose: in una società di massa, il potere non si conquistava con la forza, ma con il consenso delle masse, e per di più, per garantirsi l’appoggio dei poteri già consolidati, bisognava agire, almeno in apparenza, secondo le regole. Per questo motivo, nel 1928 e nel 1930 il partito nazista si candida regolarmente alle elezioni, ottenendo prima il 2%, e poi il 24,5%.
Un’Organizzazione paramilitare e violentaI nazisti accompagnavano le tattiche ‘legalitarie’ con la violenza politica sistematica e con un’organizzazione paramilitare e gerarchizzata, largamente ispirata al fascismo italiano. Studenti, contadini, medici, donne: c’era un’organizzazione nazista per ognuna di queste categorie, ognuna con la propria divisa ed il proprio regolamento. Dal 1921, poi, esistevano organizzazioni paramilitari naziste come le SA (‘truppe d’assalto’), principalmente dedite ad atti di violenza nei confronti di comunisti e socialisti, o come le SS (Schulz Staffen, ‘squadre di protezione’), che costituiscono inizialmente la guardia del corpo di Hitler. Tutte queste organizzazioni inquadravano i giovani in un’ottica di purezza razziale, e attraverso la violenza sistematica contribuivano a rendere l’atmosfera in Germania sempre più pesante e tesa. Era Adolf Hitler, il Führer (‘capo’), l’unico che poteva controllare queste organizzazioni. Non lo Stato, l’esercito o la polizia.
La propagandaJoseph Goebbels, laureato in filosofia e capodistretto del partito nazista a Berlino, intuisce l’importanza delle nuove tecnologie di comunicazione. Il suo sarà un imponente lavoro di propaganda, di costruzione del mito del Führer, di imponenti coreografie di massa e manifestazioni pubbliche in grado di colpire profondamente le emozioni dei tedeschi. Soprattutto, Goebbels sfrutta al massimo i nuovi media per la comunicazione di massa, in particolare la radio. Nel 1933 Goebbels farà esplicitamente progettare il ‘ricevitore del popolo’, una radiolina portatile in vendita a prezzi stracciati. I tedeschi la battezzeranno ironicamente ‘la bocca di Goebbels’, ed avrà un ruolo importantissimo nel diffondere in modo profondo la propaganda nazista.
Il carisma del leader nuovi problemi causati dai conquistatori e dalle questioni morali che sorsero nella gestione dei nativi americani: gli Indios.
Consegna:
Ripercorri sull'atlante la tratta compiuta da Colombo per arrivare in America
Tramite un diario, dopo la visione del film 1492 la conquista del paradiso, e con l'aiuto della tutor di italiano, scrivete in gruppi l'intera storia della scoperta dell'America narrata dal punto di vista di Cristoforo Colombo, troverai la pagina dell'attività alla voce del quaderno di Riki "attività multidisciplinari di gruppo".
Valutazione:
Ho disegnato sul quaderno la tratta compiuta da Colombo per arrivare in America (10 punti)
Attività N.3
Titolo:
Il 1500
Tipologia:
Attività in coppia, durata 100 minuti
Quesito:
Evoluzione economico/politica nel 1500
Video e materiali
Lo Stato moderno si afferma nell’Europa occidentale per opera delle monarchie dinastiche, ma la sua organizzazione diviene modello anche per i grandi Stati territoriali dell’Europa orientale.
Stati regionali in Italia
Uno Stato forte e unitario non riesce invece a formarsi nei territori del Sacro romano impero e dell’Italia dove permangono piccoli Stati regionali.
Caratteristiche dello Stato moderno.
Caratteristica dello Stato moderno è la piena sovranità, cioè la capacità di imporre una sola legge su tutto il territorio. Nel Cinquecento il potere dello Stato è il potere del re. Per difendere lo Stato e imporre la legge, il sovrano si serve di un esercito stabile e preparato che gli permette di sostenere le guerre con le potenze straniere. I re, per governare, si servono di amministratori, giudici ed esattori. L’insieme dei funzionari e degli uffici dello Stato costituisce la burocrazia. Il denaro necessario per mantenere la burocrazia e l’esercito proviene dalle tasse.
A limitare il potere dei sovrani vi sono le assemblee in cui sono rappresentati i principali ceti sociali – nobili, clero, borghesi: Parlamento in Inghilterra, Stati generali in Francia, Cortes negli Stati spagnoli, Diete in quelli tedeschi.
Stati monarchici in Europa
Alla fine del Quattrocento in Europa occidentale si consolidano grandi Stati monarchici:
Francia, Carlo VIII di Valois accentra l’amministrazione della giustizia, istituisce un Consiglio del re e crea una rete di funzionari.
Spagna, Isabella di Castiglia e Ferdinando II d’Aragona uniscono le due corone in un unico grande Stato spagnolo.
Inghilterra, Enrico VII Tudor crea un Consiglio del re e dà vita a una rete di funzionari locali (sceriffi) che controllano il territorio.
Europa orientale si affermano nuove dinastie in Polonia, Lituania e Russia.
In quest’ultima area però i sovrani non riescono a sottomettere i grandi feudatari, padroni di enormi latifondi. La maggioranza della popolazione è formata da contadini servi della gleba. Qui non si forma, a differenza dell’Europa centro-occidentale, una borghesia commerciale e artigianale.
Dalla dissoluzione dell’Impero mongolo, nasce un nuovo Stato accentrato: la Russia, guidata dagli zar.
La caduta di Costantinopoli
Nel 1453 Costantinopoli, l’ultimo baluardo del millenario Impero romano d’Oriente, viene conquistata da Maometto II “il Conquistatore”. La città è rinominata Istanbul e diventa la capitale dell’Impero turco.
Dopo la conquista di Costantinopoli la nuova potenza turco ottomana si espande in tre direzioni:
– a Oriente fino a toccare il golfo Persico e il mar Caspio;
– nel Medio Oriente e in Africa settentrionale;
– nei Balcani, dove per due secoli Occidente cristiano e Oriente musulmano si fronteggiano.
L’Italia degli Stati regionali
La pace di Lodi del 1454 favorisce lo sviluppo economico e culturale delle corti italiane.
Le corti dei principi e dei nobili attirano artisti, scrittori, ingegneri e intellettuali.
È il periodo di massimo sviluppo del Rinascimento.
Tuttavia, sul finire del XV secolo, questi Stati, piccoli e in lite fra loro, non riescono a evitare le invasioni straniere.
Il primo a giungere nella penisola è Carlo VIII di Francia. Tra il 1494 e il 1495, con l’appoggio del duca di Milano Ludovico il Moro e dei Medici di Firenze, Carlo VIII strappa il Regno di Napoli agli aragonesi.
Per contrastare l’espansione francese, il papa promuove un’alleanza di Stati italiani appoggiata dalla Spagna e dall’Impero.
Luigi XII, successore di Carlo VIII, riesce a conquistare il Ducato di Milano, ma la guerra che ingaggia con gli spagnoli favorisce questi ultimi, che si insediano a Napoli, in Sardegna e in Sicilia.
Carlo V e Francesco I
I protagonisti della politica europea nella prima metà del Cinquecento.
Carlo V d’Asburgo, sovrano di un immenso dominio territoriale disseminato in Europa e in America centro-meridionale;
Francesco I di Francia, re di uno Stato che si sta unificando e ingrandendo nel cuore dell’Europa.
Campo di battaglia dei loro conflitti di egemonia è l’Italia.
Carlo V
Il Sacro romano impero era un insieme di circa duemila realtà politiche più o meno indipendenti. Quindi l’Impero non era uno Stato centralizzato.
Nel 1519 sale al trono imperiale Carlo V d’Asburgo. Egli è già re di Spagna, quindi sovrano dei territori americani, ma anche del Regno di Napoli e dei Paesi Bassi.
Carlo V si trova subito impegnato ad affrontare in molteplici conflitti:
– la Francia per l’egemonia in Europa;
– i Turchi per il controllo del Mediterraneo e dei Balcani;
– i principi protestanti tedeschi.
L’obiettivo di Carlo V è quello di difendere la cristianità dalla minaccia dell’islam e ricostruire l’unità politica e religiosa dell’Europa, spezzata dalla Riforma protestante.
Francesco I
Ma egli si scontra con Francesco I, re di Francia. Il conflitto esplode nel 1521 e termina nel 1529 con la sconfitta di Francesco I. Teatro dello scontro è l’Italia, che è devastata dal continuo passaggio degli eserciti. Nel 1527 Roma è invasa dalle soldataglie tedesche e subisce un devastante saccheggio.
Alla fine il progetto di Carlo V di restaurare l’impero cristiano fallisce. Nel 1556 l’imperatore abdica e divide l’Impero in due parti. Al figlio Filippo II vanno la Spagna e i possedimenti in Italia, i Paesi Bassi e le colonie americane. Al fratello Ferdinando i territori di Austria, Boemia, Ungheria e il titolo di imperatore.
Nel 1559 la pace di Cateau-Cambrésis stabilizza per alcuni decenni la politica europea. Buona parte dell’Italia cade sotto l’influenza spagnola e vi rimane per circa 150 anni.
Le guerre di religione
Il confronto tra Riforma e Controriforma fu caratterizzato dall’intolleranza reciproca.
La Chiesa cattolica cercò in ogni modo di reprimere i protestanti. D’altro canto, anche molte Chiese riformate furono altrettanto intolleranti.
Inoltre, i principi imponevano ai sudditi la religione che avevano scelto e non tolleravano che nel loro dominio si professassero altre fedi.
L’insieme di questi fattori spiega perché nel corso del XVI secolo l’Europa fu insanguinata da numerose guerre di religione.
Cattolici e Ugonotti in Francia.
In Francia, a metà Cinquecento, cattolici e ugonotti (come si chiamavano i calvinisti francesi) combatterono un’aspra guerra civile, durante la quale il regno rischiò di perdere la propria unità politica.
La guerra ebbe fine quando Enrico IV stabilì, con l’editto di Nantes del 1598, la libertà religiosa per i protestanti in tutto il regno. Enrico IV stabiliva un principio fondamentale: lo Stato, se vuole garantire la pace e la convivenza, si deve porre al di sopra dei conflitti religiosi.
Lo scontro tra Spagna e Inghilterra.
Il re di Spagna Filippo II e la regina d’Inghilterra Elisabetta I sono le figure di primo piano nell’Europa della seconda metà del XVI secolo.
Filippo II, difensore del cattolicesimo, partecipa alla Lega santa contro i turchi e ha un ruolo importante nella vittoria navale di Lepanto (1571), quando la flotta cristiana distrugge quella turca.
Il contrasto con Elisabetta, di fede anglicana, sfocia in una guerra, da cui la Spagna esce sconfitta. L’Inghilterra pone invece le basi della sua ascesa economica e politica.
Tramite un video racconta in breve la situazione Europea del 1500
Scegli un capo di stato sopra citato, svolgi una ricerca su di lui e tramite powerpoint racconta la sua vita ( nascita, carriera politica, ideali, curiosità, morte).
Due coppie alla volta verranno chiamate davanti al tutor, entrambe dovranno cercare di convincere il tutor portando esempi scritti trovati su internet come mai il loro capo di stato è stato il migliore della sua epoca.
valutazione:
Ho svolto il video ( 3 punti)
Ho svolto il powerpoint sul capo di stato ( 3 punti)
Ho esposto il powerpoint davanti al tutor ( 3 punti)
Ho convinto il tutor della grandiosità del mio capo di stato ( 1 punto)
Attività N.4
Titolo:
Il 1600
Tipologia:
Attività in singolo, durata 100 minuti
Quesito:
Evoluzione economico/politica nel 1600
Video e materiali
IL 1600 IN EUROPA La crisi del 1600.
