In un giorno imprecisato dell'anno 1263 (o 1264), forse nella tarda estate, giunse al Santuario di S. Cristina di Bolsena un sacerdote teutonico, al quale più tardi la tradizione attribuì un nome, Pietro, e una città d'origine, Praga.
Sempre secondo la tradizione, Pietro aveva intrapreso il lungo e disagevole pellegrinaggio, per sentirsi fortificato nelle verità di fede, che in quel momento mettevano in crisi la sua identità di sacerdote: fra tutte la presenza reale di Cristo nell'Eucaristia.
Nell'animo di Pietro il ricordo della Martire Cristina, la cui fortezza non aveva vacillato di fronte al martirio, aprì uno spiraglio.
Dopo aver venerato devotamente la tomba della Santa, in quel luogo celebrò l'Eucaristia.
Di nuovo i suoi dubbi cominciarono a turbargli la mente e il cuore; pregò intensamente S. Cristina, perché intercedesse presso Dio di donargli quella forza, quella certezza nella fede, che l'avevano distinta nella prova estrema.
Al momento della Consacrazione, mentre teneva l'ostia sopra il calice, pronunciate le parole rituali, questa apparve visibilmente arrossata di sangue, che copiosamente stillava bagnando il corporale.
Al sacerdote mancò la forza di continuare il rito; pieno di confusione e di gioia, avvolse le Specie eucaristiche nel corporale e si portò in sagrestia.
Durante il percorso, alcune gocce di sangue caddero anche sui marmi del pavimento e dei gradini dell'altare.
Ripresosi Pietro dallo sbigottimento, accompagnato dai canonici di S. Cristina e dai testimoni del prodigio, si recò nella vicina Orvieto, ove temporaneamente soggiornava, con la sua corte, papa Urbano IV, al quale confessò il suo dubbio, chiedendo il perdono e l'assoluzione. Il sommo pontefice inviò subito a Bolsena, Giacomo, vescovo di Orvieto, accompagnato, secondo la leggenda, dai teologi Tommaso d'Aquino e Bonaventura da Bagnoregio, per verificare il fatto e portare fino a lui le Reliquie.
Presso il Ponte di Rio Chiaro, oggi Ponte del Sole, avvenne l'incontro tra il vescovo, che tornava da Bolsena con le reliquie del miracolo, e il papa, il quale, con il clero orvietano, i dignitari della sua corte e una grande folla agitante rami di ulivo, gli si era processionalmente recato incontro.
Genuflesso, Urbano IV ricevette l'Ostia e i lini intrisi di sangue, e li recò, tra la commozione e l'esultanza di tutti, nella cattedrale orvietana di S. Maria, e dopo averli mostrati al popolò, li pose nel sacrario.
Del prete teutonico Pietro non si seppe più nulla.
Nello stesso tempo, durante la permanenza di Urbano IV a Orvieto, venne istituita dallo stesso pontefice la solennità del "Corpus Domini" con la bolla "Transiturus de Hoc Mundo", l'11 agosto 1264 per il patriarcato di Gerusalemme e l'8 settembre per la Chiesa universale, e fu affidato a Tommaso d'Aquino il compito di stendere officiatura e messa per la nuova festività, stabilendo che questa venisse celebrata il giovedì dopo l'ottava di Pentecoste.
E' lo stesso Urbano IV ad informare che in Orvieto, con tutti gli arcivescovi, i vescovi e gli altri prelati delle chiese dimoranti nella Sede apostolica, fu solennizzata detta festa, per offrire un salutare esempio ai presenti e ai lontani, che avrebbero sentito parlare della celebrità di questo grande giorno.