Chi è l’autore delle Sacre Scritture?

La Bibbia di Gutenberg - foto tratta da commons.wikimedia.org

Il Concilio di Trento, Sessione IV, 8.4.1546, 1° decreto, sostiene che la Chiesa «con pari riverenza accoglie e venera tutti i libri, sia dell’antico che del nuovo Testamento. Dio, infatti, è autore dell’uno e dell’altro»; anche le tradizioni che riguardano la fede si ritengono dettate dallo stesso Cristo oralmente o dallo Spirito santo, essendo poi state conservate con successione continua solo nella Chiesa cattolica.

Che tutta la verità abiti sempre e solo nella Chiesa di Roma è una tesi che forse accontenta e lusinga troppo i ferventi cattolici per non essere sospetta (Gounelle A.). Comunque, se si ritiene che Dio in persona stia dietro all’Antico e al Nuovo Testamento, essendosi gli autori umani semplicemente limitati a scrivere ciò che Dio ha loro dettato o raccontato, questi libri non possono che essere sacri, perché attraverso di essi Dio, santo per definizione, ha dettato o espresso personalmente la sua volontà immutabile. Se il libro è stato scritto sotto dettatura, o comunque per riassunto dopo aver sentito la voce di Dio, ivi deve essere contenuta l’immutabile sua volontà per tutte le generazioni; da qui l’autorità del libro che diventa sacro e, conseguentemente, l’obbligo di obbedire alla volontà espressa da Dio e alle sue leggi divine.

«Ebrei, cristiani, mussulmani sono dunque accumunati dall’autorità che esercita il Libro» (Blocher H). Teniamo ben a mente questo termine “autorità”, essenziale nella dottrina cristiana, perché tutte le religioni monoteiste sono inscindibilmente legate al concetto di “autorità”, e ciò che in particolare poi distingue l’autorità religiosa è l’assenza di dubbi.

Se l’Antico Testamento ed il Nuovo Testamento hanno Dio per autore, ne deriva infatti con assoluta consequenzialità logica che:

(1) poiché i libri sono rivelati dall’A alla Z, essi necessariamente contengono solo verità, in quanto Dio non può “rivelare” errori.

(2) poiché i libri contengono solo verità rivelate da Dio, qualsiasi critica nei confronti di quei libri è inammissibile perché non è ammissibile criticare Dio. Da qui la dura lotta che la Chiesa ha portato avanti nei secoli contro ogni idea che non combaciava con la Scrittura priva di errori (si pensi a Galileo).

In altri termini, le parole di Gesù hanno valore assoluto perché Gesù è divino, e se è divino quelle stesse parole non possono essere né cambiate, né criticate (dice ancora oggi Fanzaga L., ma non solo lui, “Non prevalebunt”). Una religione soprannaturale divinamente rivelata (n. 2244 Catechismo) può essere solo interpretata con devozione e qui si inserisce il magistero il quale afferma di aver ricevuto direttamente da Gesù-Dio l’incarico di interpretare in regime di esclusivo monopolio tutte le verità rivelate. Il fedele cristiano, se vuole ottenere la salvezza dell’anima, deve necessariamente accogliere l’insegnamento del magistero, altrimenti lo aspetta l’inferno eterno.

È chiaro come in tutte le religioni monoteiste, la Legge in essa contenuta, per essere osservata, deve essere assolutamente ritenuta un’opera superiore, divina, nella quale ogni parola, ogni minima spiegazione, proviene da Dio, il quale non può errare. Se si comincia a distinguere e dubitare, crolla l’intero sistema.

