Un amplificatore per chitarra è un dispositivo che permette di trasformare il segnale elettrico prodotto dai pick-up una chitarra elettrica in un vero e proprio segnale sonoro.
Esso è composta da tre parti:
· Preamplificatore: è la sezione che fornisce guadagno di tensione al segnale proveniente dai pick-up. Spesso viene dotata di ulteriori parametri per “colorire” ancora di più il suono.
· Finale di potenza: è la sezione che fornisce guadagno di potenza al segnale di tensione proveniente dal preamplificatore, trasformandola poi in energia da trasmettere agli altoparlanti. Nonostante timbricamente sia possibile intervenire sulla pasta del suono in misura minore rispetto al preamplificatore, anche il finale di potenza svolge un ruolo importante.
· Altoparlante (o cono): in questa sezione il segnale di potenza viene convertito in onde sonore, in grado di arrivare ad essere percepite dall’orecchio umano. Nel caso specifico degli amplificatori per chitarra, essi sono dotati di un numero variabile fra uno e quattro con impedenze nominali di 4, 8 o 16 Ω.
Al giorno d’oggi sono riscontrabili quattro categorie di amplificatori per chitarra, qui riportate brevemente.
· Valvolari: il più “anziano” ed amato dai chitarristi per la capacità, propria delle valvole che costituiscono la sua parte preamplificatrice e finale, di “riscaldare” il suono proveniente dai pick-up. Esistono in commercio svariati tipi di valvole, in grado di soddisfare appieno ogni esigenza dei musicisti.
· A transistor: secondo arrivato in questa famiglia di amplificatori, si differenzia per essere costituito, appunto, da transistor, in grado di riprodurre più fedelmente il suono proveniente dai pick-up della chitarra. Paradossalmente però, questa caratteristica, unita alla sua sonorità tipicamente più aspra, lo rende meno apprezzato rispetto al cugino valvolare. Detto questo, molti chitarristi preferiscono questi modelli sia per le loro caratteristiche sonore ma anche per il minor peso e prezzo.
· Ibrido: come dice il nome stesso è costituito da valvole nella sezione preamplificatrice e transistor nel finale di potenza. Venne realizzato per due motivi: innanzitutto per cercare di unire le caratteristiche sonore dei due amplificatori; in secondo luogo per rendere accessibile il “calore” valvolare anche alle tasche meno fornite. In ogni caso, sebbene siano ancora in produzione, nessun modello venne particolarmente apprezzato, in quanto questo tipo di amplificazione non riesce ad avere la stessa resa dei valvolari “puri”, complice il fatto che, se il timbro è dato dalla sezione preamplificatrice, il “calore” è dato da quella finale. A tal scopo Leo Fender realizzò un ibrido inverso, quindi con le valvole nella sezione finale e i transistor in quella preamplificatrice, ma anche per questo modello non ci fu un grande riscontro di pubblico.
· Digitale: ultimo arrivato della famiglia, in questa tipologia il segnale in entrata viene convertito da analogico a digitale, per poi essere processato in modo da ottenere virtualmente ogni tipo di sonorità, dalle più classiche alle più moderne. Un amplificatore digitale offre spesso numerosi effetti integrati; inoltre molti di questi amplificatori offrono, in modo più o meno raffinato, una funzione di ampmodeling, che permette di imitare il suono di numerosi amplificatori "famosi".
Un’ultima distinzione va effettuata in funzione della compattezza dell’amplificatore: quando le tre sezioni (preamplificatrice, finale di potenza e altoparlanti) sono integrate in un unico sistema, questo viene definito combo; se, viceversa, occupano due sezioni diverse l’amplificatore viene definito composta da testata(preamplificatore+finale) e cassa(altoparlanti).