Il limbo

VIEW NORTHEAST OF WEST END OF BRIDGE. - Joshua Falls Bridge, Spanning James River at CSX Railroad, Lynchburg, Lynchburg,

VA HAER VA,16-LYMBU.V,1-7.tif - immagine tratta da commons.wikimedia.org

Nell’articolo sull’Aborto (n. 445 di questo giornale, https://sites.google.com/site/liturgiadelquotidiano/numeri-dal-26-al-68/1999991---marzo-2018/numero-445---25-marzo-2018/aborto) si è accennato al limbo. La pretesa di sapere si trasforma spesso, da parte della Chiesa, in una Verità assoluta. Eppure, nei vangeli non c’è proprio la minima traccia del limbo, una delle tante strutture create dai teologi semplicemente per dare giustificazione alle proprie elucubrazioni teologiche, per cui credo si debba condividere la massima 125 dei Ricordi di Guicciardini: «E filosofi e teologi e tutti gli altri che scrutano le cose sopra natura o che non si veggono (vedono), dicono mille pazzie: perché in effetto gli uomini sono al bujo delle cose, e questa indagazione ha servito e serve più a esercitare gli ingegni che a trovare la verità»

(in http://guicciardini.letteraturaoperaomnia.org/guicciardini_ricordi_serie_C.html).

Per oltre metà della sua bimillenaria storia, la Chiesa aveva insegnato che, senza battesimo non si può accedere al paradiso, ma si finisce dritti all’inferno perché tutti si nasce macchiati dal peccato originale, cioè in inimicizia con Dio, per cui il magistero aveva coerentemente pensato di mandare all’inferno anche tutti i neonati morti senza battesimo. Dura lex, sed lex (la legge è dura, ma è la legge), come dicevano gli antichi romani. Dunque, il bambino nato e poi morto senza essere battezzato si trovava all’inferno insieme ai più grandi e feroci criminali dell’umanità:

“Tu cosa hai fatto?”

“Ho ammazzato con gusto 6 milioni di ebrei, facendo fare a dei medici sadici esperimenti molto interessanti su donne e bambini vivi!”

“All’Inferno per l’eternità” sentenzia Dio.

“E tu, cosa hai fatto?”

“Io, per tutta la mia vita ho aiutato gli altri, ma non sono stato battezzato”.

“All’Inferno per l’eternità” sentenzia Dio.

“Uguale?!”

“Sì! Uguale!” sentenzia Dio “perché Io sono infinita e perfetta giustizia”. E per corroborare questa convinzione ci veniva pure prontamente spiegato che, anche se i dannati non amano Dio, Egli, che è Amore eterno, li ama sempre, perché nella sua infinita giustizia Dio non abbandona mai l’amore (così il domenicano padre Cavalcoli G.). Meno male! questa era proprio la Buona Novella che tutti aspettavamo da sempre!

Ma se così stessero le cose, non si potrebbe dar torto al giornalista Michele Serra, il quale, in maniera piuttosto brusca, aveva affermato che “una delle prove che il Dio Onnipotente non esiste è che il Padre eterno non fulmina immediatamente quanti sparano cazzate in nome suo!”

O forse, e piuttosto, questa è quantomeno una valida prova che la religione rincretinisce le persone, visto che purtroppo si credeva, e più di qualcuno ancora crede, a tutte queste baggianate (Maggi A.).

Questa tesi ‘infernale’, inaccettabile per la nostra sensibilità odierna, l’aveva sostenuta sant’Agostino, e la Chiesa l’aveva subito accolta con entusiasmo, anche se già il vescovo Giuliano di Eclanum gli aveva obiettato che “neanche il peggiore dei barbari potrebbe condannare bimbi innocenti che lui già caricava del peccato originale ... chi potrebbe infliggere punizioni a creature innocenti?” (Placher W.). E Giuliano aveva ben presente chi erano i barbari, avendo subìto le loro incursioni in provincia di Avellino. Peccato che, grazie all’insegnamento del magistero pervenuto fino a noi, tutti abbiano sentito parlare di Agostino (divenuto pure santo), quasi nessuno di Giuliano (alla fine deposto da vescovo e scomunicato come eretico pelagiano[1]).

Ma il seme gettato da Giuliano non morì. Infatti intorno all’anno 1100, Abelardo - proprio quello delle famose lettere romantiche a Eloisa, nonché uno dei più grandi teologi di quel periodo - rendendosi perfettamente conto dell’illogica assurdità cui portava la tesi secondo cui senza battesimo non c’era altro che l’inferno, elaborò la teoria del limbo.

