A onore della gloriosa e indivisa Trinità e a onore del più sublime tra i sacramenti, cioè del corpo e sangue prezioso di nostro Signore Gesù Cristo, voglio descriverti il metodo che ti condurrà agevolmente alla contemplazione di cosi grande mistero e ti disporrà decorosamente a riceverlo. Non leggere in fretta, preso solo dal rumore delle parole, ma imprimi efficacemente nel cuore il senso di ciò che leggi e soffermati a meditare con intimo affetto e premura ciascun punto, in tutto o in parte, come suona.
Anzitutto, quando stai per accedere alla mensa del convito celeste, secondo il consiglio dell'Apostolo, scruta sé stesso ed esamina diligentemente con quale fede, con quanta carità, con quale proposito e per che fine ti accosti.
1. Considera dunque attentamente e singolarmente queste quattro cose; e bada, in primo luogo alla fede che devi avere per la verità o la natura di questo sacramento. Devi credere fermamente, senza alcun dubbio, che, come insegna e proclama la fede cattolica, nel momento in cui sono pronunciate le parole di Cristo, il pane materiale e visibile, quasi prestando omaggio al vero Creatore, lascia il suo posto, sotto le apparenze degli accidenti, al Pane vivificante che viene dal cielo, per il ministero e il servizio sacramentale. Il pane materiale cessa d'esistere e nel medesimo istante, in maniera mirabile e indicibile, nelle sembianze degli accidenti di esso, si fanno esistenti varie realtà. Primo, si rende presente la purissima carne di Cristo e il corpo sacro che fu generato, per opera dello Spirito Santo, nel seno della gloriosa Vergine Maria, fu appeso in croce, fu posto nel sepolcro, fu glorificato nel cielo. – Secondo, poiché la carne non vive senza sangue, necessariamente vi è quel sangue prezioso che felicemente sgorgò in croce per la salvezza del mondo. – Terzo, dato che non esiste vero uomo senza anima razionale, per questo c'è quella preclara anima di Cristo che in grazia e gloria supera ogni virtù e magnificenza e potestà, nella quale sono riposti tutti i tesori della sapienza divina. – Quarto, essendo Cristo vero uomo e vero Dio, conseguentemente ivi è Dio glorioso nella sua maestà.
Tutte queste quattro cose, considerate insieme e singolarmente, sono contenute per intero e perfettamente sotto le specie del pane e del vino, non meno nel calice che nell'ostia e non meno nell'ostia che nel calice; né è supplito nell'uno ciò che manca nell'altro, ma si trova integro in ambedue, per un mistero, di cui ci sarebbe molto da dire. Basta credere che in tutte e due le specie vi è il vero Dio e uomo, a cui assistono numerosi gli angeli e sono presenti i santi.
2. E considera quanto è bello che Cristo sia contenuto sotto queste due specie soltanto: primo, perché il pane e il vino sono il nutrimento migliore di tutto l'uomo; infatti il pane nutre la carne o il corpo, e il vino passa nel sangue che è la sede dell'anima. – Secondo, perché il loro uso è primario e più comune, e lo si ritiene più mondo e di meno fastidio; perciò essi indicano molto bene la purità della refezione spirituale. – Terzo, perché significano ottimamente il corpo e il sangue di Cristo. Il pane infatti rappresenta questo corpo triturato, macinato e pesto nella Passione, decotto ed arso dal fuoco dell'amore divino nel camino e sull'altare della croce. Il vino poi significa il sangue spremuto dall'uva, cioè dal corpo di Cristo ad opera dei Giudei che lo calpestavano sul torchio della croce. – Quarto, esprime a meraviglia il Corpo mistico di Cristo, ossia la Chiesa, che risulta di molti fedeli predestinati alla vita, come molti grani di frumento e acini d'uva.
