Attività M3

storia

Attività N.0

Fare una presentazione di storia

Introduzione ( piccolo riassunto di ciò che ha portato agli eventi studiati)

chi ( chi prende parte alla vicenda)

cosa ( come mai la vicenda studiata viene chiamata in quel modo)

quando ( in che periodo e contesto storico avviene la vicenda)

dove ( dove avviene la vicenda, il luogo dove avviene la vicenda oggi ha un nome diverso? perchè?)

perchè ( perchè succede un determinato evento come si sviluppa)

conclusione ( come termina la vicenda, quali cambiamenti accadono nei soggetti protagonisti? cosa succederà dopo?)

Approfondimento ( una o due slide per approfondire un argomento specifico con un piccola ricerca su internet)

3. Inserire le note del relatore

sotto ogni slide aggiungi due righe di note del relatore, per aiutarti quando dovrai presentare il powerpoint. 

Attività N. 1

La seconda rivoluzione industriale.

Attività in: singolo, durata 100 minuti

scopo attività: Comprendere lo sviluppo economico e sociale durante la seconda rivoluzione industriale

Video1, Video2 e materiali:

Con il nome seconda rivoluzione industriale si indica quel periodo degli ultimi trent'anni del secolo XIX in cui il sistema dell'economia capitalistica subì una serie di trasformazioni che lo modificarono definitivamente. Le conseguenze della seconda rivoluzione industriale si possono riassumere come segue: 

Uno dei segni più vistosi della nuova stagione fu il declino dei valori della libera concorrenza, che avevano largamente ispirato nel ventennio precedente le teorie degli economisti e le scelte dei governanti. Le nuove dimensioni assunte da un mercato internazionale dove diventava sempre più difficile farsi largo e l'esigenza di aumentare continuamente gli investimenti spinsero gli imprenditori a cercare nuove soluzioni al di fuori dei canoni liberisti.

Nacquero così le grandi consociazioni (holdings) per il controllo finanziario di diverse imprese; i consorzi (cartelli o pools) fra aziende dello stesso settore che si accordavano sulla produzione e sui prezzi; le vere e proprie concentrazioni (trusts) fra imprese prima indipendenti. Fenomeni di questo genere non erano nuovi nella storia del capitalismo industriale, ma ora assunsero dimensioni imponenti, soprattutto negli Stati Uniti e in Germania, fino a determinare in qualche caso un regime di monopolio.

 SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE: CAUSE  Un ruolo decisivo, in questi processi, fu svolto dalle istituzioni finanziarie. Solo le grandi banche potevano assicurare gli imponenti e costanti flussi di denaro necesari alla nascita e alla crescita dei colossi per i quali i profitti, per quanto elevati, non erano sufficienti a ricostituire il capitale di investimento. Fra banche e imprese si venne così a creare uno stretto rapporto di compenetrazione: le imprese dipendevano sempre più dalle banche per il loro sviluppo e le banche legavano in misura crescente le loro fortune a quelle delle imprese. Questo intreccio fra industria e finanza fu definito dagli economisti marxisti col nome di capitalismo finanziario.

 Max Weber e il capitalismo

Con il tramonto dei principi liberisti, i governi delle grandi e piccole potenze vennero man mano allargando i loro interventi in favore dell'economia nazionale. Questi interventi potevano prendere la forma di sostegno diretto alla grande industria, attuato per lo più mediante le commesse per le forze armate (fu questo, in particolare, il caso della Germania); ma soprattutto si esercitavano attraverso l'inasprimento delle tariffe doganali, volto a scoraggiare le importazioni e a proteggere in tal modo la produzione interna.

Anche in questo caso fu la Germania di Otto Von Bismarck a indicare la strada varando, nel 1879, nuovi dazi fortemente protezionistici. Solo la Gran Bretagna, patria del liberoscambismo e primo paese esportatore del mondo, restò estranea alla tendenza generale, ma ne fu doppiamente danneggiata, in quanto vide ridursi gli sbocchi di mercato per le sue merci e dovette assistere allo sviluppo delle industrie nei paesi concorrenti, protetto dalle barriere doganali.

Alla perdita del primato industriale e alla riduzione dei suoi spazi commerciali in Europa, la Gran Bretagna reagì rinsaldando e ampliando il suo già vasto impero d'oltremare e intensificando gli scambi con le colonie.

La ricerca di nuovi mercati per i propri prodotti, di nuovi rifornimenti di materie prime, di nuovi sbocchi per l'investimento di capitali fu del resto comune, in questo periodo, a tutte le economie più avanzate. Soprattutto nell'ultimo ventennio del secolo la corsa ai nuovi mercati assunse proporzioni macroscopiche: tanto da costituire uno dei tratti distintivi di quella fase della storia del capitalismo cominciata negli anni '70 e ancora oggi comunemente identificata con l'età dell'imperialismo.

Consegna:

Cerca su internet i principali utilizzi delle seguenti aree: elettricità, petrolio, acciaio, medicina,chimica. scrivile sul tuo quaderno ordinandole in una tabella

Crea una mappa concettuale tramite Popplet o sul quaderno, partendo dalle scoperte della seconda rivoluzione industriale ed espandendo il loro utilizzo nel tempo. Come si sono evolute? Quali sono state rimpiazzate e quali usiamo ancora oggi? e perchè?

Checklist di autovalutazione:

Ho completato la tabella ( 5 punti)

Ho svolto il Popplet ( 2 punti)

Ho riposto sul quaderno alle domande ( 3 punti)

Attività N.2

L'età degli imperi coloniali

Attività in: coppia, durata 100 minuti

scopo attività: riprendere in mano il quadro politico mondiale generale, capire come nascono molti dei confini africani ancora oggi esistenti

Video1, Video2 e materiali:

 Protagonisti

A partire dal 1860 i paesi europei si resero protagonisti di una seconda intensa fase di espansione – dopo quella del cinquecento – tale da assoggettare quasi l'intero pianeta.

In prima fila nella corsa alla conquista delle terre emerse c'era la Gran Bretagna : la “regina” della rivoluzione industriale fece valere tutta la sua forza economica, finanziaria e militare per conquistare territori in tutti e cinque i continenti. Se Spagna, Portogallo e Olanda erano in netto declino (specialmente i paesi iberici), si affacciarono nella “competizione” coloniale anche paesi emergenti come il Belgio, l'Italia, la Russia e la Germania.

Verso la fine del secolo entrarono nel circolo dei conquistatori – dopo essere stati a diverso livello territori “conquistati” – gli Stati Uniti e il Giappone.

Fatti, avvenimenti e aneddoti dell'epopea colonialista

La debolezza dell'impero ottomano offrì ai paesi più importanti l'occasione per estendere la propria area di influenza: nel 1881 la Francia assunse il controllo diretto della Tunisia; nel 1882 la Gran Bretagna occupò militarmente il debole regno di Egitto iniziando una inarrestabile discesa attraverso Sudan, Kenya, Uganda (acquistata dalla Germania nel 1890). All'altro capo del continente la scoperta di immensi giacimenti diamantiferi e auriferi spinse le truppe di Sua Maestà a scontrarsi con i possedimenti dei boeri [3] . La guerra durò dal 1899 al 1902 e si concluse con la vittoria dei britannici e la nascita dell'Unione Sudafricana (membro del Commonwealth fino al 1961). L'avventuriero Cecil Rhodes proseguì la colonizzazione britannica risalendo verso nord (l'attuale Rhodesia), puntando a ricollegarsi con il Kenya; l'operazione non riuscì per la presenza del possedimento tedesco della Tanganica (1890). Se la Gran Bretagna sviluppò i suoi possedimenti da nord a sud, la Francia disegnò una linea ininterrotta da est a ovest. Nella fascia equatoriale i militari della repubblica francese presero possesso del Senegal e poi seguirono la linea sub-sahariana fino a incontrarsi/scontrarsi con gli inglesi al confine del Sudan. Era il 1898 e si rischiò seriamente uno scontro militare tra le 2 superpotenze dell'epoca. Tra i possedimenti anche l'Algeria (1881) e il Marocco (1911).

L'epopea imperiale interessò anche il giovane impero tedesco : dal 1884 la prudenza di Bismarck (“vale più una città in Europa che uno stato in Africa”) fu accantonata e sostituita da una aggressiva offensiva militare che portò sotto la bandiera dell'imperatore Gugliemo II le regioni del Camerun, del Togo e della Namibia nella costa atlantica e della già ricordata Taganica nella costa dell'Oceano Indiano.

L'Italia si ritagliò, al prezzo di clamorose sconfitte, uno spicchio di colonie nella regione del corno d'Africa (Eritrea e Somalia) e, più tardi, occupando “lo scatolone di sabbia” (la definizione è di Gaetano Salvemini) della Libia nel 1911. L'ultimo paese europeo in gioco nell'età degli imperi fu il piccolo Belgio dell'ambizioso re Leopoldo II.Venuto a sapere, tramite il giornalista americano Henry Morton Stanley, delle immense ricchezze presenti nel bacino del fiume Congo – rame e stagno soprattutto – iniziò la conquista e lo sfruttamento della zona, praticamente a titolo personale. L'iniziativa fu ostacolata dalle altre potenze con interesse nell'area, e si rese necessaria una apposita conferenza che – tenutasi a Berlino nel 1884-85 – sancì la regola dell'”occupazione di fatto”. In conseguenza re Leopoldo II si tenne il Congo mentre le altre potenze si regolarono di conseguenza scatenando una vera e propria gara all'occupazione”de facto” dei territori.

Nella cartina vediamo la situazione dell'Africa del 1914 dove solo Liberia ed Etiopia risultano indipendenti. Il Sudafrica, come detto, era uno stato controllato indirettamente dalla Gran Bretagna.

MAPPA DELL'AFRICA

Il colonialismo extraeuropeo

Alle conquista africane, Gran Bretagna e Francia, affiancarono conquiste in Asia, ai Caraibi e nel Pacifico. Nel 1876 con una solenne cerimonia la regina Vittoria fu proclamata imperatrice d'India, inaugurando così la fondamentale storia del dominio inglese nel sub-continente indiano [4] . Nel frattempo inglesi, scozzesi e irlandesi avevano “colonizzato” le grandi isole dell'Oceano pacifico: l'Australia e la Nuova Zelanda quest'ultima con una vera e propria guerra contro gli indigeni Maori.

La Francia estese il suo territorio in Indocina oltre a mantenere e incrementare i numerosi avamposti in isolotti nei Caraibi e nella Polinesia. Anche l'Olanda mantenne i vasti possedimenti delle Indie Orientali (oggi Indonesia) tra cui la Nuova Guinea , spartita con inglesi e tedeschi.

Nel continente americano ad esclusione del Canada divenuto autonomo dal Regno Unito nel 1870 l'intero continente fu posto sotto la tutela degli Stati Uniti dal famigerato “Decreto Monroe” del 1823. Con la perdita di Cuba nel 1898 la Spagna completò la sua ritirata dal continente; lasciando alla rappresentanza europea soltanto alcuni atolli e isolotti del golfo del Messico.

Un discorso a parte meritano tre paesi che vivono l'esperienza imperialista in forme diverse da quelle degli imperi europei in concorrenza tra loro: la Russia degli zar; gli Stati Uniti della seconda industrializzazione e il Giappone della modernizzazione lampo.

La Russia completò l'allargamento dei propri confini verso sud e verso est, raggiungendo la periferia del mondo mussulmano e della civiltà mongola. La contesa sulla Manciuria creò un attrito con il Giappone, anch'esso interessato al territorio formalmente parte dell'impero cinese, che sfociò nella guerra russo-giapponese del 1905, risoltasi con un clamoroso successo degli asiatici.

Proprio il Giappone, artefice di una modernizzazione assolutamente strabiliante, entrò a far parte dei paesi con mire colonizzatrici: a fine ottocento sottrasse la Corea alla Cina e avviò una politica estera molto aggressiva finalizzata a sottomettere l'intera area del sud-est asiatico. Una strategia che caratterizzerà il Giappone praticamente senza soluzione di continuità fino alla fine della seconda guerra mondiale.

L'altro gigante asiatico, la Cina , rimase formalmente indipendente ma, di fatto, occupato un po' da tutte le potenze coloniali.

Gli Stati Uniti passarono alla loro terza fase: dopo una prima di fase di emancipazione dalla madrepatria inglese; ed una seconda fase di consolidamento dei propri confini (per tutto l'Ottocento) si aprì, anche per i cittadini del nuovo mondo la vecchia pratica dello sfruttamento degli altri popoli e delle risorse altrui.

Con il decreto Monroe del 1823 venne imposto uno stop alla penetrazione europea nell'area del continente americano; ma fu con la guerra contro la Spagna , prima per il nuovo Messico, poi per Cuba che si inaugurò la stagione dell'interventismo americano nel mondo. Forse ancora più significativo della conquista di Cuba (lasciata formalmente indipendente) appare la penetrazione nell'Oceano Pacifico, realizzata proprio nell'ambito della guerra alla Spagna.: le colonie spagnole delle isole Hawaii e delle Filippine furono teatro di guerra e, a guerra vinta, protettorati Usa (le Hawaii inglobate come stato della federazione). Erano gli ultimi anni del secolo e segnarono, senza che in molti ne percepirono la portata, grandi cambiamenti nell'assetto geopolitica mondiale. Considerati ancora come potenza secondaria dagli europei gli Stati Uniti proclamarono nel 1904, per volontà del presidente Theodore Roosevelt, il corollario alla dottrina Monroe: il diritto degli USA ad intervenire in qualunque parte del continente americano. E infatti intervenne a Panama per controllare l'importantissimo canale di attraversamento del continente (1903).

Gli assetti della politica europea

La lunga pace, che dalle guerra napoleoniche giunge fino al 1914, deve qualcosa anche al fenomeno dell'imperialismo.

I contrasti non risolti erano quelli tra Gran Bretagna e Russia (Persia, Afganistan e stretto di Dardanelli) e tra Germania e Francia. Si creò una serie di alleanze incrociate che creò un sistema di reciproci contrappesi tale da garantire l'equilibrio nel continente, e quindi la pace. Il congresso di Berlino del 1878 sancì in un certo senso questo sistema. Ma la politica espansionistica di Guglielmo II portò ad un nuovo scenario: la Germania ruppe l'accordo con la Russia che si alleò alla Francia. Nuovi partners dei tedeschi furono Austria e Italia (“triplice alleanza” 1882).