Dal punto di vista demografico ed economico ci appare come un secolo di crisi, anche se diverso dal 1300.
demograficamente il popolo europeo fu caratterizzato dalla stagnazione, circa 100 milioni di abitanti. Questa stagnazione fu il risultato di andamenti demografici diversi all’interno dei paesi europei. In Inghilterra e Olanda si registrarono lievi incrementi di popolazione, al contrario di Italia e Spagna dove si ebbe un decremento. In Francia ci fù una stagnazione. La crisi del 600 ebbe gli stessi esiti della Francia. Nei paesi come l’Olanda, la crisi fu meno forte, in altri più forte.
la Crisi fù selettiva, non colpì con la stessa gravità tutti i paesi europei. Questo dipese dalla capacità di reazione dei singoli paesi. Cause: secondo gli storici la causa si trova nella polarizzazione della ricchezza, che si era delineata nel corso del 1500 = concentrazione ricchezze nei ceti più elevati. I ceti popolari si erano impoveriti sempre di + a causa dell’aumento dei prezzi.
Impoverendosi, la popolazione acquistava sempre meno merci e questo aveva provocato una riduzione degli investimenti produttivi. Gran parte dei capitali vennero impiegati nella produzione e l’importazione di beni di lusso, improduttivi. Un'altra causa fu il raffreddamento del clima europeo che determinò la rovina delle coltivazioni di cereali, che richiedevano un clima mite. Questo fu gravissimo, perché l’agricoltura europea era monoculturale, se ci fossero state altre coltivazioni la crisi sarebbe stata meno sentita. Iniziarono a diffondersi le carestia, la fame, le malattie (peste). L’Inghilterra, l’Olanda e in parte la Francia decisero di abbandonare le colture di cereali e di specializzarsi nella produzione di prodotti richiesti dal mercato. L’Olanda si specializzò nella produzione di prodotti caseari e nell’allevamento, mentre l’Inghilterra si specializzò nella produzione di lana e nell’allevamento degli ovini. Cercavano di produrre, comunque, tutto ciò che il mercato chiedeva. Per questo furono create molte manifatture e iniziarono ad importare prodotti dall’estero per venderli poi sul mercato. Fu possibile questo grazie ai borghesi e ai nobili illuminati (nobili con mentalità borghese aperta al cambiamento e disposti ad investire), perché non legati alla mentalità tradizionale. Diversa fu la situazione italiana e spagnola. Qui era assente la classe borghese o poco numerosa. Ci fu un processo di rifeudalizzazione poiché i proprietari terrieri scelsero questo metodo per migliorare la situazione. Questo significa reintrodurre in modo totale il sistema feudale, imponendo ai contadini canoni sempre + pesanti. Questa scelta non fu positiva, e non portò alla ripresa dell’economia italiana e spagnola. Questa differenziazione su ciò che provocò la crisi del 600 si può notare anche in campo commerciale. Fin dagli inizi del 1600 il commercio diede segnali di crisi, causata dalla mancanza di metalli preziosi che venivano utilizzati anche per fabbricare le monete ormai sottoposte all’usura. Questa mancanza di metalli preziosi si verificò poiché le miniere in America Meridionale erano esaurite, sfruttate al massimo. Per rimediare alla mancanza di metalli preziosi si raschiavano le monete già esistenti con un metodo definito della tosatura. Oppure si metteva nelle monete nuove una quantità minore di metallo prezioso, anche se il valore ufficiale rimaneva lo stesso iniziarono ad essere prodotte monete di rame e, avendo un valore molto basso, dove circolavano i prezzi erano si alzavano. Nel 1620 ci fu in molte zone dell’europa un blocco delle attività commerciali per mancanza di monete. Questa crisi monetaria e commerciale causò in Italia e Spagna il declino del settore commerciale. Non riuscirono a reagire. Al declino commerciale italiano comunque si era abituati, poiché dopo la scoperta dell’America, l’Italia perse il suo primato commerciale sul mar Mediterraneo e la Spagna impose la sua egemonia sui traffici commerciali verso il sud America...
La guerra dei trent'anni. Iniziò nel 1618 all’interno dell’impero Asburgico. Questo era profondamente diviso dal punto di vista politico, economico e soprattutto dal 1555 dal punto di vista religioso. Formato da piccoli regni, ducati e principati,x commerciare con un altro ducato o principato si dovevano pagare dazi e tasse. Questa divisione fu accentuata con la divisione religiosa. Due religioni ufficiali, ma anche il calvinismo e, in Boemia, acquisita nel 1500, vi era la religione ussita. Religione cristiana fondata in epoca medievale da Giovanni Huss, che criticava la corruzione della chiesa.
Consegna:
tramite Popplet o presentazioni riassumi la situazione di: Spagna, Italia, Olanda; Germania ed Inghilterra agli inizi dell'1600
Verso gli inizi del 1700 un compositore dal nome di Antonio Vivaldi emerse in Italia ed in tutta Europa, con l'aiuto del tutor di musica impara a suonare una piccola parte di un opera di Vivaldi, portala quindi quando esporrai il 1600 al tutor di storia.
All'interno del powerpoint dedica una slide a Vivaldi ( vita, morte, opere principali, influenza che ha avuto nel 1600)
Valutazione:
Ho svolto il popplet (4 punti)
Ho inserito la slide su Vivaldi( 3 punti)
Ho eseguito una parte di opera di Vivaldi durante l'esposizione al tutor( 3 punti)
AttivitòN.5
Titolo:
La guerra dei trent'anni
Tipologia:
Attività in singolo, durata 100 minuti
Quesito:
Perché si è combattuta la guerra dei trent'anni?
Video e materiali
Introduzione
Gran parte della prima metà del Seicento fu sconvolta da un vastissimo conflitto armato che ebbe origine nei territori del Sacro Romano Impero e che vide l’intervento, in fasi successive, delle maggiori potenze europee del tempo. La Guerra dei Trent’anni (1618-1648) fu un interminabile e devastante conflitto continentale, una guerra civile tedesca nonché l’ultima delle grandi guerre di religione provocate dalla rottura dell’unità cristiana ad opera di Martin Lutero nel 1517. Fu infatti dalle contraddizioni politiche, religiose e sociali dell’Impero che lo scontro trasse origine e si sviluppò; per tutte queste ragioni si può senz’altro affermare che la pace di Westfalia, che pose termine alla guerra nel 1648, segnò l’inizio di una nuova era negli equilibri tra gli Stati europei e negli stessi princìpi su cui si sarebbero da quel momento basati i rapporti tra le potenze del continente.
I fattori e le cause della guerra
Da dove bisogna partire per capire a pieno il significato della Guerra dei Trent’anni? E quali questioni politiche e religiose furono alla base del suo scoppio e della sua prosecuzione?
I fenomeni e gli eventi remoti da cui partire sono senz’altro quelli legati alla Riforma protestante del primo Cinquecento e ai conflitti da quest’ultima scatenati nei territori dell’Impero, che videro come protagonisti i principi luterani tedeschi, riuniti nella Lega di Smalcalda, contrapposti ai principi cattolici e all’imperatore Carlo V, desideroso di ripristinare l’unità religiosa nei suoi territori, pietra angolare del suo progetto politico e religioso.
La Pace di Augusta del 1555 fu l’amaro compromesso a cui l’imperatore dovette addivenire una volta constatata l’impossibilità militare di aver ragione dei protestanti: Carlo d’Asburgo fu costretto a piegarsi e a riconoscere ufficialmente l’esistenza della confessione luterana all’interno dei propri territori. Durante la Dieta di Augusta Carlo V recepì la Confessio Augustana, la prima esposizione ufficiale della dottrina luterana, e fu stabilito il principio in base al quale le due confessioni religiose avrebbero potuto convivere nell’Impero: non la libertà di coscienza, bensì l’imposizione da parte del principe della propria confessione all’insieme dei sudditi, principio riassunto dalla formula latina del cuius regio, eius religio (in latino: “di chi [è] la regione, di lui [sia] la religione”). In questo modo i principi territoriali imponevano l’uniformità religiosa all’interno dei propri territori; per i dissenzienti era prevista la possibilità di usufruire del beneficium emigrandi (la possibilità di emigrare in un altro territorio). Tale principio costituì la base del processo di confessionalizzazione.
Da quel momento in poi, almeno teoricamente, per tutti - cattolici e protestanti - l’appartenenza politica avrebbe dovuto coincidere con l’appartenenza confessionale. La pacificazione di Augusta era un compromesso fragile e soprattutto incompleto, in quanto non teneva conto dell’esistenza di altre confessioni religiose oltre alla cattolica e alla luterana; sarebbe stata proprio la rapida diffusione del calvinismo nell’Europa centrale a partire dalla metà del Cinquecento a provocare, come vedremo, l’inizio della guerra. Anche il conflitto religioso che investì la Francia a partire dagli inizi degli anni Sessanta del XVI secolo, e che si concluse con il riconoscimento di una pur limitata tolleranza religiosa attraverso l’Editto di Nantes del 1598, avrebbe del resto aperto una clamorosa breccia nell’applicazione rigida del principio della confessionalizzazione.
Altri fattori che è necessario prendere in considerazione sono da una parte la struttura e il destino del Sacro Romano Impero e il significato stesso della dignità imperiale in un’Europa ormai segnata dal rafforzamento delle moderne entità statuali e dall’avvento dell’Assolutismo monarchico. D’altra parte occorre considerare anche la rivalità tra la monarchia francese - prima dei Valois e poi dei Borbone - e la casata asburgica, che dopo l’abdicazione di Carlo V si era divisa nei due rami degli Asburgo di Spagna e degli Asburgo d’Austria.
La scena politica internazionale
Agli inizi del Seicento la Francia era appena uscita da una sanguinosa guerra civile, scatenata anch’essa da motivazioni religiose. Il conflitto si era concluso con la definitiva presa del potere da parte di Enrico IV di Borbone, ufficialmente sovrano dal 1589 ma consacrato solo nel 1594 con l’abiura e la presa di Parigi.
L’ugonotto Enrico, già re di Navarra, uscito vincitore dalla “guerra dei tre Enrichi” (1585-1589), si convertì al cattolicesimo pur di diventare re di tutta la Francia 1. Fu grazie a lui che l’editto di Nantes del 1598, atto conclusivo di quasi quattro decenni di guerra civile, poté essere siglato. Enrico IV governò per diversi anni amato dal popolo, rispettato da aristocrazia e clero e protagonista di rilievo della politica internazionale 2. A Enrico IV succedette Luigi XIII, che all’epoca aveva solo nove anni. Durante la reggenza della madre, Maria de’ Medici, la situazione politica interna peggiorò sensibilmente. La reggente si circondò di favoriti corrotti e incapaci e l’aristocrazia di sangue tentò di rialzare la testa. Luigi uscì dalla minore età nel 1617 e nel Consiglio di Stato fece ingresso il duca di Richelieu, vescovo di Luçon e poi cardinale, che divenne presto il vero arbitro dei destini della monarchia francese..
La monarchia spagnola si trovava in una fase di preoccupante declino politico, economico e finanziario, a cui contribuì
pesantemente la rivolta dei Paesi Bassi, provocata dalla politica di intransigenza cattolica di Filippo II d’Asburgo. Chiamata anche la “guerra degli ottant’anni” (1568-1648), la rivolta delle Fiandre fu un colpo durissimo per le finanze di una Monarchia spagnola a cui non giungevano più con la stessa intensità di un tempo i metalli preziosi americani, soprattutto l’argento 3. Filippo II volle puntare tutto sulla difesa a oltranza del cattolicesimo e sulla forza militare 4, ma mantenere le Fiandre sotto il dominio di sua maestà cattolica si rivelò presto un costo insostenibile che portò lentamente la Spagna al dissesto. Il successore, Filippo III d’Asburgo (1598-1621), fu artefice della cosiddetta Pax Hispanica, una politica di compromesso che prendeva atto della impossibilità per la Spagna di dominare politicamente la Francia, di ripristinare il cattolicesimo in Inghilterra e di debellare la rivolta dei Paesi Bassi. Essa fu posta in atto attraverso una serie di trattati di pace: la Pace di Vervins del 1598 con la Francia, il Trattato di Londra del 1604 con l’Inghilterra, la Tregua dei Dodici Anni del 1609 con le Province Unite.
