Alle ore 11.50 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i membri dell’Associazione Teologica Italiana in occasione del 50° anniversario della sua fondazione.
Pubblichiamo di seguito un frammento del discorso che il Papa ha rivolto ai presenti all’incontro:
In particolare, è un chiaro frutto del Concilio e una ricchezza da non disperdere il fatto che abbiate avvertito e continuiate a sentire l’esigenza di “fare teologia insieme”, come Associazione, che annovera oggi oltre 330 teologi. Questo aspetto è unfatto di stile, che esprime già qualcosa di essenziale della Verità al cui servizio si pone la teologia. Non si può pensare, infatti, di servire la Verità di un Dio che è Amore, eterna comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e il cui disegno salvifico è quello della comunione degli uomini con Lui e tra loro, facendolo in modo individualistico, particolaristico o, peggio ancora, in una logica competitiva. Quella dei teologi non può che essere una ricerca personale; ma di persone che sono immerse in una comunità teologica la più ampia possibile, di cui si sentono e fanno realmente parte, coinvolte in legami di solidarietà e anche di amicizia autentica. Questo non è un aspetto accessorio del ministero teologico!
Un ministero di cui oggi continua a esserci un grande bisogno nella Chiesa. È infatti vero che per essere autenticamente credenti non è necessario aver svolto dei corsi accademici di teologia. C’è unsensodelle realtà della fede che appartiene a tutto il popolo di Dio, anche di quanti non hanno particolari mezzi intellettuali per esprimerlo, e che chiede di essere intercettato e ascoltato - penso al famoso infallibile in credendo: dobbiamo andare spesso lì - e ci sono persone anche molto semplici che sanno aguzzare gli “occhi della fede”. È in questa fede viva del santo popolo fedele di Dio che ogni teologo deve sentirsi immerso e da cui deve sapersi anche sostenuto, trasportato e abbracciato. Ciò non toglie, però, che vi sia sempre la necessità di quello specifico lavoro teologico per mezzo del quale, come diceva il santo dottore Bonaventura, si possa pervenire alcredibile ut intelligibile, a ciò che si crede in quanto viene compreso. E’ un’esigenza della piena umanità degli stessi credenti, anzitutto, perché il nostro credere sia pienamente umano e non sfugga alla sete di coscienza e di comprensione, la più profonda e ampia possibile, di ciò che crediamo. Ed è un’esigenza della comunicazione della fede, perché appaia sempre e dovunque che essa non solo non mutila ciò che è umano, ma si presenta sempre quale appello alla libertà delle persone.