Ma Gesù è veramente esistito?

Chrestos - disegno di Rodafà Sosteno

Ma siamo poi certi che Gesù sia storicamente esistito? Evidente che se non fosse mai esistito, tutta la nostra fede sarebbe costruita sul nulla.

La risposa è però perentoria: “Sì! Circa duemila anni fa è effettivamente vissuto in Palestina un uomo chiamato Gesù, che è stato alla fine giustiziato”.

A prescindere dall’abbondante documentazione cristiana, che proprio per la sua provenienza potrebbe essere vista con sospetto, abbiamo diverse fonti pagane che confermano la storicità di Gesù. Tanto per indicarne le più note:

a) Giuseppe Flavio, nel Le antichità giudaiche (Libro XVIII, Cap.3, § 3.) parla di un Gesù condannato sotto Ponzio Pilato, e dei suoi seguaci che raccontano di averlo visto risorto; cosa che interessava assai poco ai romani, mentre creava furibonde dispute con gli ortodossi ebrei: basta vedere la storia del tumulto creato da Paolo a Gerusalemme (da At 21, 27ss.), che provocò l’intervento dell’esercito romano e l’arresto di Paolo per aver sedizione. Gli avrebbero volentieri affibbiato un po’ di frustate, ma Paolo le evitò dicendo di essere cittadino romano (At 22, 25-29).

Giuseppe Flavio parla anche (Libro XX, Cap.9, § 1.) della lapidazione di Giacomo, fratello di Gesù chiamato Cristo.

Sulla possibilità che in Giuseppe Flavio vi siano state interpolazioni posteriori, ad opera di cristiani che avevano ricopiato i suoi scritti, merita leggere l’interessante studio di Gianluigi Bastia, reperibile anche su internet, in

https://digilander.libero.it/Hard_Rain/storia/Testimonium.htm#Argomenti_a_sostegno_della_non_autenticit%C3%A0_del_passaggio_20.9.1. In sintesi, l’autore fa notare che, mentre è possibile togliere dal cap. 18.3.3. l’inciso “Egli era il Cristo” (ritenendola una glossa, cioè un’aggiunta posteriore fatta da copiatori cristiani) perché il resto del testo continua ad avere senso compiuto, non è così per il cap. 20.9.1. dove, se nell’inciso “misero a morte il fratello di Gesù detto il Cristo, il cui nome era Giacomo” si toglie il riferimento a Gesù, si otterrebbe una frase monca, del tipo: “misero a morte il cui nome era Giacomo”.

b) Tacito, negli Annales (15.44.3), parla di un Cristo messo a morte durante il regno di Tiberio dal procuratore Ponzio Pilato, e parla dell’incendio di Roma ai tempi di Nerone e della pestifera superstizione cristiana.

c) Svetonio, Vita dei Cesari, parlando dell’imperatore Claudio (XXIII, 4) ricorda l’espulsione di giudei per causa di Cresto (che significa ottimo); ma la epsilon allora si leggeva come “i”, e allo scrittore nulla diceva la parola Cristo (che significa Messia o Unto), per cui si deduce che stava parlando sempre di Gesù Cristo.

Laux J., nel suo Church History, ed. Berzinger Brothers, New York e al., 1945, 30, da buon cattolico non può far a meno di aggiungere che il decreto riguardava sia giudei che cristiani; ma a quel tempo i cristiani non erano ancora individuati dalla burocrazia imperiale romana come un gruppo religioso autonomo e questa mancata distinzione durò quanto meno fino ai tempi di Traiano (il quale regnò fra il 100 e il 117 d.C.). Dal punto di vista quantitativo i cristiani dovevano avere perciò una minuscola diffusione, ignorata o comunque malvista dalla maggioranza dei pagani che vivevano nell’impero, perché dal loro angolo visuale i cristiani avevano una condotta deviata per poter essere annoverati fra i buoni cittadini.

Riferisce Svetonio che su istigazione dei seguaci di un certo Chrestos (“impulsore Chresto”), nel 49 dell’era cristiana, c’erano stati scontri tra ebrei (egli non dice fra ebrei e cristiani); ci fu allora un intervento dell’imperatore Claudio (41-54 d.C.) contro tutti i giudei respon­sabili di causare disordini (Vita di Claudio, XXV, 4).