Anche la versione più integralista della visione islamica, che noi tanto critichiamo, oggi ragiona come ragionava il clero ebreo ai tempi di Gesù ed il clero cattolico fino al 1900: se il Corano è “disceso” su Maometto (Corano, sura VI, 92), non c’è alcuna possibilità di interpretazione critica o storica, neppure per quegli aspetti che appaiono con evidenza legati agli usi e costumi di un particolare momento storico e culturale (Samir Khalil Samir, Cento domande sull’Islam). Anche se noi oggi ci sentiamo superiori e guardiamo con sufficienza all’Islam per questa sua chiusura, che paragoniamo ad una vera e propria ottusità mentale, faremo bene a ricordarci che ci siamo macchiati della stessa ottusità, e che fu solo col concilio Vaticano II degli anni ’60, - e quindi appena mezzo secolo fa,- che la Chiesa, dopo aver aspettato quasi duemila anni, azzardò a dire, smentendo il Concilio di Trento che parlava di dettatura, che «le verità divinamente rivelate, contenute ed espresse nei libri della sacre Scrittura, furono scritte per ispirazione dello Spirito Santo» (Concilio ecumenico vaticano II - Inizio del cap. III della Costituzione sulla Rivelazione – Dei Verbum 18.11.1965).

E credo che, se oggi si facesse un sondaggio, quasi tutti sosterrebbero che, nella rivelazione cristiana, il redattore dei testi sacri è considerato al massimo un essere umano che ha scritto sotto l’influsso generico dello Spirito, il che fa sì che questi testi siano al massimo “ispirati”. Quasi nessuno crede più che questi libri provengano direttamente dal cielo sotto forma di rivelazione, dettata o sussurrata di notte in sogno a chi ha scritto, che quindi si sarebbe limitato, come una penna nelle mani di Dio, a trascrivere parola per parola ciò che aveva sentito nell’estasi della rivelazione. Quasi nessun cattolico crede che questi testi sacri siano una trascrizione letterale di un testo “increato” che da sempre si trovava presso Dio, e per questo sacro, poi sceso in terra assumendo la forma di libri storici, dettati o comunque ispirati parola per parola. Insomma, se anche Dio stesso ha ispirato gli autori della Bibbia, la trasposizione non è stata poi rivista dall’Autore, e ne è venuto fuori quello che leggiamo, con tutte le contraddizioni e insensatezze già rimarcate da Piergiorgio Odifreddi, ma ben prima di lui dallo stesso Gesù Cristo («Non capite che tutto ciò che entra nell’uomo dall’esterno non può farlo diventare impuro…Con queste parole Gesù dichiarava che si possono mangiare tutti i cibi» (Mc 7, 18-19) contraddicendo espressamente in pubblico il capitolo 11 del Levitico, da cui risultava che Dio in persona aveva precisato quali animali erano da considerare impuri e quindi erano immangiabili (cfr. articolo I peccati secondo Gesù, al n. 485 di questo giornale, https://sites.google.com/site/liturgiadelquotidiano/numero-485---30-dicembre-2018/i-peccati-secondo-gesu). La spiegazione odierna è evidente: anche se il messaggio è divino, la parola rimane sempre umana (Da Spinetoli O., La storicità degli Evangeli oggi). E per questo che noi, oggi, siamo convinti che ogni generazione abbia diritto di ripensare criticamente i vangeli, cosa che sarebbe impensabile se fossimo convinti della trascrizione letterale di un testo “increato” collegato a un volere divino immutabile per tutti i tempi.

Ma non abbiamo ancora risposto alla domanda: chi è allora il vero autore della Bibbia?

Se leggiamo a fondo il testo del concilio Vaticano II, l’idea che oggi i più condividono, secondo cui Dio avrebbe al massimo ispirato genericamente gli autori che poi hanno scritto la Bibbia, non può dirsi proprio corretta per la Chiesa, giacché troviamo che, quasi intimorita da quell’audace passo in avanti, l’istituzione è tornata subito a fare un passo indietro, aggiungendo: «La Santa Madre Chiesa, per fede apostolica, ritiene sacri e canonici tutti interi i libri sia del Vecchio che del Nuovo Testamento, con tutte le loro parti, perché scritti per ispirazione dello Spirito Santo; hanno Dio per autore, e come tali sono stati consegnati alla Chiesa. Per la composizione dei libri sacri, Dio scelse e si servì di uomini nel possesso delle loro facoltà e capacità, affinché, agendo Egli in essi e per loro mezzo, scrivessero, come veri autori, tutte e soltanto quelle cose che Egli voleva fossero scritte» (sempre inizio del cap. III della Costituzione sulla Rivelazione – Dei Verbum 18.11.1965. Il neretto è mio). E di lì a poco il n.136 del Catechismo (scritto dopo il Concilio Vaticano II) conferma che Dio è l’autore delle Sacre Scritture, ma solo nel senso che ispira i suoi autori umani (2 Tm 3, 16), confermando però il vecchio risvolto: l’autorità ecclesiastica che fa rispettare questa sacralità lo fa in nome di Dio, e chi si oppone all’autorità si oppone niente meno che all’ordine costituito di Dio (Rm 13, 1-2).