All’inizio della Guerra dei Trent’anni il sovrano asburgico considerò vitale per i propri interessi intervenire al fianco dell’Impero contro i protestanti, ma le forze che era in grado di mettere concretamente in campo non erano certamente all’altezza delle sue aspettative. In mancanza di risorse finanziarie adeguate alle proprie ambizioni egemoniche Filippo III accentuò il carattere “cattolico” della Monarchia, anche da un punto di vista simbolico, mostrandosi il campione dell’ortodossia e della difesa della Chiesa di Roma. Fu durante il suo regno, infatti, che i moriscos (cioè i musulmani convertiti a forza al cattolicesimo) vennero definitivamente cacciati dalla Spagna (fenomeno che contribuì ad indebolire ulteriormente il tessuto sociale e produttivo della Castiglia e dell’Aragona), e che talune devozioni cattoliche assursero a vere e proprie simbologie del potere asburgico (come l’Immacolata Concezione, l’Eucarestia, il Santissimo Sacramento). Fu anche grazie alla sua azione, del resto, che un vento di riconquista cattolica cominciò a soffiare nell’Europa centro-settentrionale.
Dal canto suo la Repubblica delle Sette Province Unite, entità politica nata nel 1581 a seguito della separazione delle province fiamminghe meridionali cattoliche rimaste fedeli alla Monarchia spagnola, fu in grado di dimostrare una straordinaria vitalità e di porsi nel giro di pochi anni - nonostante la perdurante lotta per l’indipendenza dalla Spagna, che si concluse ufficialmente solo con la Pace di Westfalia - come una realtà politica di primo piano nell’Europa del Seicento dal punto di vista economico, commerciale, militare, coloniale e culturale. Potenza egemone nei commerci marittimi, in grado di competere vittoriosamente con la concorrente Inghilterra, la Repubblica d’Olanda costruì un vasto impero coloniale e seppe diventare la principale piazza commerciale e finanziaria del continente. Si trattava di una piccola realtà politica, se raffrontata con le principali monarchie europee, dotata di una struttura non centralizzata e che anche dal punto di vista religioso era lungi dall’applicare i dettami dell’intolleranza così in voga in Europa, visto che confessioni religiose diverse dal calvinismo erano sostanzialmente tollerate. L’opulenza raggiunta da un numericamente consistente ceto borghese, mista ad un clima di grande apertura intellettuale, posero le Province Unite all’avanguardia dello sviluppo delle arti figurative e del pensiero filosofico e scientifico del Seicento.
Nel settore settentrionale del continente europeo due regni avrebbero giocato un ruolo di assoluto rilievo nelle vicende della Guerra dei Trent’anni: la Danimarca e la Svezia. Nel 1592 Sigismondo Vasa, già eletto re di Polonia nel 1587 - la Polonia era l’unica monarchia elettiva presente in Europa - ereditò anche la corona di Svezia. Lo zio di Sigismondo, Carlo, si oppose alla realizzazione di ciò che avrebbe comportato la formazione di una vastissima e potente aggregazione di territori nell’Europa settentrionale, senza contare i conseguenti rischi di una restaurazione cattolica in Svezia. Appoggiato dall’aristocrazia e al termine di una guerra civile, Carlo fece deporre Sigismondo dalla Dieta svedese e assunse formalmente la corona con il nome di Carlo IX. Il nuovo sovrano manifestò da subito mire espansionistiche sia ai danni della Polonia sia ai danni della Danimarca di Cristiano IV (re dal 1588 al 1648), padrona dei dazi del Sund grazie al possesso di vasti territori nel sud della Svezia. Il figlio e successore di Carlo IX, Gustavo Adolfo, continuò la politica del padre e nel giro di due decenni riuscì ad imporre la supremazia svedese su tutto il Baltico. Tra il 1611 e il 1613 la Danimarca aveva ingaggiato la Guerra di Kalmar contro il sempre più potente Regno di Svezia. Essa si concluse con la cessione alla Danimarca di alcuni territori norvegesi che la Svezia aveva occupato nel tentativo di conquistare un accesso al mare che eludesse il pagamento dei dazi che la Danimarca imponeva ai traffici tra il Baltico e il Mare del Nord. Al termine del conflitto armato con la Russia (1617) la Svezia si vide inoltre riconosciuto il possesso dell’Ingria e della Carelia orientale, fondamentali per il dominio completo sul Golfo di Finlandia. Nel 1621 invase inoltre la Livonia e si impadronì del porto di Riga, in Lettonia.
Consegna:
Tramite powerpoint riassumi le 4 fasi della guerra dei trent'anni. Rispondi anche alle seguenti domande: perchè si è combattuta, dove si è combattuta, chi la combatte.
Crea un Khaoot sulla guerra dei trent'anni, somministralo quindi ai tuoi compagni di classe.
Cos'è la defenestrazione di Praga?e la seconda defenestrazione di Praga? e la terza? Rispondi a queste domande sul tuo quaderno aiutandoti con internet, con l'aiuto della tutor di arte provare a riprodurre il disegno della terza defenestrazione di Praga.
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Attività N.6
Titolo:
L'Europa illuminista
Tipologia:
Attività in singolo, durata 100 minuti
Quesito:
Cos'è l'illumismo? da cosa è stato causato?
Video e materiali
L’età dei lumi
L'illuminismo è il più importante movimento intellettuale dell’Europa del 700, esprime la convinzione che l’uomo deve essere illuminato cioè guidato dalla luce della ragione. L’illuminismo ha origine in Inghilterra nel fine 600 dal filosofo John Locke (1632-1704), si sviluppò intensamente in Francia, dal 630 al 700. Secondo Venturi l’Illuminismo raggiunse il suo massimo splendore nel 1763 con la fine della guerre e terminò nel 1789 con la rivoluzione francese e questa è l’epoca della primavera dei lumi.
La centralità della ragione.
La caratteristica dell’Illuminismo fu la fiducia della ragione che consente loro di risolvere i problemi. Non si tratta di una fiducia cieca: alcuni illuministi riconobbero l’importanza del sentimento. Gli Illuministi respinsero la filosofia razionale di Cartesio che pretendeva di fare della ragione l’unica fonte della conoscenza umana: al contrari riconobbero che la ragione andava applicata all’esperienza secondo il metodo della scienza sperimentale di Galileo e Newton.
Affidarsi alla ragione significava respingere il valore della tradizione, cioè di tutto ciò mai scientificamente provato ma, per abitudine, ritenuto vero.
Per questo la ragione andava intesa come spirito critico: l’atteggiamento opposto di chi crede ciecamente in una cosa. L’illuminismo denunciò arretratezza culturale del passato e fondò una nuova epoca. Fu anche caratterizzato da polemiche nei confronti delle religioni, che si fondavano sulla fede. Per questo motivo loro erano a favore di una religione naturale cioè fondata sulla ragione: Dio non interviene nelle vicende umane, ma è l’architetto del mondo . Gli ecclesiastici vennero criticati perché responsabili dell’intolleranza religiosa che gli illuministi respinsero esaltando il valore della tolleranza.
L’illuminismo considera l’attività culturale impresa politica, essa doveva incidere sull’esistenza degli uomini fornendo conoscente tecniche e indica un organizzazione dello stato migliore e efficace. Gli illuministi credevano nel progresso e avevano fiducia nelle possibilità di impegno per realizzarlo, sostenendo che la storia fosse proprio un progressivo passaggio per la realizzazione del progresso il ruolo importante era dell’intellettuale che educava l’uomo all’esercizio della ragione e liberarlo dall’ignoranza. L’unione tra gli intellettuali che i contemporanei definirono “partito dei filosofi” si impegno contro le ingiustizie di un tempo: poiché tutti gli uomini sono dotati di ragione tutti sono uguali, perciò i privilegi di cui i nobili e il clero godevano era un ingiustizia. Anche la contrapposizione tra le nazioni, che aveva causato numerose guerre, doveva essere superata con l’idea del cosmopolitismo: tutti gli uomini dovevano far parte della comunità mondiale della ragione, eternamente in pace.
L'intellettuale francese principale del partito dei filosi fu Voltaire (1694 1778) egli era un anticonformista protagonista di una battaglia civile per il rinnovamento della società.infatti le sue lettere inglesi (1733) sono state definite la prima bomba scagliata contro l'antico regime. L'obiettivo di Voltaire era una società con libertà individuale con uno stato tollerante,ma capace di imporre la legge.Era necessaria una battaglia contro le ingiustizie da condurre con la forza della ragione attraverso l'opinione pubblica che impose al potere le necessarie riforme,cosi la filosofia serviva a risolvere un problema concreto,non essendo più un ideologia. L'enciclopedia Secondo gli illuministi in quanto razionale l'uomo era buono,i problemi della vita non derivano dalla natura umana ma dalla società infatti per il rinnovamento si doveva cambiare il modo di pensare. Per questo era importante far conoscere le novità scientifiche pertanto serviva un'opera di divulgazione, cioè sintetizzare le conquiste più importanti fu questo il progetto a cui si aggrego il partito filosofico in Francia. Nell'arco di un ventennio dal 1751 al 1772 sotto, la direzione di Denis Diderot (1713-1784) e Jean-Baptiste Le Rond d'Alembert (1717-1783) vennero stampati i volumi dell'enciclopedia o dizionario ragionato delle scienze,delle arti e dei mestieri. L'enciclopedia non era rivolta a tutti ma solo ai borghesi.Voltaire in proposito scrisse che la plebe non ha il tempo e la capacità di istruirsi altrimenti morirebbe di fame prima di diventare filosofi e che non è la gente dei campi che bisogna istruire ma il borghese medio e l'abitante della città. Gli illuministi volevano solo una società più moderna fondata sulla legge non sul privilegio. Montesquieu e la separazione dei poteri Molti illuministi volevano che il sovrano promuoveva il rinnoavamento della società egli doveva mettere il suo potere al servizio delle riforme.quindi il potere assoluto non andava abbattuto ma trasformato in assolutismo illuminato. Charles de Secondat barone di Montesquieu (1689-1755) fu un avversario dell'assolutismo. Per Montesquieu in tutti gli Stati si possono distinguere tre fondamentali funzioni:il potere legislativo ovvero il potere di fare le leggi,il potere esecutivo il potere di governare applicando le leggi e il potere esecutivo giudiziario ovvero il potere di punire i delitti e giudicare e le liti tra privati, i tre poteri devono essere attribuiti a organi separati,affinché al costituzione di uno Stato possa dirsi libera,i tre poteri devono essere attribuiti a organi separati. Montesquieu ha una concezione pessimistica dell'uomo che vive in società,per arrestare la sete di dominio è necessario che il potere arresti il potere.è in questa prospettiva che Montesquieu esprime la teoria della separazione dei poteri elaborata sulla base del modello inglese enunciata nello spirito delle leggi. Rousseau e la teoria della sovranità popolare Il filosofo Jean-Jacques Rousseau (1712-1778)prese posizioni piu radicali e respinse la fiducia nel progresso. Secondo Rousseau originariamente l'uomo viveva in uno stato di natura dove le disuguaglianze non esistevano. La proprietà privata generò la disuguaglianza distinguendo i ricchi dai poveri, da qui nacque lo stato che è un istituzione che difende gli interessi dei padroni e dei potenti. Per poter uscire da questa situazione secondo Rousseau era indispensabile costruire uno Stato legittimo questa volta fondato sul consenso di tutti, quindi propose uno Stato democratico e repubblicano fondato sulla sovranità popolare. A suo parere il popolo non si doveva affidare a dei rappresentanti ma esercitare il potere direttamente in assemblea. Riteneva che questa forma era indicata per le piccole comunità prendendo come modello la sua patria la Reppublica di Ginevra. Le Origini della scienza economica: la fisiocrazia Fino al Settecento l'economia era considerata una parte della filosofia morale invece nel secolo dei lumi venne considerata una disciplina autonoma volta a spiegare scientificamente i meccanismi e della distribuzione della ricchezza.Il primo tentativo fu di una scuola francese della fisiocrazia,con il suo rappresentatore Francois Quesnay (1694-1774).La scuola esprime l'essenza della dottrina fisiocratica di lasciar dominare la natura.