3. Quando dunque tu ti accosti all'altare, guardati dal vacillare dubitando e dall'appoggiarti, qual cieco che va a tentoni con debole canna, ad argomenti naturali della ragione umana, investigando come tali cose possano avvenire, a guisa dei Giudei d'un tempo, i quali litigavano, e di alcuni tra i discepoli, che scandalizzati se ne tornarono in dietro; ma sottomettiti a Dio, e sottoponi la tua mente al giogo della fede, che vedi confermata da tante testimonianze. Infatti quale dubbio può rimanere intorno a questo sacramento, che tu sai chiaramente istituito da Cristo, predicato dagli apostoli, frequentato e solennizzato con tanti riti dai santi Padri autentici per tanti secoli, convalidato da tanti prodigi e osservanze, quasi con prove tangibili? – Togli dalla Chiesa questo sacramento, e nel mondo non vi sarà che errore e infedeltà, il popolo cristiano sarà quasi una mandria di porci, disperso e dedito al l'idolatria, come appare manifesto negli altri infedeli. Ma per esso si regge la Chiesa, si fortifica la fede, fiorisce la religione cristiana e il culto divino; per cui disse Cristo: Ecco, io sono con voi fino alla fine del mondo.
4. Devi poi osservare quanto sia stato conveniente che Cristo si donasse a noi cosi velato. Che valore avrebbe la tua fede, se Cristo ti apparisse visibile nella sua propria figura? Certo, lo adoreresti, ma costretto. O come gli occhi di carne potrebbero far fronte a una gloria così grande? E quale insensato invero direbbe di poter mangiare carne cruda e bere sangue umano nella loro forma naturale? – Scompaia quindi ogni dubbio, perché come una volta la Divinità rimase nascosta in un seno verginale, e il Figlio di Dio si presentò visibile al mondo sotto il velo dell'umana carne, cosi pure l'umanità glorificata, unita alla Divinità, resta celata sotto forma di pane e vino, per adattarsi a noi mortali.
5. In secondo luogo, esaminati con quale proposito e disposizione ti accosti all'altare. Pertanto sommuovi e ispeziona l'abitacolo della coscienza, semmai vi sia qualche bruttezza dentro nella mente, o qualche macchia fuori nella carne, che possa offendere lo sguardo di Colui che è il Santo dei Santi.
A tale scopo, rientrando nell'intimo dell'iniquità della tua mente, considera anzitutto quanti mali hai commesso dalla tua infanzia, quanti beni hai trascurato, quanto è breve la vita e incerta la morte, quanto è sdrucciolevole e pericolosa la via del tempo presente. Ma principalmente vedi se dopo l'ultima confessione – Dio non voglia – ci sia stato in te qualche peccato mortale o intento di peccare, per cui la misera tua anima sia morta, e quindi staccata dalla radice di Cristo e della Chiesa; perché quel pane di vita e quel cibo divino non reca influsso vitale, né nutrimento alle membra tagliate fuori e morte; testimone la Scrittura che dice: La sapienza non entra in un'anima che opera il male, né dimora in un corpo schiavo del peccato. Così da questi è ricevuto il sacramento, ma non l'oggetto del sacramento, ossia la grazia di Cristo e l'unità del suo amore; viene mangiato con la bocca, ma non vivifica lo spirito; giunge al ventre, ma non penetra nella mente; è inghiottito come da un bruto senza esserne in sé toccato e non ravviva l'anima, né l'unisce e incorpora a sé, ma piuttosto, spintovi da nausea, Cristo medesimo rigetta chi è in questo stato come un cadavere putrido, da esser divorato dalle bestie e dagli uccelli, dato che in effetti consegna la triste anima a satana, perché la tormenti, come sta scritto di Giuda: Appena preso il boccone, entrò in lui satana. Perciò, se sei impastoiato in tali cose, bada di non presumere di accostarti all'altare per nessun motivo e senza la debita contrizione e il proposito di pentirtene e aver premesso la confessione, perché è terribile cadere in mano del Dio vivente.
6. Ma ahimè, quanti sacerdoti oggi ci sono miseri e noncuranti della loro salvezza, che mangiano il corpo di Cristo sull'altare come fosse carne di bestie; e avvolti e contaminati in abominazioni, di cui non si può neppur parlare, non hanno ritegno a toccare e baciare con mani scellerate e labbra macchiate il Figlio di Dio e di Maria Vergine! In verità, se Dio accoglie il sacrificio di costoro, oso dire, egli è bugiardo e compagno di peccatori. Per di più, e questo è ancora peggio, certuni in questi tempi sono giunti a tanta perversità e stoltezza da credere (infelicissimi) che le loro malefatte e immondezze dei peccati, che quotidianamente rinnovano e si propongono di rinnovare, col fatto stesso che ogni giorno celebrano, siano espiati con la santa comunione, senza bisogno di penitenza né di confessione. Costoro non sono sacerdoti, ma sacrileghi; non cristiani, ma eretici.