Questa pace continentale favorì la competizione alla conquista coloniale:

La competizione internazionale si fece sempre più dura: agli albori del nuovo secolo la Gran Bretagna iniziò una politica estera apertamente anti-tedesca che favorì anche Francia e Russia nella contesa dei vari territori. Anche l'Italia fu incentivata ad azioni contro l'impero ottomano (quasi un protettorato tedesco ai primi del 900); tanto che nel 1911 riuscì a sottrarre ai turchi l'isola di Rodi e l'arcipelago del Dodecaneso. Quando la controversia incendiò i Balcani, tutti i nodi vennero al pettine: nel mazzo delle ragioni che scatenarono la carneficina dalla guerra mondiale, le dinamiche imperialistiche giocarono certamente un ruolo di primo piano.


Consegna:

Crea un popplet o una mappa sul quaderno, in cui evidenzi ogni territorio acquisito durante l'era del colonialismo

Tramite powerpoint spiega cos'è il colonialismo e perchè avviene, guarda poi il secondo video ed integralo nel popplet.

Perchè secondo te i popoli africani erano meno sviluppati tecnologicamente di quelli europei? trova una risposta

Checklist di autovalutazione:

Ho creato il popplet ( 3 punti)

ho riassunto tramite powerpoint l'età del colonialismo ( 4 punti)

ho eseguito la ricerca  sui segni lasciati dal colonialismo ( 3 punti)

Attività N.3

Gli equilibri internazionali alla vigilia della grande Guerra

Attività in: coppia, durata 100 minuti

scopo attività: capire cosa ha portato all'inizio della seconda guerra mondiale

Video e materiali:

Alla vigilia della Prima guerra mondiale. Verso il 1900 cominciano a prendere forma quei fattori che, unendosi in una miscela esplosiva, spiegano lo scoppio del grande conflitto.

Essi non sono certo i soli tratti della civiltà del tardo ‘800 e primo ‘900, un periodo che per le classi agiate rimane a lungo nella memoria come un’età felice, di benessere e di svaghi (la “belle époque”, l’età descritta per es, da Proust nei suoi romanzi, l’età dei balli nella società signorile; l’età dei viaggi a lunga distanza, per ferrovia e in nave; l’epoca in cui risorge l’agonismo dilettantistico (sport): per iniziativa del barone francese Pierre De Coubertin rinascono le Olimpiadi (Atene 1896).

Tuttavia è accaduto che i fattori più oscuri abbiano prevalso su altre e ben diverse tendenze.

L'EUROPA ALLA VIGILIA DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE: La crisi dello spirito pubblico europeo, determinato dal declino degli ideali romantici. Nel nostro contesto è significativo il passaggio dal mito della pace al mito della guerra.

Sono numerose le voci che, nel secolo XIX, proclamano l’inevitabilità della pace: da Constant (1819), per il quale l’espansione del commercio, con cui si ottiene ciò che prima si perseguiva con la guerra, promuove la pace, a Spencer (1876), che afferma: "La guerra ha dato tutto quel che poteva dare".

Tuttavia i fatti contraddicono queste tesi. Il Positivismo, che nella sua corrente sociale ha un orientamento progressista e umanitario, sostenendo la legislazione riformatrice dei governi e contribuendo ad addolcire le correnti socialiste (revisionismo, accettazione del sistema parlamentare) comincia a declinare e con esso cadono o si rivelano deboli le speranze riposte nella scienza, nella tecnica, nell’industria, come garanzia di pace e di benessere.

Subentrano nuove correnti, che talora valorizzano lo spirito e propongono una forma di razionalità più profonda, ma talora, ribaltando l’ottimismo prevalente nella cultura europea, incoraggiano, una visione disincantata e cruda della vita, del mondo, dei rapporti fra gli uomini.

ITALIA ALLA VIGILIA DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE Altre correnti, non tanto significative teoreticamente, ma popolari perchè rumorose, si richiamano all'irrazionale, esaltano la forza e persino la violenza, affermano il primato dell'individualità eccezionale (sia nei rapporti sociali sia nei rapporti fra nazioni).

Si attacca la democrazia, da destra come da sinistra, tacciandola come volgare egualitarismo o come espressione della borghesia. Si giunge all'apologia della guerra, quale bella impresa purificatrice, "igiene del mondo" (Marinetti) e "caldo bagno di sangue nero dopo tanti umidicci e tiepidumi di lacrime materne" (Papini).

Con queste ultime citazioni si è già nel turbine della guerra.

Assai prima, prima del 1890 Nietzsche ammoniva: "Tutta la nostra civiltà europea si muove da gran tempo in una. torturante tensione, che cresce di decennio in decennio, quasi corresse incontro a una catastrofe".

Le rivalità economiche, conservatesi anche durante la lunga depressione (1873 1896), divengono ancora più acute allo spirare del secolo XIX e all'inizio del XX. L’incremento della produzione, nei paesi già industrializzati o in via di industrializzarsi, è pressoché generale ed è servito dagli sviluppi prodigiosi della. tecnica; parimenti il commercio fruisce di sempre più estese vie di comunicazione e di nuovi mezzi di trasporto. Intorno al 1900 si può ormai parlare di mercato mondiale. L’imperialismo e il colonialismo sono l’effetto, oltre che di fattori psicologici e strategici, "dell'affannosa ricerca di materie prime di redditizi impieghi di capitali" (Traniello). Senonché, anche dopo la spartizione dell'Africa e di una parte dell'Asia, la fame del capitalismo non è affatto saziata. Non solo permane la minaccia delle crisi di sovrapproduzione, non solo aumentano le pressioni dei potenti gruppi industriali e finanziari sui governi. Sullo scacchiere internazionale intervengono con tutta la loro giovane e impetuosa energia Stati Uniti e Giappone, i quali impediscono alle potenze europee la spartizione della Cina. 

Consegna:

Tramite powerpoint spiega cosa ha portato alla prima guerra mondiale.

Specifica inoltre la situazione politico/economica di:  Francia, Inghilterra, Germania, Olanda, Austria, Russia e Stati-uniti.

Compi un approfondimento centrato sull'Italia, chi la sta governando? In che situazione economica si trova? Quali sono i suoi rapporti con la chiesa? 

Checklist di autovalutazione:

Ho spiegato tramite powerpoint le vicende che hanno portato alla grande guerra . (4 punti)

Ho specificato la situazione politico/economica delle nazioni richieste ( 4 punti)

Ho svolto l'approfondimento sull'Italia

Attività N.4

La prima guerra mondiale

Attività in: singolo, durata 100 minuti

scopo attività: conoscere a menadito cause, sviluppo e conseguenze della prima guerra mondiale

Video1VIdeo2 e materiali:

Caratteristiche della Prima Guerra Mondiale

Ci sono molti motivi per cui la Prima Guerra Mondiale è anche chiamata “Grande Guerra”. Sono quasi tutti drammatici, e tutti contribuiscono a rendere questa guerra uno spartiacque epocale. Eccone alcuni:  

Nessuno all’epoca si rendeva conto di che genere di cambiamenti radicali sarebbero scaturiti da questa guerra, anche dopo che era scoppiata. Oggi, a circa un secolo di distanza, è lecito farsi una domanda: la Grande Guerra si poteva in qualche modo evitare?  

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Cause della Prima Guerra Mondiale

Il 28 giugno del 1914 Francesco Ferdinando, erede al trono di Austria-Ungheria, viene assassinato insieme a sua moglie a Sarajevo, dove si trovava in visita ufficiale. L’attentatore, Gavrilo Princip, è uno studente appartenente ad un gruppo irredentista bosniaco. Per il governo austro-ungarico, la responsabilità è in gran parte della Serbia, un giovane stato in rapida crescita, nonché un punto di riferimento per il nazionalismo slavo (e dunque anti-austriaco) nei Balcani. Con l’appoggio tedesco, il 23 luglio l’Austria impone un provocatorio ultimatum alla Serbia, chiedendo che l’’inchiesta sull’attentato sia condotta da rappresentanti austriaci. In nome della propria sovranità nazionale, la Serbia rifiuta, peraltro abbastanza cordialmente. Il dado è ormai tratto: il 28 luglio l’Austria-Ungheria dichiara guerra alla Serbia. È l'inizio della Prima Guerra Mondiale

C’erano stati altri conflitti nei Balcani, ma stavolta la presenza dell’Austria attiverà una complicata serie di alleanze su scala globale:      

Gavrilo Princip, resposabile dell'attentato del 28 giugno 1914 che fece scoppiare la Prima Guerra Mondiale — Fonte: Ansa

Sarebbero in seguito intervenuti innumerevoli altri paesi, tra cui l’Italia, gli Stati Uniti, la Romania e la Grecia sul fronte Russo-Francese, la Bulgaria sul fronte Tedesco-Austriaco. Ma la Prima Guerra Mondiale coinvolge anche, tra gli altri, l’America Latina, la Cina, il Medio Oriente ed il Portogallo.    

Non sappiamo davvero se la Grande Guerra poteva essere evitata. Sicuramente, gli atteggiamenti oltranzisti delle grandi potenze lasciavano poco spazio a soluzioni diplomatiche, perseguite per un po’ soltanto dalla Gran Bretagna. Gli Stati europei basavano le proprie strategie sulla guerra offensiva, ed ogni Stato perseguiva obiettivi propri, che spesso non coincidevano affatto con quelli degli altri. Ogni paese soffriva inoltre di problemi interni a cui il nazionalismo e le politiche di potenza sembravano offrire una soluzione. Ma se tutti sapevano che tutto questo avrebbe portato ad una guerra, nessuno poteva sapere in che modo la Prima Guerra Mondiale sarebbe stata radicalmente (e tragicamente) innovativa.    

La Prima Guerra Mondiale: una guerra innovativa

Il piano tedesco di offensiva del Belgio prevedeva una campagna veloce ed efficace, ma si infrange contro le difese anglo-francesi sulla Marna, un fiume a sud-est di Parigi, nel settembre del 1914. Presto i due schieramenti si ritrovano impelagati in un’infinita linea di trincee e reticolati. Gli sviluppi sono analoghi sul fronte orientale per i Russi e per gli Inglesi: già alla fine dell’anno la Prima Guerra Mondiale è una guerra di posizione.    

Nel 1915 la Triplice Alleanza riporta importanti successi nei Balcani, ma sul fronte Francese, nel febbraio del 1916, i tedeschi vengono bloccati a Verdun, e poco dopo le forze anglo-francesi riportano una vittoria sulla Somme. L’Italia era entrata in guerra nel 1915 a fianco dell’Intesa, tenendo occupati gli Austriaci sull’Isonzo, fino alla sconfitta di Caporetto nell’ottobre del ‘17, contenuta poi sul Piave. Nell’estate del 1918 i tedeschi tentano il tutto per tutto ancora una volta sulla Marna, e ancora una volta vengono fermati: da quel momento l’Intesa partirà al contrattacco, che si intensifica ad Amiens.   

Tutte queste battaglie avevano qualcosa in comune:   

Ma la Prima Guerra Mondiale è anche teatro di altre innovazioni, spesso tragiche. Una di queste è il genocidio: dopo gli insuccessi bellici, il governo turco individua nella minoranza armena un capro espiatorio ideale, deportandone e massacrandone a centinaia di migliaia. Un’altra innovazione è il gas asfissiante, utilizzato per la prima volta dai tedeschi nel 1915.   

Il potenziale industriale dei paesi europei, cresciuto a dismisura, viene utilizzato per la produzione di milioni di fucili, centinaia di migliaia di cannoni e mitragliatrici, miliardi di cartucce. I soldati e gli approvvigionamenti vengono trasportati sulle ferrovie, come già era avvenuto durante la guerra civile americana. Questa mobilitazione richiede sforzi immani da un punto di vista sociale, economico ed umano. Da questo punto di vista è determinante il blocco navale a cui la Gran Bretagna sottopone i tedeschi: non potendo più ricevere approvvigionamenti dall’estero, un’intera nazione è presto alla fame.  

I tedeschi, proprio nel momento in cui l’Impero russo era al collasso, reagiscono con l’utilizzo di sottomarini, provocando l’ingresso in guerra degli Stati Uniti, che sarà determinante nella vittoria dell’Intesa. Austria e Germania, ormai stremate, tentano una serie di offensive, ma il 4 ottobre del 1918 sono costrette a chiedere un armistizio. Si chiude un’epoca anche da un punto di vista strettamente militare: l’ingresso in guerra del carro armato, durante la battaglia di Amiens nell’agosto del 1918, aveva segnato la fine della guerra di posizione.   

Le condizioni economiche e sociali durante la Prima Guerra Mondiale

Le armi potevano guastarsi, e le munizioni potevano finire: fabbricanti di armi, acciaierie, aziende chimiche, industrie automobilistiche si mobilitano per soddisfare l’intensa domanda di strumenti di morte. La Prima Guerra Mondiale è dunque, in un certo senso uno stimolo per l’industrializzazione, specie in paesi che erano rimasti indietro, come l’Italia. Per controllare al meglio la produzione, gli Stati sono costretti ad intervenire sistematicamente nelle proprie economie, attraverso uffici per la pianificazione della produzione bellica, finanziamenti pubblici, e comitati governativi. In Italia, ad esempio, la Fiat, che dal 1912 aveva introdotto la catena di montaggio, inizia a produrre mitragliatrici ed esplosivi. L’economia, irreggimentata dalla guerra, subisce il peso delle requisizioni di mezzi di trasporto e dei razionamenti di cibo. Nei paesi in prevalenza agricoli, come l’Italia e la Russia, milioni di contadini vengono chiamati alle armi, aggravando ulteriormente la scarsità di derrate alimentari.   

Questa intensificazione del rapporto tra Stati ed economie provoca un’enorme dilatazione della burocrazia, mentre il ruolo dei parlamenti passa in secondo piano rispetto a quello dei governi e degli eserciti. Siccome la Prima Guerra Mondiale è molto costosa, poi, gli Stati aumentano le tasse, provocando un calo dei consumi, un innalzamento dei prezzi e la svalutazione del denaro: i paesi dell’Intesa sono costretti ad indebitarsi, in particolare con gli Stati Uniti.  

Se da una parte gli stati irreggimentano le popolazioni sempre di più, dall'altra parte non possono rinunciare al loro consenso. Durante la Prima Guerra Mondiale nascono gli uffici di propaganda, la stampa viene rigidamente controllata e censurata. Si cerca di tenere alto il morale delle truppe attraverso spettacoli dietro le linee, mentre volantini e manifesti invadono le città. Le libertà individuali sono fortemente condizionate, lo stato sta invadendo sempre di più la vita privata dei cittadini, ma al contempo si verificano progressi nel campo dell’assistenza sociale: crescono le pensioni e le provvidenze per invalidi, vedove, orfani e ammalati.  