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scrivi un breve testo dal titolo " un pensiero illuminato" in cui esponi in maniera originale un problema che affligge l'uomo nel 202X e un modo estremamente intelligente per risolverlo
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Attività N.7
Titolo:
La rivoluzione Americana
Tipologia:
Attività in coppia, durata 100 minuti
Quesito:
Come l'America ha ottenuto l'indipendenza
Un secolo e circa due milioni e mezzo di abitanti dopo l’arrivo dei Padri Pellegrini nel Nuovo Mondo a bordo della Mayflower, nel 1732 la Georgia diventava la tredicesima colonia inglese, così chiamata in onore di re Giorgio I. Ma non erano soltanto di nazionalità inglese i tanti migranti che avevano trasformato e insediato quelle terre inizialmente selvagge e inospitali, ora invece rivelatisi fertili e generose; a dar forma al continente in continua espansione erano anche migliaia di scozzesi, tedeschi e olandesi, lontani discendenti dei mercanti della Compagnia olandese delle Indie occidentali i quali nel 1626 avevano acquistato per pochi spiccioli l’isola di Manhattan ribattezzandola Nuova Amsterdam.
I frutti della terra di queste Tredici Colonie erano molto richiesti dalla madrepatria Inghilterra: tabacco, riso e cotone su tutti. Proprio per questo, i proprietari terrieri avevano avuto bisogno di forti braccia per coltivare le loro piantagioni e le avevano trovate in Africa da dove per oltre due secoli avrebbero importato in catene milioni di schiavi.
Dopo la Guerra dei Sette anni, durante la quale i coloni avevano sostenuto attivamente la Gran Bretagna contro la Francia, si era rafforzata in questi ultimi la giustificata aspirazione ad avere una propria rappresentanza nel Parlamento di Londra, proprio come spettava di diritto ai loro lontani concittadini. Il governo britannico, invece, per risanare le finanze statali dopo il lungo conflitto appena terminato, inasprì la politica fiscale nei confronti delle colonie aumentando alcune tasse e promulgando delle nuove leggi che accentravano il potere nelle mani delle autorità politiche e militari britanniche. Inoltre, ai coloni veniva vietato di commerciare con altri paesi e proibito di produrre o esportare manufatti poiché avrebbero potuto entrare in concorrenza con quelli britannici.
Quelle che presero il nome di Leggi intollerabili (Intolerable Acts), come la nuova Legge sul tè (Tea act) e sullo zucchero (Sugar Act), provocarono le prime reazioni dei coloni che già da tempo andavano acquisendo gradualmente una coscienza politica e culturale di un popolo distinto, rinnovato anche nei tratti caratteriali.
A dare una decisiva accelerata al processo che nportò alla Rivoluzione americana furono le due università sorte da poco, quelle di Yale e Harvard, le quali avevano gettato le basi per un grande risveglio culturale dei coloni che, essendosi saputi adattare al nuovo ambiente naturale e sociale così diverso da quello di origine, avevano tramutato il proprio stile di vita in individualismo, al fare da sé, all’egualitarismo. Un cambiamento che fu anche religioso e filosofico, poiché proprio su queste terre vergini il Calvinismo ebbe modo di attecchire attingendo alla linfa vitale dell’orgogliosa affermazione dell’individualità e della ricerca del successo in quanto prova del favore divino.
Le basi socioculturali del futuro capitalismo e della rivoluzione industriale, oltre ad affidarsi alle letture di Calvino, poggiavano sul nascente spirito pragmatico americano che poi sarebbe stato codificato qualche anno più tardi nell’omonima corrente filosofica, la prima sviluppata negli Stati Uniti.
L’indignazione e il risentimento nei confronti del Parlamento britannico aizzarono i coloni nei confronti delle guardie reali. Le proteste più celebri si registrarono nella città di Boston: prima nel 1770, con quelle che presero il nome di Massacro di Boston, e poi nel 1773 con il Boston Tea Party, durante il quale un gruppo di patrioti travestiti da indiani, al grido di «no taxation without representation» (niente tasse senza rappresentanti in parlamento), salì a bordo di una nave della compagnia delle Indie orientali gettando in acqua tutto il carico di tè proveniente dalla Cina.
La reazione del governo inglese al boicottaggio americano si concretizzò nella chiusura del porto di Boston fino ad avvenuto risarcimento delle merci perdute in mare, il che aggravò il generale stato d’insubordinazione diffuso soprattutto nella colonia del Massachusetts. Proprio qui, nei pressi di Boston, sorsero congressi spontanei dove i coloni si riunivano al fine di esautorare le autorità britanniche, ovverosia levargli il potere. E laddove non arrivavano le parole ci avrebbero pensato i fucili da caccia e le baionette dei Minutemen, i soldati delle milizie armate che, nel 1775, a Lexington, aprirono per la prima volta il fuoco contro le Giubbe Rosse dell’Esercito britannico.
La Guerra d’Indipendenza (o Rivoluzione Americana) era cominciata, ma ben presto ci si accorse che per tener testa al nemico bisognava organizzarsi all’interno di un esercito compatto e organizzato, l’Esercito Continentale. Il comando delle forze armate fu affidato a George Washington, un ricco possidente della Virginia che già si era distinto nelle battaglie contro i francesi durante la Guerra dei Sette anni.
Trovandosi a dare ordini a uomini militarmente impreparati, poco professionali e decisamente inferiori di numero rispetto all’esercito di Giorgio III, intuì ben presto che avrebbe dovuto evitare gli scontri in campo aperto, nei quali avrebbe probabilmente avuto la peggio. Per questo motivo puntò su una tattica ben definita: attacchi a sorpresa e guerra di logoramento. Così facendo, per più di sette anni riuscirà a riorganizzare e tenere unito un esercito indipendentista composto da contadini analfabeti, ex galeotti e schiavi, oltretutto facili all’insubordinazione e restii ad accettare ordini esterni. Presto sarebbe diventato il primo Presidente degli Stati Uniti.
L’inverno imperversava così come le malattie, quali il vaiolo. Per evitare che la maggior parte degli uomini venisse decimata, Washington decise di passare all'Inoculazione, ovvero s'introduceva un germe del vaiolo che aveva colpito molti guerriglieri nella ferita di uno ancora sano. In questo caso si rallentava e rinviava il contagio e la morte, sperando che il sistema immunitario facesse il suo compito. Una sorta di vaccino ante litteram.
Neanche tre settimane più tardi, il 17 giugno 1775, George Washington ebbe modo di mettere alla prova le proprie teorie tattiche durante la famosa Battaglia di Bunker Hill. Nonostante la sconfitta numerica, Bunker Hill segnò l’inizio della fine per l’Esercito britannico. «Altre vittorie così» avrebbe dichiarato il grande generale inglese Henry Clinton, «e presto metteranno fine al dominio britannico in America».
Dopo quasi un anno di guerra, a seguito di numerose vittorie nei sanguinosi scontri armati, e adesso uniti anche culturalmente dal Senso comune di Thomas Paine, il 4 luglio 1776 a Filadelfia si riunì il Secondo Congresso continentale. I trentatré delegati che poi avrebbero preso il nome di Founding Fathers (padri fondatori) in un clima di esaltazione collettiva approvarono la Dichiarazione d’Indipendenza che proclamava il diritto degli americani a darsi un nuovo governo sulla base dell’eguaglianza naturale tra tutti gli uomini e del diritto inalienabile di ciascuno alla vita, alla libertà e alla ricerca della felicità.
Benché fosse chiaramente in contraddizione con lo stato di schiavitù in cui vivevano i neri, la Dichiarazione d’indipendenza — dei quali in molti avrebbero beneficiato in caso di vittoria — diede un ulteriore impulso ai soldati dell’esercito continentale nella lotta per la liberazione dal dominio inglese. Fu così che durante la notte di Natale del 1776, dopo l’iconico attraversamento del fiume Delaware di George Washington (mirabilmente ritratto da Emanuel Leutze anni più tardi), ci fu un’importante vittoria nella Battaglia di Trenton, che si concluse una settimana più tardi con la riconquista del New Jersey.
Nonostante qualche convincente vittoria, qualcuno si domandava come poteva un esercito di insorti sconfiggere quello che era considerato il più grande, numeroso e forte esercito del mondo? E oggi invece ci domandiamo: come fecero a respingere il più grande attacco esterno che gli Stati Uniti hanno avuto nella loro storia fino all’11 settembre 2001?
L’incrollabile tenacia degli insorti e la decisiva tattica della guerriglia impostata su imboscate e attacchi a sorpresa, alla lunga finirono col logorare il morale delle truppe di un esercito più disciplinato e meglio addestrato. I soldati di Giorgio III ebbero la peggio anche nell’importante Battaglia di Saratoga del 1777, durante la quale George Washington trascinò gli scontri nell’entroterra selvaggio per avere la meglio dei soldati inglesi nelle distanze ravvicinate.
Tuttavia, la svolta decisiva della guerra arrivò con l’intervento francese, e poi spagnolo, a fianco delle tredici colonie (a cui diedero «pieno appoggio per mare e per terra») al fine di contrastare il dominio dei mari della flotta britannica.
Nel 1783 col Trattato di Versailles la Gran Bretagna riconosceva l’indipendenza delle tredici colonie nordamericane e restituì alcuni territori ai francesi. La causa della libertà aveva trionfato. E la sua vittoria contribuì ad incoraggiare quanti in Europa contestavano il principio di autorità e le gerarchie politiche e sociali dell’antico regime. I semi lanciati dagli appena costituiti Stati Uniti d’America germoglieranno nella Rivoluzione francese.
Consegna:
Tramite powerpoint spiega come,quando e perchè l'America ha voluto lottare per la propria indipendenza
guarda questo video
Dopo aver visto il video spiega con un testo scritto sul quaderno come mai l'Italia può essere considerata una colonia americana
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Attività N.8
Titolo:
La rivoluzione francese
Tipologia:
Attività in coppia, durata 100 minuti
Quesito:
Perché la Francia ha iniziato una rivoluzione?
video e materiali:
La Rivoluzione Francese è un evento fondamentale della storia europea, in cui sostanzialmente l’assetto politico della Francia cambia totalmente. Inizia nel 1789, mentre individuarne la fine è più difficile: secondo molti storici possiamo dire nel novembre del 1799, quando con un colpo di stato Napoleone Bonaparte diventa Primo Console della Repubblica.
La Rivoluzione Francese segna la fine di istituzioni vecchie di secoli, come l’assolutismo e ciò che rimaneva del sistema feudale. Un po’ come la Rivoluzione Americana, la Rivoluzione Francese è stata anche il tentativo di realizzare ideali dell’Illuminismo come la sovranità popolare ed i diritti inalienabili.
La Rivoluzione Francese non riesce a realizzare tutti gli obiettivi dei rivoluzionari, e anzi degenera da un certo punto in poi in un vero e proprio bagno di sangue. Nonostante questo, però, il suo ruolo resta fondamentale nella nascita delle nazioni moderne, cambiando per sempre il modo di concepire il potere in Europa e nel mondo.
Prima che scoppiasse la Rivoluzione Francese, la Francia era sull’orlo della bancarotta per molti motivi. Uno dei più evidenti erano le enormi spese sostenute dalla corte del re Luigi XVI (1754-1793) e dei suoi predecessori: non soltanto un simbolo di prestigio ed un centro di svaghi, ma anche un vero e proprio strumento di dominio sulla nobiltà. La Francia aveva poi investito molto denaro per partecipare alla Rivoluzione Americana.
Oltre al denaro sperperato, però, c’erano altri problemi: i pessimi raccolti, il bestiame flagellato da epidemie ricorrenti per tutto il seguito, le conseguenti carestie, ed un prezzo del pane alle stelle. Tutto questo stava portando i contadini e gli abitanti poveri delle città verso l’agitazione, se non la disperazione.