L’enorme difficoltà che, rispetto ad una volta, i vescovi ed i preti devono oggi affrontare è che oggi nessuno può più avallare le sue idee semplicemente appellandosi al ruolo che ricopre.

Una volta si credeva che il ruolo sacro del clero fosse superiore per volere divino; oggi, non più.

Oggi, forse anche perché siamo tutti più critici, ci si è resi conto che lo Spirito santo sarebbe sicuramente bocciato a un esame di zoologia, come ben spiega Odifreddi, in quanto classifica la lepre fra i ruminanti (Lv 11, 6; Dt 14, 7) ed il pipistrello fra gli uccelli (Lv 11, 19; Dt 14, 18); ovviamente Dio sarebbe bocciato anche in astronomia, perché neanche la Chiesa più crede al fatto che la terra stia al centro dell’universo, per cui aveva ragione Galileo e la Bibbia era sbagliata. È che le conclusioni tratte da Galileo nascevano dall’osservazione e dal ragionamento; le conclusioni della Chiesa nascevano dal dogma su cui era vietato discutere.

Ora, come aveva ben detto già Renan E., e per questo all’epoca messo immediatamente all’Indice, un solo punto debole è la prova che un libro non è rivelato, e un solo errore prova che la Chiesa non è infallibile.

E allora come si spiega logicamente oggi questo passo avanti e immediatamente indietro da parte del Concilio, visto che la Bibbia contiene sicuramente errori? Evidentemente nel Concilio c’erano due correnti di pensiero contrapposte, ed entrambe hanno voluto lasciare la propria impronta nel documento finale, che come sempre – anche nella Chiesa che pretende di essere sempre ispirata dallo Spirito santo,- è frutto di un compromesso fra i vari schieramenti.

Se abbiamo appena detto che è stato Gesù Cristo in persona a dirci che nella Bibbia esistono parti che non esprimono assolutamente la volontà di Dio ma solo quella degli uomini, non era più semplice e più logico ammettere che i libri sono umani, sì che l’errore è dello scrittore uomo, il quale magari ha frainteso l’ispirazione divina? No, non si può, perché la Chiesa continua da sempre a temere che ciò aiuterebbe a scalzare le ideali fondamenta celesti sulle quali si basa l’intero edificio da essa costruito; per questo ha continuato a martellare nel corso dei secoli dicendo che la Bibbia non contiene errori, e continua imperterrita a sostenere che nei testi sacri è stato scritto esattamente e solo quello che Dio voleva venisse scritto, con ciò contraddicendo senza scomporsi perfino quanto dichiarato da Gesù Cristo. E a proposito di questo timore di perdere autorità, si veda anche quanto detto a proposito della pena di morte nell’articolo La legge naturale, (al n. 482 di questo giornale, https://sites.google.com/site/ultimotrimestre2018rodafa/numero-482---9-dicembre-2018/la-legge-naturale).

Ora, se andiamo a leggere le sacre Scritture, non possiamo che essere d’accordo con Gesù quando dice che non tutto lo scritto viene da Dio. Il cristianesimo postula un Dio teistico (il teismo concepisce Dio come personale, presente e attivo nel governo e nell'organizzazione del mondo e dell'universo) che fa cose soprannaturali, a cominciare dai miracoli. Il problema è che molte delle cose attribuite a Dio nel testo sacro sono oggi considerate immorali in base ai nostri attuali principi, per cui non possiamo più accettarle come veramente volute da Dio.