Infatti, se avessero fede retta, o temerebbero di peccare, o smetterebbero di celebrare.
7. Occorre poi attendere non solo alla mondezza dell'anima, ma anche a quella del corpo. Bada quindi a non accostarti all'altare, se non sei mondo. E non dico tanto dell'immondezza volontaria che è mortale, ma pure di macchia notturna e casuale, che vieta la celebrazione dove non ci sia grave necessità o richiesta di quanti ne hanno diritto. In questo caso quindi, e se tu non hai dato occasione a simile disordine, né lo hai causato con precedente concupiscenza o crapula smoderata, e reminiscenze e immaginazioni carnali non hanno inquinato notevolmente la tua anima, penso che potresti accostarti all'altare, salvo miglior giudizio, soprattutto se ti attirasse a celebrare particolare devozione a motivo di una festa o altra analoga circostanza. – Devi conservare anche la purezza delle mani il più possibile, come quella di tutte le tue membra. Pertanto ti consiglio di guardarti pili di tutti gli altri uomini, in ogni tempo, specialmente quando stai per celebrare, da qualsiasi tatto non solo turpe e immondo, che sarebbe peccato, ma pure indecente e inquinato. Raccogliti interamente, perché nessun altro atto o pensiero ti distragga. – Infine, abbi cura e attenzione della mondezza e del nitore dei paramenti dell'altare e dei vasi sacri, perché sia trattato con ogni onore e diligenza Colui che, tremendo, venerano gli angeli e gli arcangeli.
8. Esamina in terzo luogo te stesso con quanta carità e quale fervore ti accosti. Infatti, non solo i peccati mortali, ma anche i veniali, moltiplicati per negligenza, leggerezza e dissipazione, benché non uccidano l'anima, rendono a volte l'uomo tiepido, pigro, rannuvolato, indi sposto e inetto a celebrare; a meno che detta polvere e paglia di colpe veniali non siano volatilizzate da un soffio dello Spirito, o distrutte da un ardente fuoco del cuore e da una profonda umiltà, considerando la propria bassezza. Quindi stai attento di non accostarti tiepido, negli gente e distratto, perché riceveresti indegnamente Cristo, se non ti prepari con riverenza, attenzione e raccoglimento. Per questo l'Apostolo nel capitolo undecimo della prima lettera ai Corinti dice di costui: Mangia e beve la sua condanna, e spiegandosi più chiaramente, aggiunge; Cosi tra voi molti sono fiacchi, e ciò per l'incostanza della fede, e infermi, cioè feriti da grave peccato, e tanti dormono per torpore e indolenza.
9. «O quanto sono gravi – scrive Beda – e quanto numerose le angustie che mi affliggono! Accostarsi indegnamente è una condanna orrenda, non accostarsi per notevole negligenza o disprezzo è colpa detestabile». – Infatti, quando un sacerdote è senza peccato mortale e di buone intenzioni, e non avendo impedimento legittimo, omette di celebrare non per riverenza, ma per trascuratezza, allora, per quanto sta in lui, priva la santissima Trinità di lode e di gloria, gli angeli di gaudio, i peccatori di perdono, i giusti di aiuto e di grazia, le anime del purgatorio di suffragi, la Chiesa di Cristo di beneficio spirituale, e se stesso di medicina e di rimedio contro le sue debolezze e i peccati quotidiani; perché, come dice Ambrogio, se «ogni volta che si effonde il sangue di Cristo, si effonde in remissione dei peccati, io devo riceverlo per avere sempre il perdono dei miei peccati; io che sempre pecco, devo sempre prendere la medicina». – Similmente priva se stesso di tutti questi benefici che derivano dalla santa comunione, e sono: remissione dei peccati (veniali ), freno delle passioni, luce della mente, forza interiore, unione di Cristo e del suo Corpo mistico, rinvigorimento delle virtù, arma contro il demonio, certezza di fede, elevazione di speranza, sprone di carità, aumento di devozione e vita angelica. – In pari modo, non compie l'ufficio di alta dignità e ossequio, di cui è incaricalo, e non esercita il debito servizio di Dio; eppure sta scritto: Maledetto colui, che fa con negligenza l'opera di Dio. – Parimenti, tralascia e vilipende il precetto di Cristo circa l'osservanza di questo sacramento, benché Cristo minacci: Se non mangerete la carne del Figlio dell'uomo, ecc. – Cosi pure, tale sacerdote re spinge il viatico del