Ma uno degli aspetti forse più importanti introdotti dalla Prima Guerra Mondiale è un generale inserimento della manodopera femminile nella produzione, dato che la popolazione maschile era impegnata sul fronte. Questo è un primo riconoscimento di metà della popolazione mondiale, che inizia ad uscire da un secolare stato di inferiorità. Ancora prima della fine della Grande Guerra, in Inghilterra, le donne con più di 30 anni acquisiscono il diritto di voto.   

Il ‘fronte interno’ ed il caso italiano

La Prima Guerra Mondiale viene inizialmente accolta con entusiasmo, in particolare dai ceti medi, dagli intellettuali, dagli artisti: da decenni in Europa c’erano stati conflitti brevi e localizzati, mentre le masse si andavano nazionalizzando, assorbendo a scuola e in caserma non soltanto i valori nazionali, ma anche una retorica patriottica sostanzialmente ostile agli altri popoli. Russi, Inglesi, Francesi, Italiani: ognuno aveva il proprio nemico.   

Lo stesso movimento socialista in molti paesi si dichiara a favore della guerra, con l’eccezione dei paesi inizialmente neutrali, come l’Italia. Nel mondo Cattolico, all’aperta condanna della Prima Guerra Mondiale da parte di papa Benedetto XV fanno fronte gli atteggiamenti favorevoli alle armi di molti esponenti delle gerarchie ecclesiastiche. In tutta Europa, comunque, gli oppositori vengono isolati dalle propagande governative e bollati come ‘disfattisti’: soltanto verso la fine inizierà a prevalere un sentimento critico diffuso nei confronti della guerra, ma c’erano voluti anni prima che gli Europei imparassero a conoscere fino in fondo i suoi orrori. 

Per quanto riguarda l’Italia, abbiamo visto che il regno si mantiene all’inizio neutrale. Ma già da subito il dibattito sull’entrata nella Prima Guerra Mondiale era stato intenso:     

L’Italia entra nella Prima Guerra Mondiale il 24 maggio del 1915, contro la maggioranza del parlamento. Gli obiettivi non sono soltanto Trento e Trieste, ma anche un allargamento dei propri confini nazionali verso i Balcani ed il Mediterraneo e l’ottenimento di un maggiore prestigio internazionale. I momenti di crisi saranno molti, ed il governo sarà costretto a numerosi rimpasti.  

La gestione dell’esercito da parte del generale Luigi Cadorna, basata su una disciplina ferrea, mette in secondo piano le esigenze e le vite dei soldati. E tuttavia non viene messa seriamente in discussione prima dell’ottobre del 1917, quando le linee italiane vengono sfondate a Caporetto, al prezzo di un arretramento del fronte e della perdita del Friuli: in questa occasione, gli alti quadri dell’esercito tentano di scaricare la responsabilità sul ‘disfattismo’ dei soldati. Sarà Armando Diaz a sostituire Cadorna fino alla vittoria finale, il 24 ottobre a Vittorio Veneto

Per mantenere un minimo di consenso interno si tenta di attenuare la durezza della vita al fronte, si intensificano l’assistenza e la propaganda, e si arriva a promettere la terra ai contadini, ma l’estraneità popolare alla Prima Guerra Mondiale continua a crescere. Anche perché, nel frattempo, l’inflazione è salita alle stelle: l’Italia uscirà dalla guerra con un debito estero altissimo, in una situazione non troppo diversa da quella dei paesi sconfitti. 

La Russia nella Prima Guerra Mondiale

Già prima di entrare nella Prima Guerra Mondiale, il potere zarista in Russia si basava su fondamenta fragili: la società era arretrata, lo sviluppo industriale limitato ad alcune zone isolate, e le basi del potere erano radicate su un sistema di potere semifeudale. Tutte queste contraddizioni vengono messe a nudo sin dall’inizio, con le prime sconfitte del 1914: l’esercito era impreparato, l’equipaggiamento insufficiente. Nel corso della Grande Guerra, la Russia sacrificherà un numero altissimo di soldati, in gran parte contadini: la produzione agricola diminuisce di circa un terzo. I primi scioperi iniziano nel 1915.   

Nel marzo del 1917 a Pietrogrado, l’attuale San Pietroburgo, alcune agitazioni sfociano in uno sciopero generale. Gli insorti formano un consiglio (soviet) di soldati ed operai, mentre lo zar è costretto ad abdicare. Nei mesi successivi, il parlamento legittimo (duma) forma un governo provvisorio, tentando di portare avanti un discorso democratico e favorevole alla continuazione della Prima Guerra Mondiale, ma a prevalere è il radicalismo delle masse, che riconosce esclusivamente il potere dei soviet. Alle periferie dell’impero, i soldati smettono di obbedire agli ordini e i contadini sono in rivolte, mentre i soviet, dominati dai menscevichi appoggiano per un po’ il governo provvisorio.

A questo punto emerge la figura di Lenin, leader dei bolscevichi, secondo cui era necessario opporsi alla Prima Guerra Mondiale e al governo provvisorio, incarnando in pieno le aspettative di operai, soldati e contadini. A luglio c’è una sollevazione armata, seguita da una violenta repressione dei bolscevichi. Lenin è costretto all’esilio in Finlandia, mentre altri leader, come Trockij, vengono arrestati. C’è un tentativo di colpo di stato controrivoluzionario, sventato anche con l’aiuto dei bolscevichi, che a questo punto prendono il controllo di Pietrogrado e delle campagne: per Lenin i tempi sono maturi per una rivoluzione armata. Il 25 ottobre del ‘17, che in realtà secondo il nostro calendario è il 7 novembre, Pietrogrado si solleva nuovamente, viene proclamata la Repubblica Sovietica, viene decretata la fine della guerra e l’assegnazione delle terre ai contadini. Il nuovo governo dovrà sottostare a pesanti condizioni di pace imposte dalla Germania.  

L’intervento Americano nella Prima Guerra Mondiale

Il presidente Woodrow Wilson, che aveva vinto le elezioni del 1916, si apprestava ad iniziare il suo secondo mandato sulla base di una promessa che non poteva mantenere: la neutralità degli Stati Uniti nei c

onfronti della Prima Guerra Mondiale. A cambiare le cose è l’aggressiva guerra sottomarina dei tedeschi, che mette a repentaglio gli interessi americani, violando il diritto internazionale. Nel 1917, dopo che l’autocrazia zarista è collassata e che gli Stati Uniti sono scesi in campo, la guerra combattuta dall’Intesa assume i connotati di una guerra democratica.   

Nel gennaio del 1918 Wilson espone al mondo un programma di pace e di ordine globale, espresso in 14 punti, tra cui spiccano i seguenti: 

Nel frattempo però Austria e Germania avevano stipulato un trattato separato con la Russia, e questo le rendeva molto meno accomodanti: per una soluzione pacifica bisognava ancora aspettare che gli Imperi centrali arrivassero al limite estremo delle proprie forze.    

Finisce così l’11 novembre del 1918 la Prima Guerra Mondiale, una guerra che sembrava dovesse durare per sempre. L’Europa ne usciva devastata. Ma quel che è peggio è che erano state poste le basi per una serie di nuovi conflitti. Conflitti che sarebbero sfociati, pochi decenni dopo, in una nuova guerra mondiale.  

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tramite presentazioni, riassumi l'intera vicenda della prima guerra mondiale, utilizza le slide per inserire delle immagini inerenti, incorpora poi degli audio in cui riassumi la vicenda accompagnata dalle immagini che hai scelto.

scrivi una lettera vestendo i panni di un soldato tedesco a tua moglie, rimasta a casa assieme ai tuoi figli, racconta la situazione sul fronte, descrivi i tuoi sentimenti ed il tuo stato d'animo, prova ad immaginare come è trovarsi dinnanzi al nemico, proteggere e servire una nazione anche se veste i panni del nemico, e non avere la certezza di poter tornare da chi ami.

Cosa sarebbe successo se la Germania avesse vinto la prima guerra mondiale? Guarda il video poi integra il materiale ottenuto sul powerpoint.

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Attività N.5

La rivoluzione Bolscevica

Durata: 2 ore

Attività in:  ASSIEME AI COMPAGNI 

scopo attività: conoscere la storia della Russia

Video1 Video2  e materiali:

Introduzione alla Rivoluzione Russa

Fra tutti gli sconvolgimenti politici e sociali provocati dalla Grande Guerra, la Rivoluzione Russa fu il più violento, il più traumatico e anche il più imprevisto. Il 1917, con le due rivoluzioni (di febbraio la prima, di ottobre la seconda), provocò la caduta dello zarismo e la presa di potere da parte dei bolscevichi. Da quel momento in poi, la Russia, il più arretrato tra i grandi paesi d’Europa, divenne il primo Stato socialista della storia, considerato dai suoi sostenitori come la patria dei lavoratori di tutto il mondo e dai suoi nemici come la prima espressione di società totalitaria.     

Prima della Rivoluzione Russa. Nicola II, l’ultimo Zar

Dal momento della sua incoronazione nel 1896, quello che sarebbe stato l’ultimo Zar di Russia, Nicola II, nonché l’ultimo esponente della dinastia dei Romanov, per lunghi anni costrinse la sua popolazione a uno dei più drammatici assolutismi europei. Per di più, con la guerra intrapresa contro il Giappone (guerra russo-giapponese) e il suo imperatore Mutsuhito, da poco giunto al potere, aveva lanciato una politica apertamente imperiale inaugurata nel 1904 per il possesso della Manciuria, una regione dell’Asia Nord-Orientale.    

La sconfitta che ne scaturì, provocò l’indebolimento dello zarismo e la crescita dei sempre più numerosi conflitti interni. Il più importante fu quello del 1905, che passò alla storia come la domenica di sangue, ovverosia quando la polizia uccise un migliaio di persone nel corso di una manifestazione per presentare una petizione allo zar.  

In realtà, proprio agli inizi del Novecento, già in molti pensavano che il regime assolutistico degli Zar non potesse ancora resistere a lungo, ma nessuno poteva immaginare che la successiva caduta della monarchia avrebbe dato luogo al più grande evento rivoluzionario mai verificatosi dopo la rivoluzione francese. Un evento che aveva nelle sue radici l’incapacità dell’autocrazia di affrontare le crescenti richieste di partecipazione politica provenienti dalla borghesia e dall’aristocrazia liberale e di risolvere la questione agraria e sociale.

La Russia verso la Prima Guerra mondiale

Tra il 1906 e il 1914, la Russia provò a dotarsi di una sorta di regime semi-rappresentativo, dove alcune libertà politiche e civili vennero parzialmente riconosciute. Ciò nonostante, il regime zarista si mostrò incapace di andare incontro alle sempre più crescenti richieste di contadini e operai.

La situazione già di per sé drammatica collassò nel 1914, con l’inizio della Prima Guerra mondiale. L’Impero russo entrò in guerra a fianco di Francia e Gran Bretagna, contando su una rapida vittoria contro l’Austria-Ungheria alleata della Germania. Tuttavia, dopo alcuni successi iniziali, l’esercito zarista dimostrò la stessa inadeguatezza che l’aveva portato alla sconfitta con il Giappone dieci anni prima. Nel frattempo, però, il logorio del conflitto stava colpendo non solo i soldati nelle trincee, ma anche le masse di affamati nelle città. 

Nel 1917 la condizione catastrofica in cui versava l’economia dell’intero Paese, la carestia che aveva ormai provocato più di due milioni di morti e il vertiginoso aumento dei prezzi dei generi alimentari, portò nuovamente il popolo in strada a manifestare la propria esasperazione attraverso una violenta rivolta. Da Pietrogrado, le dimostrazioni di piazza dell’8 e il 9 marzo 1917 (23 e 24 febbraio secondo il calendario ortodosso), dilagarono in tutto il Paese, travolgendo il regime zarista. Gli operai erano stati affiancati da reparti militari ribelli che avevano nel frattempo costituito un soviet.

Nicola II abdicò decretando, di fatto, la fine della lunga storia imperiale della dinastia dei Romanov. Dopo la caduta dello zar, la successione fu assunta da un governo provvisorio liberale costituito dai membri della Duma e presieduto dall’aristocratico Georgij L’vov e da Aleksandr Kerenskij (ministro della guerra) con l’obiettivo di continuare la guerra e la ripresa economica-politica del paese ispirandosi alle strutture occidentali. 

Lenin e la politica: tutto il potere ai Soviet

Nel frattempo in Russia stavano nascendo delle nuove forze politiche, assai differenti tra loro. La rivoluzione russa aveva messo in moto un movimento di massa animato da entusiasmo enorme e da visioni utopistiche di emancipazione dell’umanità. Gli operai rivendicavano autorità e i contadini si impadronivano delle loro terre. Famosi sono i soviet di Pietrogrado che votavano per alzata di mano. Fu un’organizzazione imponente e godette di una posizione di preminenza incontrastata nel corso della rivoluzione.  

Per comprendere il significato storico di aule grandi e fredde dove si riunivano contadini, operai e soldati per votare, occorre ricordare che per la prima volta, in un paese privo d’esperienze democratiche, operai e contadini venivano chiamati ad esprimere la propria volontà.  

Tra i protagonisti dell’appena nata palpitante vita politica russa c’erano i menscevichi e i bolscevichi che abbracciavano le tesi di Lenin esposte nel suo libro Che fare?, in cui proponeva la formazione di un partito rivoluzionario composto dall’avanguardia della classe operaia.  

Ma chi era Lenin? Nato da una famiglia benestante della classe media, a soli ventitré anni era diventato una figura di spicco nel Partito Operaio Socialdemocratico Russo. Esiliato in Svizzera per le sue idee sovversive, Lenin era da sempre stato il punto di riferimento per coloro che lottavano per maggiori riforme sociali.  

E grazie al mutato corso degli eventi, nel 1917 tornò in patria e subito diffuse dieci linee guida (che passeranno alla storia come le “Tesi di Aprile”) nelle quali sosteneva la necessità di uscire immediatamente dalla guerra, di togliere le terre ai proprietari per distribuirla ai cittadini e di affidare tutto il potere ai soviet.  

In tal modo rovesciava la teoria marxista ortodossa secondo cui la rivoluzione sarebbe scoppiata prima nei paesi più sviluppati. Era invece la Russia, anello più debole della catena imperialista, ad offrire le condizioni più favorevoli per la messa in crisi del sistema. Ma ancora una volta la parola d’ordine era: Pace. La Russia doveva uscire dalla guerra

Kerenskij intanto aveva assunto la guida del governo provvisorio, ma gli eserciti russi continuavano a subire in guerra delle sconfitte sempre più pesanti. Anche per questo motivo, il fronte andava sfaldandosi e decine di migliaia di contadini russi disertavano le trincee e tornavano nelle campagne. 

