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In una classe della scuola media superiore, alcuni studenti hanno tappezzato le pareti dell’aula con numerosi crocifissi. Un gesto che, a prima vista, potrebbe sembrare espressione di una fede intensa e condivisa, ma che in realtà solleva domande più complesse: si tratta davvero di un atto religioso? È una provocazione? O è l’effetto di un’indifferenza che svuota il simbolo fino a renderlo decorazione?
Nel mondo adolescenziale, i simboli spesso vengono utilizzati senza piena consapevolezza del loro significato profondo. Il crocifisso, in questo caso, potrebbe essere:
un gesto ironico o provocatorio, pensato per suscitare reazioni più che per comunicare un’appartenenza;
un oggetto decorativo, svuotato di significato e ridotto a elemento estetico o di moda;
un simbolo replicato al punto da perdere forza, diventando solo rumore visivo;
l’espressione di un’apatia spirituale diffusa, dove i segni del sacro non vengono più compresi, rispettati o nemmeno realmente contestati.
Ma c’è un ulteriore livello da considerare: quello delle dinamiche di gruppo. Anche in presenza di studenti che abbiano una vera fede o semplicemente una consapevolezza critica più sviluppata, il conformismo può avere la meglio. Il bisogno di appartenenza, il timore dell’esclusione o semplicemente l’incapacità di sostenere una posizione diversa portano molti a tacere, a non esporsi, a rinunciare al dissenso anche quando lo ritengono giustificato. È il potere silenzioso della maggioranza, che può trasformare una decisione collettiva in una forma di pressione implicita.
In questo contesto, il gesto di appendere crocifissi in modo massivo diventa non solo una questione religiosa, ma soprattutto una questione educativa e culturale. Offre un’opportunità per interrogarsi sul significato dei simboli nella società contemporanea, sulla loro funzione comunicativa e identitaria, ma anche sulla necessità di un’educazione che restituisca senso e profondità alle scelte, anche a quelle apparentemente leggere o ironiche.
In definitiva, il gesto dei crocifissi può essere letto non tanto come un fatto da sanzionare, ma come una traccia: di un vuoto simbolico che chiede senso, di un gruppo che ha bisogno di essere educato alla responsabilità e al pensiero critico, di una scuola che può e deve essere spazio di dialogo, confronto e formazione integrale della persona.
Restituire senso ai segni, educare alla libertà interiore, aiutare ciascuno a riconoscere e rispettare il valore delle proprie e altrui convinzioni: è forse questa la vera sfida educativa del nostro tempo.
A cosa serve la scuola? Alessandro Barbero partecipa a un incontro organizzato dal Coordinamento dei Collettivi Studenteschi di Milano
Non scoraggiarsi di fronte alle difficoltà iniziali, capire la natura degli studi affrontati, mantenere una prospettiva ampia e non lasciarsi influenzare da giudizi esterni, studiare solo se realmente appassionati e non come scelta lavorativa
È normale non capire le cose all'inizio: Non scoraggiarti se all'inizio ti senti perso. Persone diverse hanno background diversi. Non cercare di capire tutto subito, a volte è meglio andare avanti e i pezzi si incastreranno col tempo. Se hai difficoltà, torna indietro e rivedi concetti precedenti che potrebbero mancare. Le basi matematiche solide sono essenziali.
La fisica è lo studio di modelli della realtà: Non confondere la fisica con una filosofia completa del mondo. Studia i modelli che descrivono i fenomeni, dati oggettivi, nei loro limiti di validità. Impara ad applicare i modelli, poi potrai metterli in discussione e modificarli.
La fisica è solo un punto di vista sulla realtà: Nel panorama culturale, la fisica è solo un aspetto. Non pensare che sia la cosa più importante o che possa spiegare tutto. Parla con persone che studiano altre materie, ampliare il proprio orizzonte è fondamentale.
Anche i tuoi professori si sbagliano: Non solo negli errori di calcolo, ma anche nel giudicare altri campi di studio. Ascolta i professori per la materia, ma ignora i giudizi negativi verso altre discipline o persone.
Non studiare fisica solo per il lavoro: Non farti ingannare da chi dice che la fisica ti darà automaticamente un vantaggio nel mondo del lavoro. Studia fisica se ti appassiona veramente. Se ti chiedi "Perché devo studiare fisica?" allora c'è un problema di motivazione. Ci sono altri percorsi altrettanto validi.
