Articolo di Antonio Ciceri 13 Mar 2018
La Rivista di filosofia neo-scolastica dell’Università Cattolica di Sacro Cuore ha dedicato l’ultimo numero del 2017 al pensiero di Bonaventura da Bagnoregio, soprattutto al Commento alle sentenze. Antonio Ciceri nel suo contributo, a proposito del Bonaventura da Bagnoregio di Barbara Faes (Milano 2017), si è soffermato sul capitolo dedicato alla traduzione di don Giuseppe De Luca del De perfectione vitae. Ad sorores, opera in cui il Dottore Serafico tra altre cose illustra il peccato quale nuova crocifissione.
Riportiamo l’articolo di Antonio Ciceri, Bonaventura e il Cristo della Domenica.
Relativamente al contenuto [del De perfectione vitae. Ad sorores] si evidenziano il tema della perfezione; la casistica delle negligenze, delle cupidigie e della malvagità; il pregio dell’umiltà, della povertà, del silenzio e della taciturnitas; ma anche il valore della devozione e dell’esemplarità di Cristo; l’ascesa graduale che ha come scopo la carità; la perseveranza e il peccato umano come nuova crocifissione. A quest’ultimo proposito va notato come in linea con l’ultimo assunto – l’opuscolo in questione e il pensiero in esso contenuto potrebbero essere in egual peso lontani mentori – nei secoli seguenti sembrino essere anche le rappresentazioni iconografiche del Cristo della Domenica: un Cristo sfigurato e dolente per i peccati che si commettono con il lavoro nei giorni festivi, anche da parte dei buoni fedeli della campagna.
A titolo esemplificativo si veda in questa sede la raffigurazione nella Cattedrale di Biella; quella bresciana nella pieve di San Siro a Cemmo di Capo di Ponte (secc. XI-XII) che, sita nella navata Nord ove si trova un fonte battesimale cilindrico, scavato in un unico grosso masso di calcare del Monte Concarena, lascia presumere la sua funzione catechetica. Da ricordare è ancora la rappresentazione nella chiesa detta del Cristo o del Crocefisso (già Santa Maria degli Angeli della confraternita dei Battuti) di Pordenone. Dipinti simili si trovano poi in provincia di Brescia a Pisogne sull’esterno della chiesa di Santa Maria della Neve rappresentante una vergine incoronata attorno alla quale si stagliano scene campestri e lacunari; nelle Marche (Chiesa di san Martino dei Gualdesi) a Castelsantangelo sul Nera; a Bormio (Sondrio) sulla facciata dell’oratorio e nella chiesa di San Vitale (sec. XII); a Tèsero (Trento) sulla facciata della chiesetta di San Rocco (sec. XV) ove, al centro di una serie di raffigurazioni (Annunciazione, Pietà, Madonna col Bambino) sotto l’immagine del Padreterno, v’è una grande scena con la figura del Cristo in mezzo agli attrezzi e agli oggetti del lavoro agricolo e artigianale, ma anche un letto con due personaggi coricati.
Una scritta in volgare afferma: «INFRA TVTI LI ALTRI MALI SELERATI LA DOMINICHA SANCTA VOI NON SANCTIFICHATI ANCI OGNI ZORNO VOI LAVORATI E OGNI MAL LA MIA DOMINICHA VOI FATI»; nella chiesa trecentesca dell’Immacolata o dell’Ospedale (detta comunemente chiesa di sotto) di San Vito di Leguzzano (Vicenza) della quale rappresentazione restano solo la testa della Vergine e del Cristo con alcuni attrezzi; ed infine sulla facciata della pieve di San Pietro di Feletto (Treviso). In area transalpina tali raffigurazioni, a titolo di esempio, si ritrovano soprattutto nel cantone dei Grigioni. La sacra effigie è qui chiamata in lingua ladina: Il Cristo da la domengia. Affreschi consimili si trovano nella chiesetta di S. Giorgio a Rhäzüns e sull’esterno della chiesa di Waltensburg-Vuorz, ma anche nella chiesa carolingia di San Pietro di Mistail.
Per ulteriori informazioni e approfondimenti su tali studi, è possibile rivolgersi ad Antonio Ciceri, Pontificia Università Antonianum, antoniociceri@virgilio.it
dal: http://www.assisiofm.it/bonaventura-e-il-cristo-della-domenica.html