Dopo aver sventato un tentativo di colpo di stato reazionario (da parte del generale Lavr G. Kornilov) l’influenza dei bolscevichi sulle masse degli operai e dei soldati si andava allargando, ed essi conquistarono la maggioranza nei soviet. L’autorità del governo provvisorio era a pezzi e i bolscevichi in quel momento costituivano l’unico partito saldamente organizzato e in grado di prendere il potere.

Così, a fine ottobre (6-7 novembre secondo il nostro calendario), in una drammatica riunione del Comitato centrale di partito, si decise di rovesciare il governo Kerenskij. Alcuni dirigenti erano contrari, mentre un leader influente accese gli animi alla rivolta: Lev Trockij. Proveniva dalla sinistra menscevica, venne eletto presidente dei soviet di Pietrogrado e fu l’organizzatore e la mente militare dell’insurrezione che da lì a poco avrebbe cambiato radicalmente la storia della Russia e di tutta l’umanità.  

Rivoluzione d’ottobre: la fase finale della Rivoluzione russ

Il piano insurrezionale preparato meticolosamente funzionò alla perfezione: in poco tempo la Guardia Rossa e le truppe regolari riuscirono a occupare i punti strategici principali della città conquistando il Palazzo d’Inverno, residenza invernale dello Zar e ora sede del governo provvisorio.

Questo gesto rivoluzionario doveva simboleggiare la presa della Bastiglia russa e nell’arco di una giornata i bolscevichi s’impadronirono infatti anche del potere, costringendo Kerenskij a una fuga precipitosa. Le resistenze furono assai deboli e l’intera operazione risultò quasi senza spargimenti di sangue, eccezion fatta per la famiglia Romanov che venne sterminata poco tempo dopo. Il giorno successivo il tumulto divampò a Mosca e in tutte le altre grandi città russe. Era il trionfo della cosiddetta Rivoluzione russa o Rivoluzione d’Ottobre.    

Nei giorni successivi, a Pietrogrado si riunì il Congresso Panrusso dei Soviet e venne costituito un nuovo governo rivoluzionario composto da bolscevichi di cui Lenin era presidente. Come primo atto, vennero approvati due decreti: la pace giusta e democratica, senza annessioni e indennità, e l’abolizione della proprietà terriera, immediatamente e senza nessun indennizzo. Il nuovo potere tendeva a garantirsi l’appoggio delle masse contadine, accontentandole nelle loro aspirazioni più elementari. Ma la vera priorità era quella di uscire da una guerra che stava portando l’intero Paese all’annientamento economico.

Prima guerra mondiale: la pace di Brest-Litovsk e l’inizio di una nuova era

Il 3 marzo 1918, al prezzo di gravissime perdite territoriali, fu concluso con gli Imperi centrali il Trattato di pace Brest-Litovsk. Per protesta i menscevichi abbandonarono il governo, che acquistò anche formalmente il carattere della dittatura del solo partito bolscevico. Secondo la teoria ufficiale, in Russia era in atto la dittatura del proletariato, diretta contro le classi ostili al nuovo potere e sostenuta dalla democrazia dei soviet, rappresentata da operai e contadini. 

Era stata un’idea di Lenin, che non credeva alle regole della democrazia borghese e riconosceva al solo proletariato il diritto di guidare la rivoluzione, attraverso i soviet e il partito. Del resto lo aveva scritto nel suo famoso Stato e Rivoluzione, in cui sosteneva che la rivoluzione socialista, pur mirando a realizzare un obiettivo di libertà collettiva, dovesse passare attraverso una fase di esercizio del potere assoluto da parte del “partito degli operai e dei contadini”, con la sospensione delle garanzie civili e politiche tipiche delle democrazie liberali (libere elezioni, libertà di stampa e di associazione).

In effetti ogni forma di partecipazione democratica venne rapidamente eliminata e il partito bolscevico stabilì la sua dittatura sull’intero corpo sociale, classe operaia compresa. Per di più, contro tutti gli avversari interni venne scatenato il terrore rosso, di cui strumento essenziale diventò la Ceka, la polizia politica costituita fin dal dicembre 1917.

Ma se era stato relativamente facile per i bolscevichi della Rivoluzione russa impadronirsi del potere centrale, molto più difficile fu poi gestirlo: amministrare un paese immenso (150 milioni di abitanti), gestire una società tanto complessa quanto arretrata, affrontare i vecchi e tremendi problemi ereditati dal vecchio regime non era affatto facile.

In più si andavano formando forze anti-rivoluzionarie, come quella guidata dall’ammiraglio Kolciak: la cosiddetta Armata Bianca — in contrapposizione all’Armata Rossa dei bolscevichi, il cui comando fu affidato a Lev Trockij. Ma quando nel 1919 le forze dell’Armata Rossa riuscirono a riorganizzarsi e passarono al contrattacco l’esercito di Kolciak iniziò a perdere terreno e si ritirò.

Nonostante il miracolo di far nascere il primo Stato socialista in un paese profondamente arretrato e circondato da potenze ostili, i dirigenti bolscevichi erano consapevoli del fatto che il regime comunista avrebbe avuto bisogno dell’aiuto del proletariato dell’Europa progredita per sopravvivere. Fu in questo clima che Lenin decise di sostituire la vecchia Internazionale socialista con una nuova comunista che c


Nacque così la Terza Internazionale (1919) e nel secondo congresso Lenin fissò i 21 punti in cui affermava che i partiti avrebbero dovuto ispirarsi al modello bolscevico, cambiare il proprio nome in partito Comunista e difendere ovunque le cause della Russia sovietica. 

Così all’inizio del 1921 lo scopo fu raggiunto: crearono in tutto il mondo una rete di partiti ricalcati sul modello bolscevico fedeli alle direttive del partito guida, la Russia divenne centro del comunismo mondiale e dei movimenti rivoluzionari di tutti i paesi. Era il definitivo trionfo della Rivoluzione d’Ottobre. Cui seguì, sulle rovine della dissolta Russia imperiale, la nascita dell’U.R.S.S.: l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche

Consegna:

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Attività N.6

IL fascismo

Attività in: singolo, durata 100 minuti

scopo attività: conoscere le basi del movimento politico del fascismo, ancora oggi presenti nella società italiana ed europea

Video1,  Video2 .Video3 e materiali:

l fascismo nasce come movimento politico fondato da Benito Mussolini nel 1919 ma, tra il 1922 ed il 1943, si trasforma in un regime totalitario.

Inizialmente il movimento fascista rappresenta una reazione alla Rivoluzione Bolscevica del 1917 (Russia) e alle lotte sindacali del biennio rosso (1919 - 1920) in Italia che videro lotte operaie e contadine culminare in scioperi, autogestioni e occupazioni di fabbriche. Il fascismo si pone come una terza via, un'alternativa al marxismo ma anche al capitalismo liberista. Riconosce la proprietà privata ma rifiuta i principi della democrazia liberale. L'obiettivo finale del fascismo è creare un'Italia più grande.   

Costruzione dello Stato fascista

Il fascismo non è un fenomeno così lontano, eppure non è facile per un italiano di oggi immaginare come si viveva sotto una dittatura. Dopo la marcia su Roma, lo stato fascista viene costruito in fretta. Arriverà presto ad abolire le libertà costituzionali di base, e a plasmare generazioni nel segno dell’adorazione di un unico uomo, Benito Mussolini. Con la propaganda, con la forza, ma anche con l’appoggio dei poteri forti del paese, il fascismo condizionerà pesantemente le abitudini, la cultura ed il futuro politico degli italiani. Andrà inoltre ad ispirare una serie di movimenti e di regimi autoritari nazionalisti (tra cui il nazismo) in tutta Europa.           

Dopo la Marcia su Roma, il fascismo al governo dà inizio ad una delicata fase di ridefinizione e trasformazione delle istituzioni liberali italiane. I 34 deputati del Partito Nazionale Fascista (PNF) sono pochi, ma possono contare sull’appoggio dei liberali e di alcuni cattolici. I ceti medi, gli industriali e lo stesso re sono favorevoli a Mussolini, perché sembra davvero l’uomo giusto per ‘riportare l’ordine’ nel paese.        

Un deputato socialista riformista, Giacomo Matteotti, dopo aver denunciato in parlamento le violenze e le irregolarità elettorali, viene rapito ed ucciso da un gruppo di squadristi (10 giugno 1924). Le opposizioni a questo punto, sperando in un intervento del re che non ci sarà, abbandonano il Parlamento, episodio che ricordiamo come secessione dell’Aventino in omaggio alle proteste della plebe contro i patrizi nell’antica Roma.         

Vari mesi dopo, il 3 gennaio del 1925 in un celebre discorso alla camera Benito Mussolini si assumerà la responsabilità civile, morale e storica non soltanto dell’omicidio Matteotti, ma di tutto ciò che era successo negli ultimi mesi. È l’inizio di una fase molto più decisa di trasformazione dello stato italiano in stato fascista: alla fine del 1925 il governo non sarà più vincolato al voto di fiducia del parlamento, gli oppositori politici verranno spediti in ‘confino’ (isolati in luoghi remoti e inaccessibili), verrà istituito un tribunale speciale per la difesa dello stato, introdotta la pena di morte per chi attentava alla sua sicurezza, e da allora i sindaci non verranno più eletti, ma sostituiti da ‘podestà’ nominati dal partito. Ancora più importante: per un periodo di tempo indefinito, le libertà di associazione e di stampa sono soppresse.        

Nell’ottobre del 1925 tocca ai sindacati: la Confindustria sottoscrive un patto con i sindacati fascisti, escludendo di fatto tutti gli altri sindacati. Nel 1926 viene proibito lo sciopero: si comincia a pensare ad un sistema corporativo, programmato nel 1927 attraverso la Carta del Lavoro. Il tentativo è quello di superare la lotta di classe: i lavoratori, i tecnici ed i capitalisti vengono inseriti in corporazioni indipendenti, e condizionate dallo stato. In questo modo, ogni possibilità di contrattazione da parte dei lavoratori viene eliminata alla radice.         

Nel 1928 una nuova legge elettorale limiterà la scelta degli elettori ad una lista unica da approvare o rifiutare in blocco: lo stato fascista è ormai completo. Il potere del PNF è ormai immenso, ma questo non significa che gli altri poteri in Italia, e cioè l’esercito, la corona, e la chiesa, verranno mai del tutto soppressi. Anzi: contribuiranno all’affermazione del regime fascista, salvo poi, ma soltanto verso la fine del ‘ventennio’, ripensarci. La Santa Sede, ad esempio, già dal 1923 zittisce i cattolici politicamente attivi, ostili al fascismo, che si erano organizzati nel Partito popolare di Luigi Sturzo, di orientamento democratico cattolico. A coronare l’appoggio del Vaticano al regime saranno i Patti Lateranensi del 1929, anche se continueranno ad esserci frizioni tra il fascismo e l’associazionismo cattolico.          

Il fascismo, insomma, si era ormai conquistato una piena legittimità con l’aiuto degli altri poteri ai vertici della nazione Italiana. Vedremo adesso in che modo tenterà di conquistare il consenso degli Italiani.          

Consenso e repressione durante il fascismo

Il regime fascista era un regime repressivo ed antidemocratico: questo significa che non c’era spazio per l’anticonformismo, né per il dissenso.           

Per Benito Mussolini chi pensava con la propria testa, assumendo posizioni critiche verso il suo regime, era un problema. Ed il primo di questi problemi erano gli oppositori politici: socialisti, comunisti, democratici, radicali e persino qualche monarchico, come il poeta, docente di letteratura e chimico Lauro de Bosis, che nel 1931 sorvolerà Roma per spargere manifesti antifascisti, per poi precipitare, privo di carburante, e morire in mare. Contro questi dissidenti politici erano stati istituiti tribunali speciali, che condanneranno a morte più di 40 persone, ne spediranno più di 4.000 in carcere, mentre altri 15.000 verranno esiliati al ‘confino’, talvolta rovinandosi la salute fino a morire, come accadrà all’intellettuale, filosofo e leader comunista Antonio Gramsci, ormai libero ma in condizioni di salute irrecuperabili, nel 1937. Tutto questo soltanto per le loro idee politiche. Non era facile rimanere in Italia per un oppositore: molti di loro decideranno quindi di continuare la lotta al fascismo emigrando all’estero, anche se qualcuno, come i comunisti, manterrà in Italia importanti ‘cellule’ di resistenza.               

Carlo e Nello Rosselli, due fratelli antifascisti assassinati in Francia a colpi di pistola e coltellate, erano stati fin da subito identificati dalla polizia fascista come elementi ‘turbolenti’ per via delle loro idee non allineate, e delle loro attività: diffusione di giornali clandestini, organizzazione di fughe di importanti leader socialisti, come Filippo Turati. Carlo era fuggito dal confino a Lipari per rifugiarsi a Parigi, dove organizza un’intensa attività antifascista con il movimento ‘Giustizia e Libertà’, ispirato a principi che univano il socialismo al liberalismo, mentre per suo fratello Nello Rosselli, uno storico, era importante rimanere in Italia e cercare di preservare la memoria dalla propaganda fascista. Quando nell’estate del ‘37 andrà a trovare Carlo in Normandia, verranno entrambi uccisi a coltellate e colpi di pistola da un gruppo di sicari che erano stati finanziati dai fascisti.        

Fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale l’antifascismo rimane in difficili condizioni di clandestinità, ma va chiarito che il regime fascista non si limitava a reprimere e ad uccidere i militanti politici o a tenere sotto stretta sorveglianza gli appartenenti ai sindacati: anche la semplice indisciplina, i comportamenti individuali che andavano contro la morale cattolica, e persino le barzellette sul duce non sfuggivano all’attento occhio della polizia politica del regime. Oltre al tribunale e alla galera, la violenza e l’intimidazione (manganello e olio di ricino) non smettono mai di rimanere armi del regime per contrastare oppositori, ma anche semplici anticonformisti.      

Parallelamente a questa intensa attività repressiva, il regime fascista non smette mai di mobilitare le masse per ‘nazionalizzarle’ in modo paramilitare: i bambini venivano incamerati in strutture come i Figli della Lupa o i Balilla, dove imparavano la disciplina e l’obbedienza, partecipando ad un vero e proprio culto della persona dell’onnipresente e protettivo duce. Ma l’inquadramento c’era per tutti: gli universitari avevano i GUF (Gruppi universitari fascisti), le donne i Gruppi femminili fascisti, e per tutti ci sarà, dal 1926, l’Opera nazionale del dopolavoro, incaricata di organizzare il tempo libero dei lavoratori attraverso cinema, turismo, teatro e colonie estive. Il tutto, naturalmente, all’insegna di una propaganda continua ed incessante.        