suo pellegrinaggio, esponendosi a pericolo mortale, perché se non assume l'alimento del corpo di Cristo e il sostenta mento di vita, diventa come un membro arido, al quale non arriva più il nutrimento del cibo corporale. – Infine, per quanto dipende da lui, svuota il culto divino e l'adorazione dovuta al Creatore, come un in grato dei benefici di Dio. Pertanto al capitolo nono dei Numeri si legge: Se qualcuno è mondo, cioè di peccato mortale, e non sia in viaggio, o comunque impedito, e tuttavia non celebra la Pasqua, sarà tagliato fuori dal suo popolo, perché a suo tempo non offri il sacrificio a Dio. – Dunque, quanto più puoi, con ogni impegno, con l'esercizio di opere buone, col pianto della contrizione, col fuoco della devozione, scaccia da te ogni torpore e negligenza, per non trovarti poi reo d'aver respinto i doni di tante grazie.
10. Se poi vuoi accenderti di amore, considera attentamente queste due cose: prima, l'incendio della infinita carità, con cui la somma bontà ha sostenuto per te, misero verme, l'obbrobrio cosi doloroso della croce; seconda, il nobilissimo nutrimento del suo corpo e la dolcissima bevanda del suo sangue.
Medita quella beatissima morte, vagliandone la causa. La causa non fu altra se non la necessità della nostra redenzione. Ogni legge, per crimine di lesa maestà, giudica l'offensore reo di morte. Anche noi saremmo stati condannati a morte, come lo esigevano i nostri peccati; ma Dio ebbe pietà della miseria umana, ci risparmiò la morte e provvide al saldo di cosi grande debito, concedendo ai nostri antenati di sostituire alla morte degli uomini l'uccisione di animali e di offrirgli queste vittime in sacrificio di propiziazione; ed era necessario immolare una vittima tante volte quante uno peccava. Tutte queste cose erano figure ed ombre, finché Cristo, capo del genere umano, venisse inviato, ostia viva e dotata di ragione, senza peccato, e si offrisse con amore alla morte per tutti gli uomini, in riscatto della nostra morte. Ma non occorreva che egli morisse più volte: morendo una sola volta, soddisfece per tutti i peccati commessi e futuri. Bastò dunque che quest'unica ostia del suo corpo, già una volta immolata per noi, egli la lasciasse a noi morendo, perché ne facessimo ogni giorno l'offerta mistica a Dio Padre in commutazione della nostra morte, a cui per il peccato siamo quotidianamente soggetti. «Si rinnova ogni giorno questa offerta – dice Agostino –, sebbene Cristo abbia patito una sola volta, perché ogni giorno commettiamo peccati, senza dei quali la debolezza umana non sa vivere; e perché cadiamo ogni giorno, ogni giorno Cristo si immola per noi misticamente». Per questo, tutto ciò che si fa nella messa, ogni ornamento e rito, altro non rappresenta che la Passione di Cristo; per cui nella messa sopra ogni altra cosa è necessario il ricordo della morte di Cristo, e Io stesso Cristo al cap. ventesimosecondo di Luca dice: fatelo in mia memoria, e l'Apostolo, ai Corinti, cap. decimoprimo: Tutte le volte che mangerete di questo pane e berrete al calice del Signore, annuncerete la morte del Signore, fino alla sua venuta, cioè fino al giudizio. Mentre dunque ti accosti, di' con tutto il cuore:
11. Ecco, Padre celeste, memore della morte del Figlio tuo unigenito e Signore nostro Gesù Cristo, ti offro questa vittima che già egli stesso una volta ti offri per la salvezza mia e di tutto il mondo. Ecco, rimetto sull'altare della tua maestà quell'oblazione viva, che tu con tanta pietà hai posto sull'altare della croce per essere immolata per noi. Ricorda quindi quel sacrosanto sudore, scorrente in terra come gocce di sangue. Guarda quella carne virginea, crudelmente flagellata con vergate, colpita da schiaffi, gonfia di lividure, imbrattata di sputi, intrisa di sangue, trafitta di spine, perforata di chiodi e ferita di lancia. Quella pietà, dunque, che vinse e trasse il Figlio tuo a misurare in sé il peso dei peccati di tutto il mondo sopra la bilancia della croce, ti spinga, o Padre, ad usar misericordia per noi miseri. Guarda, ti prego, non ai nostri peccati, ma nel volto del tuo Consacrato; tipresentiamo infatti le nostre suppliche, ma non contiamo sui nostri meriti, bensì sul tuo amore infinito.