Secondo questa teoria, sorta per smussare quel giudizio draconiano e devastante per cui chi non era battezzato finiva di certo all’inferno, i bambini non battezzati non potevano andare in paradiso perché non erano appunto battezzati (e questa era una verità di fede e chi la contestava finiva a sua volta all’inferno perché scomunicato); però non potevano neanche finire in purgatorio, perché il purgatorio aveva un termine, e, dopo essere stati bruciacchiati per un po’, questi bambini sarebbero dovuti andare in paradiso, ma senza battesimo era proprio impensabile che potessero godere del cospetto di Dio ed allora, in via del tutto eccezionale, posto che Dio è tanto buono, visto che i più si rendevano conto che farli finire all’inferno per l’eternità era leggermente in contrasto con l’esaltata bontà infinita attribuita a Dio (pensiamo però che da sant’Agostino ad Abelardo erano ormai passati circa seicento anni), visto che si riconosceva che il neonato non aveva alcuna colpa personale in quanto incapace di compiere consapevolmente peccati, ecco la trovata geniale: il limbo, quel luogo dove non si soffre perché mancano i tormenti dell’inferno, ma neanche si gode perché manca per tutta l'eternità la comunione con Dio. Insomma, una noia mortale per questi poveri bambini.

Veniva comunque confermata l’urgente necessità per i genitori di far battezzare al più presto i propri figli (cfr. ancora nn. 64, 552, 561s. del Catechismo di Pio X) stante il terrore inculcato dal magistero che, in caso di morte prematura, anche se non finiva all’inferno, il loro bimbo non avrebbe comunque meritato il premio eterno, ed i genitori non si sarebbero mai più potuti rincontrare con i propri figli, visto che sarebbero finiti o in paradiso o all’inferno.

Quest’idea, sostenuta per ulteriori ottocento e passa anni, è ancora ben radicata in tanti credenti di oggi. E che tutte le religioni fanno volentieri leva sulla paura: innalzando i toni di conflittualità, esagerando il disordine, le religioni diventano così garanti dell'ordine.

Dunque, dopo che nel primo millennio, la Chiesa aveva tranquillamente destinato i bambini non battezzati all’inferno seguendo con entusiasmo l’idea di sant’Agostino, nel medioevo pensava di aver trovato una scappatoia col limbo; ma anche così, la Chiesa si permetteva, sempre tranquillamente, di condannare ogni neonato morto senza battesimo, seppur innocente, alla “morte spirituale” del limbo, impedendo che potesse godere della condizione di figlio di Dio. E questo la Chiesa ha continuato a insegnare fino al Concilio Vaticano II. Insomma, fino a ieri.

Come poi possa far parte dell’amore e della bontà infinita di Dio questo destino di un’eternità insipida e amorfa per questi bimbi del tutto innocenti, e la conseguente disperazione totale dei genitori del bimbo morto (che mai potranno incontrarlo nel limbo), il magistero ufficiale non l’ha mai spiegato. Sembra del tutto evidente che, se la nascita di un bambino è macchiata automaticamente da un peccato, siamo al livello della distinzione fra puri e impuri, merito e demerito, su cui il magistero giudaico insisteva molto ai tempi di Gesù, ma che Gesù aveva ferocemente attaccato.

Soltanto una decina di anni fa la teoria del limbo è stata messa in discussione dalla Commissione teologica internazionale, organismo costituito all’interno della Congregazione per la dottrina della fede, già Santo Uffizio (con un suo documento ufficiale approvato da Papa Benedetto XVI e pubblicato il 20.4.2007).

Dunque, quaranta e passa anni dopo il Concilio Vaticano II, in cui si era affermato che tutti possono alla fin fine salvarsi, mettendo in primo piano la formula che Dio è amore (mentre fino all’ultimo concilio Dio faceva, più che altro, paura), la Commissione teologica internazionale ha espresso con un suo documento ufficiale, approvato da Papa Benedetto XVI, che il tradizionale concetto di limbo riflette una «visione eccessivamente restrittiva della salvezza».

‘Meglio tardi che mai!’, dirà qualcuno. Allora questi bambini morti prematuramente senza battesimo, nei duemila anni precedenti, li troviamo di sicuro in paradiso? Non proprio. Infatti, scorrendo questo documento ufficiale, si trovano le seguenti affermazioni: «È noto che l’insegnamento tradizionale ricorreva alla teoria del limbo, inteso come stato in cui le anime dei bambini che muoiono senza Battesimo non meritano il premio della visione beatifica, a causa del peccato originale, ma non subiscono nessuna punizione, poiché non hanno commesso peccati personali. [...] Essa rimane quindi un’ipotesi teologica possibile».

Insomma, nel rispetto del conservatorismo, marcia avanti piano piano, quasi indietro. È il massimo della finezza giuridica curiale: se un domani il limbo verrà definitivamente eliminato, diranno che l’avevano già detto nel 2007; se verrà confermato, diranno che comunque l’avevano detto nel 2007: un po’ come il discorso sulla schiavitù, cui si è fatto cenno nell'articolo Contro natura (n. 435 di questo giornale, https://sites.google.com/site/numeriprecedenti/numeri-dal-26-al-68/199998---gennaio-2018/numero-435---14-gennaio-2018/contro-natura).

Un giudice che scrivesse in questi termini vedrebbe la sua sentenza strappata, fatta a pezzetti e poi ridotta in coriandoli dal giudice superiore, per manifesta contraddittorietà ed illogicità della motivazione.