Ad esempio, nella Bibbia Dio dà ordini atroci a suoi profeti che gli obbediscono con gusto, come quello dato a Saul, tramite Samuele, di uccidere uomini, donne, bambini e lattanti e tutti gli animali della città di Amalek (I Sa 15, 3); oppure pensiamo all’uccisione dei primogeniti egiziani da parte dell’angelo della morte (Es 7-10). C’è da domandarsi: gli egiziani avrebbero mai potuto adorare simile Dio?

Oppure Giosuè ferma il sole per aver luce e sterminare gli amorrei (Gs 10). C’è da domandarsi: gli amorrei avrebbero mai potuto adorare un simile Dio?

Non sorge in ogni lettore moderno il dubbio che forse qui i pregiudizi tribali della nazione ebraica siano stati confusi con la volontà divina? (Spong J.S.).

Oppure si pensi alla storia del censimento. Dio, geloso del suo popolo aveva proibito di fare il censimento, ma poi ordina a Davide di farlo. Davide obbedisce, e a quel punto Dio diventa una bestia e scatena contro il suo popolo una peste tremenda che fa strage di israeliti (2Sam 24,1-25). C’è da domandarsi: come gli ebrei avrebbero potuto adorare un simile Dio? Non a caso, già qualche secolo più tardi, rendendosi conto che una storia così rendeva quel Dio poco accettabile (1Cr 21, 1), si richiama lo stesso episodio, ma questa volta chi scrive mette Satana al posto di Yhwh, e questa è l’unica volta che nell’Antico Testamento compare Satana come nome proprio di un essere spirituale maligno; ma è chiaramente in sostituzione di Yhwh [1] essendo ormai del tutto indigeribile l’idea che Dio possa aver comandato di fare una cosa che aveva appena proibito di fare, e poi uccida una marea di gente incolpevole che non c’entra assolutamente nulla col fatto che Davide ha obbedito.

Ma ancora più convincente su questa linea mi sembra il ragionamento del noto filosofo Kierkegaard (richiamato da Buber M., L’eclissi di Dio), il quale aveva acutamente osservato che, se Dio domanda ad Abramo di uccidere Isacco, significa che la validità dell’obbligo generale di “non uccidere”, che dovrebbe essere valido per tutti, può essere sospeso dall'Essere Supremo, secondo le sue insindacabili intenzioni: per la durata di tale azione è cioè sospesa l’immoralità di un’azione che invece resta immorale per tutti gli altri uomini; anzi, ciò che è di per sé oggettivamente malvagio, e quindi vietato, diventa improvvisamente buono perché è gradito a Dio. Il dovere morale nel campo dell’etica perde conseguentemente l’assolutezza quando viene messo a confronto col dovere assoluto verso Dio. Ma se così stanno le cose, il dovere è semplicemente l’espressione della volontà di Dio, ed è sempre Dio a stabilire l’ordine del bene e del male, per di più modificandolo arbitrariamente da persona a persona (perché la sospensione vale solo per Abramo, ma non per gli altri padri contemporanei di Abramo). Allora c’è da chiedersi: un Dio che richiede il sangue di un sacrificio umano è ancora degno di adorazione visto che questa idea è oggi per noi ripugnante?

Lo stesso discorso va ripetuto per Iefte, il quale sacrificò la propria figlia che gli andò incontro, giacché aveva fatto voto di immolare a Dio l’essere che per primo gli fosse venuto incontro dopo la vittoria. In allora, si era convinti che questo era vero culto fatto a Dio, e si era altrettanto certi che sbagliava chi inorridiva davanti a un simile Dio-mostro (cfr. Sant’Agostino, De civitate Dei, I, 21). Insomma, è piuttosto evidente che il modo in cui l’insegnamento religioso è stato formulato in passato oggi non è più accettabile.