Insomma, il fascismo era diventato una vera e propria ‘religione civile’ per gli italiani, fondata sul mito della patria, su un’organizzazione di tipo militare, e sull’obbedienza assoluta. Ma dal 1936, con le prime politiche antiebraiche, assume anche connotati apertamente razzisti: con le leggi per la difesa della razza del ‘38 viene vietato il matrimonio ‘misto’, e gli ebrei italiani, alcuni dei quali erano stati fascisti sin dall’inizio, non potevano più ottenere impieghi pubblici, né semplicemente andare a scuola.        

L’economia durante il fascismo

La prima fase della politica economica fascista è stata definita ‘liberistica’: puntava al pareggio del bilancio (ottenuto nel 1925), ‘lasciando fare’ il mercato. In un momento in cui il potere di acquisto dei cittadini si era fortemente ridotto, il fascismo compensava puntando sul commercio estero, abbassando le tariffe doganali.    

La prima grande inversione di rotta si ha nel 1926, quando Mussolini si impegna a rivalutare fortemente la lira. Se da una parte questo era un segnale di stabilità, dall’altra le merci italiane diventavano troppo care per gli investitori stranieri, crollava l’esportazione, e dal 1927 iniziava una pesante recessione, destinata a peggiorare con la crisi del ‘29. Da allora e negli anni ’30 l’economia fascista si baserà su pesanti interventi dello stato per contrastare la crisi, che presto inizierà a gestire direttamente molte industrie italiane, per poi creare istituti dedicati al salvataggio delle banche.     

Parallelamente, il fascismo tenta di imprimere all’Italia una svolta di tipo agricolo, in particolare dal 1926 con la battaglia del grano: l’Italia puntava all’autosufficienza alimentare, ma coltivare più grano voleva dire trascurare altri possibili usi della terra, come l’allevamento o altre colture. Anche le bonifiche di paludi (di cui quella delle paludi pontine è il risultato migliore), con la conseguente fondazione di nuove città, puntavano a rendere l’Italia un paese più agricolo, ma i risultati raggiunti saranno inferiori alle aspettative. Per dare terra ai contadini, decisamente impoveriti dalla crisi, il fascismo proporrà dal 1934 l’avventura coloniale africana.      

In definitiva le politiche economiche fasciste degli anni ‘30 porteranno buoni risultati, con aumenti del PIL e della produzione industriale, mentre a peggiorare saranno le condizioni delle classi subalterne, decisamente trascurate in favore dei ceti medi. I bassi salari e la disoccupazione andranno a creare una serie di disagi ed un netto calo dei consumi, in particolare nel Mezzogiorno.      

Fascismo e modernità: un rapporto complicato

Organizzare il consenso del regime non passava soltanto per le manifestazioni pubbliche: c’era bisogno anche di mezzi di comunicazione moderni, di massa. Dal 1927, l’Eiar (Ente italiano audizioni radiofoniche) inizia a curare la programmazione nazionale via radio, che comprendeva non soltanto informazioni ufficiali, ma anche intrattenimento, canzoni, varietà. Non viene trascurato neanche il cinema, industria ampiamente finanziata dal regime. Con l’apertura di Cinecittà a Roma, nel 1937, Mussolini voleva entrare in competizione diretta con Hollywood, perché il cinema americano, molto popolare presso gli italiani, diffondeva modelli culturali ed esempi spesso poco coerenti con la propaganda del fascismo (uno su tutti: la ‘donna fatale’ che fuma, seduce uomini ed è padrona della propria vita). Entrando a Cinecittà alla fine degli anni ‘30, si leggeva la seguente scritta: “la cinematografia è l’arma più forte”. Mussolini lo sapeva bene: nonostante la qualità non sempre elevatissima dei film prodotti, Cinecittà era all’epoca il più grande centro di produzione cinematografica in Europa.    

Ma quanto vengono ‘modernizzati’ gli italiani dal fascismo? Il fascismo aveva creato una gigantesca burocrazia essenzialmente per creare posti di lavoro e contrastare la disoccupazione: gli impiegati dei moltissimi enti pubblici voluti dal fascismo nel corso degli anni ‘30 si sentivano in dovere verso il partito fascista più che verso la cittadinanza. Per questo motivo, in Italia si sviluppa una cultura di passiva dipendenza dal pubblico impiego, piuttosto che a una vera e propria mobilità sociale, più tipica delle società occidentali ‘moderne’ della prima metà del ‘900.      

Per quanto riguarda le politiche sociali del fascismo, il sistema previdenziale andava a premiare soprattutto i lavoratori del settore pubblico e dell’industria, appoggiandosi spesso a istituti di beneficenza religiosi. Nel 1925 era stata creata l’Onmi, Opera nazionale maternità e infanzia, destinata a fornire assistenza alle madri, ma anche a professionalizzare le donne in campi come l’ostetricia e la pediatria: politiche, queste, che aiutavano le donne, ma le relegavano anche ad un ruolo di margine, ben poco moderno - quello di ‘addette alla riproduzione’.      

Il fascismo era anche impegnato nel miglioramento delle condizioni delle città, tramite realizzazioni architettoniche di alto livello, ma anche abbattendo zone fatiscenti e malsane. In questo modo, tuttavia, gli appartenenti ai ceti popolari venivano trasferiti in borgate di periferia che erano del tutto prive di servizi di base (come l’acqua corrente o le fognature) e dei collegamenti (strade e mezzi pubblici), per la gioia, peraltro, degli speculatori edilizi.    

I principali beneficiari della politica fascista sono, in ultima analisi, gli impiegati pubblici, i ceti medi, che potevano godere di case popolari, domestici, vacanze in colonia, ed in cambio garantivano al regime una fedeltà incondizionata, pur senza mai aderire del tutto ai versanti più violenti del fascismo, come lo squadrismo o l’intensa militarizzazione della società, che a partire dal 1934 va a condizionare pesantemente tutto il paese.    

La politica estera di Benito Mussolini durante il fascismo

Alla base della politica estera del fascismo c’è un mito: quello della ‘vittoria mutilata’. Questo bisogno di rivalsa va a concretizzarsi fin da subito in azioni provocatorie, come l’occupazione dell’isola di Corfù in Grecia nel 1923, che suscita immediatamente pressioni al ritiro da parte di Inglesi e Francesi, e si risolve quindi in un nulla di fatto. Allo stesso tempo, negli anni ‘20 Mussolini è in cerca di legittimazione tra le potenze europee, e per questo partecipa ad esempio alla conferenza di Locarno nel 1925.     

Quando il regime inizia a stabilizzarsi e viene ristabilito il controllo sulla Libia, l’Italia fascista è pronta per provare a realizzare le proprie mire espansionistiche, che saranno tuttavia condizionate dall’effettiva debolezza del paese, che dovrà cercare volta per volta l’appoggio delle ‘grandi potenze’. Nel 1932 Mussolini assume personalmente il ruolo di ministro degli Esteri, tentando di agire come mediatore tra la Germania e potenze come la Francia e la Gran Bretagna, ma deve fare immediatamente i conti con l’aggressività di Hitler, che nel 1933 porta la Germania ad uscire dalla società delle nazioni. Con l’intento di tutelare l’Austria dall’annessione tedesca, Mussolini si avvicina alla Francia. Nell’aprile del 1935 Mussolini partecipa ad una conferenza a Stresa, sul lago Maggiore, con Francia ed Inghilterra, dove ribadisce la volontà di contrastare i pericoli per la pace in Europa.     

Nell’ottobre del 1935 l’Italia attacca l’Etiopia, e lo fa in modo brutale, bombardando le popolazioni civili e lanciando gas asfissianti: nel maggio del 1936 riuscirà a piegare la resistenza del Negus. Di fronte alle sanzioni della Società delle Nazioni, il fascismo proclama l’impero, rovesciando gli equilibri d’Europa. In questo nuovo contesto, l’Italia si avvicina alla Germania di Hitler, cessa di opporsi all’annessione dell’Austria: nell’ottobre del 1936 nasce l’asse Roma-Berlino. Secondo gli accordi, alla Germania spettava l’Oriente, all’Italia il Mediterraneo.     

Questa nuova alleanza sarà inaugurata in occasione della guerra civile spagnola, dove Mussolini invia 70.000 volontari in appoggio al generale Francisco Franco contro la Spagna repubblicana. Nel 1937 dopo aver firmato un patto antisovietico con Germania e Giappone, l’Italia esce dalla Società delle Nazioni.     

Nell’aprile del 1939 l’Italia annette l’Albania ai propri territori, ed il mese dopo stipula con la Germania il patto d’acciaio, in cui Italia e Germania si impegnavano ad entrare in guerra l’una a favore dell’altro, anche nel caso di conflitti offensivi. Tuttavia, allo scoppio della guerra nel settembre del 1939, l’Italia era priva di risorse per fronteggiare un serio impegno bellico: per questo motivo, l’Italia sceglierà all’inizio la ‘non belligeranza’. 

Consegna:

Riassumi quanto appreso con powerpoint

Dedica due slide del powerpoint al video " come fare un colpo di stato e diventare dittatore".

Il fascismo a confronto con il "terrore" durante la rivoluzione francese, in una tabella scrivi similitudini e differenze.

Il fascismo oggi  è parzialmente differente, come pensi venga esercitato al giorno d'oggi? cosa è l'apologia di fascismo? quali sono i pro ed i contro di una dittatura fascista?

Valutazione:

Ho riassunto con power point con almeno 10 slide ( 4 punti)

Ho aggiunto l'approfondimento sul video "come fare un colpo di stato e diventare dittatore" (2 punti)

Ho messo a confronto fascismo e terrore ( 1 punto)

Ho trovato almeno 3 similitudini ( 1 punto)

Ho trovato almeno 3 differenze ( 1 punto)

Ho risposto alle domande sul quaderno ( 1 punto)

Attività N.7

La Germania nazista

Attività in: coppia, durata 100 minuti

scopo attività: conoscere nascita e avvento del movimento nazista

Video1, Video2 e materiali:

Hitler e il Nazismo

Il nazismo è stato definito un sistema politico totalitario, il che vuol dire che il partito nazista ed il suo capo, Adolf Hitler, riuscirono a dominare in modo completo e totale la società tedesca, la sua politica, la sua cultura, l’economia, nonché la vita (e come vedremo anche la morte) dei tedeschi: un dominio assoluto che dal 1933 costituisce una delle più grandi sfide alla democrazia e al liberalismo. Ciò che il nazismo voleva era la morte di ogni teoria, di ogni pensiero libero. Il volere del proprio leader carismatico, Adolf Hitler, era l’unica ispirazione dei tedeschi nella Germania nazista. Il nazismo traeva ispirazione dal fascismo, riproponendo e rielaborando molti elementi del modello fascista, ma portandoli a conseguenze più estreme. In ultima analisi, ciò che Adolf Hitler (e quindi il nazismo) voleva più di ogni altra cosa era l’eliminazione di tutti i nemici del popolo ‘ariano’.     

Chi era Adolf Hitler?

Adolf Hitler nasce nel 1889 a Braunau, cittadina austriaca. Suo padre Alois era un impiegato, sua madre Klara veniva da un’umile famiglia di contadini. All’età di 15 anni viene bocciato e decide di lasciare la scuola. Tre anni dopo, diciottenne, perde anche la madre e si trasferisce a Vienna, dove prova ad iscriversi all’Accademia di Belle Arti e ad una facoltà di architettura, ma entrambe le istituzioni lo respingono. Si guadagnerà da vivere per un po’ facendo il pittore ed il decoratore. 

A questo punto il dittatore in erba inizia ad interessarsi alla musica, ma anche a cose più concrete, come la politica, avvicinandosi a idee al tempo di gran moda come l’antisemitismo, il razzismo, e le tecniche di manipolazione di massa. Nel 1912 è a Monaco di Baviera: lavorerà per un po’ come operaio, e allo scoppio della Prima Guerra Mondiale si arruola come volontario con l’esercito tedesco col grado di caporale, distinguendosi per un po’, finché nel 1916 non viene ferito nella battaglia della Somme. Nel 1918 viene quasi accecato in battaglia da un gas letale, l’iprite: quando la Germania si arrende, Hitler si trova in ospedale, in preda ad una grave depressione. È sempre più convinto che la Germania ha perso per colpa di un tradimento interno, di cui i principali colpevoli erano stati i socialisti e gli ebrei, e per questo decide di darsi definitivamente alla politica.    

Il suo primo contatto con il Partito dei Lavoratori Tedeschi, una formazione antisemita e nazionalista, è nel 1919: con loro Hitler inizia a sviluppare doti di grande oratore, denunciando l’ingiustizia del trattato di Versailles.

Hitler stava diventando una vera e propria sensazione: pur di sentirlo parlare, un buon numero di tedeschi si iscriveva al suo partito. Un partito che si stava evolvendo in fretta: nel 1921 cambia nome, ed è ormai ufficialmente la NSDAP, Partito Nazional Socialista dei Lavoratori Tedeschi - in altre parole il partito nazista, che già allora riconosce Hitler come leader. In una Germania in condizioni economiche disastrose, nel 1923, il partito conta già 56.000 membri, e moltissimi sostenitori. 

Il ‘putsch della birreria’

Tra l’8 ed il 9 novembre del 1923 Hitler, che all’epoca ammirava molto Mussolini, tenta di coinvolgere il governo Bavarese in un’impresa ispirata alla Marcia su Roma: il putsch di Monaco. Il tentativo è anche ricordato come Putsch della birreria, essenzialmente perché partiva da un’enorme birreria situata al centro della città bavarese, dove si stava svolgendo un comizio di Gustav von Kahr, un vecchio politico reazionario. Il piano di Hitler era semplice: entrare nella birreria durante il comizio, aizzare la folla, occupare i palazzi del potere, e poi marciare verso Berlino con l’appoggio dell’esercito, dello stesso von Kahr e delle forze di polizia.  

Hitler era sicuro dell’appoggio di Ludendorff, un generale della Prima Guerra Mondiale piuttosto influente, ma non quello di von Kahr, né tantomeno poteva fidarsi in quel momento delle forze dell’ordine. Seguito da una ventina di seguaci, tenta comunque l’impresa, irrompendo nella birreria con una pistola, gridando e proclamando l’inizio di una ‘rivoluzione nazionale’. Tra i 2.000 ed i 3.000 nazisti il mattino dopo marciano verso il ministero della difesa bavarese, ma vengono fermati dai poliziotti in uno scontro a fuoco: c’è qualche morto, 4 poliziotti e 16 nazisti.  