Rendendosi conto che la teoria del limbo appare oggi piuttosto zoppicante, qualche teologo ha affermato che mai il magistero della Chiesa cattolica ha fatto proprio il concetto di limbo (così, ad esempio, il teologo Dianich S., “La fede e il desiderio”, in Famiglia Cristiana n.7/2009, 15). Mi sembra che questa tardiva tesi difensiva sia facilmente smentita sia dal documento della Commissione teologica che parlando di “insegnamento tradizionale” indica proprio l’opposto, sia perché lo stesso papa Ratzinger ne ha parlato come di ipotesi ancora plausibile, sia perché non sarebbe altrimenti razionalmente spiegabile il motivo per cui la facoltà di battezzare, in caso di urgenza, è stata estesa a chiunque (n. 1256 Catechismo), se non ci fosse questa paura che il bimbo non battezzato non possa avere accesso al paradiso.

Faccio comunque notare l’incongruenza logica di chi sostiene che se il bambino, appena nato viene battezzato e subito dopo muore, va in paradiso, mentre va nel limbo se non battezzato, perché esistono dei casi in cui il bimbo nasce già morto (o magari viene abortito dalla madre dopo qualche giorno che era già morto nel suo grembo). E allora? Non si può battezzare un morto, che a quel punto non meriterebbe il paradiso, anche se personalmente non ha commesso niente di male. E dovrebbero forse i genitori portarsi il rimorso di non essere stati capaci di far nascere il loro figlio vivo, almeno per il tempo di poterlo battezzare? Di aver concepito un figlio che non potranno mai vedere in paradiso, dove non avrà mai accesso? Allora sarebbe stato meglio non averlo neanche concepito. Ma perché quel bimbo non dovrebbe meritare il paradiso? Non ha fatto niente per meritarlo, ma cosa ha fatto di male per non meritarlo? Il merito e il demerito non sono forse sempre legati alla condotta personale?

Assai più logicamente il Nuovo Catechismo Olandese, non appena concluso il Concilio Vaticano II e quindi con assoluta tempestività, aveva affermato che si è data troppa importanza individuale al battesimo.

Se Dio vuole la salvezza di tutti gli uomini (e tra questi i bambini che sono particolarmente amati da Dio, frase riportata più tardi anche nel n. 1261 del Catechismo italiano), se Gesù è morto per tutti gli uomini, nessuno può perdersi “se non a causa di peccati personali. Per tutti questi motivi, deve esserci una via di salvezza per i bambini non battezzati”.

Il nuovo Catechismo italiano redatto più tardi, alla fine del 1992, e quindi ben dopo il Catechismo olandese, molto più cautamente di questo, si è limitato a sfumare la posizione secondo cui il battesimo è necessario per la salvezza, dicendo che è necessario per coloro i quali hanno avuto la possibilità di chiederlo (n. 1257 Catechismo), e che per i bambini morti senza battesimo la Chiesa li affida alla misericordia di Dio, nella fondata speranza che vi sia una via di salvezza anche per essi (n. 1261 Catechismo).

Dunque, per i bambini nati e morti in Italia senza battesimo, ci sarebbe solo una fondata speranza, per quelli nati in Olanda c’è una certezza (‘deve esserci’). In ogni caso va dato atto che, almeno per una volta, anche la Chiesa cattolica romana riconosce implicitamente di non avere una risposta a tutto, e di non sapere cosa succede: questo sì che è un vero miracolo! Insomma, in più di qualcuno è sorto un sospetto: quel che la Chiesa non lo sapeva lo ha inventato, e siccome non poteva sapere molto, ha inventato molto.

Comunque non vi sembra che il magistero cattolico olandese sia stato un tantino più logico del magistero italiano, il quale si è mosso con timida prudenza appena nel 2007? L’attività salvifica di Dio deve essere, ancora una volta, necessariamente più ampia della stretta e legalista prospettiva vaticana, e anzi sembra assai poco misericordioso continuare a dubitare che Dio possa avere una sua strada per condurre alla salvezza anche chi non è battezzato, a prescindere se neonato o adulto.

A questo punto, il prossimo passo che si dovrà fare sarà quello di affrontare il legame fra peccato originale e battesimo, perché da qui è nata la convinzione che senza battesimo si è perduti (cfr. ancora n. 1250 Catechismo), ma di questo parleremo un’altra volta.

Per intanto, limitiamoci a non credere che il limbo esista, e a non credere che ogni persona non battezzata finisca per ciò solo all’inferno. Possiamo anche continuare a battezzare i nostri bambini, ma in tal caso il battesimo deve abbandonare la sua negatività e concentrarsi sulla meraviglia e la speranza della vita, non certo sul peccato della vita (Spong J.S.).

Dario Culot

[1] I pelagiani, che seguivano la teologia del monaco Pelagio, sostenevano che la colpa di Adamo ed Eva non aveva macchiato la natura umana, anche se i loro discendenti ne avevano subito le conseguenze non potendo più vivere nell’Eden. Negavano che il peccato originale potesse essere ereditato, e perciò negavano la necessità di dover battezzare i bambini, che non nascevano già peccatori. Questa teologia venne condannata nel Concilio di Efeso del 431.