12. Se vuoi accenderti e infiammarti nell'amore, considera secondariamente il soavissimo cibo di quel sacro corpo e vedi quanto buono e amabile è ti suo spirito in noi, e quanto adatti e utili nutrimenti di vita ci provvide il nostro Padre celeste. – La creatura razionale è stata creata infatti per essere capace della bontà di Dio e parteciparvi: da questa partecipazione deve vivere e pervenire all'esistenza dei beati; senza di questa, per se stessa tende al nulla e alla morte eterna. Ha quindi bisogno continuamente che la vivifichi un cibo atto a farla partecipe della virtù e grazia divina. Chiamo tale partecipazione un cibarsi, perché come il corpo animale col cibo si rinvigorisce, impingua, riscalda e ravviva, cosi l'anima razionale, con lo spirito di Cristo, del quale poi godrà, e con tutto il suo affetto e intelletto, si alimenta, rinsalda, infiamma e ravviva. Come gli angeli nella patria bevono in pienezza alla fonte di luce perenne e viva e sì saziano dell'ubertà della casa di Dio, cosi la Sapienza eterna provvide a cibare le anime razionali degli uomini – che riscattò a cosi caro prezzo e con la grazia rese grandi e simili agli angeli di Dio – di quel pane di cui si nutrono appunto gli angeli e senza il quale né questi né quelli possono vivere, e ciò in modo conveniente a noi, piccoli mortali. E impossibile in effetti che con questo corpo mortale noi gustiamo il Pane di vita in tutta la forza della sua natura propria, che è la Divinità; perciò porse un cibo da potersi mangiare sotto forma più adatta, e questa forma è il pane e il vino corporale, per la somiglianza che corre tra pane e pane, refezione e refezione; e come ciba gli angeli, spiriti viventi, con il Verbo increato, cosi pensò di cibare gli uomini mortali col Verbo incarnato, ricevuto in sacramento, secondo quanto sta scritto: L'uomo ha mangiato il pane degli angeli, e: Io sono il pane vivo disceso dal cielo.
13. Nota ancora questo. Come Iddio ha cura del corpo di ciascun animale, provvedendogli il cibo conveniente, cosi ha cura di nutrire il suo nobilissimo Corpo mistico, che è la Chiesa, di cui Cristo, Figlio di Dio, è il capo. Ora la Chiesa non può ricevere forza e vita che dal suo capo, in modo che tutte le sue membra, cioè i giusti, uniti e ben solidali tra loro con Cristo capo, si nutrono del suo spirito e amore per mezzo di questo sacramento di unità e di pace. Pertanto, come non si da vita nel corpo senza l'incorporazione del cibo che gli con viene, così l'anima razionale non ha vita spirituale senza l'incorporazione e la penetrazione intima di questo alimento spirituale che le si addice. Per questo anche Cristo ha detto: Chi mangia me, vive di me. – Ma c'è una differenza tra il mangiare corporale e quello spirituale: nel primo l'alimento consumato si trasforma in sostanza di chi mangia e lo nutre; nel secondo invece chi mangia è incorporato a Cristo ed è ammesso all'unità e all'amore dello spirito di Cristo. Perciò fu detto al beato Agostino: «Non mi muterò io in te, ma tu muterai in me», cioè tu diventerai mia immagine in bontà e santità, ecc., come il fuoco cambia il ferro a sua somiglianza.