(tratto da un articolo del canale YouTube Random Physics )
Non scoraggiarsi di fronte alle difficoltà iniziali, capire la natura degli studi affrontati, mantenere una prospettiva ampia e non lasciarsi influenzare da giudizi esterni, studiare solo se realmente appassionati e non come scelta lavorativa
È normale non capire le cose all'inizio: Non scoraggiarti se all'inizio ti senti perso. Persone diverse hanno background diversi. Non cercare di capire tutto subito, a volte è meglio andare avanti e i pezzi si incastreranno col tempo. Se hai difficoltà, torna indietro e rivedi concetti precedenti che potrebbero mancare. Le basi matematiche solide sono essenziali.
La fisica è lo studio di modelli della realtà: Non confondere la fisica con una filosofia completa del mondo. Studia i modelli che descrivono i fenomeni, dati oggettivi, nei loro limiti di validità. Impara ad applicare i modelli, poi potrai metterli in discussione e modificarli.
La fisica è solo un punto di vista sulla realtà: Nel panorama culturale, la fisica è solo un aspetto. Non pensare che sia la cosa più importante o che possa spiegare tutto. Parla con persone che studiano altre materie, ampliare il proprio orizzonte è fondamentale.
Anche i tuoi professori si sbagliano: Non solo negli errori di calcolo, ma anche nel giudicare altri campi di studio. Ascolta i professori per la materia, ma ignora i giudizi negativi verso altre discipline o persone.
Non studiare fisica solo per il lavoro: Non farti ingannare da chi dice che la fisica ti darà automaticamente un vantaggio nel mondo del lavoro. Studia fisica se ti appassiona veramente. Se ti chiedi "Perché devo studiare fisica?" allora c'è un problema di motivazione. Ci sono altri percorsi altrettanto validi.
Il discorso di Alessandro Barbero paragona l'epoca attuale agli anni precedenti la Prima Guerra Mondiale, evidenziando inquietanti parallelismi:
Lungo periodo di pace, interrotto da conflitti minori: Sia all'inizio del XX secolo che oggi, un lungo periodo di pace tra le grandi potenze è coesistito con guerre coloniali e conflitti regionali (Balcani, Jugoslavia, etc.). Generalmente, si considera che questo periodo di relativa pace (la "Pax Britannica") durò dai tempi delle guerre napoleoniche (concluse nel 1815) fino all'inizio della Prima Guerra Mondiale nel 1914. Questo significa circa un secolo. La "pace" a cui si riferisce Barbero è più una situazione di assenza di grandi guerre tra le principali potenze europee sul suolo europeo. Era un periodo caratterizzato da una crescente rivalità economica e militare, da una corsa agli armamenti e da tensioni latenti che alla fine esplosero nel 1914.
Ossessione per la prossima guerra: Un elemento chiave è la costante discussione e previsione di una prossima guerra. Barbero cita la "letteratura dell'invasione" come un genere popolare dell'epoca, con romanzi che descrivono scenari di invasione e la necessità di riarmo. Questo genere contribuiva a creare un clima di paura e paranoia. Le caratteristiche principali del genere letterario sono:
Paura dell'invasione: Il tema centrale è la vulnerabilità del paese a un'invasione straniera.
Identificazione di un nemico: Spesso si individua un nemico specifico, come la Germania (in Inghilterra) o viceversa.
Appello al riarmo: I romanzi servivano spesso come propaganda per sostenere l'aumento delle spese militari e la preparazione alla guerra.
Descrizione dettagliata degli scenari di invasione: I romanzi presentano dettagliate descrizioni di battaglie, strategie militari e le conseguenze dell'invasione sulla popolazione civile.
Questi romanzi, pur essendo spesso di scarsa qualità letteraria, ebbero un ruolo significativo nel plasmare l'opinione pubblica e nel creare un clima di tensione e paura che contribuì allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. In Italia, in misura minore, si ricorda Motta, Salgari, D'Annunzio e Marinetti e le traduzioni dei romanzi stranieri.
Illusione della sicurezza attraverso alleanze e riarmo: La ricerca di sicurezza attraverso alleanze (Francia-Russia, Francia-Inghilterra) creò un effetto domino, in cui i paesi esclusi si sentirono minacciati e si innescò una corsa agli armamenti. L'aumento esponenziale delle spese militari non portò sicurezza, ma nervosismo e la percezione dell'altro come nemico. L'esempio della competizione navale tra Inghilterra e Germania illustra questo paradosso.
Militarizzazione del discorso pubblico: Non solo la letteratura, ma anche i generali iniziarono a scrivere apertamente sulla necessità e l'inevitabilità della guerra (es. il libro del generale tedesco von Bernhardi). Nel 1914, alti comandi militari consideravano la guerra imminente e auspicabile.
