ESORTAZIONE APOSTOLICA
GAUDETE ET EXSULTATE
DEL SANTO PADRE
FRANCESCO
SULLA CHIAMATA ALLA SANTITÀ
NEL MONDO CONTEMPORANEO
Lo gnosticismo attuale
Una mente senza Dio e senza carne
[...]
39. Facciamo però attenzione. Non mi riferisco ai razionalisti nemici della fede cristiana. Questo può accadere dentro la Chiesa, tanto tra i laici delle parrocchie quanto tra coloro che insegnano filosofia o teologia in centri di formazione. Perché è anche tipico degli gnostici credere che con le loro spiegazioni possono rendere perfettamente comprensibili tutta la fede e tutto il Vangelo. Assolutizzano le proprie teorie e obbligano gli altri a sottomettersi ai propri ragionamenti. Una cosa è un sano e umile uso della ragione per riflettere sull’insegnamento teologico e morale del Vangelo; altra cosa è pretendere di ridurre l’insegnamento di Gesù a una logica fredda e dura che cerca di dominare tutto.[37]
[37] Come insegna san Bonaventura, «è necessario che si abbandonino tutte le operazioni dell’intelletto, e che l’apice dell’affetto sia per intero trasportato e trasformato in Dio. […] Siccome ad ottenere questo, nulla può la natura e poco la scienza, bisogna dare poco peso all’indagine e molto all’unzione spirituale; poco alla lingua e moltissimo alla gioia interiore; poco alle parole e ai libri, e tutto al dono di Dio, cioè allo Spirito Santo; poco o niente alla creatura, e tutto all’essenza creatrice, al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo» (Itinerario della mente in Dio, VII, 4-5).
I limiti della ragione
[...]
46. Quando san Francesco d’Assisi vedeva che alcuni dei suoi discepoli insegnavano la dottrina, volle evitare la tentazione dello gnosticismo. Quindi scrisse così a Sant’Antonio di Padova: «Ho piacere che tu insegni la sacra teologia ai frati, purché, in tale occupazione, tu non estingua lo spirito di orazione e di devozione».[43] Egli riconosceva la tentazione di trasformare l’esperienza cristiana in un insieme di elucubrazioni mentali che finiscono per allontanarci dalla freschezza del Vangelo. San Bonaventura, da parte sua, avvertiva che la vera saggezza cristiana non deve separarsi dalla misericordia verso il prossimo: «La più grande saggezza che possa esistere consiste nel dispensare fruttuosamente ciò che si possiede, e che si è ricevuto proprio perché fosse dispensato. [...] Per questo, come la misericordia è amica della saggezza, così l’avarizia le è nemica».[44] «Vi sono attività che, unendosi alla contemplazione, non la impediscono, bensì la favoriscono, come le opere di misericordia e di pietà».[45]
[43] Lettera a Frate Antonio, 2: FF 251.
[44] Sui sette doni dello Spirito Santo, 9, 15.
[45] Id., Commento al Libro IV delle Sentenze, 37, 1, 3, ad 6.
Il Pelagianesimo attuale
Una volontà senza umiltà
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49. Quelli che rispondono a questa mentalità pelagiana o semipelagiana, benché parlino della grazia di Dio con discorsi edulcorati, «in definitiva fanno affidamento unicamente sulle proprie forze e si sentono superiori agli altri perché osservano determinate norme o perché sono irremovibilmente fedeli ad un certo stile cattolico».[46] Quando alcuni di loro si rivolgono ai deboli dicendo che con la grazia di Dio tutto è possibile, in fondo sono soliti trasmettere l’idea che tutto si può fare con la volontà umana, come se essa fosse qualcosa di puro, perfetto, onnipotente, a cui si aggiunge la grazia. Si pretende di ignorare che «non tutti possono tutto»[47] e che in questa vita le fragilità umane non sono guarite completamente e una volta per tutte dalla grazia.[48] In qualsiasi caso, come insegnava sant’Agostino, Dio ti invita a fare quello che puoi e «a chiedere quello che non puoi»;[49] o a dire umilmente al Signore: «Dammi quello che comandi e comandami quello che vuoi».[50]
[46] Esort. ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 94: AAS 105 (2013), 1059.
[47] Cfr S. Bonaventura, Le sei ali dei Serafini, 3, 8: «Non omnes omnia possunt». Va inteso nella linea del Catechismo della Chiesa Cattolica, 1735.
[48] Cfr S. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I-II, 109, 9, ad 1: «Adesso, tuttavia, la grazia è in certo qual modo imperfetta perché – come si è detto – non risana l’uomo totalmente».
[49] La natura e la grazia, 43, 50: PL 44, 271.
[50] Le confessioni, 10, 29, 40: PL 32, 796.
Il discernimento
La logica del dono e della croce
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174. Una condizione essenziale per il progresso nel discernimento è educarsi alla pazienza di Dio e ai suoi tempi, che non sono mai i nostri. Lui non fa “scendere fuoco sopra gli infedeli” (cfr Lc 9,54), né permette agli zelanti di “raccogliere la zizzania” che cresce insieme al grano (cfr Mt 13,29). Inoltre si richiede generosità, perché «si è più beati nel dare che nel ricevere» (At 20,35). Non si fa discernimento per scoprire cos’altro possiamo ricavare da questa vita, ma per riconoscere come possiamo compiere meglio la missione che ci è stata affidata nel Battesimo, e ciò implica essere disposti a rinunce fino a dare tutto. Infatti, la felicità è paradossale e ci regala le migliori esperienze quando accettiamo quella logica misteriosa che non è di questo mondo. Come diceva san Bonaventura riferendosi alla croce: «Questa è la nostra logica».[125] Se uno assume questa dinamica, allora non lascia anestetizzare la propria coscienza e si apre generosamente al discernimento.
[125] Sull’Hexaemeron, 1, 30.