14. In quarto ed ultimo luogo, esaminati per che cosa e per qua! causa accedi all'altare. E qui punta la tua attenzione penetrante in modo particolare dapprima sull'affetto puro e il desiderio santo, poi sul debito intento e proposito necessario.
Primo, considera che cosa tu desideri; vedi se non ti accosti forse per avarizia, o per timore e rispetto umano, o per vanagloria, o per abitudine, o per qualche altra compiacenza mondana, o per interesse temporale; come in questi tempi molti abusano a loro perdizione di ciò che è dato invece a salvezza. Ohimè, ohimè, Signore Iddio: quanti oggi accedono ai sacri ordini e ai divini misteri, avidi non del pane celeste, ma del terreno, non dello Spirito, ma del lucro; non dell'onore di Dio, ma della loro ambizione; non della salvezza delle anime, ma di accumulare quattrini; non di servire Cristo nei santi misteri con cuore e corpo mondo, ma di dilettarsi, arricchire, insuperbire e godersi la vita col patrimonio di Cristo e le elemosine del popolo; e piuttosto che ottenerle, rapiscono le dignità ecclesiastiche ambiziosamente, con liti e simonie, non chiamati da Dio, ma spinti dal diavolo.
15. Tu dunque, o uomo di Dio, indirizza i tuoi voti e i tuoi desideri a Dio e vedi da quali affetti e aneliti devi essere attratto a celebrare i sacri misteri. Ti muovano questi nobili motivi:
a) la coscienza e il rimorso delle colpe, sperando per mezzo del l'Ostia di propiziazione di essere purificato da ogni peccato;
b) l'intuito e la considerazione della tua debolezza, perché tu invochi per te Cristo come tuo medico, dal quale tu sia curato da ogni male;
c) il peso opprimente di qualche tribolazione, per esser tosto protetto e liberato grazie a lui, che tutto può, da ogni avversità;
d) il desiderio di qualche grazia, o per impetrare qualche beneficio spirituale, perché tu l'ottenga da Colui al quale il Padre nulla può negare;
e) il ringraziamento per tutti i benefici spirituali e temporali concessi a te e ad altri, giacché nulla possiamo rioffrire a Dio per tutto quello che ci ha donato, se non prendere il calice di salvezza e immolare la vittima di lode, cioè Gesù Cristo;
f) la carità e la compassione verso il prossimo, dato che per la salvezza dei vivi e il riposo dei morti niente è tanto efficace a interpellare, quanto il sangue di Cristo sparso a remissione dei peccati;
g) la lode di Dio e dei santi, non avendo noi nulla che possa lodare Dio e i santi come meritano, se non immolare e offrire sacramentalmente Cristo a Dio Padre;
h) l'amore e l'affetto di Dio, per invitarlo a te, e stringerti soave mente a lui mediante il nutrimento di questo cibo spirituale;
i) la sete e il desiderio di aumentare la grazia, perché questo sacramento contiene la fonte delle grazie e della santità, e contiene l'autore della salvezza, Gesù Cristo Signore; perciò è detto Eucaristia, cioè buona grazia. Gli altri sacramenti sono soltanto correnti e rivoli che ci santificano;
j) l'ardente aspirazione con cui tu brami con tutto il cuore di essere purificato – in virtù di questa sovrabbondante carità e soavissimo alimento – da ogni macchia del corpo e dello spirito e di essere strappato da tutti Ì pericoli e da tutte le tentazioni, e di unirti inseparabilmente a Cristo Salvatore e di essere conservato nel suo amore. E per questo che Cristo disse nel capitolo decimosettimo di Giovanni: Padre, quelli che mi hai dati voglio che dove sono io. ivi siano a neh 'essi con me, perché siano una cosa sola come lo siamo noi: io in loro e tu in me; cosi potranno essere perfetti nell'unità.
16. Secondo, dirigi la tua mente alla debita intenzione e al debito proposito circa ciò che devi fare. A tre cose devi mirare, quando stai per celebrare, cioè adorare Dio, rinnovare la memoria della morte di Cristo e aiutare tutta la Chiesa.