Barbero conclude dicendo che, nonostante le differenze, è fondamentale fare in modo che l'epoca attuale non emuli il periodo che ha portato al suicidio dell'Europa nel 1914, lasciando intendere che la direzione degli eventi dipende dalle decisioni che verranno prese.
Per caso, navigando in rete, mi sono imbattuto in questa storia. Che possa servire da orientamento agli studenti appassionati degli studi tecnici.
Günther Anders, filosofo tedesco, nel suo libro "L'uomo è antiquato" (scritto nel 1956, pubblicato nel 1963), descrive un metodo per soffocare le rivolte senza violenza, attraverso un potente condizionamento collettivo. Questo condizionamento inizia limitando le capacità biologiche innate fin dalla nascita e prosegue con una drastica riduzione dell'istruzione, focalizzata sull'integrazione nel mondo del lavoro. L'accesso alla conoscenza diventa elitario, allargando il divario tra la gente e la scienza. L'informazione per il grande pubblico è epurata da contenuti sovversivi, inclusa la filosofia. Un massiccio intrattenimento televisivo esalta l'irrazionalità e l'istinto, riempiendo le menti di frivolezze e impedendo il pensiero critico. La sessualità è usata come tranquillante sociale, la serietà bandita dalla vita e la frivolezza promossa come standard di felicità e libertà. L'obiettivo è creare individui integrati nel sistema, la cui unica paura sia l'esclusione e la conseguente perdita dell'accesso alla felicità. L'uomo-massa risultante, paragonato a un vitello in una mandria, deve essere controllato: tutto ciò che offusca la sua lucidità è positivo, mentre ciò che la stimola (come le dottrine che mettono in discussione il sistema) deve essere etichettato come sovversivo e terroristico. Il video si conclude con la domanda se Anders fosse un veggente o un precettore, considerando l'attualità delle sue parole scritte nel 1956.
con considerazioni interessanti anche sulla didattica. il video è molto lungo, conviene sintetizzarlo
verificare se è già installata (altrimenti installare) una estensione per chrome di trascrizione automatica come ad es. YouTube Summary with ChatGPT & Claude
cercare video sull'argomento, anche in inglese o altre lingue, con elevato numero di visualizzazioni e possibilmente recenti.
dopo che si lancia il video, bloccarlo ed eseguire nella stessa pagina di youtube l'estensione Transcript and Summarize.
copiare il testo e riassumere in italiano con una AI a piacere
leggere i vari punti e approfondire, in base al video, quelli di interesse
continuare a cercare per una comprensione profonda
Intelligenza artificiale ed effetti sul pensiero: perché le domande sono più importanti delle risposte
STUDIARE con la tecnica di FEYNMAN. Il metodo di studio di un premio Nobel
con interessanti citazioni finali
Il 29 marzo OpenAI , l’azienda californiana che ha sviluppato ChatGPT, ha annunciato che sta facendo sperimentare a un ristretto numero di persone Voice Engine , un nuovo sistema di sintesi vocale in grado di riprodurre la voce di una persona che parla, con toni e cadenze estremamente realistici e in lingue diverse, a partire da un processo di addestramento basato su pochi secondi di registrazione di quella persona che parla (https://openai.com/blog/navigating-the-challenges-and-opportunities-of-synthetic-voices – questa pagina contiene vari esempi interessanti di tracce audio generate da Voice Engine). Potrà dunque accadere che una persona ascolti una voce praticamente indistinguibile dalla sua pronunciare frasi che lei o lui non aveva mai pronunciato. Il Sole 24 Ore ha già dato la notizia di questa ulteriore evoluzione dell’intelligenza artificiale, cogliendone la potenziale rilevanza sociale, in termini, come ormai siamo abituati, sia di benefici sia di rischi. Questo genere di tecnologia di intelligenza artificiale generativa ha a che vedere fondamentalmente con la relazione tra entità originali e copie, ed è a questo riguardo che proponiamo qui una prima riflessione in una prospettiva culturale.