Di questo decreto c’è conferma anche negli Atti degli apostoli: Aquila e Priscilla, allonta­nati da Roma, si recarono a Corinto, dove incontrarono l’apostolo Paolo (At 18, 2).

In ogni caso, qualche tempo dopo la comunità cristiana di Roma doveva di nuovo essere rientrata se, verso il 57-58, Paolo le inviò la celebre lettera con cui prometteva di recarsi da loro, cosa che fino a quel momento non gli era riuscita (Rm 1, 8).

Parlando poi dell’imperatore Nerone, al pari di Tacito, anche questo autore accenna alla superstizione nuova e malefica di questa setta (XVI, 2) seguace di Cresto. Cristo è diventato quasi il cognome di Gesù, ma anche il papa emerito ricorda che il termine Cristo, originariamente non era un nome bensì un titolo (Messia), come “Kaiser” Guglielmo.

Sul perché questi cristiani fossero equiparati a una setta malefica si è già detto parlando delle cause delle persecuzioni.

d) Plinio il giovane ha lasciato una massa di lettere raccolte in dieci libri, l’ultimo dei quali contiene il suo carteggio ufficiale con l’imperatore Traiano. Nella famosa lettera X, 96 (in www.parados.it/ testimonianze_extracristiane3) egli chiede come comportarsi con questi strani cristiani, di cui non sa quasi nulla; fra le accuse mosse contro di loro c’è quella di “essere soliti riunirsi prima dell’alba e intonare un inno a Cristo come se fosse un dio (quasi deo). Traiano rispose che non poteva dare regole generali, ma i cristiani andavano condannati solo nel caso venisse provata concretamente la loro disobbedienza civile (ad es., il rifiuto di sacrificare all’imperatore dimostrava che non veniva riconosciuta l’autorità dell’imperatore, e quindi non erano fedeli cittadini).

e) Il filosofo Celso, vissuto nel II secolo, scrisse un Discorso veritiero contro i cristiani, andato perduto; Origéne gli rispose col Contra Celsum, a noi pervenuto, dove ai §§ I, 32 e I, 62, riporta alcune frasi letteralmente tratte dal Discorso, in cui anche il filosofo pagano dà per scontata l’esistenza storica di Gesù.

Tutto questo dimostra a sufficienza che, secondo la letteratura pagana, è effettivamente esistito un uomo in carne ed ossa, il quale col suo messaggio ha fomentato disordini tanto da finire giustiziato ed ha continuato a fomentare disordini anche dopo la sua morte con i suoi seguaci. Non c’è, invece, prova storica derivante da fonti pagane che sia mai esistito un Gesù che abbia meditato sui problemi religiosi astratti che oggi si discutono nella Chiesa.

Molti, in passato, avevano sostenuto che neanche Ponzio Pilato fosse mai esistito e anche questo personaggio sarebbe stata solo un’invenzione, tra le tante, degli evangelisti. Con un nome così poco romano… e poi i romani avevano tre nomi: Caio Giulio Cesare, Lucio Cornelio Silla.

Abbiamo visto che già Tacito l’aveva citato. Ma nel 1961, ad opera dell’équipe italiana dell’Istituto Lombardo di Scienze e Lettere di Milano guidata da Antonio Frova, nel teatro romano di Cesarea Marittima (città del regno di Giuda sulla costa mediterranea le cui rovine sono ancora oggi visitabili) venne trovata una lapide dove viene nominato Ponzio Pilato: si leggono, infatti, ancora queste lettere: «...S Tíberieum ...tius Pilatus ...ectus Juda...» (cioè “imperante Tiberio, Ponzio Pilato prefetto della Giudea”). Il reperto, che riporta l’unica iscrizione finora ritrovata su pietra di questo prefetto romano, è conservato ora nel Museo d’Israele, a Gerusalemme.

È poi recentissima la notizia che su un piccolo anello di bronzo, non particolarmente raffinato, trovato dagli israeliani circa cinquant’anni fa nel complesso archeologico dell’Herodion, fatto costruire da Erode il grande,

si è potuto leggere il nome di Ponzio Pilato, grazie ad una tecnologia particolare messa a punto dai laboratori delle Antichità israeliane.