Primieramente devi avere l'intenzione di venerare Iddio con culto di latria. Il culto di latria dovuto solo a Dio è un omaggio reso al sommo Creatore a motivo di quel dovere di sottomissione, per il quale siamo tenuti a dare in suo onore non soltanto i nostri beni, ma noi stessi, e quando occorresse, anche a morire in riconoscimento dei suoi benefici e della bontà immensa da lui dimostrataci, e ciò con cuore-contrito e corpo umiliato; e prostrandoci con tutto l'affetto davanti alla sua maestà, nei nostri atti e abitudini, con gesti e segni, e venerandolo con sacrifici e doni, riponiamo in lui ogni nostra speranza e ogni nostro desiderio, come nel fine ultimo per cui tutto è stato tatto. Attendiamo da lui ogni merito e retribuzione delle nostre buone opere, come il castigo per i nostri errori, secondo la decisione e Ì.1 beneplacito della sua giustizia. – Agli altri santi si da l'onore che si dice di dulia, che non è culto né adorazione, ma preghiera e invocazione-, affinché siano nostri avvocati presso Dio; ed ogni riverenza che dimostriamo loro, la dimostriamo a motivo di Dio, a cui essi sono congiunti.
17. Ora Iddio dev'essere da noi immensamente temuto, onorato e amato. – Dapprima dobbiamo temerlo in considerazione della sua onnipotenza e giustizia: egli ci può dannare e salvare con pienissimo di ritto. Da questo timore nascono: dolore dei peccati, vergogna, sospiri, lacrime, battimenti di petto, suppliche, digiuni, discipline, pellegrinaggi e cose simili. – Poi dobbiamo onorarlo sommamente in considerazione della sua sapienza e maestà. Questa testimonianza d'onore comprende: venerazione e riverenza, genuflessioni e inchini, protrazioni, orazioni, purificazioni, consacrazioni, pulizia dei vasi sacri, ornamento e decoro dei paramenti, feste, celebrazioni e illuminazioni solenni, canto di salmi e di inni e lezioni, e altre cose simili. – Infine dobbiamo amarlo senza misura in considerazione della sua bontà e clemenza. Da tale amore nascono rendimenti di grazie, lodi, inni, benedizioni, santi voti, incensazioni e cose simili.
18. Frequentando il culto divino, tu devi proporti anche che sia santificato in noi il nome di Dio, che sia glorificato da noi nel mondo con la santità della vita, che aumenti sulla terra il culto e l'onore di Dio, che tutto il mondo conosca che noi siamo i veri cultori dell'unico vero Dio e Salvatore Gesù Cristo.
Tu devi ancora proporti di commemorare la morte di Cristo, come già tu spiegato sopra. – Devi cercare da ultimo di giovare a tutta la Chiesa e cosi proporti di pregare Iddio: per il Papa, i cardinali, i patriarchi, gli arcivescovi, i vescovi, i dottori, i rettori, i sacerdoti, i chierici, i monaci, i religiosi, i monasteri e tutti coloro che servono Cristo; per i re, i comandanti, i principi e tutti i nobili; per le vergini, le vedove, gli orfani, i pellegrini, i prigionieri, gli afflitti, i deboli, gli infermi e per l'intero popolo di Dio; anche per i pagani, gli scismatici ed eretici, perché si convertano al vero Dio e all'unità della santa Chiesa. – Devi pregare pure per intenzioni particolari, cioè per i cari parenti, i membri della tua famiglia, gli amici, i devoti e quelli che ti si son raccomandati e sperano nelle tue preghiere; e in modo particolarissimo per te stesso. E se escludi qualcuno dei predetti fedeli, perché non sia partecipe a tanto beneficio, specialmente se fai questo per odio o rancore, pecchi mortalmente, compiendo i divini misteri con l'odio nel cuore.