Hitler è nei guai: non soltanto ha subito una lussazione alla spalla, ma è anche ricercato per tradimento. Si rifugia per un po’ in casa di un amico, ma viene presto trovato e arrestato. Al processo l’accusa è piuttosto grave: alto tradimento. Ma il processo è anche un ottimo teatro per i comizi di Hitler, che parlerà personalmente in difesa di sé stesso. Tutto ciò che dice viene stampato sui giornali, e la sua popolarità durante il processo aumenta. Alla fine se la caverà con una pena relativamente leggera: cinque anni di prigione, peraltro in una prigione relativamente comoda. Qui Hitler resterà in realtà per meno di un anno, durante il quale potrà ricevere visitatori e rispondere alle lettere dei suoi ammiratori. In questo anno, Hitler avrà anche tutto il tempo per scrivere, con l’aiuto di Rudolf Hess, il Mein Kampf, “la mia battaglia”. 

Mein Kampf - La mia battaglia

Il titolo originale del Mein Kampf doveva essere molto più lungo: “Quattro anni e mezzo di lotta contro la menzogna, la stupidità e la codardia”. L’editore, un ex commilitone di Hitler, lo convincerà, per ragioni di ‘marketing’, ad adottare un titolo più sintetico e funzionale: “la mia battaglia”.  Il libro riscuote un certo successo anche fuori dalla cerchia degli iscritti al partito nazista, rendendo Hitler ancora più famoso: in qualche modo, i contenuti riescono a fare presa sui tedeschi. Il Mein Kampf uscirà nel 1925 - otto anni prima che Hitler arriverà al potere. Nel frattempo, alla fine del 1924, il futuro dittatore era stato liberato in anticipo grazie ad un’amnistia

Ma cosa c’era scritto sul Mein Kampf? Essenzialmente, il libro delineava l’ideologia di Hitler ed i suoi piani futuri per la Germania. L’elemento più importante era la necessità di colonizzare altri paesi, poiché il popolo germanico (volk) aveva bisogno di spazio vitale (lebensraum) dove poter prosperare senza essere contaminato da altre razze. Il popolo ebraico, al contrario, era per Hitler un popolo di parassiti, che infestavano quegli spazi che spettavano di diritto agli altri popoli: per avvalorare queste tesi, Hitler non si fa problemi ad utilizzare materiale falso e complottista, come i Protocolli dei Savi di Sion. Un altro nemico da combattere, poi, erano i socialisti ed i comunisti, perché le loro idee negavano concetti come la classe e la nazione, due elementi fondanti del nazionalsocialismo. L’espansione tedesca profilata da Hitler avrebbe dovuto essere diretta verso est, perché ad est c’era il nemico, comunista ed asiatico. Soltanto così si sarebbe realizzato un ‘nuovo ordine Europeo’, naturalmente contrassegnato da una supremazia tedesca

Consegna:

leggi il testo 

Assieme al tutor guarda su netflix la storia di Hitler

Riassumi quanto visto nei 2 video in un powerpoint.

Che differenze riesci ad individuare fino ad ora tra gli ideali nazisti ed i fascisti? scrivile sul tuo quaderno

Nella foto in fondo è raffigurato un importante ufficiale nazista, comandante militare di Roma nel 1943. utilizza google per trovare il suo nome. A quale personaggio famoso dei giorni nostri sembra assomigliare?

Valutazione:

Ho svolto il powerpoint ( 4 punti)

Ho visto assieme al tutor la storia di Hitler ( 1 punto)

Il powerpoint ha almeno 8 slide ( 1 punto)

Ho individuato le differenze tra  nazismo e fascismo e le ho scritte in una slide  ( 1 punto)

Ho trovato il nome del comandante nazista e ho scoperto a chi assomiglia ( 1 punto)

In una slide ho compiuto una piccola ricerca sul comandante nazista.( 2 punti)

Attività N.8

La Russia di Stalin

Attività in: Coppia, durata 100 minuti

scopo attività: conclusione della vicenda russa prima dell'inizio della seconda guerra mondiale

Video , Video2 e materiali:

nel 1922 nacque l'Unione Sovietica, con il carattere di uno stato federale.

Il comunismo di guerra (fase di abolizione della proprietà privata) provocò una regressione dell'economia: molte persone si spostavano dalle città alle campagne, per condizioni migliori di vita. Il paese, uscito dalla rivoluzione russa, era in condizioni di grave arretratezza economica. La Costituzione assegnava tutto il potere ai soviet degli operai, dei contadini e dei soldati. In realtà, il potere era esercitato dal Partito comunista. Si verificava una frattura tra il governo e la popolazione, specie nelle campagne, dove venivano represse le rivolte contadine.

Un altra preoccupazione era l'isolamento dell'unione sovietica, perché non era riconosciuta dai paesi occidentali. Nel 1919 era stata costituita la Terza internazionale o Comintern, con l'obiettivo di coordinare i partiti comunisti di tutto il mondo, ma alcuni paesi come l'Italia, la Germania e l'Ungheria, i tentativi rivoluzionari erano stati sconfitti e l'unione dovette cavarsela da sola; quindi questo contribuì al rafforzamento della dittatura del partito nell'URSS.  

Nel 1921 Lenin decise di avviare una nuova politica economica (NEP), che risollevasse l’economia dando spazio a elementi di proprietà privata, di mercato e di profitto. Infatti gli ammassi (conferimento del grano allo stato) vennero messi ad un prezzo stabilito, i contadini furono lasciati liberi di vendere le eccedenze, si favorì lo sviluppo della piccola impresa, ma lo stato manteneva il controllo delle principali attività economiche. I risultati della Nep furono positivi, perché inizialmente la produzione e il reddito si ripresero. Ma sorse un problema economico, quello di come modernizzare il paese: i sostenitori della Nep, come Bucharin, proponevano una trasformazione graduale del sistema economico, basata sull’aumento di produttività dell’agricoltura; gli oppositori della Nep, fra cui Trockij, ritenevano invece che un’industrializzazione accelerata fosse necessaria per la sopravvivenza stessa del sistema economico. Un altro problema fu quello di chi dovesse sostituire Lenin (morto nel 1924) alla guida del partito. Nel 1922 Stalin fu nominato segretario generale e assunse una posizione di centro tra la destra di “Bucharin” e la sinistra di “Trockij”. Infine Stalin prese il potere, mentre Trockij venne espulso ed esiliato (poi ucciso da un sicario di Stalin nel 1940).

 Stalin abbandonò la prospettiva della Nep e decise di attuare la collettivizzazione forzata dell’agricoltura nel 1930, trasformando la proprietà privata in collettiva. Molte aziende furono unificate in fattorie cooperative (kolchoz) o di proprietà dello stato (sovchoz) con l’obbligo di consegna dei prodotti al prezzo fissato. Di conseguenza questa decisione modificò il rapporto tra il potere sovietico e le campagne. Stalin era consapevole che tutto ciò avrebbe scatenato uno scontro sociale con i contadini, e infatti lo scontrò vi fu: la resistenza contadina fu fortissima perché si opposero in ogni modo. Nei confronti dei contadini, Stalin impiegò il terrore: i kulaki, che secondo lui dovevano sparire come classe sociale, sparirono anche fisicamente. I kulaki (contadini agiati) si divisero in tre categorie: quelli impegnati in attività controrivoluzionarie, quelli che non potevano che contribuire alla controrivoluzione, e i kulaki che erano leali nei confronti del regime. Per le prime due categorie erano previste la confisca dei beni e la deportazione (in alcuni casi anche la fucilazione); per la terza categoria, il trasferimento in un altro luogo. Migliaia di persone furono uccise fisicamente e altre vennero deportate. I kolchoziani venivano forzati a consegnare le riserve accumulate: questo portò ad un grande carestia, con milioni di morti per fame. Il governo cercò anche di bloccare la fuga dei contadini introducendo dei passaporti interni necessari per circolare nel paese, che però non venivano dati ai kolchoziani. 

Per industrializzare il paese si adottò la pianificazione integrale dell'economia, diretta dal "Gosplan". Il primo piano quinquennale fu attuato tra il 1928 e 1932. Questo trasformò in pochi anni l'Unione Sovietica in una grande potenza industriale. Fu attuata una sorta di militarizzazione del lavoro operaio, che puniva qualsiasi infrazione sul luogo del lavoro e vietava agli operai di cambiare lavoro senza un consenso. Stalin inoltre emarginò gli specialisti borghesi, cioè i tecnici e i lavoratori specializzati di estrazione non proletaria, sostituendoli alla leva di tecnici di provenienza contadina e di lealtà politica, preparati attraverso Dopoguerra: Il Regime di Stalin Francesca Petrone 5B Informatica un'istruzione tecnica e professionale. Milioni di lavoratori passarono dall'agricoltura all'industria, ma l'urbanizzazione creò la mancanza di alloggi. Stalin istituì un sistema totalitario, basato sul Partito comunista e lo stato, sulla dittatura e sul terrore. Il partito era la principale istituzione e aveva tutti e tre i poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario). Dal 1935 la dittatura staliniana sfociò in un vero e proprio terrore. Lo strumento usato fu la polizia politica segreta, chiamata inizialmente Gpu, e poi rinominata Nkvd. Tra il 1936 e il 1938 l'Unione Sovietica visse l'epoca del "Grande Terrore", che è anche chiamata l'epoca delle "grandi purghe". Molti processi politici avvenivano pubblicamente, tranne per i processi dell'Armata rossa. Ci furono delle operazioni terroristiche condotte dalla Nkvd, che colpivano i nemici del popolo e gli individui socialmente pericolosi, che venivano giustiziati, indotti al suicidio o deportati nei campi di concentramento, i cosiddetti "gulag". In tutto il paese di diffuse un clima di sospetto e paura: i tribunali emettevano delle condanne sulla base di prove inconsistenti e di confessioni estorte con la forza. Stalin inoltre fece propaganda e manipolazione, per ottenere il consenso alla sua dittatura. Fu riconosciuto come erede di Lenin. Fu scatenata una persecuzione antireligiosa per allontanare la presenza della chiesa, infatti migliaia di religiosi vennero deportati o uccisi. Nello stesso tempo il regime rivalutava la famiglia, rendeva più difficile il divorzio, dichiarava un crimine l'aborto e puniva l'omosessualità con il carcere. Il consenso al regime fu notevole da parte di quadri operai, i tecnici, gli impiegati e i membri del partito, che secondo questi ceti, Stalin era visto come un padre severo ma giusto, capace di colpire con le purghe i nemici. 

Consegna:

Cos'è il comunismo?  il capitalismo? in cosa si differenziano? rispondete  sul vostro   quaderno con l'aiuto della tutor di italiano.

Tramite powerpoint riassumi quanto appena letto, guarda il video sulle città sovietiche e aggiungilo all'interno del powerpoint.

Tracciate sul vostro  quaderno un profilo fisico psicologico di Stalin [nome, cognome, altezza,segni particolari (fisici),  temperamento, ideologie politiche] assegna un punteggio a questi valori (carisma, saggezza, intelligenza)   da 10  (normale) a 20 (straordinario). Con l'aiuto della tutor di arte disegnate una sua caricatura. 

Valutazione:

Abbiamo risposto sul quaderno alle domande ( 2 punti)

abbiamo tracciato il profilo di Stalin sul mio quaderno ( 2 punti)

Abbiamo disegnato la sua caricatura ( 2 punti)

Abbiamo svolto il powerpoint ( 4 punti)

Attività N.9

La seconda guerra mondiale

Attività in: singolo

scopo attività: concludere l'anno scolastico sapendo perfettamente Chi/come/quando/dove/Perchè è avvenuta la seconda guerra mondiale e quali conseguenze ha portato

Video1 , Video2 , Video3 e materiali:

Introduzione alla Seconda Guerra Mondiale

Se la prima guerra mondiale era scoppiata dopo un evento singolo ed improvviso, la seconda guerra mondiale, a distanza di 25 anni, era stata per molti versi più prevedibile. Questo conflitto drammatico e letale si è protratto dal 1939 al 1945. Le due principali fazioni erano l’“Asse” (Germania, Italia e Giappone) e gli “alleati” (Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Unione Sovietica, Cina). Per molti aspetti si trattava di una continuazione, dopo una pausa di 20 anni, della prima guerra mondiale, sebbene, come vedremo, con molteplici novità. Con un numero di morti complessive che oscilla tra i 40 ed i 50 milioni, la seconda guerra mondiale è il conflitto più sanguinoso della storia.      


Uno Stato distrutto: la Polonia

Gli Stati europei si preparano alla guerra Durante la conferenza di Monaco, a settembre del 1938, le democrazie avevano praticamente ceduto i Sudeti alla Germania. Soltanto un mese dopo, erano già pronti i piani dei nazisti per occupare altre due popolose regioni della Cecosclovacchia: la Moravia e la Boemia, che nel marzo del ‘39 Hitler annetterà al terzo Reich, mentre le varie nazioni che componevano la Cecoslovacchia lottavano, ognuna per la propria indipendenza, in particolare la Slovacchia. Questo provoca una svolta nell’atteggiamento di Francia e Gran Bretagna, che si assicurano l’assistenza militare di molte nazioni, in particolare della Polonia. La Polonia sarebbe stato il prossimo obiettivo di Hitler, che puntava alla città di Danzica.   

Il patto d'acciaio tra Italia e Germania Nel frattempo. Germania e Italia stringevano il patto d’acciaio: se uno dei due paesi si fosse trovato in guerra, anche nel ruolo di aggressore, l’altro paese avrebbe dovuto intervenire al suo fianco. L’Italia non era preparata militarmente alla guerra, e Mussolini lo sapeva, ma Hitler aveva detto (a voce) che la guerra non sarebbe scoppiata prima di due o tre anni: la seconda guerra mondiale era invece molto più vicina del previsto.  

L'indecisione dell'Urss e il patto di non aggressione con la Germania In tutto ciò, l’Urss non si era ancora schierata. Il timore dei russi era che l’aggressività tedesca si sarebbe riversata esclusivamente su di loro, mentre gli occidentali erano preoccupati dalle ambizioni russe nell’Europa dell’Est. La Polonia, peraltro, non avrebbe mai concesso alle truppe sovietiche il passaggio nei propri territori. A questo punto, inaspettatamente, i nazisti e l’Urss firmano un patto di non aggressione (Molotov-Ribbentrop, agosto 1939). Hitler può a questo punto attaccare la Polonia (1 settembre 1939) senza temere ripercussioni russe, dando il via alla seconda guerra mondiale. Mentre l’Italia, nonostante il patto d’acciaio, dichiara la non belligeranza, Francia ed Inghilterra dichiarano formalmente guerra alla Germania.    

