Cose di Casa

Dettaglio di architettura tradizione a Casas Altas, Valencia - foto tratta da commons.wikimedia.org

L’odierna ricorrenza del compleanno di Enzo Bianchi, fondatore della Comunità di Bose cui il nostro giornale ha spesso guardato come ad un punto di riferimento dell’attualità ecclesiale e civile italiana, ci permette di fare il punto anche sulla storia di Rodafà, dei suoi amici, delle sue amiche e dei suoi dintorni.

Compirà in maggio, questo nostro settimanale, i suoi 10 anni ed in aprile, se tutto procede, vedrà la luce il suo numero 500, la domenica 14.

I festeggiamenti tuttavia li spostiamo ad ottobre, a Trieste, nei giorni di giovedì 10, venerdì 11 e sabato 12, mentre domenica 13 ottobre si svolgerà la regata Barcolana. Vogliamo organizzare una tregiorni di incontro e convegno sul tema “Fare memoria. L’amore, la legge”; inviteremo filosofi, storici, giornalisti e giornaliste, teologi e teologhe, poeti, artisti.

Nei 10 anni di pubblicazione online del nostro giornale si è pian piano creata una rete, una specie di comunità virtuale, tra lettori, lettrici e simpatizzanti che tuttavia non abbiamo voluto (e saputo, d’accordo) quantificare, essendo assente qualunque contatore al presente sito internet e mantenendo questo settimanale carattere gratuito. Non abbiamo abbonati, non abbiamo contatori e dunque non sappiamo quanti siano i nostri lettori e quante le nostre lettrici.

Il desiderio di conoscersi nel tempo, però, ha fatto sorgere, in alcuni ed alcune, l’idea di progettare un luogo, o più latamente un ambito, una dimensione comune, che in un primo tempo avevamo pensato di identificare, denominare, come “Via Rodafà”: uno spazio comunitario, di natura associativa, che non ha avuto però poi un’effettiva sua concretizzazione, forse perché si articolava intorno ad una necessità di scambio solo ecclesiale, mentre la pressione a fare qualcosa urgeva anche su altri versanti, non escluso quello politico, certamente quello culturale.

Ma forse “Via Rodafà” non ha avuto esiti realizzativi anche perché altre realtà, segnatamente a Trieste, sono fiorite e si sono consolidate, come il gruppo di “Camminare Insieme”. Realtà con cui il nostro giornale ha strettamente collaborato, nell’invito a Trieste, ad esempio, di Serena Noceti, Cristina Simonelli, Andrea Grillo, Josè Castillo.

Quella voglia di trovarsi in uno spazio di amicizia e di incontro peraltro non veniva accantonata ed anzi portava, il sottoscritto, a cercare di trovare un luogo fisico preciso dove poter dare l’occasione di conoscersi, vedersi, studiare, anche forse pregare e celebrare assieme. E questo luogo trovava attuazione concreta nella “Casa di Rodafà”, in Via Alessandro La Marmora 34, sempre a Trieste. Un luogo privato, un appartamento, aperto (dall’aprile 2018) alla condivisione, in cui alcune lettrici e alcuni lettori del nostro giornale hanno già abitato (https://sites.google.com/site/numeriprecedenti/numeri-dal-26-al-68/199998---gennaio-2018/numero-435---14-gennaio-2018/la-casa-di-om).

Rimaneva però la volontà di costruire una realtà ancora più vasta e forse un po’ meno logisticamente determinata, recuperando dell’idea di “Via Rodafà” la sua dimensione associativa ma rendendola del tutto laica, cioè aprendola a molteplici sollecitazioni, non solo e non primariamente ecclesiali.

E così è nata, alla vigilia dello scorso Natale, l’associazione culturale “Casa Alta”, con il suo atto costitutivo, il suo statuto, la possibilità di iscriversi ad essa tramite la corresponsione di una quota associativa che diventa il segno della progettualità comune, dell’effettiva condivisione.

Ogni dettaglio e riferimento è reperibile al seguente link:

https://sites.google.com/site/liturgiadelquotidiano/associazione-casa-alta

Il primo alinea dell’art. 3 dello Statuto di “Casa Alta” descrive quale attività propria dell’associazione il “diffondere e promuovere la cultura archivistica, artistica, filosofica, giuridica, letteraria, musicale, pittorica, psicanalitica, storica, teatrale e teologica.”

Per quanto riguarda la storia de “Il giornale di Rodafà” - con l’idea abbozzata di “Via Rodafà” che poi non ebbe seguito – osserviamo che “Casa Alta” intende dunque promuovere e diffondere anche la cultura teologica. Non è poco. È tantissimo anzi.

Per le “rodafiane” e i “rodafiani” ci pare qualcosa di molto importante, perché un simile intento sta dentro una prospettazione culturale che non ne fa una parcellizzazione esclusiva, forse un po’ iniziatica, ma un aspetto del sapere integrato con altri, all’insegna di un “sàpere”, alla latina, che sia soprattutto sapore, sapore di vita.

Forse al riguardo si può aggiungere un’altra considerazione.

Esiste un modo squisitamente “politico” di fare teologia che non disegna appartenenze di fazioni l’una contro l’altra ma denota la capacità, al contrario, di abitare dentro la complessità anche democratica del vivere tutti assieme. La vita di un’associazione è pratica di democrazia. C’è il suo Consiglio Direttivo, c’è la sua Assemblea. Tutte le decisioni – anche quelle, dunque, riguardanti la diffusione e la promozione della cultura teologica – sono prese a maggioranza secondo le norme statutarie. È insomma una discesa, auspicata, essa sì davvero desiderata - almeno dal qui presente direttore che ha l’onore di essere anche il Presidente di “Casa Alta” -, nelle dinamiche più appassionate e vive dello stare assieme. Per noi è questa effettiva politica “apolitica”, secondo un ossimoro che credo si possa intendere facilmente.

Però per fare qualcosa, per farlo bene, seriamente, appassionatamente, dobbiamo essere assieme. Le iscrizioni a “Casa Alta” sono aperte.

Sarà la “Casa” di chiunque vorrà condividere i suoi obiettivi, i suoi propositi.

Grazie a tutte e a tutti.

Stefano Sodaro