Secondo quanto ha dichiarato al quotidiano Haaretz il professor Danny Schwartz, interrogato circa l’eventualità che si trattasse di un altro Ponzio Pilato ha risposto così: «Quel nome – dice – era raro nell’Israele di quei tempi. Non conosco nessun altro Pilato di quel periodo e l’anello mostra che era una persona di rango e benestante» (in https://www.repubblica.it/esteri/2018/11/30/news/israele_ritrovato_l_anello_di_ponzio_pilato-213019921/).

Ma vi sono poi ulteriori riscontri archeologici per quel che riguarda altri siti riportati nei vangeli, e che sono stati riscoperti sono nel secolo scorso. Anche di questi, prima del rinvenimento, si pensava fossero frutto della fantasia degli evangelisti.

Si pensi all’episodio fondamentale alla piscina probatica (foto qui sotto dei resti) o di Bethesda o Betzatà (Gv 5, 2-6),

i cui resti trovati non molto tempo fa a Gerusalemme hanno confermato l’esattezza della descrizione di Giovanni che parla della piscina di Bethesda con 5 portici. Neanche questa, dunque, è un’invenzione dell’evangelista.

Oppure si pensi all’episodio del nato cieco (Gv 9, 1-14), secondo la religione maledetto da Dio (Lv 21, 17-21; 2Sam 5, 8; cfr. all’inverso 23,26) non essendo in grado di studiare la Torah, mandato da Gesù alla piscina di Siloe per riacquistare la vista.

Ebbene, anche questa piscina è stata riportata alla luce dagli archeologi.

Nel disegno qui sotto si vede come doveva essere la discesa della scalinata dal Tempio fino alla piscina di Siloe.

In alto, nel disegno, si vede la spianata del Tempio, con al centro la Cupola della Roccia e, all’estrema destra, il cd. pinnacolo: l’angolo delle mura. Ovviamente ai tempi di Gesù, non si sa esattamente dove, ma più o meno al posto dell’odierna Cupola della Roccia (che non è la moschea, perché la moschea Al Aksa, che si trova sempre sulla spianata, è altra cosa), c’era il Tempio.

Dal Tempio scendeva la scalinata fino alla piscina di Siloe, da poco parzialmente recuperata insieme alla parte bassa della scalinata. Neanche questa, dunque, è un’invenzione dell’evangelista.

Gli archeologi sono convinti che la scalinata risalga ancora fino al Tempio, ma al momento è impossibile scavare perché tutto il pendio è ancora coperto da case abitate, la maggior parte da musulmani.

Infine, si è sostanzialmente spenta anche la controversia sull’ossario di Giacomo, dove viene riportata di nuovo l’iscrizione “fratello di Gesù,” come del resto indicato nei vangeli (cfr. l’articolo I fratelli di Gesù al n. 432 di questo giornale, https://sites.google.com/site/numeriprecedenti/numeri-dal-26-al-68/199997---dicembre-2017/numero-432---24-dicembre-2017/i-fratelli-di-gesu), perché si ritiene ormai dai più l’autenticità del reperto, riconosciuta per primo dal prof. André Lemaire della Sorbona di Parigi.

Sarà poi San Girolamo, Vite di uomini illustri, in A selected Library of Nicene and Post-Nicene Fathers of the Christian Church, second series, vol. III, ed. T&T Clark, Edimburgh (GB), 1989, 361, a sostenere che questo Giacomo era figlio di Giuseppe ma di un’altra moglie, per cui si trattava di due fratellastri. E questa tesi, giungendo fino a noi, ha portato la Chiesa a sostenere che Maria ha avuto come unico figlio Gesù, rimanendo vergine in maniera sovrannaturale (cfr. l’articolo La verginità della Madonna al n. 433 di questo giornale, https://sites.google.com/site/numeriprecedenti/numeri-dal-26-al-68/199997---dicembre-2017/numero-433---31-dicembre-2017/la-verginita-della-madonna).

Dario Culot