Ratifica al Kremlino del Patto Russo-Tedesco di non agressione. Da sx: Ministro Sovietico Molotov, Giuseppe Stalin, ambasciatore tedesco Frederich Von Der Schulenburg, consigliere tedesco Hencke, il ministro tedesco degli esteri Joachim Von Ribbentrop con il sottosegretario tedesco Gus

Ratifica al Kremlino del Patto Russo-Tedesco di non agressione. Da sx: Ministro Sovietico Molotov, Giuseppe Stalin, ambasciatore tedesco Frederich Von Der Schulenburg, consigliere tedesco Hencke, il ministro tedesco degli esteri Joachim Von Ribbentrop con il sottosegretario tedesco Gus — Fonte: Ansa

Una guerra che sembra essere già finita: le rapide conquiste della Germania La conquista della Polonia avviene con una rapidità sorprendente, soprattutto grazie all’innovativa tecnica militare tedesca, la guerra-lampo (Blitzkrieg): la vera novità della seconda guerra mondiale era l’utilizzo di mezzi corazzati (carri armati e autoblindo), grazie ai quali la guerra non era più statica. Già alla fine di settembre Varsavia cedeva ai bombardamenti tedeschi, mentre i russi occupavano le zone ad est in modo spietato: rimane tristemente celebre l’esecuzione a freddo di migliaia di ufficiali polacchi, massacrati dai sovietici e nascosti in 8 fosse comuni che sarebbero state ritrovate anni dopo. Per il momento, era la fine della Polonia: uno stato con appena 20 anni di vita, che non aveva praticamente ricevuto aiuti dai suoi alleati formali, Francia e Inghilterra. Dopo questi avvenimenti la guerra rimane in stallo per sette mesi, durante i quali la Russia attacca la Finlandia per risolvere alcune questioni di confine, mentre la Germania, già nella primavera del ‘40, riesce ad occupare la Danimarca (che si arrende senza combattere) e la Norvegia. I nazisti controllavano ormai la maggior parte dell’Europa settentrionale e centrale: a questo punto toccava alla Francia. 

L'inizio di ogni guerra è come aprire la porta su una stanza buia. Non si sa mai che cosa possa esserci nascosto nel buio.

La sconfitta della Francia nel bel mezzo della seconda guerra mondiale

Il passaggio dell'esercito tedesco attraverso l'Olanda e l'occupazione della Francia In un paio di mesi, dal 10 maggio al giugno del 1940, l’occupazione tedesca della Francia centrale e settentrionale è completa. Quello francese era un esercito all’avanguardia e molto numeroso, ma la concezione antiquata dei generali francesi, ancora legati al concetto della guerra di posizione, si affidava ad una linea di fortificazioni difensive, la linea Maginot, che lasciava scoperti l’Olanda, il Lussemburgo ed il Belgio. A metà maggio i tedeschi avevano invaso l’Olanda, erano passati per il limite naturale della foresta delle Ardenne grazie ai carri armati, aggirando le armate francesi, belghe, ed il contingente britannico, costretto ad un rapido reimbarco nella città portuale francese di Dunkerque, ai confini col Belgio.

L'armistizio con la Germania e il nuovo governo franceseIl 14 giugno i nazisti sono a Parigi. Il nuovo presidente del consiglio è Philippe Pétain, un maresciallo di 84 anni, che il 22 giugno firma immediatamente un armistizio con la Germania, ironicamente nello stesso luogo in cui 22 anni prima i tedeschi avevano firmato l’armistizio con francesi e britannici. Il nuovo governo francese segna la fine della Terza Repubblica. Secondo Pétain, la colpa della sconfitta nella seconda guerra mondiale era della Franca repubblicana e del suo avanzato sistema democratico, troppo permissivo. La nuova costituzione promulgata dal maresciallo segnava il ritorno della Francia all’esaltazione dell’autorità, della famiglia e della religione, al corporativismo nel lavoro e all’esaltazione del lavoro agricolo. La sede del governo, Vichy, era una piccola città termale, e la sovranità effettiva del governo era limitata alla metà meridionale della Francia e alle colonie: il resto era occupato dai tedeschi. Nei fatti, la Francia di Vichy non era altro che uno Stato satellite dei tedeschi, che il 3 luglio interrompe ogni tipo di rapporto con la Gran Bretagna. 


L'Italia nella seconda guerra mondiale

10 giugno 1940: l'annuncio dell'entrata in guerra dell'ItaliaMentre Hitler occupava la Francia, Mussolini, convinto di una prossima fine della seconda guerra mondiale, annuncia con notevole ritardo l’intervento italiano a fianco dell’alleato nazista. I motivi per cui l’Italia non era entrata in guerra prima (nonostante il patto d’acciaio) erano l’effettiva impreparazione dell’esercito e la carenza di materie prime. La velocità con cui la Francia era definitivamente crollata, però, aveva fatto cambiare idea non soltanto a Mussolini, ma anche al re, agli industriali, e ai gerarchi fascisti più moderati. Sembrava che l’Italia avrebbe ottenuto una vittoria gloriosa con sforzi minimi. Il 10 giugno del 1940, dal balcone di Piazza Venezia, a Roma, da cui era solito parlare al popolo, il duce annuncia alla folla l’entrata dell’Italia nella seconda guerra mondiale.    

 L’offensiva contro la Francia parte il 21 giugno, soltanto un giorno prima che Pétain avrebbe firmato l’armistizio con i nazisti, e non è il successo sperato: la penetrazione in territorio francese è molto limitata, e le perdite piuttosto alte. Nonostante questo, la Francia stremata chiede subito l’armistizio (firmato il 24 giugno), che prevede soltanto qualche piccola variazione nei confini e una limitata smilitarizzazione. Contemporaneamente Mussolini attacca gli inglesi nel Mediterraneo. La flotta italiana viene sconfitta in Calabria e nell’Egeo, mentre un’offensiva contro gli inglesi in Libia si ferma per la carenza di mezzi. Mussolini era convinto che l’Italia poteva combattere una propria seconda guerra mondiale, parallela ed indipendente da quella tedesca, e per questo, per il momento, rifiuta le offerte di aiuto tedesche in Nordafrica.   

Gli italiani attaccheranno la Grecia il 28 ottobre del 1940, scontrandosi ancora una volta con una resistenza al di sopra delle aspettative e dovendo ripiegare in Albania. A dicembre, gli inglesi conquistano la Cirenaica, ed è a questo punto che Mussolini deve accettare gli aiuti tedeschi per riconquistare la regione. Nel 1941 gli inglesi riusciranno a conquistare le colonie italiane in Africa orientale: Etiopia, Somalia, Eritrea. Ormai era chiaro che l’Italia non poteva farcela nella seconda guerra mondiale senza l’aiuto dei tedeschi, che nell’aprile del ‘41 interverranno anche nei Balcani ed in Grecia.   

L'Inghilterra resiste: il primo ostacolo alla vittoria tedesca della seconda guerra mondiale

L'Inghilterra: l'unica potenza in grado di fermare l'avanzata tedescaAlla fine del ‘40, l’unica potenza in grado di fronteggiare con qualche successo l’avanzata della Germania nazista nel corso della seconda guerra mondiale era l’Inghilterra. Il primo ministro, il conservatore Winston Churchill, al potere dal maggio del ‘40, aveva un programma semplice: guerra totale contro la Germania nazista, che dal canto suo, pur di veder riconosciute le recenti conquiste, sarebbe stata disposta persino a trattare, per il momento. Nell’autunno del 1940, a Hitler non rimaneva che tentare di invadere l’Inghilterra. Il punto di forza della Gran Bretagna era la propria flotta, e per questo i nazisti scelgono la via aerea, bombardando continuamente per tre mesi obiettivi sia militari che industriali (tra cui la stessa città di Londra).  

Il bombardamento di Coventry (14 novembre 1940), cittadina industriale nel cuore del paese, con un delizioso centro medievale, è uno dei casi più emblematici: le 150.000 bombe non distruggono solo obiettivi militari, ma anche migliaia di case, gran parte del centro della cittadina, ed una meravigliosa cattedrale del XIV secolo, uccidendo più di 500 civili e lasciando migliaia di persone senza casa. Gli orrori dei bombardamenti, annunciati dai suoni delle sirene e svolti prevalentemente di notte, sarebbero diventati una terribile costante della seconda guerra mondiale. 


La resistenza inglese: lo stop della operazione tedesca "Leone Marino"Nonostante casi come questo, le incursioni dell’aviazione tedesca (Luftwaffe) vengono però contrastate con una certa efficacia dalla contraerea britannica, la Royal Air Force (Raf), e l’operazione, che Hitler aveva chiamato “Leone Marino” viene fermata e rimandata. Per la prima volta, la macchina da guerra nazista era costretta a fermarsi, almeno per un po’.  


Guerra alla Russia ed intervento degli Stati Uniti: la svolta della seconda guerra mondiale

Il 22 giugno del 1941 la Germania nazista, ormai priva di fronti aperti in occidente (fatta eccezione per il Nordafrica), inizia ad invadere l’Urss, che del resto era da anni il principale obiettivo dell’imperialismo nazista. Il nome in codice dell’operazione militare, aperta su un fronte che andava dal Mar Nero al Baltico (1600 chilometri) era Operazione Barbarossa. All’inizio è un successo sorprendente, a cui prende parte anche un corpo di spedizione voluto da Mussolini, che non poteva sottrarsi a questa crociata antibolscevica. 

causa maltempo Ad ottobre viene lanciato l’attacco finale su Mosca: ma il maltempo favorisce la resistenza sovietica. Il fronte russo è ormai un problema per Hitler, che non era riuscito a mettere sotto combattimento i sovietici. Gran parte dell’esercito nazista era bloccato in pianura, alle prese con un inverno gelido, con una resistenza efficace, e soprattutto con una disponibilità di uomini quasi infinita: l’Urss riusciva a compensare le mostruose perdite subite (3 milioni di uomini e 20.000 mezzi corazzati), e allo stesso tempo anche la Seconda guerra mondiale si stava trasformando in un conflitto logorante, che usurava le potenze coinvolte.   

Alla fine del 1941, la Seconda guerra mondiale diventa veramente globale. Fino ad allora gli Stati Uniti si erano limitati a sostenere economicamente l’intenso sforzo bellico inglese. Il presidente Franklin D. Roosevelt, unico presidente degli Stati Uniti ad essere eletto per la terza volta, aveva interrotto soltanto a maggio le relazioni con Italia e Germania. Ad agosto aveva firmato con Churchill la Carta Atlantica: documento in otto punti che condannava il fascismo e stabiliva alcune linee guida per un nuovo ordine democratico a venire, basato sull’autodeterminazione dei popoli, sul commercio libero, sulla cooperazione internazionale e sulla rinuncia all’utilizzo della forza tra Stati. Per molti versi ricordava i quattordici punti di Wilson.   

Nel frattempo, il Giappone, principale potenza asiatica, si era legato dal settembre del 1940 ad un patto (il patto tripartito) con Germania e Italia. Il paese era all’epoca dominato da una politica militarista ed espansionista, e dal 1936 aveva firmato con i nazisti un patto anti comunista. L’obiettivo nipponico, fortemente voluto dai vertici militari del paese, era quello di espandersi per tutto il Sud-Est Asiatico, ed in questo senso il paese era già impegnato in tentativi di conquista ai danni della Cina dal 1937. A luglio del 1941 i giapponesi avevano invaso l’Indocina francese, suscitando da parte di Gran Bretagna e Stati Uniti un blocco delle esportazioni verso il Giappone, uno stato altamente industrializzato ma privo di materie prime. Per non rinunciare ai propri disegni espansionistici in Cina e Indocina, piegandosi alle richieste delle potenze occidentali, il Giappone attacca apertamente gli Stati Uniti.    

Pearl Harbor: la seconda fase della seconda guerra mondiale

L'attacco a Pearl Harbor e l'ingresso in guerra degli Stati UnitiPoco prima delle otto di mattina del 7 dicembre 1941, l’aeronautica giapponese sferra un devastante attacco alla base navale americana di Pearl Harbor, nell’isola di Oahu, alle Hawaii. Si trattava di un attacco a sorpresa, senza nessuna formale dichiarazione di guerra. Centinaia di aerei giapponesi erano partiti da una portaerei, e attaccarono con due ondate le maggiori navi da guerra americane. Gli americani non si aspettavano un attacco del genere, e perdono più di 2.000 soldati, 55 civili, centinaia di aerei. Le perdite giapponesi sono minime. Il giorno dopo, gli Stati uniti approvano la dichiarazione di guerra al Giappone, e l’11 dicembre Germania e Italia, secondo il patto tripartito, dichiarano a loro volta guerra agli Stati Uniti. La seconda guerra mondiale inizia ad assumere nuove tinte.  

L’attacco di Pearl Harbor era stato un duro colpo per gli Stati Uniti, ma allo stesso tempo è ciò che li convince definitivamente ad entrare nella seconda guerra mondiale, abbandonando l’isolazionismo. Per il momento però, le cose sembravano andare in favore dei tre paesi del patto tripartito. Nello specifico, l’intento del Giappone e della Germania era quello di costituire un nuovo ordine mondiale basato su una decisa supremazia sui paesi sottomessi. Questo per la Germania significava ridurre letteralmente in schiavitù i popoli sottomessi, che pianificavano di fare dell’Europa orientale una colonia agricola del Reich, sterminando le élites locali e riducendo i popoli slavi ad una posizione di semi schiavitù. Nel frattempo, tra i 5 ed i 6 milioni di ebrei che abitavano i paesi sotto il dominio tedesco, prima discriminati e confinati nei ghetti, iniziavano ora ad essere sterminati nei campi di prigionia (lager).    


La grande alleanza (1942-1943)

Nel maggio del 1942 gli americani iniziano a fermare l’avanzata giapponese nel Pacifico, che nel febbraio del ‘43 si arresterà definitivamente, mentre nell’Atlantico americani e britannici iniziano a difendersi più efficacemente dai temibili sottomarini tedeschi.

A Stalingrado (oggi Volgograd), sul fiume Volga, i sovietici riescono a resistere ai nazisti, che assediano la città tra agosto e novembre del ‘42: si trattava della sconfitta peggiore finora subita dai tedeschi nel corso della seconda guerra mondiale, un simbolo di come la situazione si stava capovolgendo. Perdere Stalingrado sarebbe stato fatale per la Russia, perché la città non era non soltanto una base di rifornimento sul maggiore corso d’acqua della Russia, ma anche un punto che avrebbe consentito ai tedeschi di circondare mosca. La battaglia era stata devastante sia per i tedeschi che per i sovietici, in particolare per gli abitanti di Stalingrado, che non erano stati evacuati.   

