Prezzo: 720 euro
Oggi iniziamo a parlare di un’altra serie di chitarre Dinky della Jackson, ma stavolta di quelle prodotte in Giappone.
Il fatto che vengano prodotte in terra nipponica comporta un significativo aumento di qualità. Fino a metà anni ’90, infatti, le chitarre costruite in Giappone (chiamate Professional) venivano paragonate senza nessun timore alle sorelle americane, come qualità.
Oggi questo non è più possibile, il divario fra le due produzione c’è, ma in ogni caso la produzione nipponica può essere tranquillamente considerata, come minimo, di livello semi-professionale. Non è infatti raro trovare anche professionisti che le utilizzano. Il primo che mi viene in mente è Sam Totman (chitarrista dei Dragonforce), che per anni ha suonato una Jackson RR3 (Randy Rhoads di produzione giapponese) durante le sue esibizioni dal vivo.
Caratteristiche tecniche:
Manico: acero, avvitato al corpo
Tastiera: palissandro
Corpo: ontano
Tasti: Jumbo
Ponte: JT390 Adjustable Bridge with Strings-Through-Body
Pick-up manico: Seymour Duncan SH-2 “Jazz”
Pick-up ponte: Seymour Duncan SH-4 “JB”
Hardware: nero
I tasti della chitarra sono 24, con dei segnaposizione a dente di squalo; la scala del manico è lunga (25,5); il radius della tastiera chitarra è, come per tutte le Jackson, costruito secondo la tecnica compound. Di conseguenza, al primo tasto avrà una curvatura e alla fine del manico un’altra. In questo caso il registro va da 12” a 16” (forse la miscela più comoda in assoluto). Possiede un selettore (blade) a 3 posizioni, un controllo per il volume ed uno per il tono.
La prova
Da spenta
Come si evince dalla sua caratteristiche, costruttivamente è abbastanza simile ad un Fender Stratocaster, ed infatti la risonanza la ricorda molto, anche se con una buona dose di corpo e sustain in più dovuta al fatto che ha un ponte fisso con le corde passanti attraverso il corpo.
Il volume generale è più che ottimo, con una buona rappresentazione di tutte le frequenze.
Anche manico e tastiera passano bene questa prova, quest’ultima essendo molto liscia e scorrevole.
Con l’ampli
Suoni puliti
Ancora una volta ci troviamo di fronte ad uno strumento con magneti Seymour Duncan, nella fattispecie la coppia preferita proprio dal Sig. Duncan in persona: la “Jazz” – “JB”.
Sui suoni clean si comporta molto bene, rendendo egregiamente soprattutto sulle melodie o passaggi bicordi; meno invece su accordi per accompagnamento. Si possono eseguire tranquillamente melodie o assoli blues (anche jazz e fusion, volendo), funky o pop con ottimi risultati. Da menzionare è il pick-up al ponte, pienamente utilizzabile anche in questa fase, forse grazie al maggior corpo sonoro dovuto al ponte fisso.
Suoni distorti
Trovo che non ci sia niente di meglio che questa coppia di magneti montati su una chitarra simil Fender Stratocaster per definire la parola “grinta” (forse solo assistere ad un concerto di Tina Turner risulta essere ancora più efficace, in questo caso). Via libera a tutti i generi e sottogeneri di rock che vi vengono in mente, senza trascurare ovviamente blues belli sporchi e una buona dose di metal.
I suoni escono sempre molto definiti ma anche belli pastosi, motivo per cui è inutile cercare di spingere oltre certi livello la distorsione generale: si rischia solo di rendere il tutto troppo confuso. Il genere più estremo in cui questi pick-up rendono meglio è il thrash metal, non oltre.
Ottimo anche il magnete al manico, abbastanza chiaro e brillante. Dico abbastanza perché, essendo scavato sui medi, tende a perdere un po’ di presenza e risultare scuro.
In sintesi
La produzione Jackson giapponese è proprio buona, dai legni ai pick-up. Certo non siamo ancora ai livello ultra-professionali della serie americana, ma ritengo che per semi-professionisti e professionisti alle prime armi sia una signora chitarra, anche per il prezzo che non è affatto male.