Come risolvere questa situazione? Nell’autunno del 1786 Charles Alexandre de Calonne (1734-1802), un economista che svolgeva l’incarico di controllore generale delle finanze di Francia, propone al re un pacchetto di riforme finanziarie molto avanzate, che andavano ad eliminare alcuni privilegi delle classi privilegiate: Nobiltà e Clero. Per scongiurare una rivolta delle classi privilegiate, il re aveva bisogno di supporto per realizzare queste misure.
Per questo motivo, il re indice gli Stati Generali, un’assemblea dove i rappresentanti delle tre “classi” che costituivano la società francese: nobiltà, clero e borghesia, si riuniscono. Gli Stati generali vengono convocati per il 5 maggio del 1789: era in qualche modo un evento epocale, perché non venivano convocati dal 1604.
I membri del “Terzo Stato” (popolo e borghesia), rappresentavano il 98 % della popolazione. Nonostante questo, potevano essere tranquillamente sconfitti dal potere di veto degli altri due “ordini”.
Prima dell’incontro previsto per il 5 maggio, il Terzo Stato inizia a chiedere una rappresentazione più equa: un’assemblea dove a contare sarebbero stati i voti singoli, “per testa”, e non per “stato”. Questo andava contro gli interessi della nobiltà, che non era minimamente intenzionata ad abbandonare i privilegi di cui godeva tradizionalmente.
Quando gli Stati Generali si riuniscono finalmente a Versailles, il dibattito pubblico sui processi di votazione era degenerato: tra i tre ordini c’era ormai aperta ostilità. Lo scopo originale dell’assemblea si era ormai perso di vista: ad essere in discussione ormai era addirittura l’autorità del re.
Il 17 giugno, mentre le procedure e le discussioni erano in pieno stallo, il Terzo Stato si riunisce autonomamente, senza gli altri due, ed assume formalmente il nome di Assemblea Nazionale. Il 20 giugno, l’Assemblea Nazionale si riunisce nella famosa sala della pallacorda, un ambiente della reggia utilizzato per praticare uno sport simile al tennis. I membri dell’Assemblea giurano solennemente di non disperdersi finché non ci sarà stata una riforma costituzionale.
Entro una settimana, all’Assemblea Nazionale si sono uniti moltissimi membri del clero e 47 nobili. Il 27 giugno, Luigi XVI è costretto a riconoscere l’assorbimento di tutti e tre gli ordini in un’unica nuova assemblea: l’Assemblea Nazionale Costituente.
Il 12 giugno, mentre l’Assemblea Nazionale si riuniva a Versailles, per le strade di Parigi iniziavano a scoppiare i primi episodi di violenza, che davano di fatto il via alla Rivoluzione Francese. I cittadini, soddisfatti di come stavano andando le cose, temevano un imminente colpo di stato militare. I membri degli strati più popolari della società parigina, coloro che svolgevano lavori manuali, chiamati “sanculotti” semplicemente perché portavano i pantaloni lunghi al posto delle culottes, iniziavano ad armarsi e ad avere voce in capitolo per la prima volta.
A causa di questo clima teso, il 14 luglio alcuni rivoltosi assaltano la Bastiglia, una fortezza che fungeva da carcere, in cerca di munizioni e polvere da sparo: questi eventi, oggi commemorati in Francia attraverso una festa nazionale, sono considerati da molti studiosi il vero e proprio inizio della Rivoluzione Francese.
Presto il clima di tensione si espande e l’isteria collettiva si sparge per le campagne. I contadini, in rivolta dopo anni di tasse e sfruttamento, assaltano le abitazioni degli esattori delle tasse e dei proprietari terrieri. Ricordata come la “Grande paura”, questa insurrezione agraria causa la fuga di molti nobili dalle campagne. L’Assemblea Costituente reagisce abolendo una volta per tutte il feudalesimo (4 agosto 1789): era la fine di un ordine costituito ormai superato.
Il 4 agosto del 1789 l’Assemblea Costituente adotta la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino. In questo modo i principi dell’Illuminismo, ispirati da pensatori politici come Jean-Jacques Rousseau, cambiavano in modo profondo ed irreversibile la cultura politica francese. Princìpi come le pari opportunità, la libertà di parola, la sovranità popolare ed il governo rappresentativo venivano finalmente riconosciuti, ed ispiravano ufficialmente i lavori dell’Assemblea Costituente.
La stesura della vera e propria costituzione non era stata semplice, anche perché era ancora in corso una durissima crisi economica. I problemi da risolvere, poi, non erano da poco. Chi avrebbe eletto i delegati in Parlamento? A chi avrebbe giurato fedeltà il clero, alla chiesa cattolica o al governo francese? Quanta autorità sarebbe rimasta al re, che nel giugno del 1791 avrebbe tentato maldestramente di fuggire dalla Francia, perdendo ulteriormente credibilità davanti al popolo?
La Costituzione viene adottata dalla Francia il 3 settembre del 1791. Riflette alcune tra le posizioni più moderate dell’Assemblea Costituzionale. La nuova Francia sarebbe stata una monarchia costituzionale in cui il re avrebbe avuto il potere di veto e quello di nominare ministri. Iniziava tuttavia ad emergere l’insoddisfazione delle frange più radicali della Rivoluzione Francese, quelle che si riunivano nei club dei sanculotti, incarnate da pensatori come Robespierre e Danton, che ambivano ad una costituzione repubblicana, oltre che al processo pubblico di Luigi XVI.
Nell’aprile del 1792 una nuova Assemblea, l’Assemblea Legislativa, dichiarava guerra all’Austria e alla Prussia, colpevoli secondo i francesi di ospitare esuli che stavano organizzando una controrivoluzione. I membri più radicali dell’Assemblea, Giacobini e Cordiglieri, nutrivano la speranza di poter diffondere attraverso tutta l’Europa le idee della rivoluzione.
Sul fronte interno, però, la crisi era aperta: il 1’ agosto del 1792 una rivolta popolare, comandata dai Giacobini più estremisti, assalta la residenza reale di Parigi ed arresta il re e tutta la sua famiglia. Per tutto il mese di agosto continueranno ad esserci ondate di violenza, in cui chiunque venisse anche soltanto sospettato di essere contrario alla Rivoluzione Francese poteva essere giustiziato.
L’Assemblea Legislativa a questo punto viene rimpiazzata dalla Convenzione Nazionale, che proclama l’abolizione della monarchia. Il 25 settembre del 1792 viene proclamata la Repubblica Francese. Il 21 gennaio del 1793 Luigi XVI viene condannato a morte per alto tradimento: sia lui che sua moglie, Maria Antonietta, verranno ghigliottinati.
Nel giugno del 1793 i Giacobini assumono il controllo della Convenzione Nazionale, estromettendo i più moderati Girondini, ed istituendo una serie di misure radicali, tra cui l’istituzione di un nuovo calendario (oltre che del sistema metrico decimale in vigore ancora oggi), e la totale eradicazione del cristianesimo, che veniva sostituito da una vera e propria sacralità pubblica, o religione di stato.
La morte del re di Francia, la guerra aperta con gran parte delle potenze europee, ed una serie di divisioni in seno alla Convenzione Nazionale sono le cause scatenanti del periodo più duro e violento della Rivoluzione Francese: il cosiddetto “Terrore”: un periodo di 10 mesi in cui verranno giustiziati alla ghigliottina migliaia di oppositori del regime. Il responsabile di molte condanne è Robespierre, a capo della Comitato di Salute Pubblica finché non finirà ghigliottinato anche lui, il 28 luglio del 1794, in seguito alla Reazione termidoriana. I francesi, esausti, chiedevano la pace. I Giacobini perdono credibilità, e su di loro si abbatte la vendetta spontanea di coloro che desideravano un ritorno alla monarchia (il Terrore Bianco). La Francia si avviava verso il ritorno al potere della borghesia liberale.
Il 22 agosto del 1795 la Convenzione Nazionale, composta per la stragrande maggioranza da Girondini che erano sopravvissuti al Terrore, approva una nuova costituzione, stavolta bicamerale. Il potere esecutivo sarebbe passato nelle mani di un “Direttorio” composto da 5 membri, e nominato dal parlamento. Le proteste degli oppositori, in particolare Giacobini e Realisti, venivano soffocate dall’esercito, in cui iniziava ad emergere un giovane generale di successo, Napoleone Bonaparte.
Durante i 4 anni di governo del direttorio, i problemi saranno molti: crisi finanziarie, insoddisfazione da parte del popolo, inefficienza burocratica ed una forte corruzione. Alla fine degli anni ‘90 del ‘700, il Direttorio riusciva a mantenere il potere quasi soltanto per merito dell’esercito.
Il 9 novembre del 1799, Napoleone Bonaparte organizza un colpo di stato che culminerà con l’abolizione del direttorio. Napoleone assume la carica di Primo Console. L’evento è generalmente considerato come la fine della Rivoluzione Francese, o meglio la sua evoluzione verso una nuova fase. Con Napoleone la Francia, profondamente ridefinita dai numerosi cambiamenti degli ultimi anni, ma allo stesso tempo dominata dal potere di Bonaparte, arriverà al dominio di quasi tutta l’Europa continentale.
Consegna:
Tramite powerpoint racconta la rivoluzione francese, Perchè è scoppiata? Mettila a confronto con la rivoluzione americana, quali similitudini e quali differenze trovi?
Completa il wordwall, fai quindi uno screenshot del punteggio.
La ghigliottina. Come funziona? Cerca su internet il funzionamento pratico e le conseguenze sul corpo umano, aggiungi quindi una slide sulla ghigliottina al powerpoint.
Di cosa parla la seguente opera? con l'aiuto della tutor di inglese crea un video dove spieghi il tema principale del libro.
Checklist di autovalutazione:
Ho svolto il powerpoint (3 punti)
Ho inserito la slide sulla ghigliottina( 2 punti)
Ho completato il wordwall con almeno 700 punti ed eseguito lo screenshot ( 2 punti)
Ho parlato con un video di " the fall of Robespierre" ( 3 punti)
Attività N.9
Attività N.10
Titolo:
L'età napoleonica
Tipologia:
Attività in coppia, durata 100 minuti
Quesito:
Sviluppo/studio della figura di Napoleone e della sua Francia
video e materiali:
Napoleone Bonaparte nacque nel 1769 ad Ajaccio, in Corsica, da una famiglia della piccola nobiltà. Dopo aver frequentato la scuola militare di Parigi, divenne tenente d'artiglieria nel 1794. Di sentimenti repubblicani e divenuto generale, nel 1796 sposò Giuseppina, donna di sei anni più grande e già madre di due figli.
A soli 26 anni, gli fu affidato il comando dell'armata francese impegnata nella Campagna d'Italia contro gli Austriaci, padroni dell'Italia del Nord dal Settecento e che facevano parte di una coalizione di potenze unite per sconfiggere la Francia rivoluzionaria.
Napoleone attaccò la Repubblica di Genova e il Piemonte e nel maggio 1796 ottenne la Savoia e la contea di Nizza, prima di mettere in fuga l'esercito austriaco e di entrare da liberatore a Milano.
Tra 1796 e 1797 Napoleone occupò l'Emilia e la Romagna e arrivò vicino a Vienna. Ottenuto un armistizio con l'Austria, guadagnò Avignone dallo Stato pontificio.
Nell'Italia del Nord conquistata sorsero delle repubbliche, che furono abbandonate da Napoleone e governate sotto il pugno di ferro dell'occupazione militare francese.
Presa l'Italia, il Direttorio affidò a Napoleone l'incarico di attaccare l'Inghilterra. Non potendo pensare a un'invasione attraverso la Manica, Napoleone scelse di occupare l'Egitto, possedimento turco, ma adatto per colpire gli interessi economici inglesi. Il condottiero preparò bene la campagna d'Egitto: scelse i soldati più pronti fisicamente a sopportare il caldo e allestì la flotta. Sbarcò in Egitto nel 1798 presentandosi come un liberatore e sconfiggendo i Mamelucchi nella battaglia delle Piramidi.