1. Compiuti questi esercizi, dopo che le considerazioni precedenti hanno infiammato ti tuo cuore nella meditazione, vomita ed espelli la feccia dei tuoi peccati, ricordando con spirito contrito e umiliato quanti ne hai commessi, in pensieri, parole e in opere; quante buone azioni hai omesso, che avresti dovuto e potuto fare; e andando dal tuo medico spirituale e padre, di' i tuoi peccati, non però con una confessione generica e comune, come fanno certuni, duri di cuore, che dissimulano i loro enormi peccati sotto foglie di parole banali in un'accusa generale: essi si esprimono senza vergogna e senza dolore, in maniera tale che potrebbero confessarsi così pubblicamente e senza rossore anche nelle piazze. Questa non è confessione, ma inganno e derisione. Al contrario, se vuoi guarire, apri le tue ferite e dal profondo del cuore narra chiaramente e apertamente ciò che hai fatto dopo la precedente confessione; accusa non solo azioni, ma anche pensieri perversi, dilettarsi dei quali macchia l'anima; non solo peccati mortali, ma anche i veniali più notevoli, che mordono e ledono la coscienza. Il resto manifestalo in modo generale, brevemente e chiaramente.
2. Quindi, dopo aver compiuta la penitenza che ti sarà ingiunta, recita con devozione i salmi: Quam dilecta, Benedixisti, Inclina, Credidi e De profundis (Quanto amabili sono le tue tende; Sei stato benevolo, Signore, con la tua terra; Tendi l'orecchio, Signore, e rispondimi; Ho creduto; Dall'abisso a te grido, o Signore), con i relativi versetti e orazioni. Se hai tempo, di' anche la preghiera Summe Sacerdos (O Sommo Sacerdote), che è molto efficace e devota. Poi avviandoti all'al tare, rammenta Cristo che si avvia alla croce e immergi il tuo cuore in tutto ciò che avvenne nella Passione; leggi chiaramente e distintamente ciò che si deve leggere, non moltiplicando troppo collette, né leggendo dell'altro per devozione e per proprio arbitrio, oltre quello che fu istituito dai santi Padri.
3. Giunto al santo Canone, raccogli il tuo spirito, per evitare le distrazioni, e poni grande attenzione ai segni e agli atti, più grande ancora alle parole, massima all'intenzione; primo, perché vi si contiene un corpo cosi prezioso; secondo, perché vi si contiene un'anima così gloriosa; terzo, perché vi si contiene la Divinità infinita. – Al Memento sia dei vivi che dei morti, non esprimere la tua raccomandazione con parole o a voce, ma richiama alla mente alcune persone più intime e le altre ricordale insieme sommariamente, riferendo l'intenzione a tutte quelle per cui hai già pregato o ti sei proposto di pregare. Giunto al Qui pridie (momento della Consacrazione), dirigi la tua mente e intenzione a fare ciò che intese fare Cristo nella sua cena e ciò che intende la santa Madre Chiesa. Alla Comunione poi. fermati un po' e di', non con la lingua o le labbra, ma con il cuore:
4. Signore mio, chi sei tu e chi sono io, perché osi introdurti nella vergognosa dimora del mio corpo e della mia anima? Perché mi hai creato, se dovevo farti questa ingiuria esecrabile? Mille anni di la crime e di penitenza non basterebbero per ricevere degnamente solo una volta cosi nobile sacramento; tanto più ne sono indegno io, che, miserabile, pecco ogni giorno, persisto incorreggibile e vi accedo impreparato! Ma la tua misericordia è infinitamente più grande della mia miseria, cosi che confidando nella tua bontà, oso riceverti.
Due condizioni infatti si richiedono soprattutto per ricevere bene questo sacramento: una profonda umiltà nella coscienza del proprio niente e la compassione per la morte di Cristo.
5. Dopo la comunione, se non senti alcun ristoro spirituale, è segno della tua infermità spirituale o morte. Ti sei posto il fuoco in seno e non senti calore, il miele sulle labbra e non senti dolcezza? Se invece avverti in te una certa soavità e consolazione, non fartene un merito, ma attribuiscila alla sua immensa bontà, che sì estende anche ai cattivi e consola gli indegni, e di' in cuor tuo: «Con i suoi benefici mi ha persuaso a detestare la mia miseria; se ha fatto tali cose a me peccatore, che farebbe se emendassi la mia vita? Perciò con tutte le forze voglio trasformarmi e aderire sempre a lui».
Tuttavia non pensare che tu possa far questo con le tue forze, bensì con l'aiuto della sua grazia; ed egli si degni accordarlo a te e a me. Così sia!