Contemporaneamente, i britannici stavano fronteggiando italiani e tedeschi nel Nord Africa: il generale Rommel (‘la volpe del deserto’) era riuscito ad arrivare nel giugno del ‘42 ad El Alamein, ma la controffensiva britannica costringe i tedeschi alla ritirata ad ottobre. Nel maggio del ‘43 italiani e tedeschi saranno definitivamente cacciati dall’Africa.  

Nel gennaio del 43 c’era stata nel frattempo una conferenza a Casablanca, in Marocco, dove gli alleati, che ormai avevano firmato il patto delle Nazioni Unite impegnandosi a tener fede alla Carta atlantica, decidono che il prossimo passo sarebbe partito dalla Sicilia, e che la seconda guerra mondiale sarebbe continuata fino alla resa incondizionata della Germania, ovvero la sconfitta senza alcun tipo di patteggiamento.   

Lo sbarco in Sicilia degli alleati e le prime proteste di massa contro il fascismoLo sbarco in Sicilia dei contingenti anglo-americani, che in poche settimane si impadroniranno dell’isola, avviene nel luglio del 1943. Il governo fascista aveva ormai perso credibilità a causa di una serie di clamorosi insuccessi. Erano le prime proteste di massa sotto il fascismo, segno di un profondo malcontento popolare causato dall’aumento dei costi della vita, dalla fame e dai bombardamenti alleati.   

Il 25 luglio del 1943 Mussolini cade, e lo fa per colpa di una singolare congiura voluta, tra gli altri, dal re e dagli esponenti più moderati del regime. La notte precedente, una riunione del Gran consiglio del fascismo aveva invitato il re a riprendere il controllo formale dell’esercito. Il 25 Mussolini viene invitato a rassegnare le dimissioni ed arrestato dai carabinieri, mentre Pietro Badoglio viene nominato capo del governo. Gli italiani si abbandonano a questo punto a manifestazioni pubbliche di gioia, mentre dopo vent’anni di protagonismo assoluto sulle scene politiche non c’era praticamente traccia del Partito fascista. Gli italiani speravano che sarebbe presto finita la seconda guerra mondiale, senza sapere che sarebbe finita in modo drammatico.   

i tedeschi, che ormai si aspettavano una prossima defezione, avevano aumentato i contingenti di truppe, mentre Badoglio lanciava messaggi ambigui, trattando in segreto con gli alleati mentre proclamava alla nazione che l’impegno bellico sarebbe proseguito al fianco dei tedeschi.

Poco tempo dopo, il 3 settembre l’Italia e gli alleati stipulano un armistizio, reso noto l’8 settembre. Badoglio ed il re fuggono verso Brindisi, mentre l’Italia centrale e l’Italia del nord vengono occupate dai tedeschi, il Sud è occupato dagli alleati, e l’esercito italiano è allo sbando.  

Dopo che si erano ricostituiti ufficialmente i partiti antifascisti, che nel settembre del ‘43 danno vita al Comitato di liberazione nazionale, il 12 di settembre i tedeschi liberano Mussolini dal Gran Sasso. Il piano era quello di creare un nuovo stato fascista nel nord: la Repubblica sociale italiana (Rsi), dotata di un suo esercito, aveva come capitale Salò, città sul lago di Garda. La politica della Repubblica di Salò richiamava il primo fascismo, quello più ‘rivoluzionario’, ma rimaneva uno stato controllato dai tedeschi, che continuavano ad occupare il territorio sfruttandone le risorse e gli abitanti, spesso deportati (come avviene nel ghetto di Roma, dove più di mille ebrei saranno deportati ad Auschwitz). La repubblica di Salò si occupava inoltre di contrastare i partigiani in quella che oggi ricordiamo come una vera e propria guerra civile.  


Alla fine del ‘43 si formano le prime bande partigiane, riunendo sia antifascisti che disertori della Repubblica di Salò. Nelle città si formano i Gruppi di azione patriottica. I partigiani tendevano a riunirsi in base all’orientamento politico:    


L'Italia della Resistenza e di Salò

Quanto ai partiti, oltre al liberal-socialista Partito d’azione, stava nascendo dalle ceneri del Partito popolare la Democrazia Cristiana (DC). A luglio prendevano (o meglio ri-prendevano)  forma anche il Partito liberale (Pli) e quello repubblicano, mentre i socialisti si erano riuniti nel Partito socialista di unità proletaria (Psiup), ed il Partito comunista, che non si era mai sciolto, riprendeva forze. 

Sono i rappresentanti di questi ed altri partiti antifascisti a dare vita al Comitato di liberazione nazionale (Cln), che aveva lo scopo di dare vita ad un’Italia democratica, antifascista, ma anche contraria al re (considerato anche lui un responsabile del fascismo e della guerra) e a Badoglio (il cui governo, dall’ottobre del ‘43, era diventato un ‘cobelligerante’ per gli alleati). Il Cln rappresentava il movimento partigiano (sia di sinistra che di centro-destra), ma non aveva né una base di massa né la fiducia degli alleati. A sbloccare la situazione è Palmiro Togliatti, leader del PCI appena tornato dalla Russia, che propone al Cln di formare un governo di unità nazionale concentrato sulla guerra e sulla lotta al fascismo, collaborando per il momento con il re e Badoglio. 

Il 24 aprile viene formato il primo governo di unità nazionale, che include rappresentanti del Cln ed è capeggiato da Badoglio. Vittorio Emanuele III nominerà suo figlio Umberto ‘luogotenente del regno’ nel giugno del ‘44, e anche Badoglio si dimetterà. Il prossimo governo sarà interamente deciso dal Cln, presieduto da Ivanoe Bonomi, e avrà concreti legami col movimento partigiano, ormai riunito anch’esso in un Cln Alta Italia (Clnai) rinforzato e molto attivo in tutta l’Italia del nord, nonostante le rappresaglie tedesche. C’era un’Italia decisa a voltare pagina e a contribuire alla causa degli alleati, che però non coinvolgeva in modo particolare il grosso della popolazione, traumatizzata e preoccupata essenzialmente dalla propria sopravvivenza. Dopo uno stallo lungo la linea gotica, nel novembre del ‘44 i partigiani vengono invitati a sospendere le operazioni, ma Bonomi riconosce il Clnai come rappresentante del governo nell’Italia occupata. Soltanto nel 1945, in primavera, la Resistenza sarebbe sfociata in un’insurrezione generale e popolare.  

Tra 1943 e ‘44 i sovietici, al costo di enormi sacrifici, respingono i tedeschi ed iniziano ad avanzare verso occidente: nella primavera del ‘45 conquisteranno Berlino. Alla fine del 1943 c’era stata la conferenza di Teheran, dove i leader dei tre principali stati alleati, Roosevelt, Stalin e Churchill si erano incontrati, e gli anglo-americani si erano impegnati a sbarcare sulle coste della Francia, in Normandia.   

L’operazione scatta il 6 giugno del 1944 all’alba, il nome in codice è operazione Overlord: Questa operazione è stata documentata dal fotografo Robert Capa, in alcune drammatiche foto che ritraggono l’assalto ad Omaha Beach in tutta la foga dell’azione. Nel giro di un mese più di un milione e mezzo di uomini saranno in Francia. Alla fine di luglio, le difese tedesche sono definitivamente stroncate, e ad agosto Parigi è ormai libera, mentre i nazisti si riorganizzavano per un’ultima volta intorno ai vecchi confini del 1939.  

Nell’autunno del 1944 i fronti della seconda guerra mondiale erano completamente cambiati, e la Germania era ad un passo dalla sconfitta. I paesi sotto l’influenza tedesca (Romania, Bulgaria, Finlandia e Ungheria) cambiavano schieramento o si arrendevano, mentre la Jugoslavia veniva liberata dai partigiani e dai russi, la Grecia dagli inglesi. La Germania subiva bombardamenti continui, volti a distruggerne la fenomenale produzione industriale e a demoralizzare i tedeschi, spesso colpendo obiettivi non militari, e distruggendo intere città. Adolf Hitler tuttavia non si sarebbe mai arreso, mai avrebbe dichiarato la propria sconfitta nella seconda guerra mondiale: sperava in una rottura dell’alleanza tra sovietici e occidentali, che però restavano ancora fedeli agli accordi.     

È in questo periodo che Churchill e Stalin, in una conferenza a Mosca, iniziano a stabilire le reciproche sfere di influenza (che tenevano ben poco conto della volontà dei popoli) per il post seconda guerra mondiale. In un’altra conferenza a Yalta, cittadina termale in Crimea, si decide nel febbraio del ‘45 la futura divisione della Germania in zone di influenza.      

A gennaio, dopo un’ultima azione offensiva tedesca nelle Ardenne, i sovietici oltrepassano la Polonia e sono quasi a Berlino, mentre al contempo cacciavano i nazisti dall’Ungheria, e ad aprile raggiungevano Vienna e poi Praga. Gli alleati contemporaneamente attaccavano dal fronte Francese, attraversando il Reno il 22 marzo. I soldati tedeschi concentravano gli sforzi sul fronte orientale, tentando di arrestare l’avanzata dell’armata Rossa, ed il 25 aprile Berlino ormai era accerchiata.


Hitler e il Nazismo

Il 25 aprile, in Italia, il Cln proclama l’insurrezione generale mentre i tedeschi abbandonano Milano. Mussolini tenta di rifugiarsi in Svizzera travestito da soldato tedesco, ma viene catturato, fucilato dai partigiani ed esposto a piazzale Loreto a Milano. Quanto ad Hitler, il 30 aprile si spara un colpo di revolver alle tempie nel proprio bunker sotterraneo (ormai sede del governo). A questo punto, il Reich non può che chiedere la resa agli alleati. Il 7 maggio del ’45 a Reims si firma la capitolazione dell’esercito tedesco e le ostilità cessano formalmente nei due giorni successivi. Erano morti i due dittatori che più di tutti avevano voluto la seconda guerra mondiale, che si concludeva dopo quasi sei anni. L’unico paese dell’asse a restare in piedi era il Giappone.    


Hiroshima: l'ultimo atto della seconda guerra mondiale

Gli americani iniziano a bombardare sistematicamente il Giappone alla fine del ‘44 con l’apporto di grandi portaerei e giganteschi ‘bombardieri strategici’ (delle vere e proprie fortezze volanti). L’attacco via terra e via mare nel territorio giapponese era previsto per l’estate del ‘45, ma il Giappone non sembrava affatto sul punto di arrendersi. Al contrario, i kamikaze continuavano inesorabilmente a farsi esplodere sulle navi americane. Nel frattempo il presidente Roosevelt era morto (12 aprile 1945), e fu il suo successore Harry Truman a decidere di utilizzare la bomba atomica (o bomba a fissione nucleare, messa a punto a partire dagli studi effettuati da Enrico Fermi), un devastante ordigno messo a punto da pochissimo tempo, contro il Giappone.     


L’obiettivo era quello di rendere più breve una guerra lunga e complessa, ma l’America voleva anche dimostrare agli alleati (ed in particolare i sovietici) la propria potenza. Così il 6 agosto del 1945 la prima bomba viene sganciata su Hiroshima, e dopo tre giorni ne viene sganciata un’altra su Nagasaki. Oltre all’immenso numero di morti nell’immediato (100.000 e 60.000) e alla devastazione di entrambe le città, c’era l’effetto a lungo termine delle radiazioni. Con la resa dell’imperatore Hirohito (2 settembre 1945) si chiude una volta per tutte la Seconda guerra mondiale.  

I morti della seconda guerra mondiale

Il numero dei morti della seconda guerra mondiale è il più alto di qualunque altra guerra della storia. Si calcola che le vittime di questo conflitto siano in totale 70 milioni e che il prezzo più alto lo abbia pagato l'Unione Sovietica con 23 milioni di morti.

Numeri vicini a queste cifre li ha provocati solo un'altra grande catastrofe, la peste nera del 1347-1353 che in pochi anni uccise un terzo della popolazione mondiale. Le cifre non sono precise ma si stima che i morti causati dalla pandemia siano stati tra i 25 ed i 50 milioni.


Qualche numero sui morti della seconda guerra mondiale:     

Unione Sovietica: 23 milioni

Germania: 7,4 milioni

Giappone: 2,6 milioni

Inghilterra: 430.000

Italia: 450.000

Francia: 620.000

U.S.A.: 220.000

Belgio: 100.000

Olanda: 200.000

Norvegia: 12.000

Checoslovacchia: 350.000

Ungheria: 400.000

Grecia: 160.000

Consegna:

Rispondi alle seguenti domande:

Quali sono le cause della Seconda guerra mondiale?

Quando è entrata l’Italia in guerra nella Seconda guerra mondiale?

Chi ha dato inizio alla Seconda guerra mondiale?

Quando e come inizia Seconda guerra mondiale?.

Tramite powerpoint  riassumi  tutta la seconda guerra mondiale .

Tramite un video racconta la vicenda della seconda guerra mondiale

Scrivi sul quaderno il seguente tema: conseguenze ideologiche e politiche a seguito della seconda guerra mondiale. Come mai esiste la guerra? cosa spinge l'essere umano a voler governare sugli altri? come si sarebbe potuto evitare una guerra simile? come mai i tedeschi per due volte di fila hanno provato a conquistare il mondo? perchè non si sono fermati alla sconfitta avvenuta nella prima guerra mondiale? una volta i filosofi scrivevano: "senza la guerra non potrebbe esistere la pace" cosa significa? sei d'accordo?

Tramite ricerca su internet approfondisci i seguenti temi: Chi ha partecipato al progetto della bomba atomica? come funziona rispetto ad i normali esplosivi? quali conseguenze psicologiche a portato sul Giappone?  che conseguenze hanno portato le radiazioni? cosa vogliono dire le parole "Enola gay, little boy, Fat man"? Cos'è il progetto Manhattan?

Cosa è successo dopo? quali stati andarono a comporre l'Unione sovietica? Quale terra fu data a tutti gli ebrei rimasti senza casa? quali pene sono state inferte alla Germania? Quando è stato abbattuto il muro di Berlino? Quali nazioni al giorno d'oggi sono in possesso della bomba atomica? ricerca la risposta alle domande su internet e rispondi sul tuo quaderno

Checklist di autovalutazione:

Ho svolto il powerpoint ( 2 punti)

Ho ripreso il mio riassunto a voce ( 2 punti)

Ho svolto la ricerca sulla bomba atomica ( 2 punti)

Ho scritto il tema  ( 1 punto)

Ho risposto alle domande sul mio quaderno ( 2 punti)

Ho scritto cos'è successo dopo durante la guerra fredda ( 1 punto)