La situazione politica in Francia continuava però ad essere instabile: la distruzione della flotta francese operata dall'ammiraglio inglese Horatio Nelson provocò una ripresa delle attività contro il Direttorio.
A metà ottobre del 1799, mentre veniva creata la seconda coalizione antifrancese composta da Austria, Prussia, Inghilterra e Russia, Napoleone rientrò in Francia dove pose fine alla crisi politica con il colpo di stato del 18 Brumaio.
Il Direttorio fu esautorato e la Francia fu affidata a un consolato di tre Membri: Napoleone, primo console, Charles-Maurice de Talleyrand, ex vescovo, e Joseph Fouché, ex Giacobino.
Fondato sul ruolo avuto dall'esercito nel colpo di stato, il potere di Napoleone fu sancito dalla Costituzione dell'anno VIII, con la quale venne rafforzato il potere del primo console.
Sconfitte le opposizioni più radicali composte sia dai sostenitori del ritorno della monarchia - e in particolare di Luigi XVIII, fratello del decapitato Luigi XVI - sia dai Giacobini, che nel 1800 cercarono di uccidere Napoleone con una bomba, il consolidamento del potere napoleonico restò legato alle vittorie militari contro la seconda coalizione antifrancese.
Nel 1801 Napoleone firmò la pace con Austria e Inghilterra. Nello stesso anno, per rafforzare il potere, siglò il concordato con la Chiesa di Roma: il Cattolicesimo fu riconosciuto religione non di Stato, ma della maggioranza dei Francesi, e la Chiesa di Roma riguadagnò in Francia importanti privilegi.
Nel 1802, attraverso un plebiscito, Bonaparte si fece eleggere console a vita, ma non bastava.
Nel 1804 il popolo lo nominò imperatore. Si racconta che durante la cerimonia d'incoronazione nella cattedrale di Notre Dame a Parigi, Napoleone tolse la corona dalle mani di papa Pio VII, che stava per consacrarlo, ponendosela sul capo e affermando «Dio me l'ha data, guai a chi la tocca!».
Il governo di Napoleone in Francia si fondò su:
Il senso di unità nazionale, rafforzato nella lotta contro le varie coalizioni antifrancesi che si formarono a partire dal 1800
La razionalità dell'opera di governo e l'accentramento del potere avviato attraverso la creazione dei prefetti, ufficiali che controllavano ogni distretto di Francia, e la redazione nel 1804 del Codice civile napoleonico, raccolta di leggi che affermava la centralità dello Stato e ribadiva i principi rivoluzionari di libertà personale e uguaglianza dei cittadini oltre alla laicità dello Stato
Un vasto consenso in grado di coinvolgere tutte le classi sociali anche attraverso la creazione di una scuola pubblica aperta a tutti.
Dal 1804 al 1809 cinque anni di guerre sconvolsero profondamente la carta geografica d'Europa.
Nel 1805 sconfitti gli Austro-Russi ad Austerlitz, il dominio napoleonico si estese al Veneto, in Istria e Dalmazia e nel Regno di Napoli.
Lo stesso anno, la vittoria della flotta inglese di Nelson nella battaglia di Trafalgar segnò la rinuncia definitiva al progetto di invadere l'Inghilterra.
Non potendo arrivare in Inghilterra, Napoleone decise nel 1806 di espandersi verso Oriente: creò la Confederazione del Reno e proclamò decaduto il Sacro Romano Impero.
Dopo aver sconfitto la Prussia la inserì con l'Olanda nell'Impero in costruzione e, per minare la potenza inglese, proclamò il Blocco Continentale, che stabilì il divieto per i Paesi europei di commerciare con l'Inghilterra.
Il 1807 segnò l'apice della potenza francese: la pace di Tilsit con la Russia fece dello Zar Alessandro I un alleato.
Nel 1808 l'espansione francese trovò difficoltà in Spagna, ma l'anno seguente nuove vittorie sull'Austria portarono a nuove annessioni in Italia: Parma, la Toscana, l'Umbria e il Lazio caddero nelle mani dei Francesi, che trafugarono importanti opere d'arte, ma non la Gioconda, a differenza di quanto si crede, portata da Leonardo da Vinci in Francia nel 1517.
Buona parte dell'Europa era guidata dall'Impero napoleonico, che si fondò sulla supremazia di un esercito composto da cittadini reclutati attraverso la leva obbligatoria.
Negli Stati conquistati o annessi, affidati a membri della famiglia di Napoleone, fu esteso il sistema amministrativo e giuridico francese, mentre l'economia venne sottoposta alle esigenze della Francia, contribuendo, insieme a un forte controllo militare, a far crescere l'ostilità antifrancese.
Il periodo relativamente pacifico tra il 1809 e il 1812 non portò a un consolidamento dell'Impero a causa dell'ostilità inglese e del papa e dalle nascenti opposizioni all'interno dei territori conquistati. L'alleanza con la Russia, rimasta indipendente, con un sistema di potere totalmente diverso da quello francese e che non aveva nulla da guadagnare dal Blocco Continentale, era in bilico.
Nel 1812 Napoleone decise di costringere con la forza lo zar alla fedeltà e invase militarmente i territori russi con la Campagna di Russia.
L'avanzata francese, iniziata in estate, si protrasse sino al freddo inverno russo. Di fronte a un nemico che si rifiutava di trattare e che faceva terra bruciata tagliando le scorte a Napoleone, la forza dell'esercito e la recente invenzione da parte di un cuoco francese del cibo in scatola furono inutili. La campagna si risolse in una ritirata con 400 mila perdite.
Una nuova coalizione tra Inghilterra, Russia, Prussia e Austria sconfisse i francesi a Lipsia nel 1813. La coalizione entrò in Francia e occupò Parigi.
Napoleone chiese la pace e abdicò andando in esilio all'Isola d'Elba: nel marzo 1814 salì al trono Luigi XVIII e venne restaurata la monarchia.
Mentre le potenze vincitrici iniziavano la ridefinizione dei confini d'Europa attraverso il Congresso di Vienna, nel marzo del 1815 Napoleone fuggì dall'Elba e rientrò a Parigi, dove riassunse il potere e venne salutato da una folla in delirio.
Iniziarono gli ultimi Cento giorni di governo di Napoleone, che si conclusero nel 1815 con la sconfitta di Bonaparte a Waterloo da parte delle potenze della coalizione.
La Francia venne invasa dagli eserciti stranieri e Napoleone fu esiliato nell'isola di Sant'Elena dove morì il 5 maggio 1821.
Consegna:
Tramite powerpoint racconta la vicenda francese e di Napoleone
Inventate, scrivete e poi recitate un’intervista fatta nell’aprile del 1821 a Napoleone in esilio a Sant’Elena: Come mai vi è stato relegato? Cosa avrebbe potuto fare per evitare l'esilio e la sconfitta? Quali sono i suoi piani adesso? Etc.
Di cosa parla la poesia " Il 5 maggio"? con l'aiuto della tutor di italiano analizza la poesia e collega gli eventi scritti a quelli successi veramente durante la vita di Napoleone.
Checklist di autovalutazione:
Ho svolto il powerpoint ( 3 punti)
Ho svolto il'intervista ( 2 punti)
L'intervista conta almeno 8 domande ( 2 punti)
Ho analizzato assieme alla tutor di italiano il 5 maggio ( 3 punti)
Attività N.11
Titolo:
L'età della restaurazione
Tipologia:
Attività in coppia, durata 100 minuti
Quesito:
Studio del quadro europeo/mondiale del 1800
video e materiali:
Nel Congresso di Vienna si confrontarono due linee politiche contrapposte: coloro che volevano un puro e semplice ritorno al passato e quelli che sostenevano la necessità di un compromesso con la storia trascorsa: «Conservare progredendo» era la loro parola d'ordine. Questo contrapposto modo di pensare l'azione politica nasceva paradossalmente da un unico punto di origine ideale.
Nell'età della Restaurazione si avanzava infatti una nuova concezione della storia che smentiva quella degli illuministi basata sulla capacità degli uomini di costruire e guidare la storia con la ragione. Le vicende della Rivoluzione francese e il periodo napoleonico avevano dimostrato che gli uomini si propongono di perseguire alti e nobili fini che s'infrangono dinanzi alla realtà storica. Il secolo dei lumi era infatti tramontato nelle stragi del Terrore e il sogno di libertà nella tirannide napoleonica che, mirando alla realizzazione di un'Europa al di sopra delle singole nazioni, aveva determinato invece la ribellione dei singoli popoli proprio in nome del loro sentimento di nazionalità.
Secondo questa visione, dunque, la storia non è guidata dagli uomini, ma è Dio che agisce nella storia[2] mediante una Provvidenza divina che s'incarica di perseguire fini al di là di quelli che gli uomini ingenuamente si propongono di conseguire con la loro meschina ragione.
Il Congresso di Vienna (1814-1815) fu la conferenza dei maggiori ambasciatori europei nella quale si ridisegnò la mappa del continente secondo i voleri degli stati vincitori. I princìpi fondamentali che informarono il congresso furono definiti come restaurazione, legittimità e equilibrio. Il primo prevedeva il ritorno alla situazione politica e ai confini del 1792. Il ritorno alla legittimità ripristinò le prerogative della nobiltà europea e delle famiglie regnanti. L'equilibrio, diceva che tutte le potenze dovevano avere uguale forza politica.
Nel Congresso di Vienna vennero prese le principali decisioni dai delegati delle più grandi nazioni europee del XIX secolo (Austria, Prussia, Russia ed Inghilterra) che avevano reso possibile la sconfitta nella battaglia di Lipsia (in Sassonia) di Napoleone Bonaparte. Hardemberg fu il delegato prussiano, il marchese di Londonderry quello inglese, per la Russia partecipò lo zar Alessandro I in persona e l'Austria venne rappresentata da Metternich, grande diplomatico e politico austriaco che influì notevolmente nella configurazione geo-politica dell'Europa post Napoleonica.
In principio frenato dalle pretese di Prussia e Russia, che esigevano venissero loro annessi nuovi territori, fu decisivo l'intervento del francese Charles Maurice de Talleyrand-Périgord (ecclesiastico e diplomatico che passò la fase della rivoluzione e il dominio napoleonico, prima sostenendolo poi avversandolo, prodigandosi per l'ascesa al potere di Luigi XVIII), il quale, schierandosi a favore di Regno Unito e Impero austriaco, riuscì a far tornare sui propri passi le altre due potenze, che ritrattarono le proprie pretese.
Il Congresso si basò su tre principi cardine:
il principio di equilibrio, in base al quale nessuna potenza dovesse rafforzarsi eccessivamente a danno delle altre.
il principio di legittimità, per il quale assiduamente combatté Talleyrand e che prevedeva il ritorno al potere di tutte quelle dinastie precedenti al dominio Napoleonico;
la cintura di Stati "cuscinetto" intorno alla Francia, per impedire la sua egemonia su tutta l'Europa.
Nella suddetta assemblea si sancirono anche due alleanze: la Santa Alleanza tra Russia, Austria e Prussia e la Quadruplice alleanza, formata dalle precedenti nazioni più l'Inghilterra. Questa alleanza si basava sul principio di intervento: nel caso uno Stato avesse avuto dei problemi causati da disordini rivoluzionari che potevano contagiare gli altri stati, questi si ritenevano in obbligo d'intervenire per sedare le rivolte. Al principio di non ingerenza negli affari interni di uno stato si sostituiva l'ideale della solidarietà internazionale da attuarsi con la periodica consultazione dei governi europei nei Congressi e tramite quello strumento di polizia internazionale che era la Santa Alleanza.
Comprendere il Congresso di Vienna è molto importante per capire in seguito gli scopi della Restaurazione, in quanto fu proprio questa assemblea il simbolo dell'iniziativa intrapresa dalle superpotenze del continente.