In uno dei suoi passi più discussi circa la posizione da prendere nei confronti dell’arte, Platone ci avverte dell’importanza di evitare di costruire, o basare, le nostre opinioni su quelli che lui chiama “i prodotti delle arti imitative”. E questo è quello che conclude:
Il problema a cui Platone allude è che per esempio ciò che un poeta o uno scrittore di romanzi produce è l’imitazione di cose o eventi che accadono nel mondo concreto, ossia – sempre secondo Platone – l’imitazione di una imitazione, perché ciò che accade nel mondo concreto è esso stesso solo l’imitazione di ciò che realmente è: le idee che eternamente esistono. Così, se raccontiamo una storia il cui protagonista agisce in modo giusto, ciò che stiamo facendo è di imitare, nel racconto, l’agire giusto di un uomo che, a sua volta, è giusto in quanto imitazione dell’idea di giustizia che esiste in se stessa.
Con ciò, Platone ci ha messo in guardia contro “l’arte imitativa” come strumento di conoscenza: se vogliamo conoscere davvero – è come se ci dicesse – è necessario avere un accesso diretto alle cose da conoscere. Le imitazioni, per quanto possibilmente di buona qualità, non sono sufficienti. Ma imitare una cosa significa produrre, in un certo modo, una sua copia, e questo ci immerge nell’argomento da cui siamo partiti: la riproduzione della voce di persone.
Come sappiamo, non c’è un unico modo per produrre una copia di qualcosa, poiché in tale produzione occorre, innanzitutto, identificare i tratti distintivi di ciò che intendiamo copiare. In un certo senso, possiamo copiare qualsiasi cosa, in modo più o meno fedele, a seconda dei tratti che abbiamo selezionato, purché la copia sia sufficientemente simile a ciò che copiamo rispetto a questi tratti. Ci sono così copie schematiche e grezze, che riproducono qualcosa relativamente a solo pochi suoi tratti salienti, e copie molto fedeli, che possono apparirci praticamente indistinguibili dall’entità di partenza, fino a diventarne dei cloni.
Nel caso di entità progettate, e prodotte in modo tale che ciò di cui sono fatte non è essenziale alla loro identità, se ciascuna copia è identica a ogni altra rispetto alla relazione che ha con il progetto in base al quale è stata prodotta, la distinzione tra copia e originale si può annullare. È quello che accade per il software, che è clonabile in pratica senza limiti, ma anche nel caso di molti prodotti materiali industriali: di un modello di automobile c’è cronologicamente un primo esemplare prodotto, ma esso non è l’originale di cui gli esemplari successivi sono copie. In queste situazioni la buona, e al limite la perfetta, copiabilità (ciò che in certi contesti si chiama “replicabilità”) non è un problema, e anzi è un obiettivo a cui ha senso tendere.
Al contrario, ci sono situazioni in cui c’è un originale, che almeno di principio rimane distinto dalle sue copie, per quanto fedeli possano essere. Questo è il caso per noi più interessante: quello di copie prodotte per imitare un originale, includendo o meno il supporto materiale dell’originale stesso, quando l’originale è un qualcosa che usiamo per comunicare, come un testo scritto o un discorso. Certamente, non ci stupiamo del fatto che un testo scritto possa essere riprodotto, su un supporto identico o differente, o che uno stesso discorso possa essere pronunciato più volte, dalla stessa persona o da persone differenti. Tuttavia, a seconda del tipo di testo o di discorso che consideriamo, il valore di una sua copia può cambiare radicalmente. La prima edizione manoscritta di un testo (per altro un genere di entità sempre meno diffuso, dato l’uso prevalente dei sistemi digitali per scrivere) può avere un notevole valore, che generalmente non viene trasmesso alle sue copie. Allo stesso modo, un discorso pronunciato per la prima volta in una determinata occasione è tale che le sue copie sono tipicamente soltanto citazioni del discorso originale – pensiamo al discorso di Pericle agli Ateniesi sulla democrazia riferito da Tucidide o al discorso “I have a dream” di Martin Luther King . Ci sono perciò sia testi e copie di testi con lo stesso valore, sia originali che hanno un valore che non può essere ereditato dalle loro copie. Ci sono, infine, testi il cui valore dipende dal fatto che sono stati pronunciati da una specifica persona: perché testimoniano un’esperienza da essa vissuta, a cui la persona ha un accesso privilegiato e autorevole; o perché comunicano il pensiero di una persona ritenuta autorevole in un determinato ambito.
È a questo proposito che un sistema come Voice Engine può avere un impatto imponente. Infatti, la novità cruciale di uno strumento di questo genere è che è in grado di imitare non solo dei prodotti, come i discorsi che pronunciamo, ma anche, e prima ancora, i tratti distintivi del mezzo che utilizziamo per pronunciare discorsi: la nostra voce.
