Iniziamo oggi a parlare di alcune chitarre elettriche non più in produzione, ma che sono state celeberrime nel periodo in cui erano presenti sul mercato e che sono tuttora ricercatissime sia dai collezionisti che dai musicisti moderni per la loro qualità.
Il modello di cui ci occupiamo oggi è quello della RG 550 del 1990.
Caratteristiche tecniche:
Manico: Wizard (17-20mm) in un pezzo di acero avvitato al corpo
Tastiera: acero/palissandro
Corpo: tiglio
Tasti: Jumbo
Ponte: Edge
Pick-up manico: V1
Pick-up centrale: S1
Pick-up ponte: V2
Hardware: Cosmo Black
I tasti della chitarra sono 24, con dei segnaposizione rotondi; la scala del manico è lunga (25,5) e il radius è di 430 mm (16”).
Possiede un selettore (blade) a 5 posizioni, un controllo per il volume ed uno per il tono.
La prova
Da spenta
Bisogna dire che la serie RG, soprattutto con i modelli 5xx, nacque come alternativa economica (ma non per questo meno professionale) rispetto alla neonata JEM, la chitarra elettrica costruita da Ibanez sotto apposite specifiche di Steve Vai. Sia nella forma che nella costruzione che nella scelta dei materiali, quindi, risulta essere piuttosto spartana, senza però sacrificare la parte sonora, che in fondo è la cosa più importante di una chitarra elettrica.
Detto questo, lo strumento è veramente bello. Non presenta una risonanza enorme paragonabile a quella delle Gibson per via dei materiali molto diversi, ma comunque ottima.
I due veri punti di forza delle RG, però, furono da subito il manico ed il ponte. Il primo era (ed è tuttora) estremamente sottile – sembra quasi di non sentirlo sotto le dita – e permette l’esecuzione con gran comodità di incredibili virtuosismi, in risposta alle esigenze degli shredder o guitar-hero, che proprio in quegli anni iniziarono a comparire in massa.
Il ponte Edge, invece, fu il primo Floyd Rose costruito da Ibanez sotto licenza e, a detta di tutti, risulta essere tuttora il migliore, nonostante gli siano succeduti innumerevoli modelli.
Effettivamente, la tenuta dell’accordatura è eccelsa anche dopo passaggi estremi.
Con l’ampli
Nonostante i pick-up non siano i veri punti di forza di questo strumento, bisogna dire che i V1-V2 sono decisamente buoni: anche loro vengono considerati i migliori magneti costruiti in proprio dalla casa giapponese. Questi sono abbastanza caldi e spinti, che possono essere usati su vari generi anche in modalità clean.
Suoni distorti
Stesso discorso sui suoni distorti: non sono fatti per spingere al massimo l’amplificatore (anche perché all’epoca non esisteva il black metal) ma per ottenere sonorità fra il rock ed il metal classico.
La versatilità è enorme, grazie ai tre pick-up ed il selettore a cinque posizioni.
In sintesi
Sicuramente uno degli strumenti Ibanez che provoca più nostalgia fra gli affezionati a questo marchio.