Alla caduta di Napoleone e del suo Impero, in Europa serpeggiava l'idea che si era chiusa una parentesi: ora c'era l'Europa di prima da ricostruire. Teoricamente si cercò di ritornare integralmente all'Ancien Régime, ma in pratica si trovò un compromesso fra il vecchio e il nuovo sistema di governo culminante nel Congresso di Vienna. Molte delle istituzioni francesi, in campo amministrativo, giuridico ed economico, vennero mantenute là dove i francesi le avevano instaurate. Era poi difficile sradicare dalle coscienze le idee di libertà e uguaglianza introdotte con la rivoluzione. Infine, questo tentativo di ritorno all'Ancien Régime era un compromesso antistorico, per l'irreversibilità del processo di secolarizzazione iniziato o, meglio, affrettato dalla Rivoluzione francese.
La Restaurazione in effetti si identifica con la volontà unanime del Congresso anche se successivamente vedremo come si creeranno delle discordie anche all'interno di questo circolo privato nazionale.
L'errore principale commesso dai monarchi del XIX secolo consiste nel non aver saputo (o meglio nel non aver voluto) conciliare le ideologie presenti con quelle passate, imponendosi prepotentemente sui governi di tutta Europa in modo assolutistico senza aver tenuto conto delle nuove idee di nazionalità, liberalismo e democrazia che, la Rivoluzione francese prima e Napoleone poi, seppur inconsciamente e involontariamente, avevano insinuato nelle menti dei popoli.
In sintesi, l'Europa era ideologicamente cambiata dall'avvento di Napoleone, ma i sovrani del tempo sembrarono non voler tener in conto questo fatto, fingendo che 26 anni di storia (1789-1815) non fossero mai esistiti. Le conseguenze di questo atteggiamento intollerante si manifesteranno sull'Europa cinquant'anni più tardi, prima nel Risorgimento italiano e poi nelle rivoluzioni che scuoteranno il secolo successivo.
Consegna:
Completa il wordwall, per ogni domanda scrivi sul quaderno la spiegazione della risposta esatta
Qual'è l'obiettivo del congresso di Vienna? quali ostacoli si manifestano nel voler restaurare l'ancient regime? Spiegalo con un powerpoint.
Secondo te, cosa porta gli essere umani a preferire una forma di governo basata sulla repubblica rispetto alla monarchia? Cosa si intende per repubblica e monarchia? Come si sono evolute nel tempo queste 2 forme di governo? Che esempi puoi fare? Scrivi un breve testo aiutandoti con internet.
Valutazione:
Ho completato il wordwall e effettuato uno screenshot per salvare il risultato ( 3 punti)
Ho spiegato le risposte sul quaderno ( 3 punti)
Ho scritto il breve testo ( 3 punti)
Il testo ha almeno 150 parole ma non più di 250 ( 1 punto)
Attività N.12
Titolo:
Il risorgimento
Tipologia:
Attività in singolo, durata 100 minuti
Quesito:
Quadro politico dell'Italia nel 1800
Video e materiali:
Il Risorgimento è il movimento ideologico e letterario che culminerà, nel 1861, con l’Unità d’Italia. Si tratta in realtà di un movimento complesso, dotato di molte anime, che gli storici hanno interpretato in modi differenti. Il Risorgimento è il risultato dell’attività di molti politici, pensatori, cospiratori e patrioti. Non tutti aspiravano allo stesso obiettivi: qualcuno immaginava un’Italia repubblicana, qualcuno una confederazione di stati unita sotto l’autorità del papa. Alla fine l’Unità d’Italia seguirà il percorso di una monarchia liberale, quella di casa Savoia.
Possiamo dire che il Risorgimento inizia con le guerre napoleoniche in Italia (1796-1815), quando ampi strati della borghesia italiana ebbero occasione di partecipare ai governi degli stati italiani, allo stesso tempo repubbliche e stati satelliti dell’Impero francese. Dopo la sconfitta di Napoleone gli Stati Italiani tornano agli ordinamenti pre-napoleonici, ma con rinnovate derive autoritarie. Per contrastare ciò, molti italiani si riuniranno in società segrete, come la Carboneria (anni ‘20 e ‘30) o la Giovine Italia, fondata da Mazzini nel 1831.
In questo testo analizzeremo le radici del Risorgimento, spingendoci fino al fallimento dei moti del 1848. Sarà soltanto nel 1861 che i Savoia, con l'aiuto francese, sconfiggeranno gli Austriaci e unificheranno l’Italia, conquistando Venezia nel 1866 e la Roma papale nel 1870, e realizzando così, tra molti compromessi, gli ideali storici del Risorgimento che ci apprestiamo ad analizzare.
In tutta Europa, nella prima metà dell’800, i popoli rivendicano la propria identità e la propria unità nazionale. Si pensava infatti che soltanto rendendo gli stati “nazionali” si sarebbe potuto davvero dar voce ai popoli. Dall’Irlanda all’Ungheria, dai Balcani alla Polonia, erano iniziate lotte di ‘liberazione’ per il riconoscimento di stati nazionali. Queste lotte si rifacevano ad un passato illustre, spesso a metà tra la storia ed il mito. Il patriottismo, che costituisce la radice del Risorgimento, non era quindi un fenomeno soltanto italiano.
I patrioti italiani del Risorgimento dovevano fare i conti con un problema: non c’era mai stata un’Italia unita come stato-nazione. Certamente la penisola era stata politicamente unita in uno stato: l’Impero Romano. Che però aveva avuto aspirazioni universali, al di sopra di tutte le nazioni, proprio come l’Impero Austriaco che governava sul Regno Lombardo-Veneto. Dopo di allora, per tutto il Medioevo e l’età moderna, l’Italia era stata divisa, e spesso in parte subordinata a potenze straniere, in particolare dal ‘500.
L’Italia non era unita politicamente, ma da un punto di vista culturale, al contrario, aveva un’identità forte. Era stata una comunità culturale, religiosa, linguistica, ed in un certo senso, sin dall’epoca dei Comuni, anche economica. Nel corso dei secoli personalità come Dante, Machiavelli, Guicciardini e Petrarca avevano mantenuto in vita questa idea d’Italia. Nel ‘700, con il diffondersi anche in Italia dell’Illuminismo, questa idea si era tramutata in una concreta aspirazione politica al rinnovamento.
Napoleone, con la Repubblica italiana (1802-1805) e con il Regno italico (1805-1814), “unirà” da un punto di vista amministrativo le entità statali più avanzate del paese, realizzando in parte le aspirazioni illuministiche per un governo più razionale e per un incremento delle libertà civili. C’era però un conflitto insanabile tra il rinnovamento in senso liberale e repubblicano, da una parte, e la dominazione di una potenza straniera, nazionalista ed assolutista com’era diventata la Francia con il Primo Impero di Napoleone (1804-1814).
Nel 1815 il Congresso di Vienna e la Restaurazione (1815-1830) stabiliranno l’egemonia austriaca su tutta la penisola. Se da una parte questo peggiorerà la situazione politica, dall’altra, se non altro, renderà più chiari gli obiettivi dei patrioti del Risorgimento: la lotta per gli ideali di libertà e democrazia e quella contro il dominio di una potenza straniera tornavano ad essere una cosa sola. Con i moti del ‘20 e ‘21 le società segrete italiane organizzeranno una serie di insurrezioni per ottenere mutamenti politici e l’adozione di costituzioni, non arrivando quasi mai però ad ipotizzare un’Italia unita. Ai moti parteciperanno soprattutto i militari, e non, come auspicato, i ceti popolari. Sarà il fallimento di questi moti ad ispirare le prime fasi del Risorgimento: l’unità e l’indipendenza della nazione italiana.
Insurrezioni patriottiche: I moti del ‘30 e ‘31
La “Rivoluzione di luglio” del 1830 in Francia, in difesa della monarchia costituzionale, ispirerà una serie di insurrezioni in tutta Europa. In Italia, all’inizio del 1831, l’insurrezione scoppierà nei Ducati di Modena e Parma ed in alcuni punti dello Stato pontificio. Ad essere coinvolto è anche Francesco IV, il duca di Modena. L’ambizione del duca era quella di cavalcare l’insurrezione per ottenere una corona, proprio come era accaduto in Francia a Luigi Filippo con la Rivoluzione di Luglio.
Francesco IV entra in contatto con una figura di spicco del patriottismo e del Risorgimento a Modena: Ciro Menotti, un imprenditore ed un cospiratore. Menotti era un liberale, ed aveva abbandonato i principi repubblicani, puntando sempre all’Italia Unita, ma sotto una monarchia costituzionale. Francesco IV, pur solleticato dall’idea di diventare re di un’Italia unita costituzionale, si rende conto che l’Austria non avrebbe accettato nessun mutamento politico. Per questo, il 3 febbraio del 1831, farà arrestare a Modena Menotti ed altri congiurati. I moti, già organizzati, scoppieranno comunque il giorno dopo a Bologna, raggiungendo in breve tempo le altre Legazioni dello Stato pontificio (Pesaro, Urbino e Ferrara), il Ducato di Parma, e coinvolgendo infine la stessa Modena, da cui Francesco IV sarà costretto a fuggire.
Se i moti del ‘20-21, in Piemonte e nelle Due Sicilie avevano coinvolto soprattutto militari, stavolta i rivoluzionari erano in gran parte borghesi, che godevano però dell’appoggio delle frange più liberali della nobiltà. Non mancava in qualche misura la mobilitazione popolare, in particolare a Bologna, che vede tumulti e dimostrazioni in piazza. C’era anche un progetto unitario: per coordinare le insurrezioni viene istituito nelle Legazioni un Governo delle province unite, con sede a Bologna. Nei progetti era prevista anche una marcia verso Roma di un manipolo di volontari.
Nonostante questi progetti ambiziosi, i moti risorgimentali del ‘30 e del ‘31 saranno un fallimento. Prima di tutto c’erano forti divisioni: sia tra le varie città, che tra gli insorti democratici (che ambivano a portare la lotta fino a Roma) e quelli moderati (che speravano che la Francia - fresca di rivoluzione - sarebbe intervenuta in loro favore). I moti finiranno con l’intervento degli Austriaci, che a marzo sconfiggono gli insorti a Rimini. Non tarderà la repressione, anche da parte del nuovo papa Gregorio XVI: alcuni congiurati riusciranno a fuggire, rifugiandosi soprattutto in Francia. Altri saranno condannati a pene durissime o, come lo stesso Ciro Menotti, impiccati.
Consegna:
Tramite un video racconta quanto appena letto
Disegna una cartina dell'Italia pre-unione, in quanti stati è divisa? Per ogni stato crea una linea del tempo che ripercorra la sua creazione ed i suoi avvenimenti principali, aiutati con internet.
Valutazione:
Ho svolto il video ( 3 punti)
Il video dura più di 2 minuti e meno di 4 ( 2 punti)
Ho disegnato la cartina dell'Italia pre-unione ( 2 punti)
Ho disegnato le linee del tempo e scritto il motivo della nascita di ogni stato ( 3 punti)
Attività N.13
Titolo:
L'unità d'Italia
Tipologia:
Attività in coppia, durata 100 minuti
Quesito:
Come si è unificata l'Italia
Video e materiali:
Consegna:
Tramite powerpoint racconta l'unità d'Italia e le sue guerre di indipendenza
Cosa sono i Rothschild? In che modo hanno finanziato l'unità d'Italia? Immagina di essere un giornalista italiano durante l'unione, scrivi un articolo di giornale tramite Google doc. in cui racconti la vicenda dei Rothschild. Usa grafiche e font adatte ad un giornale del 1800.
Valutazione:
Ho svolto il powerpoint ( 3 punti)
Il powerpoint ha almeno 5 slide ( 2 punti)
Ho scritto l'articolo di giornale ( 2 punti)
L'articolo conta almeno 3 pagine di google documenti ( 3 punti)
Titolo:
La prima rivoluzione industriale
Tipologia:
Attività in singolo, durata 100 minuti
Quesito:
Cosa ha permesso e cosa ha comportato l'avvento della prima rivoluzione industriale?
video e materiali:
Per tutta la prima metà del Settecento l’Europa intera fu trascinata da un inaspettato moto espansivo che coinvolse ogni settore della vita politica, culturale e sociale dell’epoca. Innanzitutto ci fu un incredibile picco nella demografia, oltre il 63%, il che permise, in un solo secolo, di passare da 115 milioni a 188 milioni di abitanti.