È a questo punto che l’avvertimento di Platone diventa importante: le imitazioni dei poeti sono imitazioni di imitazioni delle idee, non basate sulle idee stesse, pur dando l’impressione di esserlo, e ciò a prescindere dal fatto che presentino correttamente o deformino le idee. In modo analogo, le imitazioni delle espressioni del pensiero di una persona, ossia i discorsi prodotti da uno strumento come Voice Engine, possono non essere basate sul pensiero della persona, pur dando l’impressione di esserlo, e ciò a prescindere dal fatto che esprimano correttamente o deformino ciò che la persona pensa effettivamente.
Non è nostra intenzione di andare qui più a fondo nell’analisi dei rischi che la diffusione sociale di questa tecnologia potrebbe generare, peraltro segnalati da OpenAI stessa quando scrive per esempio che “we encourage steps like [...] phasing out voice based authentication as a security measure for accessing bank accounts and other sensitive information”. Vogliamo solo identificare e segnalare la novità essenziale che abbiamo di fronte: uno strumento che è in grado di copiare, insieme ai prodotti, il mezzo stesso di produzione, e perciò di imitare, oltre a contenuti, il mezzo di espressione proprio di noi esseri umani, lo stile proprio di questo mezzo, e con questo anche il valore percepito di un discorso derivante dal suo essere pronunciato da un particolare persona.
i modelli di linguaggio come GPT non "comprendono" realmente il linguaggio, ma semplicemente fanno previsioni molto accurate. OpenAI ha spiegato che GPT genera risposte campionando casualmente parole in base a probabilità numeriche, senza una reale comprensione del linguaggio. Gli errori sono dovuti a piccole imprecisioni in questa fase di "traduzione" in numeri, che possono portare a sequenze di parole prive di senso.
Sebbene questo "indovinare spettacolare" basato su enormi quantità di dati sia molto accurato e utile, non equivale a una reale comprensione. Ciò significa che questi modelli non sono del tutto affidabili e che approcci basati sulla comprensione linguistica possono essere significativamente migliori in alcuni casi.
L'autore sottolinea che anche se l'indovinare può essere straordinariamente accurato con grandi quantità di dati, non dovrebbe essere considerato sempre accurato. I modelli di linguaggio indovinano, non comprendono realmente.
Nel contesto del brano, "comprendere realmente" si riferisce ad avere una vera e propria comprensione del linguaggio naturale, non semplicemente fare previsioni statistiche accurate.
I modelli di linguaggio come GPT non hanno una comprensione intrinseca del significato delle parole, delle regole grammaticali o del contesto. Invece, sono estremamente bravi a riconoscere pattern e fare associazioni statistiche tra sequenze di parole basandosi sui vasti dataset su cui sono stati addestrati.
"Comprendere realmente" implicherebbe una capacità di ragionamento simbolico e inferenza simile a quella degli esseri umani, che va oltre il semplice calcolo di probabilità di sequenze di parole. Comporterebbe cogliere i significati profondi, il contesto, le relazioni logiche e concettuali all'interno del linguaggio.
In sostanza, comprendere realmente richiede uno strato ulteriore di elaborazione cognitiva che i modelli di linguaggio attuali non possiedono, nonostante le loro impressionanti prestazioni predittive. Fanno previsioni statistiche molto accurate, ma non possiedono una vera "comprensione" del linguaggio naturale così come la intendiamo per gli esseri umani.
Lo "strato di elaborazione cognitiva" a cui si fa riferimento quando si parla di "vera comprensione" del linguaggio naturale implica una serie di processi mentali complessi che vanno oltre il semplice riconoscimento statistico di patterns di parole.
Questo strato cognitivo superiore include capacità come:
Rappresentazione simbolica e astratta dei concetti espressi nel linguaggio al di là delle semplici sequenze di parole.
Ragionamento logico e deduttivo per estrarre inferenze, conclusioni implicite e conoscenza non esplicitamente fornita.
Integrazione del contesto situazionale, delle conoscenze pregresse e del background culturale per disambiguare e comprendere appieno il significato inteso.
Modellizzazione della "teoria della mente" per comprendere intenzioni, emozioni e prospettive degli interlocutori.
Apprendimento di regole astratte e principi generali che governano l'uso corretto del linguaggio al di là dei semplici esempi.
Combinazione flessibile di concetti ed elaborazione di ragionamenti astratti per produrre nuova conoscenza.
In sostanza, questo strato cognitivo superiore rappresenta la capacità di comprendere e ragionare sul significato concettuale espresso nel linguaggio, andando oltre l'associazione statistica di patterns di parole. È ciò che attualmente manca ai modelli di linguaggio come GPT.