Conclusione: l'essenza della vera riforma
Mi avvio alla conclusione con le parole pronunciate dal Cardinale J. Ratzinger a Rimini, il 1 settembre 1990, nel corso del Meeting dell’amicizia tra i popoli. «L'attivista, colui che vuol costruire tutto da sé, è il contrario di colui che tutto accoglie, tutto riceve con stupore rinnovato. Egli restringe l'ambito della propria ragione e perde così di vista il mistero. Quanto più nella Chiesa si estende l'ambito delle cose decise e fatte da sé, tanto più angusta essa diventa per noi tutti. In essa la dimensione grande, liberante, non è costituita da ciò che noi stessi facciamo, ma da quello che a noi tutti è donato e che non proviene dal nostro volere e inventare, bensì è un precederci, un venire a noi di ciò che è inimmaginabile, di ciò che è più grande del nostro cuore. La reformatio, quella che è necessaria in ogni tempo, non consiste nel fatto che noi possiamo rimodellarci sempre di nuovo la "nostra" Chiesa come più ci piace, che noi possiamo inventarla, bensì nel fatto che noi spazziamo via sempre nuovamente le nostre proprie costruzioni di sostegno, in favore della luce purissima che viene dall'alto e che è nello stesso tempo l'irruzione della pura libertà.
Lasciatemi dire con un'immagine ciò che io intendo, un'immagine che ho trovato in Michelangelo, il quale riprende a sua volta antiche concezioni della mistica e della filosofia cristiane. Con lo sguardo dell'artista, Michelangelo vedeva già, nella pietra che gli stava davanti, l'immagine-guida che nascostamente attendeva di venir liberata e messa in luce. Il compito dell'artista - secondo lui - era solo quello di toglier via ciò che ancora ricopriva l'immagine. Michelangelo concepiva l'autentica azione artistica come un riportare alla luce, un rimettere in libertà; non tanto come un fare.
La stessa idea, applicata però nell'ambito antropologico, si trovava già in san Bonaventura, il quale spiega il cammino attraverso cui l'uomo diviene autenticamente se stesso, prendendo lo spunto dal paragone con l'intagliatore di immagini, cioè con lo scultore. Lo scultore non fa qualcosa, dice il grande teologo francescano. La sua opera è invece un'ablatio: essa consiste nell'eliminare, nel togliere via ciò che è inautentico. In questa maniera, attraverso l'ablatio, emerge la nobilis forma, cioè la figura preziosa. Così anche l'uomo, affinché risplenda in lui l'immagine di Dio, deve soprattutto e prima di tutto accogliere la purificazione, attraverso la quale lo scultore, cioè Dio, lo libera da tutte quelle scorie che oscurano l'aspetto autentico del suo essere, facendolo apparire solo come un blocco di pietra grossolano, mentre inabita in lui la forma divina.
In una retta comprensione, possiamo trovare in questa immagine anche il modello-guida per la riforma ecclesiale. Certo la Chiesa avrà sempre bisogno di nuove strutture umane di sostegno, per poter parlare e operare ad ogni epoca storica. Tali istituzioni ecclesiastiche, con le loro configurazioni giuridiche, lungi dall'essere qualcosa di cattivo, sono al contrario, in un certo grado, semplicemente necessarie e indispensabili. Ma esse invecchiano, inglobano scorie che rischiano di presentarsi come la cosa più essenziale, e distolgono così lo sguardo da quanto è veramente essenziale. Per questo le scorie devono sempre di nuovo venir portate via, come impalcature divenute superflue. Riforma è sempre nuovamente un'ablatio: un toglier via, affinché divenga visibile la nobilis forma, il volto della Sposa e insieme con esso anche il volto dello Sposo stesso, il Signore vivente.
Una simile ablatio, una simile "teologia negativa", è una via verso un traguardo del tutto positivo. Solo così il Divino penetra, e solo così sorge una congregatio - un'assemblea, un raduno, una purificazione, quella comunità pura a cui aneliamo -una comunità in cui un "io" non sta più contro un altro "io", un "sé" contro un altro "sé". Piuttosto quel donarsi, quell'affidarsi con fiducia, che fa parte dell'amore, diventa il reciproco ricevere tutto il bene e tutto ciò che è puro. E così per ciascuno vale la parola del Padre generoso, il quale al figlio maggiore invidioso richiama alla memoria ciò che costituisce il contenuto di ogni libertà e di ogni utopia realizzata: "Tutto ciò che è mio è tuo..." (Lc 15,31; cfr. Gv 17,1)».
La vera riforma è dunque un'ablatio, che come tale diviene congregatio: purificazione per la comunione.
Dal LECTIO MAGISTRALIS DEL CARD. TARCISIO BERTONE, SEGRETARIO DI STATO DEL SANTO PADRE, in occasione dell’APERTURA DELL’ANNO ACCADEMICO DELLA FACOLTÀ DI DIRITTO CANONICO SAN PIO X, Venezia, Giovedì, 4 dicembre 2008