Se nella Scrittura le storie sono ripetute, anche in maniera discordante, e senza eliminare le contraddizioni, vuol dire piuttosto che si è voluto sottolineare che c’erano tradizioni diverse, tutte ritenute parimenti importanti anche quando offrivano dati discordanti e perfino inconciliabili, per cui tutte sono state raccolte e inserite nello stesso testo. Ma è altrettanto chiaro che se l’autore fosse stato unico (Dio) queste discordanze sarebbero state armonizzate dall’unico autore:

- ad es., abbiamo appena visto la duplice storia del censimento: Dio e Satana;

- ad es., all’inizio della Genesi troviamo due storie contrapposte della creazione, in una delle quali l’uomo arriva alla fine in contemporanea alla donna, entrambi a immagine e somiglianza di Dio, il che comporta una totale parità fra i sessi (Gn 1, 27); e nell’altra l’uomo è inizialmente da solo, con Eva che viene creata più tardi usando una costola di lui, [2] il che comporta la superiorità del maschio (Gn 2, 22).

- ad es., si pensi alle molteplici spiegazioni sull’origine del male, di cui si è già parlato nell’articolo della scorsa settimana

(https://sites.google.com/site/liturgiadelquotidiano/numero-491---10-febbraio-2019/il-male-viene-da-dio).

- ad es., se Yhwh Zebaoth (Dio degli eserciti) presenta sé stesso come guerriero (Es 15, 3) come si concilia quest’immagine di Dio con quella che tiene in braccio gli agnelli e conduce dolcemente le pecore madri? (Is 40, 11). Solo quest’ultimo, non certamente il primo, è un Dio che rassomiglia al Padre amorevole che ci descrive Gesù.

In conclusione, l’unica certezza che possiamo trarre da questo excursus è che emerge nitidamente come dietro a questi testi non c’è un unico autore. Ecco perché, più ragionevolmente, si dovrebbe forse dire che i libri della Bibbia sono semplicemente un lento cammino di conoscenza del volto di Dio, ad opera degli uomini, sulla base delle esperienze via via maturate, perché emerge con tutta evidenza che il concetto di Dio non è uniforme nelle varie tradizioni religiose riunificate nei diversi libri dell’Antico Testamento, ed è veramente impossibile spiegare Gesù partendo da quel Dio violento e perfino sadico che compare tante volte nei libri biblici anteriori a Gesù (cfr., ad es., Ger 51, 20-24). L’uomo primitivo, più violento, proiettava in Dio la sua violenza: visto che lui ammazzava pensava che anche Dio ammazzasse. Man mano che il rispetto e il valore dell’uomo sono cresciuti, anche il volto di Dio è cambiato. Non siamo allora davanti a un libro immodificabile, ma a un libro che continua a interpellarci ogni giorno. Questo Dio è sempre lo stesso, ma l’immagine che ne ha l’uomo cambia nel tempo, perché le sue esperienze cambiano continuamente nel corso della storia. Insomma, la Bibbia è frutto della riflessione, dell’elaborazione e della formulazione umana, sulla base delle esperienze storiche vissute (Ortensio da Spinetoli). Come infatti si è visto nell’episodio di Abramo (cfr. Gesù, parola di Dio, al n. 481 di questo giornale, https://sites.google.com/site/ultimotrimestre2018rodafa/numero-481---2-dicembre-2018/gesu-parola-di-dio), solo una lettura a posteriori di determinati eventi fa ritenere che Dio sia intervenuto nella storia ed abbia espresso una sua volontà.

Dario Culot

___________________________________________________________

[1] Theological Dictionary of the New Testament, a cura di Kittel G. e Friedrich G., ed. Edrdmans Publishing Company, Grand Rapids (USA), 1993, Vol. II, 74: è chiaro che satana non appartiene alla storia originale, ma è stato introdotto nella versione come emendamento. Troppo grave attribuire a Dio il male. Qui, la mancanza di articolo davanti a satana indica un nome proprio piuttosto che una funzione.

[2] Perché proprio una costola? L'immagine della "costola" viene ripresa dalla cultura cananea dove veniva considerata fonte della vita, in quanto si muove nell'essere vivente permettendogli di respirare, mentre la sua immobilità dice la morte dello stesso essere. Di conseguenza in ogni simulacro delle divinità cananee veniva posta una costola per significarne “la vita”.