Abecedario

IL GRAN RIFIUTO E LO SHOCK

Soltanto ieri il nostro giornale, in assoluta modestia, si domandava da quali leggi il Papa potesse dispensare se stesso.

Oggi constatiamo che le ipotesi di cui al paragrafo 2 del canone 332 del Codice di Diritto Canonico ed al paragrafo 2 del canone 44 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali sulla possibile libera rinuncia al ministero petrino, come si dice, sono realtà.

Che cosa c’è di meno “dispensabile”, si pensa, dell’ufficio di papa?

Nel giorno dell’84° anniversario dei Patti Lateranensi, memoria facoltativa, secondo l’indicazione dei calendari liturgici, della Beata Vergine di Lourdes, accade l’impensabile.

Difficilmente si può sopravvalutare il carattere inaudito dell’annuncio odierno di papa Benedetto XVI che, con efficacia dalle ore 20 di giovedì 28 febbraio prossimo venturo, non sarà più il Romano Pontefice, anzi, molto più precisamente dal punto di vista teologico, non sarà più il Vescovo di Roma e quindi, solo come conseguenza del ruolo episcopale, Pontefice.

È come se, d’emblée, venisse accantonato un quasi decennio di magistero ordinario, per quanto sommo, e improvvisamente comparisse la novità assoluta, si disegnassero i termini assoluti di un evento che solo qualche profezia visionaria, se non vaneggiante, sembrava intravvedere.

Che cos’altro di più eclatante, dirompente, al limite dell’incredibile, avrebbe potuto fare papa Ratzinger?

Permane la sensazione, dopo i primi momenti sempre più infondata, addirittura di incredulità, visto che, qualcuno annota non troppo compostamente, siamo nel lunedì di Carnevale.

Rinuncia del papa prima ancora che la penitenza prepasquale inizi, che le ceneri siano poste sul capo.

Conclave di Quaresima come conseguenza.

Parlare del papa non è come discettare di una qualunque autorità istituzionale. Lo diciamo, umilmente, nei confronti di distacchi sussiegosi asseritamente intellettuali, che pure si manifesteranno in queste ore.

C’è diffusa, lo si nota anche solo camminando per strada o andando sul bus, un’incapacità emotiva e culturale di gestione di una simile notizia.

La Chiesa, bisognerà pure ammetterlo, ha questa caratteristica, di riuscire a rinnovarsi, mentre il potere spera con tutte le forze in un prolungato consolidamento dello stato di fatto, con eventi eclatanti che lasciano a bocca aperta.

Se un papa come Benedetto XVI, al secolo Joseph Ratzinger, rinuncia all’ufficio di Pastore della Chiesa Universale, vuol dire che la storia non è già scritta, mai.

Solo ieri sera lo Speciale TG1 ha trasmesso un’efficacissima riproposizione della figura di Giuseppe Dossetti, che rinunciò alla vita politica e, sembra di poterlo dire con serenità, anche ad una vita ecclesiale sovraesposta, per dedicarsi al nascondimento, alla preghiera, alla testimonianza monastica.

Oggi, questa sera, vediamo a ripetizione, dappertutto, servizi televisivi che più “speciali” non si potrebbero immaginare.

La domanda abbastanza ovvia è: perché ha rinunciato? Non era stata vista la sua elezione come il giubileo dei settori più tradizionalisti?

Il Prof. Alberto Melloni, uno dei maggiori studiosi dell’istituto del conclave, così commenta(http://affaritaliani.libero.it/politica/il-papa-lascio-il-pontificato-110213.html): «È una novità e una grande incognita perché finora il conclave si svolgeva con un’eredità, quella del papa precedente, chiusa e tombata, con cui fare i conti magari ma già appartenente al passato. (…) E spesso i conclavi sovvertivano anche clamorosamente questa eredità, penso a quello del 1958 che elesse Roncalli dopo il lungo pontificato di Pio XII. Ora invece l’eredità di Benedetto XVI sarà ancora viva e presente anche in senso materiale: psicologicamente è molto diverso, è difficile pensare che il fatto che Ratzinger sia vivo e seguirà il conclave non influenzi i cardinali nella scelta del suo successore. Certo lascia perplessi la scelta di rimanere a vivere in Vaticano (…) potrebbe essere un’ipoteca di condizionamento anche inconscia per il successore, che già inizierà il suo pontificato con il peso di una situazione assolutamente inedita nella Chiesa moderna.»

Rispetto a tale analisi, a noi pare invece che effettivamente la “rinuncia” di quest’oggi apporti un contenuto innovativo sconvolgente.

Già avvertiamo che tra i sostenitori devotissimi si insinuano dubbi. Qualcuno deve portare una “colpa” di quello che accade? C’è scolpita forse in qualche codice inesistente una condanna ad essere coerente ad atti, come quelli dell’elezione nel Conclave, e non a fatti, come il personale tormento e coinvolgimento del Vescovo di Roma in una crisi che investe la Chiesa tutta e che solo la cecità dell’ipocrisia può negare?

Ora, da oggi sino alla fine del mese, Benedetto XVI sarà effettivamente, veramente e sotto ogni aspetto, un “papa a tempo”.

Ci si rende conto della portata stupefacente di simile constatazione?

Ma altre domande sorgono e, al momento, non trovano risposta alcuna. E questo porre domande e non risposte appare pure di una modernità strabiliante.

Chi sarà, dopo il 28 febbraio, Joseph Ratzinger? Vescovo emerito di Roma? Non pare proprio possibile perché avremmo anche un Papa emerito, mentre Benedetto XVI papa non sarà più.

Vescovo di un’altra sede, anche titolare, cui potrebbe destinare se stesso in questi 17 giorni “da dimissionario”?

Perché questa è davvero una “prima” assoluta: avere per 17 giorni un papa dimissionario.

Pensiamo a chi è vissuto mentre veniva annunciato e poi celebrato il Vaticano II.

A noi simile fortuna non è capitata. Ma ora ci troviamo davanti ad un evento ancor più sconvolgente perché rarissimo nella storia della Chiesa e per niente rituale, come invece pur sempre è l’assise di tutti i Vescovi del mondo.

Il fatto, ancora una volta nel diritto canonico ed ancora una volta nell’ecclesiologia, condiziona l’atto.

Se si partisse dalla dottrinale, dogmatica, domanda se mai Gesù possa rinunciare ad essere il Cristo, la risposta sarebbe scandalizzata: certo che no. Ma il Cristo non ha nessun senso senza la concretissima, umanissima, fragilissima (tanto da morire, mica per divina celia) identità personale del giovane uomo di Nazaret.

Questa giornata era iniziata in modo assolutamente normale, con una presenza di potere autoritativo a Roma, presso la Basilica di San Pietro, assolutamente scontata.

Questa sera non è più scontato niente.

Giungeranno poi i giorni del Conclave.

Magari accadrà, ancora una volta, che chi entra papa, nella Sistina, ne esca pure in veste e pileolo di color bianco, smentendo detti e presunti brocardi.

Ma questa sera c’è ancora un senso di sbigottimento, perché i fatti determinano gli atti, proprio nel cuore della Chiesa.

Stefano Sodaro