I motivi erano ovviamente molteplici. Dai miglioramenti climatici alla maggiore disciplina degli eserciti che ora nelle guerre lasciavano sul terreno meno vittime nella popolazione civile; dal sempre più florido commercio coloniale alla produzione agricola, che adesso cominciava a influenzare positivamente anche l’alimentazione, con la diffusione della patata e del latte nella dieta quotidiana. Fu così che il sempre maggiore investimento in nuovi macchinari agricoli, da parte dei piccoli proprietari terrieri (yeoman), preparò il terreno all’imminente Rivoluzione industriale.
L’Inghilterra si era appena lasciata alle spalle il Seicento con la Gloriosa rivoluzione e si apriva al nuovo secolo legandosi alle teorie del filosofo John Locke che nei suoi Trattati sul Governo Civile — in cui si schierava contro la monarchia assoluta a favore della teoria del Contratto sociale — richiedeva una delega di determinati poteri al monarca affinché salvaguardasse al meglio i diritti fondamentali dei sudditi, come la libertà personale e di proprietà.
Questi positivi presupposti politico-filosofici spianarono la strada al conseguente Atto di Unione del 1707 con cui Inghilterra e Scozia si fusero al fine di creare un nuovo regno, la Gran Bretagna. A sedere sul trono fu designato il tedesco Giorgio I che fu incoronato solennemente nell'abbazia di Westminster il 20 ottobre. Con il suo regno ebbe inizio quella che prese il nome di Era Georgiana, ovvero il periodo della storia dell’Inghilterra che, di norma, va dal regno di Giorgio I a quello di Giorgio IV, fra il 1714 e il 1830. Durante questo secolo si ebbero interessanti fermenti culturali con la fondazione del British Museum nel 1753, con i romanzi di Jane Austen, e con le opere dei poeti romantici come Samuel Taylor Coleridge, John Keats e Lord Byron.
Dunque, quando ci si domanda perché la Rivoluzione industriale nacque proprio in Inghilterra la risposta è da cercare nel suo irripetibile contesto storico. Furono, quindi, la nuova stabilità politica, l’alto tasso di urbanizzazione che non aveva riscontro in alcun altro paese e la larga disponibilità di capitali a dare il definitivo impulso alla nascita di un mercato capace di assorbire nuovi congegni meccanici e promuovere inventive tecniche per il loro utilizzo.
Il continuo e universale interesse per l’agricoltura era direttamente collegato all’ascesa dei prezzi agricoli e quindi all’aumento dei profitti legati al possesso delle terre. Il costo dei cereali, adesso, si esprimeva in grammi d’argento e i pagamenti si potevano effettuare in banconote, grazie alla restaurata stabilità economica di alcuni paesi e anche alla nuova rete dei trasporti, ora sempre più sicura. Strade migliori, dunque, sulle quali gli spostamenti e le comunicazioni divennero più rapidi grazie alle costituzioni di appositi servizi di posta, che permettevano il cambio di cavallo a ogni stazione (quello che poi negli Stati Uniti avrebbe preso il nome di Pony express).
Se nel Seicento era possibile recarsi da Parigi a Bordeaux in due settimane, presto sarebbero bastati solo cinque giorni. E poi solamente tre per raggiungere Londra partendo da Edimburgo.
Così facendo, cominciarono a sorgere le prime forme di aziende agricole e un abbozzo di attività industriale, anche se per l’epoca è più corretto parlare di produzione di manifattura in quantità superiori rispetto alla bottega artigianale. Questo aumento della domanda di beni e un concreto miglioramento delle paghe per i lavoratori, in un primo momento, indussero gli stessi a ridurre il tempo dedicato al lavoro e ad aumentare quello del riposo o alle bevute in osteria. Da qui la necessità e la spinta all’introduzione delle macchine sul posto di lavoro per sostituire l’uomo volubile e al contempo dare disciplina alla manodopera.
Il mercato inglese che agli inizi del Settecento andava per la maggiore era quello tessile. La lana era il bene materiale che si produceva e vendeva di più, ma nel 1733 arrivò la prima decisiva invenzione nel settore: la Spoletta volante. Ad inventarla fu il rampollo di una famiglia della borghesia agiata (il padre era un ricco commerciante di stoffe), di nome John Kay. Grazie alla sua spoletta, adesso, un solo tessitore produceva una quantità di tessuto superiore a quella prodotta da due uomini addetti alla manodopera.
Sulla stessa strada di Kay, anche il carpentiere James Hargreaves che trent’anni più tardi brevettò la Giannetta, dal nome di sua figlia Jenny: una macchina filatrice a vapore che produceva più di otto operai in un’intera giornata di lavoro. Entrambi dilettanti di genio sprovvisti, però, di preparazione teorica. La stessa che invece avrebbe contraddistinto la seconda Rivoluzione industriale.
Ma l’invenzione destinata a diventare il simbolo epocale di tutta la Rivoluzione industriale fu la macchina a vapore. Figlia della mente del giovane ingegnere scozzese James Watt, che la brevettò nel 1769, la sua invenzione utilizzava la pressione prodotta dalla trasformazione termica dell’acqua in vapore, generando in tal modo un movimento trasmissibile a una ruota da uno stantuffo. La vera rivoluzione — oltre alle immense possibilità di accrescere la produzione di qualsiasi materiale tramite energia termica e cinetica — stava nel fatto che la macchina a vapore poteva essere utilizzata ovunque. In questo modo le fabbriche non dovevano essere più ubicate vicino ai corsi d’acqua, come accadeva prima, ma avrebbero avuto libero accesso nei centri urbani, dove ci sarebbe stata più possibilità di trovare la manodopera.
Il colonialismo ebbe uno dei massimi punti di sviluppo durante la Rivoluzione Industriale: trovare materie prime a buon mercato era una necessità per un settore in rapida espansione come quello industriale, e le colonie fungevano proprio da "rifornimento" di combustibili fossili e metalli
Visto che nella macchina a vapore il condensatore separato dal cilindro permetteva di mantenere una temperatura costante con grande risparmio di energia, la nuova invenzione era pronta per essere utilizzata in ogni altro àmbito produttivo: dal tessile al minerario, da quello siderurgico a quello agricolo, garantendo ovunque rapidità, meccanizzazione e aumento della produttività. Finanche nei trasporti, perché quando si fanno muovere delle ruote si può fare quasi tutto.
Ancora una volta, l’Inghilterra si dimostrò il Paese più adatto a questo tipo di rivoluzione. Il Paese era uscito rafforzato dalla Guerra dei Sette anni: padroni dei mari, verso la rivoluzione industriale, senza rivali in America e India, e con lo sviluppo economico.
Il nuovo re, Giorgio III, a differenza dei predecessori, era nato ed educato in Inghilterra. Per rassicurare il popolo della sua matrice britannica prese le distanze dalle sue origini tedesche; nel primo discorso al Parlamento aveva dichiarato: “Nato e cresciuto in questo paese mi vanto di essere un britannico”. La sua grande passione furono i libri, di cui fu un avido collezionista. Durante il suo regno arrivò ad averne 65.000 che riunì nella King’s Library.
Oltre all’immancabile spinta regia, il sottosuolo inglese era anche ricchissimo di carbon fossile — prima usato come combustibile per il riscaldamento domestico, ma anche per la distillazione delle birra — il che portò all’espansione dell’industria siderurgica che da quel momento si specializzò nella produzione della ghisa. La corrente di aria calda emessa dalla macchina a vapore permetteva la fusione dei minerali di ferro e così l’Inghilterra, da paese importatore, si trasformò in esportatore di ferro.
Ciò provocò contemporaneamente un radicale cambiamento nel settore dei trasporti: nel 1807 l'americano Robert Fulton (1765-1815) avrebbe costruito un vaporetto e già nel 1819 si ebbe la prima traversata dell'Atlantico di una nave a vapore; nel 1814 l'inglese George Stephenson (1781-1848) costruirà una locomotiva, i cui successivi miglioramenti consentirono di inaugurare in Inghilterra nel 1825 la prima linea ferroviaria.
I sempre più numerosi insediamenti industriali nelle regioni del Nord dell’Inghilterra, quelle vicine a giacimenti di carbone e ferro, e quelli con i più facili collegamenti con le arie portuensi, ebbero come conseguenza una crescita dell’urbanizzazione e un notevole arricchimento della borghesia capitalistica, la quale, sulla rovina dei mezzadri e degli operai delle moderne fabbriche, costruì le sue prime fortune.
Mentre le campagne si svuotavano, città come Birmingham, Sheffield e Newcastle si riempivano di contadini che si accontentavano dei salari più bassi sul mercato. Avevano abbandonato la falce e i tempi lunghi del raccolto per piegarsi alle logiche produttive delle macchine, compiendo quotidianamente gesti uniformi e ripetitivi per quattordici ore al giorno. Si resero ben presto conto, però, che adesso non sarebbero state più ammesse distrazioni, pause o rallentamenti, e che non avrebbero avuto la possibilità di festeggiare il santo lunedì dopo la sbornia domenicale.
Quando gli uomini non bastavano, i padroni delle fabbriche non disdegnavano l’impiego di donne e bambini di cinque e sei anni, le cui retribuzioni erano di gran lunga inferiori. La rivoluzione industriale aveva portato con sé il lato oscuro del “sistema fabbrica” e i suoi disumani processi di produzione che portarono a un’epocale trasformazione anche nei rapporti sociali.
Da un lato stavano i padroni — proprietari del capitale necessario agli investimenti in macchine e al pagamento dei salari degli addetti al loro funzionamento — e dall'altro gli operai che vendevano la loro forza lavoro. L'utilizzazione delle macchine per la produzione su vasta scala concentrò sempre più masse di lavoratori in fabbriche organizzate secondo criteri razionali con funzioni, orari, ritmi definiti in base alle esigenze della divisione del lavoro.
Benché non potessero contare su alcuna forma di diritto o di protezione sociale, tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento numerosi operai cominciarono ad organizzare scioperi, boicottaggi e proteste. La più famosa, o comunque quella che diede il via a quelle successive, fu avviata dall’operaio Ned Ludd che nel 1779, in uno scatto d’ira, distrusse un telaio.
Da quel momento in poi numerosi gruppi organizzati, detti luddisti, entrarono in azione per la prima volta a Nottingham nel 1811; la rivolta si estese poi nello Yorkshire, Lancashire, Derbyshire e Leicestershire. Gravi incidenti occorsi nel 1812 provocarono una dura repressione, con impiccagioni e deportazioni dei rivoltosi, e l’organizzazione parve disciolta. Il Luddismo si estese in tutta la nazione, con masse di operai che protestavano per le pesantissime condizioni di lavoro cui erano costretti. Questi movimenti si unirono poi nella costituzione di leghe di lavoratori, di società di mutuo soccorso e infine di sindacati e di partiti socialisti.
Dinanzi alla gravità di quella che si configurava come una grande questione sociale, le classi dirigenti assunsero per molto tempo un atteggiamento di netta chiusura. Le prime moderate riforme a opera dello Stato ebbero luogo in Inghilterra dopo il 1830. Nel 1831 la giornata lavorativa per i ragazzi sotto i 10 anni fu ridotta a dieci ore; nel 1833 venne limitato il lavoro notturno; nel 1847 fu stabilita la giornata lavorativa di dieci ore anche per le donne.
Tutto ciò fu dovuto anche grazie all’intervento di eminenti intellettuali dell’epoca, come Friedrich Engels e Karl Marx, che in alcune opere pubblicate alla metà dell’Ottocento denunciavano le condizioni delle classi lavoratrici. Tutti d’accordo sul fatto che «La condizione della classe operaia è la vera base e il punto di partenza di tutti i movimenti sociali del presente poiché essa è la più alta e la più palese vetta della miseria sociale esistente ai nostri giorni». (La situazione della classe operaia in Inghilterra, Friedrich Engels)
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